PIERROT LE FOU, UN FILM DI JEAN-LUC GODARD DEL 1965 —per molti giovani è stato un film importante, insieme ad altri s’intende…

 

questa scena è ” da guardare “, anche se non vedrete il film!

 

 

Il bandito delle 11 (Pierrot le fou) è un film del 1965 diretto da Jean-Luc Godard.

« Si tratta di un film del tutto inconscio. Non sono mai stato tanto inquieto prima delle riprese; non avevo nulla, proprio nulla. »
(Jean-Luc Godard[8])

 

SE VOLETE, IL FILM COMPLETO:

https://www.youtube.com/watch?v=7e6VZDlAUtA

 

Il bandito delle 11.png

Una scena del film Il bandito delle ore undici

 

per chi volesse leggere, non è facile da seguire…

Jean-Luc Godard accreditò la leggenda di un film improvvisato sul momento, senza nessun copione prima dell’inizio delle riprese; in realtà si tratta di un progetto lungamente accarezzato in 18 mesi di gestazione, la cui prima traccia è un contratto firmato il 10 marzo 1964 per la cessione dei diritti del romanzo Obsession dello scrittore statunitense Lionel White,[2] apparso in Francia nel 1963con il titolo Le démon de onze heures, sul n. 803 della Série Noire di Gallimard. Il progetto iniziale prevede 27 sequenze ed è piuttosto fedele alla trama del romanzo; il trattamento, scritto su una cinquantina di fogli, è tra i più dettagliati del regista franco-svizzero. Esiste anche una sceneggiatura firmata da Remo Forlani, redatta per essere mostrata alla co-produzione.

Le riprese si protrassero per circa due mesi, iniziando il 24 maggio 1965 sulla riviera francese (nella penisola di Gien) e terminando il 17 luglio a Parigi (in ordine inverso rispetto a quel che si vede nella versione montata del film).[7] Nel frattempo la troupe passò per il porto di Tolone e l’isola di Porquerolles.[9]

Pierrot le Fou porta agli estremi la frammentazione narrativa e visuale dei precedenti film di Godard, la dissoluzione della trama in una serie di gag, citazioni, immagini slegate,[3] personaggi estemporanei e situazioni da videoclip al limite del genere musical. Godard si permette una libertà di scrittura che conferma i capolavori precedenti e anticipa i futuri; i tre film che lo precedono sono stati girati in bianco e nero, come pure il successivo, Masculin Féminin, mentre Pierrot le Fou è un film solare, mediterraneo, denso di colori molto saturi. Il suo carattere pittorico sta nel particolare trattamento dello schermo, sul quale forme e colori assumono composizioni quasi astratte, una tavolozza aperta a mille combinazioni.[10] Frequenti sono le citazioni pittoriche, con immagini fisse di opere inserite nel montaggio, da Diego Velázquez a Auguste Renoir aPablo Picasso, a fare da dichiarazione poetica e chiave di lettura della costruzione delle immagini del film. I colori particolarmente saturi sono dovuti al procedimento Techniscope introdotto nel 1965 che permette un’immagine a colori molto meno costosa delle tecniche precedenti, ma con un aumento del contrasto.[11]

Se per il precedente Una donna sposata si può cominciare a parlare di pop-art (è infatti a partire da quel film che Georges Sadoul conia il neologismo God-Art), qui entra in gioco piuttosto la scrittura automatica deisurrealisti, coniugata con una ricerca quasi “grammaticale” sul montaggio e sull’immagine.[12]

Trama

Ferdinand Griffon, benestante professore di spagnolo che lavora genericamente per la televisione, sposato con figli ma esistenzialmente insoddisfatto della propria vita borghese, decide di fuggire verso sud in compagnia di Marianne, una ragazza reincontrata casualmente mentre era stata chiamata a far da baby sitter al figlio della coppia, con la quale Ferdinand aveva avuto una relazione cinque anni prima. Proprio nel riaccompagnarla a casa Ferdinand, che Marianne si ostina a chiamare “Pierrot”, decide di dare una svolta radicale alla sua vita intraprendendo la carriera di criminale insieme alla ragazza. Dopo aver commesso un omicidio, i due si stabiliscono in Provenza, in riva al mare, vivendo isolati dal resto del mondo. Poco tempo dopo, Marianne viene ritrovata dai membri di una banda di gangster, capeggiata da un nano, della quale faceva parte prima di fuggire con Ferdinand/Pierrot. La donna riesce a scappare dopo aver ucciso il nano, ma i gangster catturano Ferdinand e lo torturano per farsi rivelare dove essa sia fuggita. Passa qualche tempo, Ferdinand ora lavora come marinaio nel porto di Tolone al servizio di una anziana ed eccentrica principessa libanese in esilio. Qui ritrova Marianne che lo coinvolge nuovamente in loschi traffici che portano ad uno scontro a fuoco dove restano uccisi i due malviventi che avevano torturato Ferdinand. Marianne però tradisce Ferdinand/Pierrot e fugge con il bottino insieme a Fred, indicato da lei come suo fratello ma in realtà suo amante. Ferdinand li insegue e raggiunge la coppia sull’isola dove si erano rifugiati e li uccide entrambi. Subito dopo decide di suicidarsi dandosi una morte eclatante: dopo essersi dipinto la faccia di blu, sale in cima ad una collina e si lega attorno alla testa vari candelotti di dinamite, dando infine fuoco alla miccia. Un attimo prima dell’esplosione ha un istante di ripensamento ma ormai è troppo tardi e la carica esplode uccidendolo.

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