SANREMO 23 GIUGNO 1940
Ricordi quei versi?
Nacqui 22 giugno del ’43
c’era la guerra
e non fu un momento buono per nascere
tre mesi dopo
in un giorno di bombe
mia madre scappando al rifugio
mi dimenticò nella culla
dalla corazzata potionkim
poi corse indietro
ricordandosi che ormai c’ero anch’io
Così sono vissuto:
come uno che c’era
ecc.ecc.
ecco, questo me lo son portato dietro e, per inciso, non è vero che mia madre mi dimenticò nella culla ma a me piace pensarla così…
anch’io ho sempre avuto l’impressione da piccolo di essere lasciato nell’angolo, ma non era vero.
Deanna pensava che tutte le coccole erano per me e ci aggiungeva le sue.
Eppure l’idea m’è rimasta a lungo.
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una spiegazione primitiva che mi azzardo a suggerire è che anche ti avessero dato la luna, come diceva sempre mio papà, le tue aspettative di ricevere stima e consenso erano molto più esigenti di quanto di offrivano; per l’amore che mancava, devi guardare la luna piena e dirti::: ” la mia bocca un giorno o l’altro se la ingoia “. Certamente essendo un maschio le attenzione erano tutte per te, in più si aggiungeva quella santa di tua sorella! E tu, oltretutto invidiavi lei che ne riceva molte più di te…una travisamento che si capisce in un bambino. Un po’ geloso. Quello che non provo neanche è capire perché motivo avevi bisogno (tuo) di vederti come una vittima::: una volta ho chiesto ad una paziente, una ragazza giovane e molto in gamba, ” Hai idea del perché hai bisogno di sentirti una vittima? ” // ” Perché mi abbassa subito i sensi di colpa “–Su questa storia…c’è una storia più lunga che mi sono fatta io, mi pare anche nell’ultimo delirio, ma ora vi risparmio, che dice: ” Se siamo vittime di qualcuno o di varie persone, vuol dire che quello che mi accade rappresenta la loro volontà e non la mia, io subisco passivamente; questo significa che in questa faccenda non ci sono responsabilità mie che mi obblighino a guardarmi e a passare dalla posizione passiva a quella attiva— che sarebbe poi guardare in faccia o di profilo, quello che mi tocca…e purtroppo fare e modificare la mia situazione, cosa che magari da solo non so fare…Questa cosa la ritengo, per me, molto importante, da far capire a chi ne vive, certo andrebbe espressa in maniera più comunicativa. Pazienza, A VOI POETI TUTTA LA PAROLA! Notte da chiara
se veramente avessi avuto l’impressione di essere lasciato nell’angolo (da piccolo), probabilmente ricorderei diversamente.
Quindi: sono io che me le invento perchè a volte mi piace.
E lo so.
per inciso: non sono uno che si piange addosso. non ne ho mai avuto il tempo.
Ciò non toglie che – animo da tragedia – ogni tanto mi creo mentalmente una situazione tragica/romantica, come se non mi bastassero quelle quotidiane, banalmente tragiche. 🙂
ma la vivi? E poi sai che è immaginata o ti ci perdi dentro. I un altro senso lo fanno tutti in pubblico : si vestono di un personaggio che ritengono abbia aria di charme e di leader, ecco, ” carisma”, se vedono che funziona lo usano con uomini e donne di fascino o anche per fare affari…Tutte cose che sai benissimo. Mario fa anche questo, solo in casa sta sempre zitto, non risponde alle domande, fisso sul computer a fare i suoi disegnai. Una volta è stato sei mesi senza parlarmi. ma , recentemente , quando la prima volta ha scoperto che parlo ogni tanto da sola, è-poverino- rimasto di stucco, malissimo. Non so di cosa, forse brutto segno di vecchiaia. Potresti farne un racconto immaginandoti una storia. Sempre Mario mi ha da tempo sverginato ad accettare come normale (per lui ) che si inventi cose inesistenti e me le racconta come vere. Una volta in alta montagna, ho cercato di riportarlo alla realtà ( coinvolgeva la signora della pensione), ma adesso lo lascio parlare, al massimo dico ” te lo sei inventato”. E’ un delirio delle persone sane, no problems, di mio penso che va controllata sempre la mente e che la nostra vera amica, vero appoggio sia la realtà::: importante è tornarci se fai un viaggio di cui senti il bisogno. Non devi perdere la tua casa, la tua Itaca.
Intanto, rivolgiti per favore un attino verso il tuo momentaneo altro: si capiva cosa dicevo, non vorresti riscriverlo meglio? Ti è sembrato importante? Direi di no. Come Mario, anche se siete dei Quaranta, appartenete già (anticipate? ) all’identità del XXI così ben descritta da Bauman in una lettera che abbia pubblicato. Invece io sono rimasta al Novecento: la mia testa ha preso molto presto a modello uno scritto giovanile di Gramsci (un’insegnante mi ha regalato ” Le Lettere dal carcere” più o meno all’inizio del Liceo, con gli scritti giovanili). Anche questo è tutto sul blog, lo cercherò ma chi lo legge? Un antiquario? Avrai visto che io sono ” molto attenta a te”, e lo diventerò di più allenandomi alla tua bestia, ma vorrei che tu anche sentissi il bisogno di farmi un dono, che poi sono le domande che ho formulato sul mio scritto. ciao Roberto, oggi è solo giovedì.
