IL SOLE 24 ORE DELLO 09-11-2017
La giungla degli 868 contratti collettivi
di Giorgio Pogliotti e Claudio Tucci
Il numero dei contratti collettivi nazionali continua a lievitare: sono 868 quelli censiti nella banca dati del Cnel, nell’ultimo aggiornamento di settembre. Ma di questi, solo 300 sono considerati “regolari”: «La quota prevalente, al netto dei contratti scaduti, è rappresentata dai cosiddetti contratti “pirata” che presentano condizioni economiche o normative al di sotto degli standard contrattuali dei settori di riferimento», spiega il presidente del Cnel, Tiziano Treu, che considera «preoccupante» il fenomeno dei contratti al ribasso siglati da associazioni datoriali non rappresentative con sindacati, anch’essi privi di effettiva rappresentanza. Questo vuol dire che la gran parte degli oltre 500 Ccnl sono irregolari, presentano condizioni peggiorative per i lavoratori , specie per risparmiare sul costo del lavoro, e fanno concorrenza sleale a imprese e associazioni datoriali corrette.
La novità anticipata da Treu al Sole 24 Ore è che il Cnel indicherà con un bollino blu, nel proprio sito, i circa 300 contratti regolari, che rispettano gli indicatori quantitativi e qualitativi definiti dall’Inps (numero lavoratori coperti, massa salariale), considerati rappresentativi, che possono così continuare ad accedere ai benefici di legge (incentivi per imprese, partecipazione ad appalti pubblici), per facilitare il lavoro degli ispettori che potranno sanzionare i contratti al ribasso, che non figurano nell’elenco. «Soprattutto nel settore dei servizi c’è una forte dispersione tra i datori di lavoro – aggiunge Treu – serve una legge sulla rappresentanza anche per la misurazione della rappresentatività delle associazioni datoriali, principio condiviso peraltro anche da Confindustria e Confcommercio».
Scorrendo il lungo elenco sul sito del Cnel, tra i contratti depositati, spicca come nel solo settore metalmeccanico accanto al contratto principe, quello di Federmeccanica-Assistal, e a quello Fiat-Fca, compaiano altri 29 contratti, spesso firmati da sigle sconosciute a livello nazionale. Così può accadere che un operaio metalmeccanico, in virtù di questi contratti al ribasso, abbia una retribuzione mensile lorda di 909 euro, rispetto a un operaio comune che parte da una base di 1.299 euro. In alcuni casi vengono reintrodotti meccanismi tipo gabbie salariali, con retribuzioni differenziate su base regionale; con minimi retributivi per la Calabria differenti rispetto alla Lombardia. Per il direttore dell’area Lavoro e Welfare di Confindustria, Pierangelo Albini «la strada maestra è definire i perimetri della contrattazione, individuare i soggetti che operano in quei perimetri e misurarne l’effettiva rappresentatività, come avevamo indicato nell’accordo firmato con i sindacati nel 2014, non ancora del tutto attuato. Come Confindustria siamo disponibili a misurare la rappresentatività delle associazioni datoriali».
Per questi contratti “pirata” il risparmio sul costo del lavoro è assicurato non solo da minimi retributivi inferiori anche del 30%, rispetto ai contratti di settore più rappresentativi, ma anche dall’assenza della quattordicesima mensilità, dal taglio di voci integrative, dalla mancanza di misure di welfare aziendale. «La pluralità di Ccnl per la stessa categoria può costituire espressione del principio del pluralismo sindacale consacrato nell’articolo 39 della Costituzione – spiega Arturo Maresca, ordinario di diritto del lavoro all’università «La Sapienza» di Roma – o, all’opposto, di uno dei fattori più inquinanti delle relazioni collettive. Ciò dipende dai soggetti che stipulano il Ccnl e dalla loro capacità di assolvere alla funzione propria di tale contratto che, secondo il Testo unico del 2014 firmato da Confindustria, Cgil, Cisl e Uil, è quella di garantire la certezza dei trattamenti economici e normativi comuni per tutti i lavoratori del settore ovunque impiegati nel territorio nazionale. Quando, invece, il Ccnl è finalizzato a creare e legittimare zone franche di non rispetto delle condizioni di lavoro applicabili alla generalità dei dipendenti di una categoria, l’espressione che meglio connota tali Ccnl è quella di contratti pirata».
Quanto all’iniziativa illustrata dal Cnel: «È indubbio che questi contratti sono tutti validi – aggiunge Maresca – ma ciò non vuol dire che siano anche funzionali allo scopo che devono assolvere. Del resto è vigente una norma che nel nostro ordinamento distingue ai fini dell’individuazione della retribuzione imponibile ai fini contributivi i Ccnl in base ai soggetti sindacali che li stipulano. Da questo principio il Cnel potrebbe partire per presentare nella propria banca dati i vari Ccnl in modo diversificato. In questa stessa direzione possono muoversi le parti sociali realizzando la rilevazione certificata della rappresentatività sindacale, annunciata fin dall’accordo del 18 giugno