IL FATTO QUOTIDIANO DEL 27-11-2017
“Liberarsi da questo Pd, o la sinistra si estinguerà”
Lo spettacolo è veramente scadente, e la tentazione sarebbe quella di essere sarcastici. Ma io suggerisco di essere indulgenti con i protagonisti della sinistra italiana: sono capitati nel mezzo di una tempesta quasi perfetta, e forse non se ne rendono neppure conto”.
Marco Revelli, professore di Scienza Politica presso l’università del Piemonte orientale, invoca le attenuanti generiche per una sinistra in perenne caos. Ma è pessimista sul futuro: “La crisi di questa parte politica è lo specchio della crisi della democrazia, affetta da una patologia quasi mortale”.
Professore, la sinistra è messa davvero così male?
La crisi dei meccanismi democratici l’ha investita in pieno, in tutto l’occidente. La democrazia dovrebbe rappresentare la società, ed l’unico elemento che la distingue da altre forme di governo come la monarchia o la dittatura. Ma non riesce più a farlo.
E quindi la sinistra…
Ne paga il prezzo, ovviamente anche per proprie colpe. L’intera famiglia dei socialismi europei si sta sfarinando.
Parliamo delle responsabilità di quella italiana.
La situazione della sinistra in Italia è tra le più tristi in Europa. E può sembrare un paradosso, per il Paese che ha avuto il più forte partito comunista del continente. Ma forse i due fatti sono legati. La sinistra non ha saputo riempire quel cratere lasciato dal Pci, e man mano che cambiava nome, dal Pds fino al Pd, dava l’impressione di essere in fuga da se stessa, in un percorso costellato di abiure.
Cambiare era necessario, non crede?
Certo, ma il vero tema è che l’insediamento sociale della sinistra è stato massacrato in questi anni. Pensiamo al lavoro, con tutte le ristrutturazioni e privatizzazioni, e al calo costante dei redditi dei lavoratori. Fenomeni che hanno morso anche il ceto medio, senza che i partiti di riferimento facessero nulla, anzi spesso si sono schierati con l’altra parte. E così si è prodotto un divorzio di fatto da un pezzo del Paese. Ormai con questo Pd, così come l’ha riconfigurato Renzi, è rimasto solo un ceto meno colpito dalla crisi, che ha digerito tutto, compreso il trapianto d’identità del Partito democratico.
Pier Luigi Bersani sostiene che sarebbe meglio andare divisi, Mdp e Si da una parte e Pd dall’altra, perché “uniti perdiamo”.
E ha perfettamente ragione. L’unico modo per lui di recuperare qualcuno tra i tanti elettori fuggiti dalla sinistra è quello non legarsi al Pd e a Renzi. Certo, per rimettere il dentifricio nel tubetto ci vorrebbe quasi un miracolo… Il problema è sempre la credibilità di chi parla.
I “rossi” fuori del Pd non ne hanno?
Il leader dei laburisti inglesi, Jeremy Corbyn, non era il braccio destro di Tony Blair: ha sempre proposto un’alternativa. Ci vuole discontinuità, anche personale, rispetto alle politiche di un passato molto lungo.
Il probabilissimo futuro leader della sinistra, il presidente del Senato Pietro Grasso, è un ex pm sceso in politica solo nel 2013. Come nome nuovo potrebbe anche reggere.
È un accorgimento tattico, un tentativo tirato fuori dal cilindro. Ma la soluzione non la trovi con l’ingegneria da ceto politico.
E allora cosa serve?
Serve un cambio di mentalità. Questo ceto politico a cui accenno dovrebbe fare un passo indietro, e accettare un vero confronto sulle ragioni delle crisi.
Tomaso Montanari, volto e motore degli ex comitati del No, ha proposto una serie di condizioni ai partiti, tra cui l’obbligo di presentare nelle liste almeno il 50 per cento di neofiti, ed escludere chiunque abbia avuto in passato incarichi di governo, quindi anche Bersani e D’Alema. È d’accordo?
Io provo molta simpatia per Montanari, che ci ha messo la faccia. Le sue ricette ridarebbero un minimo di credibilità, ma temo che resteranno proposte inascoltate. Il campo a sinistra mi sembra già strutturato, con tutti i piccoli eserciti che si sono organizzati.
A proposito di regole, ma della legge elettorale che ne pensa?
Penso che possano averla scritta solo dei masochisti, perché condurrà il Pd a sicura sconfitta. L’hanno preparata pensando di puntare sul voto utile verso il partito di Renzi, ma in realtà la scelta per molti sarà tra i Cinque Stelle e Berlusconi, come è avvenuto in Sicilia e a Ostia. Difficilmente sceglieranno il Renzi ferroviere…
Il nodo della scelta tra Berlusconi e Di Maio se lo è posto anche Eugenio Scalfari, e la sua preferenza è andata al “populismo di sostanza di B.”. Poi però il fondatore di Repubblica ha fatto marcia indietro.
È un gioco stupido. La nostra Costituzione non prevede un premierato elettivo, e comunque con l’attuale legge elettorale non si verrà posti di fronte a una simile scelta.
