IL CAPOLAVORO DI BONAVENTURA BERLINGHIERI A PESCIA (1235)—KUNST, APPUNTI DI STORIA DELL’ARTE DI MARIO CORBUZZI

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Pescia, in provincia di Pistoia

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Appunti di storia dell’arte di Mario Cobuzzi

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lunedì 8 maggio 2017

Il capolavoro di Bonaventura Berlinghieri a Pescia

Fig.1, Bonaventura Berlinghieri, San Francesco e storie, 1235. Pescia, San Francesco

Nella chiesa di San Francesco a Pescia, borgo meraviglioso incastonato tra le colline della Toscana, è conservato un dipinto tra i più celebri del primo Duecento italiano: il dossale con San Francesco e storie della sua vitarealizzato da Bonaventura Berlinghieri nel 1235 (fig.1).

La fama di quest’opera dipende da diversi fattori, anche votivi: si tratta di una delle prime raffigurazioni di san Francesco, morto solo nove anni prima della realizzazione del dipinto.

Dal punto di vista della Storia dell’arte l’importanza dell’opera dipende soprattutto dal fatto che essa è, caso rarissimo per la produzione artistica del periodo, firmata e datata: è quindi un testo essenziale e inaggirabile per lo studio di quel campo difficilissimo che è la pittura del Duecento.

Alla vastissima letteratura critica sul dipinto di Bonaventura, membro della famiglia di pittori lucchesi dei Berlinghieri (il capostipite è il padre Berlinghiero, uno dei pittori più grandi e influenti del primo Duecento), questo post ovviamente non può aggiungere nulla di rilevante. Quel che state per leggere non è altro che una analisi stilistica e formale dell’opera; una analisi che, senza citare i tanti studiosi e le varie ipotesi storiografiche, ha portato alla maturazione di un’idea precisa: al di là dell’importanza dovuta alla firma e alla data, questa tavola di Bonaventura Berlinghieri è un vero e ricco e complesso capolavoro – e nel dir questo si contravviene a una svalutazione che nella storiografia si è letta non poche volte.

La prima cosa che colpisce è il tipo di panneggio: troppo complesso e ricco per ridurlo semplicisticamente alla solita etichetta di “formule bizantine”; i panneggi sono corposi e rotondi, perfino tridimensionali nelle maniche dei frati (compreso il Francesco a figura intera), e ovunque sono fitti e fascianti (fig.3 e fig.4) – si vedano le innumerevoli fasce del saio del Francesco intero (fig.2), il personaggio più furente nella Liberazione degli indemoniati (fig.5), con le pieghe del braccio destro ottenute per fitti colpi di bianco, e si veda pure come la veste dello stesso personaggio sia delineata da linee sinuose che, partendo dalla spalla destra, donano un surplus di dinamismo all’inquieta figura. I panneggi dipinti da Bonaventura sanno diventare anche fluenti.

Fig.2, particolare del Francesco centrale
Fig.3, dettaglio della Predica agli uccelli
Fig.4, dettaglio del Risanamento dello zoppo
fig.5, dettaglio della Liberazione
degli indemoniati

La cosa curiosa, che contrasta con la pienezza volumetrica di cui si è detto, è che tutte le terminazioni dei sai sono costituite da una linea orizzontale dritta e continua, rigida e astratta, mai turbata dai normali sommovimenti e piegamenti del panneggio (fig.3, fig.4, fig.6).

Da qui si nota un’altra particolarità entusiasmante di quest’opera: il modo del tutto naturalistico e credibile con cui, nelle storie laterali, sono realizzati i piedi nudi di Francesco e dei suoi seguaci: piedi che, tra l’altro, poggiano perfettamente sul terreno (fig.3, fig.4). Quanta distanza coi piedi totalmente innaturali del Francesco a figura intera, tanta che verrebbe da pensare a ridipinture successive (fig.6)!

fig.6, dettaglio del Francesco centrale

Con questa differenza si giunge a quella che a mio avviso è una delle caratteristiche più evidenti dell’opera: la distanza enorme che separa il Francesco a figura intera dai personaggi delle storie laterali. Quello che giganteggia nella tavola di Pescia è un asceta severo e lontano, quasi astratto, una figura misteriosa e perfino inquietante, con la testa piccola e il corpo allungato in maniera del tutto innaturale, e l’espressione del viso severa e ammonente (fig.10); i personaggi nelle storie laterali, compresi i vari Francesco che agiscono nelle scene, hanno una umanità più vera e, seppur compassati e come ossequiosi di un qualche rituale ufficiale, sono più vicini e accostanti.

Si tratta insomma di un’opera che si gioca su due registri: all’ufficialità del Santo che si presenta alla devozione dei fedeli e che quindi è ricondotto a una formula di pura ieraticità, si unisce la vivezza e la necessità narrativa di una più accessibile umanità nelle storiette laterali.

Ecco perché la tavola di Bonaventura è, come dicevo, un’opera complessa.

Fig.7, dettaglio con la Guarigione della bambina
Fig.8, dettaglio del Risanamento degli storpi

Rimaniamo allora sui personaggi delle storie laterali: le figure maschili giovani, che sembrano legati da stretti legami di parentela, sono ripresi tutti o quasi da uno stesso disegno che si ripete instancabile (fig.7, fig.8) . Ed è nei volti dei personaggi che, nella maniera più evidente, si scorge il legame forte che unisce Bonaventura al padre Berlinghiero: oltre alla tipologia dei visi, facilmente confrontabile con la Croce di Berlinghiero al Museo di Villa Guinigi a Lucca (opera davvero fondativa per tanta pittura di primo Duecento), si veda la caratteristica strisciata bianca che parte dalle narici e sfuma sulle guance, tipica di Berlinghiero (fig.9, fig.10) e di altri pittori che partono dal suo magistero – il fiorentino Maestro del Bigallo, per esempio (fig.11).

Fig.9, Berlinghiero, Madonna col Bambino, particolare,
primo quarto del Duecento. New York, The Metropolitan
Museum of Art
Fig.10, dettaglio del Francesco centrale
Fig.11, Maestro del Bigallo, Madonna col Bambino, 1230 ca.
Firenze, Uffizi

Mi sembra poi che gli incarnati, oltre a presentare la piatta sovrapposizione dei chiari tipica di tanto Duecento (la linea bianca continua sulla fronte di Francesco intero, per esempio, fig.10), raggiungano spesso esiti sfumati e chiaroscurati, di una rotondità volumetrica inaspettata. Del resto anche le architetture degli sfondi, peraltro abbellite di gustosi motivi decorativi sempre variati che ancora dimostrano l’inventiva di Berlinghiero, mostrano gradazioni tonali sorprendenti, con passaggi graduali dalle parti più in ombra a quelle in luce, come se il pittore volesse suggerire – e mi rendo ben conto di dire qualcosa di molto problematico – una fonte di illuminazione unitaria (fig.12).

Fig.12, dettaglio della Stigmatizzazione di san Francesco

Insomma, a conclusione di questo post, mi sembra ce ne sia abbastanza per ribadire quanto si diceva all’inizio: la tavola con San Francesco e storie della sua vita di Bonaventura Berlinghieri è un’opera molto complessa e ricca, sorprendente perfino, insomma un vero capolavoro.

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