- Ten. Antonio Rossi – (Canosa di Puglia, 2 agosto 1912 – Canosa di Puglia, 1º agosto 2005). Ultimo di tre figli si laureò in giurisprudenza a Roma nel 1934; nel gennaio 1939 fu ammesso ai corsi per aspiranti ufficiali di complemento e si guadagnò il brevetto in aprile. Dall’11 giugno 1940, sottotenente, combatté con il 232º Battaglione di fanteria sulle Alpi occidentali, quindi da dicembre partecipò alla campagna italiana di Grecia. Il 9 settembre 1942 fu nominato tenente e continuò a servire nei Balcani: dopo l’annuncio dell’armistizio di Cassibile fu fatto prigioniero a Volo e in ottobre fu internato nel campo di concentramento Stalag 333 di Beniaminowo (Polonia), poi nell’aprile 1944 nello Stalag 10B di Sandbostel (Germania); trasferito quindi in dicembre all’Oflager 83 di Wietzendorf(Germania), arrivò in ultimo al campo di punizione di Unterluss (febbraio 1945). Il 24 febbraio fu tra i quarantaquattro ufficiali che volontariamente si offrirono per salvare la vita di altri commilitoni e, perciò, fu anch’egli inviato alla “rieducazione al lavoro” presso il duro campo KZ-AEL, sempre nei pressi di Unterlüss[4]. Sopravvissuto al lavoro forzato e all’inedia, rientrò a Canosa nel settembre 1945 e riavviò la sua impresa agricola, si sposò ed ebbe tre figli (dei quali Nicola Rossi è un noto economista). Il 12 settembre 1999 è stato pubblicato il suo diario di prigionia, che ricevette il Premio dell’Archivio Diaristico Nazionale di Pieve Santo Stefano per diario di guerra inedito e che fu ampiamente citato nel documentario del 2002 (prodotto da Nanni Moretti) appartenente alla serie “I diari della Sacher”. Lo stesso Moretti finanziò anche il cortometraggio L’implacabile Tenente Rossi (2002).
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Quante cose che si vengono a sapere! La vita di questa donna è veramente straordinaria. Dalla rubrica “Questa volta c’entra” prendiamo da “Il Fatto” un fatto buono:
” Meditate che questo è stato: Vi comando queste parole”. Il monito di Primo Levi, premesso a “Se questo è un uomo”, pesa sul vuoto di memoria che lacera la società contemporanea italiana…La frase di Primo Levi può riassumere simbolicamente il ” Progetto Memoranda.La parole dei luoghi”. Nasce per iniziativa della Fondazione Nuto Revelli di Cuneo e del Centro Studi Piero Gobetti di Torino e si propone di creare una rete interattiva delle ” Case della memoria” dell’antifascismo e della Resistenza, con particolare riguardo a quello piemontese del Partito d’Azione-Giustizia e Libertà, e al mondo della cultura. Si tratta delle abitazioni e dei luoghi in cui vissero e operarono, tanto per ricordarne qualcuno, Ada e Piero Gobetti e Norberto Bobbio, Giulio Einaudi, Vittorio Foa, Barbara Allason e Augusto Monti, Cesare Pavese e Duccio Galimberti, Nuto Revelli e Dante Livio Bianco, ma anche Davide Lajolo e Beppe Fenoglio, il leggendario partigiano Piero Balbo ( il “Nord” de ” Il partigiano Jonny”), Emilio Lussu e Silvio Trentin, Piero Calamandrei e Alessandro Garrone, fino a Franco Antonicelli e a Benedetto Croce ospite della villa biellese di Pollone, e a tanti altri. Dimore cittadine, borgate montane, sedi cladestine di antifascisti e partigiani, luoghi di eccidi nazisti, in cui si cementò la lotta per la libertà… Il progetto ” Memoranda”va nella direzione auspicata di un recupero della intera memoria antifascista italiana, colta nella dimensione domestica, di famiglie e di amicizie…” “il Fatto”,25 luglio 2017,pag.19 ,di Massimo Novelli. Il progetto si avvierà praticamente a settembre 2017. E’ curato da Antonella Tarpino insieme a Marco Revelli e al Centro studi Piero Gobetti. Antonella Tarpino è tra l’altro autrice del saggio “Geografie della memoria. Case, rovine, oggetti quotidiani”, edito da Einaudi.
Sempre a proposito di memoria, mi sembra interessante una mostra che si svolge a Roma, al Goethe Institut e al Museo di Roma in Trastevere, per celebrare il venticinquennale dell’Agenzia fotografica berlinese Ostkreuz. L’Agenzia nasce all’indomani della caduta del muro al Café du Marché a Parigi per volontà dei fotografi censurati dalla Stasi, diventa subito simbolo della liberazione ideologica e mostra al mondo le opere dei propri fotografi rimaste per anni nei cassetti. Magnifica è la foto delle colossali statue dei grandi del marxismo portate via a pezzi dagli elicotteri nel cielo di Berlino, ovviamente dopo la caduta del muro. Questa immagine, con un effetto stranamente tenero e simbolico, c’è nel bel film ” Good bay , Lenin” di qualche anno fa. Questa notizia, accompagnata da alcune belle foto, è stata presa da “Il Fatto” di sabato 22 luglio 2017, pag.18, autore dell’articolo Angelo Molica Franco.