Eppure si è aperto un ampio dibattito sul tema.
Sull’argomento ho letto delle bestialità. C’è chi ha detto che “almeno Berlusconi lo conosciamo”. E io dico, appunto: sappiamo dei suoi processi e di tutto il resto. Io non ho mai lesinato critiche ai Cinque Stelle, soprattutto per le loro posizioni sull’immigrazione. Ma chiunque abbia un animo democratico non potrebbe scegliere il pregiudicato Berlusconi.
chiara: per è impossibile non essere d’accordo con ogni parola pronunciata da Marco Revelli! Un’analisi perfetta! Ma cosa propone? Corbyn… Ho visto su wiki che ha iniziato a fare politica nel 1974 come rappresentante di vari sindacati, è stato nel partito socialista, con spirito ribelle, e si è ingollato le politiche di Tony Blair e del suo successore Gordon…è stato eletto segretario del partito alle primarie del ’75–nel frattempo la realtà era cambiata e le sue politiche di sinistra sono diventate attuali. Ma possiamo fare un paragone tra il suo tragitto e la nostra sinistra interna al PD? Certamente no. Quando c’erano non si sono mai opposti fino all’ultimo alle politiche di Renzi, anzi le hanno addirittura votate. Montanari è dato da Marco Revelli per sconfitto. La sinistra in Europa si sta sbriciolando. Avere successo…ci vorrebbe un miracolo! O affidarsi ai 5 stelle e accettare il salto nel buio che questo comporta o, mi spiace persino pronunciarlo, votare Renzi che meglio di Berlusconi e Salvini sarà sempre anche se non fa una politica a favore della maggioranza.|
Nemo non è mai stato capace di ‘formulare’ strategie politiche e ancor meno tattiche. Pensa che la politica affidabile sia il risultato di un lungo ‘lavoro’ che da ormai molto tempo non viene svolto da nessuno o quasi. Che gli ‘improvvisatori’ (per non parlare dei ‘comici’ fuori dal teatro ) possano affrontare adeguatamente il più difficile e professionale lavoro qual è ( e dovrebbe essere ) quello di governare democraticamente ed efficacemente è pressoché impossibile o un felice ‘caso’ … Per Nemo, al punto in cui siamo, è opportuno sostenere chi ha più esperienza ed è idealmente più ‘vicino’ : Bersani & C.
TI RINGRAZIO MOLTO DI QUESTA RISPOSTA BEN CHIARA E, OLTRETUTTO, MOLTO CELERE. UN ABBRACCIO A CASA E A TE.
con me è “sfondare una porta aperta”: ai fatti l’unica soluzione – e lo dico con una certa di tristezza – è Bersani & c. come dice Nemo.
Ma questo nell’immediato e .comunque, non risolverà nulla.
Esistono ancora destra e sinistra?
eccome! Come e forse, più di prima. Sembra ci siano più sfumature ( non vediamo più chi muore di fame), ma è solo fumo negli occhi.
E’ la società che è cambiata come è cambiato l’approccio al lavoro. lo sfruttamento è macroscopico ma tendiamo ad ignorarlo.
Vediamo in tutto il mondo occidentale una mancanza di raziocinio: vivere giorno per giorno ma non nel presente, con un piede avanti che non sappiamo dove poggerà.
Si Revelli ha ragione, o meglio: ha ragione anche lui.
Grazie caro Roberto di ” essermi venuto in soccorso ” con una posizione così condivisibile e motivata. Bersani ha detto che ” si vedrà dopo le elezioni “, pensando, forse, di fare un’alleanza col PD da una posizione di maggior forza contrattuale. Non si è capito ancora se è stato tolto il superticket–condizione che Pisapia metteva come sine qua non…insieme ad altre, del resto. Rinnovo tutti gli auguri…con amore, chiara
l’analisi di Revelli è assolutamente condivisibile anche se non ho ben capito come conclude (se conclude) riguardo ad una scelta elettorale, salvo ad escludere decisamente un voto alla destra di Berlusconi.
Forse sta proprio qui il discorso: andare per via di esclusione, avendo ben in mente che destra e sinistra esistono ancora, e che la sinistra poggia su programmi specifici ineludibili (tra cui lavoro -abrogazione job act e reintroduzione art. 18- ; fisco aliquote fortemente progressive; imu prima casa solo per redditi bassi; diversa regolamentazione del sistema bancario, etc.). Questa via di esclusione mette fuori campo innanzitutto i due principali contendenti: la destra, com’è ovvio, ed i 5stelle, pericolosi qualunquisti, che alla prova di governo nelle amministrazioni locali hanno dimostrato di non conoscere bene quali sono i diritti sociali. Resta il PD e la nuova sinistra. Se il PD resta il PD di Renzi, non ci sono speranze…La nuova sinistra è una scelta di lungo termine a cui l’incalzare della destra europea, la speculazione finanziaria, il FMI… daranno nel primo periodo del filo da torcere. Epperò occorre un atto di fede? Anche tenendo conto che i Bersani & co. non sono esattamente dei massimalisti…
Scusa Chiara, il mio commento arriva tardi perché ho letto l’articolo solo ieri sera. Ciao cara e ciao cari a tutti.