Ciao Chiara, ti riferisci a questo?
“Se siamo vittime di qualcuno o di varie persone, vuol dire che quello che mi accade rappresenta la loro volontà e non la mia, io subisco passivamente; questo significa che in questa faccenda non ci sono responsabilità mie che mi obblighino a guardarmi e a passare dalla posizione passiva a quella attiva— che sarebbe poi guardare in faccia o di profilo, quello che mi tocca…e purtroppo fare e modificare la mia situazione, cosa che magari da solo non so fare…Questa cosa la ritengo, per me, molto importante, da far capire a chi ne vive,”
Mi pare molto chiaro senza l’intervento di alcun “poeta”, ed evidente. Classico in psicologia, se non sbaglio: se mi convinco che non ci sono responsabilità mie (non è colpa mia!), evito le responsabilità e di ri – affacciarmi alla realtà che mi dice chiaro che comunque anch’io sono coinvolto con responsabilità più o meno pesanti. Conseguenza: se riconosco le responsabilità devo anche provvedere a” fare, pensare e modificare/mi”
E appunto, riconosciuto questo l’intervento di un buon psicologo può essere fondamentale come aiuto. Meglio se riesco a fare e modificarmi da solo restando un po’ più aderente alla realtà.
Ma questa credo sia psicologia ed è il campo tuo, non mio.
…però ti risponderò su Mario che inventa storie e… su me, che più o meno (ciascuno a il suo modo per sopravvivere giocando) mi muovo sullo stesso suo passo. Divertente Mario!!!
Siamo adulti ma non rifiutiamo il bambino che è in noi, anzi, lo esaltiamo!
E poi, parlando per Mario, che e’ del ’40 ( ma vale anche per me, in un senso diverso, si capisce ), alla nostra età, dopo i 70 direi con certezza, salvo eccezioni, non è che ” torniamo indietro” a quando eravamo bambini, ma nella nostra testa vengono con più chiarezza a galla quel tempo e tutte le emozioni e i bisogni relativi, travisati in genere da un po’ di malinconia e sentimentalismo. Mario ha avuto un’infanzia di giochi straordinaria perché giocavano tutti insieme in famiglia -meno il papà- sia quando Mario era piccolo, sia quando mario era grande e da tempo in Brasile. Adesso quando arriva Nicolo’, vive letteralmente in funzione del bambino che ha 4 anni e mezzo (faceva uguale da piccolo) e ha stabilito con lui un rapporto così esclusivo e anche di possesso pieno : io posso fare la donna-serva: appunto servirli (cosa che non faccio più perché sono malata.) Al di fuori di questo ruolo, vivo appiattita su una parete aspettando che Mario si addormenti (per fortuna dorme molto pomeriggio e sera presto), quando finalmente posso stare con questo bimbo e giocare a modo mio (da piccola non ho mai giocato e spero ancora di scoprire il gioco da vecchia); per il bimbo ” vado bene”: abbiamo lo stesso modo di pensare e di reagire, io lo capisco e lui capisce me. Anch’io sono nella stessa fase, come Mario, tutta infanzia, ma… un’altra volta. Quello che conta dire, usando il nome di Mario, è che con il bimbo è tutto gioco e tutto gioco deve essere la vita. Del resto non si occupa più, né gli viene a mente.
potessi fare così!
tornando indietro. Nel senso :portando su il cursore:
me la ricordo quella Sanremo d’allora, e il porto (non il “porto vecchio”, perchè c’era solo quello).
Ricordo perfino che c’erano ancora tracce , molto evidenti, del cantiere navale..
C’è stato anche un periodo che lungo la banchina c’erano bancarelle che vendevano frutti di mare…
Divieto assoluto di mangiarle!
La commessa di mio zio ( il padre di Mauro) dissero che si prese il tifo mangiando cozze crude.
Sopravvisse….
Anch’io ho vissuto il trauma da morte per cozze crude! Nella mia memoria, il banchetto era uno solo, abbastanza grande, con un tipaccio tipo… quello di ” ma questa è un’altra storia! “, voglio dire ” con personalità spiccata “: ai miei tempi si trovava al fondo di via Palazzo, una volta passata la strada, dovrebbe essere stato all’inizio di Piazza Eroi Sanremesi dove abitava Donatella, ma questo signore si metteva quasi sull’incrocio. Aveva un banco magnifico! Tutti i colori delle cozze e l’aria di freschezza ! Mio zio Nino che, dopo il lavoro si avviava da Corso Inglesi al famoso Bar Morris, (dove incrociava i cognati, così come altra gente brillante di Sanremo, o forse anche meno brillante),l’ha mangiate certamente; mi pare di ricordare che il tipaccio tenesse pronto un bicchiere di vino bianco fresco. In casa mia, invece, era proibito: mia madre era molto amica di una signora in gamba negli affari e nel fare soldi, che, forse lei ammirava, una bellissima signora: capelli neri, occhi verdi, che vestiva sempre di nero. Aveva un negozio di vestiti in via Palazzo, già vicino alla Piazza Eroi. Ebbene, per nostra sorte, il marito di questa intima, era morto, letteralmente morto, per delle cozze. Non credo del signore tipaccio, in Francia mi pare, allora la Francia era di alta moda per tutti, grandi e piccini. Era andare nella ” nostra vera patria”…