GIACOMO LEOPARDI (RECANATI, 1798- NAPOLI, 1837)— A SE STESSO ( presente nella prima edizione dei ” Canti “, Napoli, 1935 )

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XXVIII
A SE STESSO

 

 Or poserai per sempre,
stanco mio cor. Perí l’inganno estremo,
ch’eterno io mi credei. Perí. Ben sento,
in noi di cari inganni,
non che la speme, il desiderio è spento.
Posa per sempre. Assai
palpitasti. Non val cosa nessuna
i moti tuoi, né di sospiri è degna
la terra. Amaro e noia
la vita, altro mai nulla; e fango è il mondo.
T’acqueta omai. Dispera
l’ultima volta. Al gener nostro il fato
non donò che il morire. Omai disprezza
te, la natura, il brutto
poter che, ascoso, a comun danno impera,
e l’infinita vanitá del tutto.

 

 

 

 

 

 

Nell’aprile 1834 Leopardi ricevette visita da August von Platen, che nel suo diario scrisse:

 

” Leopardi è piccolo e gobbo, il viso ha pallido e sofferente […] fa del giorno notte e viceversa […] conduce una delle più miserevoli vite che si possano immaginare. Tuttavia, conoscendolo più da vicino […] la finezza della sua educazione classica e la cordialità del suo fare dispongon l’animo in suo favore. ”

 

 

 

 

 

 

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