GRAZIE CARA MARI’…NON E’ IN RITARDO, MANCANO ANCORA MESI A DECIDERE…NEI QUALI VEDREMO I NOSTRI ” BERSANI & CO ” SALIRE ALLE STELLE !
Sono completamente d’accordo con quanto dice Marco Revelli. Stando così le cose, alle prossime elezioni politiche, voterò alla sinistra del PD, anche se si tratta di un movimento-partito che deve crescere e che deve scrostarsi di dosso l’autoreferenzialità, condurre veramente insieme a chi ci crede tra le persone le battaglie fondamentali: educazione, lavoro con ripristino delle garanzie per i lavoratori, sanità davvero accessibile a tutti, profondo cambiamento dell’Europa che finora è stata in mano alla Commissione europea con predominanza esclusiva degli interessi economici della Germania ( alla faccia del Parlamento europeo che abbiamo eletto, ma che non ha nessun potere decisionale). La Grecia è già stata rovinata, impediamo che altri stati facciano la stessa fine a beneficio di una Germania che ha acquistato a prezzi stracciati i beni rimasti del povero Paese ellenico, impedendogli di fatto di rialzarsi. Le prospettive di successo sono scarse, ma se crediamo che il sistema attuale sia profondamente ingiusto, bisogna andare avanti, secondo me, rivendicando quello che riteniamo indispensabile per una democrazia meno ingiusta ( e penso che molte persone che oggi non vanno a votare tornerebbero a fare valere la propria opinione). Il PD è ormai un partito in mano a Renzi e alla sua cerchia di potere, anche se al suo interno ci sono senz’altro persone degne. Renzi non mollerà, finché non sarà esautorato e non sarà facile, perché la rete di signorsì che ha creato sarà dura che abbandoni le posizioni di privilegio. Inoltre tutti sanno, soprattutto i suoi protetti, che è estremamente vendicativo verso chi lo critica. Un pensierino di speranza: anche col referendum sulla Costituzione pensavamo di non farcela, eppure il no ha vinto, certamente con una mole di lavoro generoso, pur avendo quasi tutti i media contro o incerti. C’è qualcosa di buono se ciò è accaduto.
Non c’entra niente, ma visto che mi trovo qui vorrei esprimere la mia opinione sul film “The square”, di Robert Ostlund, svedese, vincitore della Palma d’oro all’ultimo festival di Cannes. Protagonista del film è Christian, curatore di un importante museo di arte contemporanea a Stoccolma, padre amorevole di due bambine. Nel museo c’è grande fermento per il debutto di un’installazione chiamata “The Square”, praticamente un quadrato illuminato dentro il quale idealmente tutti quelli che ci entrano hanno pari diritti e pari doveri. Non solo, se qualcuno entra nel quadrato e chiede aiuto al prossimo, i passanti devono soccorrerlo, chiunque esso sia. Il film è giocato sul contrasto tra gli ideali, di cui Christian è sincero sostenitore, e il comportamento quotidiano . Tutto si scatena quando due imbroglioni si accostano nella piazza a Christian e, con la scusa della richiesta di aiuto, gli rubano portafoglio, cellulare e documenti. Adesso è lui ad essere bisognoso almeno di un cellulare per chiedere aiuto, ma nessuno glielo presta. Con indagini che compie lui stesso riesce a sapere dove abita il presunto ladro, mette dei volantini di minaccia nelle caselle postali del palazzo a tutti gli inquilini e il malloppo gli viene restituito. Un ragazzino- sembrerebbe un figlio di immigrati- ha visto chi è stato a mettere i volantini e va a chiedergli di restituirgli il suo onore, perché i suoi genitori, credendolo colpevole del misfatto, lo hanno punito. Christian, persona perbene e pensante, idealista e cinico contemporaneamente, si trova in una grossa crisi, messo continuamente in discussione dalle distanze abissali tra i primi e gli ultimi di una società pur caratterizzata da un ottimo welfare. Alla fine Christian dovrà scegliere, dopo avere conosciuto meglio se stesso. Un episodio reale sta alla base del film: nel 2014 il regista, insieme a Kalle Boman, produttore e professore di cinema all’Università di Gòteborg, aveva creato un’installazione simile a quella di cui si parla nel film, attualmente al centro della piazza di Varnamo, paese nel sud della Svezia. L’opera ruota attorno all’idea che l’armonia sociale dipende da scelte semplici ma impegnative che ognuno di noi compie ogni giorno. Il quadrato ideale, all’inizio posto nel museo, è un’isola in cui ognuno deve avere fiducia dell’altro. I visitatori devono scegliere tra ” mi fido” e “non mi fido”. La maggior parte sceglie ” mi fido”, tranne avere poi i sudori freddi quando le viene chiesto di lasciare il portafoglio e il cellulare sul pavimento del museo.