REPUBBLICA SPETTACOLI — 3-11-2017
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CINEMA
Miyazaki, il maestro che non può smettere di disegnare
Il regista Kaku Arakawa ci fa entrare nei pensieri più intimi del regista, che quando parla (anche con se stesso) dice sempre frasi importanti, sagge, pesanti. D’altra parte è un uomo anziano, perfettamente consapevole di essere nell’ultima parte della sua vita. Lo dice spesso che le sue forze non sono più quelle di un tempo anche se poi lo vediamo scattante, agile, perfettamente lucido.
La storia inizia con le riprese di uno Studio Ghibli deserto mentre fuori nevica. “Ormai tutto è nel passato, e forse è meglio così”, dice Hayao commentando il vuoto e il silenzio. Poi viene riproposto l’annuncio del suo addio in una storica conferenza stampa nel settembre del 2013 dopo l’uscita di Si alza il vento: “Ho annunciato altre volte il mio ritiro, quindi potete pensare che questa sia una di quelle volte. Ma ora faccio sul serio”. Il problema è che poi le idee arrivano, e stare fermo senza fare niente è per lui faticosissimo.
E allora lo vediamo entrare in contatto con un gruppo di giovani che sta lavorando sull’animazione al computer, che pure Miyazaki non ha mai amato. Si rimette in moto un progetto, quello di un cortometraggio su un bruco, e il lavoro riparte prima con eccitazione e ottimismo, come se il regista avesse trovato i compagni di lavoro perfetti e le soluzioni a ogni suo dubbio. Ma è solo un momento: in poche scene il lavoro torna a essere, come si diceva, un’ossessione.
Never Ending Man: Hayao Miyazaki è un documentario bellissimo, non solo per chi conosce bene il regista di Totoro e La principessa Mononoke, ma anche per chi vuole capire l’animo umano, la sua potenza e la sua debolezza. Tra l’altro il regista sembra cogliere e qualche volta rubare dei momenti di vera intimità in cui la moglie di Miyazaki viene appena nominata e non appare mai mentre del figlio Goro non c’è alcuna traccia. È presente invece il fondamentale produttore Toshio Suzuki, che in auto pronuncia una delle frasi chiave del film: “La verità è che il maestro vorrebbe incontrare una copia giovane di se stesso. E, ovviamente, è impossibile”.