RIPARLIAMO DE ::: ” Il National Museum of African American History & Culture, inaugurato da Obama agli sgoccioli come presidente “

Adjaye e i curatori hanno scelto, infatti, di articolare in quelle gallerie, che salgono dal basso verso l’alto, la parte storica del museo – dalla tratta degli schiavi alle recenti proteste di Baltimora e Ferguson – dividendola in tre capitoli: Slavery and Freedom, dalla schiavitù all’emancipazione, The Segregation Era, dall’emancipazione al 1968, e 1968 – Today, dalle conquiste del movimento per i diritti civili ad oggi.
Si tratta di un percorso allo stesso tempo doloroso e aspirational, inequivocabilmente accusatorio (il blocco di pietra su cui venivano esposti gli schiavi in vendita al mercato, il collare di ferro piccolo abbastanza da «calzare» un bambino, le cifre agghiaccianti della tratta umana e del suo tornaconto economico, la capanna di uno schiavo, i cappucci del Ku Klux Klan, le foto dei linciaggi… fino alla bara di Emmett Till, massacrato a quattordici anni per aver forse guardato una donna bianca), ma anche molto attento a valorizzare l’instancabile guerra contro il razzismo combattuta, dalla fine dell’Ottocento ad oggi, da schiavi liberati, attivisti, leader religiosi, intellettuali, artisti, organizzazioni di donne, avvocati, politici. Accanto alla narrativa della sofferenza afroamericana – negli oggetti, nelle immagini, nei documenti e nelle lunghe didascalie informative esposti al museo- scorre anche quella di una comunità organizzata, impegnata e colta, che usa, o combatte, le istituzioni di un paese di cui si sente comunque parte fondante.

 

 

per chi vuole, qui l’articolo intero da cui abbiamo tratto il brano sopra:

http://ilmanifesto.info/dalla-schiavitu-alla-vita-da-star/

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