«I cronopios e i famas, due geníe d’esseri che incarnano con movenze di balletto due opposte e complementari possibilità dell’essere, sono la creazione piú felice e assoluta di Cortázar. Dire che i cronopios sono l’intuizione, la poesia, il capovolgimento delle norme, e che i famas sono l’ordine, la razionalità, l’efficienza, sarebbe impoverire di molto, imprigionandole in definizioni teoriche, la ricchezza psicologica e l’autonomia morale del loro universo. Cronopios e famas possono essere definiti solo dall’insieme dei loro comportamenti. […] Del resto, osservando bene, si vedrà che è una determinazione degna dei famas che i cronopios mettono nell’essere cronopios, e che nell’agire da famas i famas sono pervasi da una follia non meno stralunata di quella cronopiesca». (inclin . del blog)
Italo Calvino
da Einaudi che ripubblica questo libro nel 2014
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DA CUI CITAZIONE DA JULIO CORTAZAR PER DONATELLA, LIBRO EINAUDI,
” STORIE DI CRONOPIOS E FAMAS” // un’edizione ha l’introduzione di Calvino…
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Storie di cronopios e di famas è un tipico libro cortazáriano: inclassificabile e sommamente delizioso. È diviso in quattro parti: Manuale di istruzioni, Occupazioni insolite, Materiale plastico e Storie di cronopios e di famas.
Le prime tre parti sono brevi racconti, arguzie, motteggi, divertissement direbbero quelli chic, sublimi cammei di un Cortázar divertito che semina pianticelle di arguzia. Sono scherzi, in senso musicale, di un talento letterario sterminato, Georges Perec forse gli si avvicina.
Leggiamo il primo di questi scherzi, Istruzioni per piangere:
Lasciando da parte le motivazioni, atteniamoci unicamente al corretto modo di piangere, intendendo per questo un pianto che non sconfini nelle urla e tanto meno in un insulto al sorriso con la sua parallela e goffa somiglianza. Il pianto medio o ordinario consiste in una completa contrazione della faccia e in un suono spasmodico accompagnato da lacrime e da moccio, quest’ultimo nella fase finale, perché il pianto termina nel momento in cui ci si soffia energicamente il naso.
Per piangere occorre fissare l’immaginazione su se stessi, e se ciò risultasse impossibile perché è stata contratta l’abitudine di credere nel modo esteriore, si ponga mente ad un’anatra ricoperta di formiche o a quei golfi dello stretto di Magellano ove niun penetra giammai.
Una volta arrivato il pianto, ci si copra con dignità il volto usando entrambe le mani con la palma in dentro. I bambini piangeranno con la manica della giacchetta sulla faccia, e preferibilmente in un angolo della stanza. Durata media del pianto: tre minuti.
Poi viene l’ultima parte, la più lunga e omogenea, Storie di cronopios e di famas, che dà il titolo al libro e imperitura fama a quest’opera.
Su questo racconto favoloso, fiabesco, sognante, immaginifico, assolutamente strepitoso, sono state spese molte parole, da parte di tanti, chi più, aggiungendo qualche osservazione interessante, chi meno, semplicemente accodandosi al coro di stupore gioioso.
Io mi accodo al coro di stupore gioioso: la storia dei Cronopios, delle Speranze e deiFamas è semplicemente meravigliosa, una delle creazioni letterarie più dense di dolcezza, di senso e di piacere. Solo il fantasmagorico amore narrato da Boris Vian mi sembra avere la stessa sfrenatezza romantica alla quale è impossibile resistere rimanendo freddi. In fondo, Cortázar è sì argentino, ma molto, visceralmente, francese nel gusto, nei richiami e nello stile.
Dopo aver conosciuto queste creature fantastiche che sono i Cronopios, le Speranze e i Famas, capiterà per sempre, d’improvviso, di voltarsi di colpo per strada e di vedere delle Speranze su un albero, di guardare una piazza affollata e scorgere dei Famas in fila che la attraversano, o anche di leggere una notizia curiosa sul giornale e di riconoscere l’inconfondibile impronta dei Cronopios in azione.
Ma chi sono questi esserini? Lo dice Cortázar in una nota:
[…] ho dunque visto fluttuare nella sala degli oggetti di colore verde, sorta di piccole palle verdi che facevano evoluzioni intorno a me. Ma, insisto, non si trattava niente di tangibile, non li vedevo veramente, pur vedendoli in un certo modo. E insieme all’apparizione di quegli oggetti verdi, che sembravano gonfiati come piccoli palloni, o come rospi, o animali in genere, m’è venuta l’idea che quelli erano Cronopios.
[…] Ma poi la piccola visione che avevo avuto e poi il nome Cronopios che mi piaceva molto hanno continuato a ossessionarmi. Allora mi sono messo a scrivere le prime storie. E sono apparsi in modo simile – ma meno precise di quelle dei Cronopios – le immagini dei Famas e delle Speranze. Quelle immagini sono state forgiate, sono state inventate per servire da contrappunto alla natura dei Cronopios. I Fama sono l’opposto dei Cronopios e le Speranze servono da intermediari.
Ecco qui i Cronopios, i Famas e le Speranze. Siamo nei quartieri della fantasia libera e visionaria, riflessi tremolanti su pozze d’acqua di realtà, dobbiamo sorridere e sognare per vedere queste creaturine, batraciformi e palluti.
Ma nonostante questa precisazione di Cortázar, il mondo dei Cronopios sembra inevitabilmente indurre fame di spiegazione nei lettori, anche quelli monumentali come Italo Calvino:
I famas sono quelli che imbalsamano ed etichettano i ricordi, che bevono la virtù a cucchiaiate col risultato di riconoscersi l’un l’altro carichi di vizi, che se hanno la tosse abbattono un eucalipto invece di comprare le pasticche Valda. I cronopios sono coloro che si lavano i denti alla finestra, spremono tutto il tubetto per veder volare al vento festoni di dentifricio rosa; se sono dirigenti della radio argentina fanno tradurre tutte le trasmissioni in rumeno; se incontrano una tartaruga le disegnano una rondine sul guscio per darle l’illusione della velocità.
Sempre più stralunato il mondo dei batraci cortázariani, impossibile non sorridere felici pensando ai Cronopios, alle Speranze e ai Famas. E allora eccoli finalmente, nella danza irridente di tregua e provala.
C’era una volta un fama che ballava tregua e ballava provala davanti alla vetrina di un negozio pieno di cronopios e di speranze. Le più irritate erano le speranze sempre pronte a far di tutto perché i famas non ballino tregua e provala, ma spera, che è il ballo più in voga presso i cronopios e le speranze.
I famas si piazzano apposta davanti alle vetrine, e questa volta il fama ballava tregua e ballava provala per dare sui nervi alle speranze. Una delle speranze lasciò cadere il suo pesce-flauto – perché le speranze, come il Re del Mare, sono sempre accompagnate da un pesce-flauto – e uscì a protestare, dicendo al fama:
– Fama, niente tregua e provala davanti questo negozio.
Il fama continuava a ballare e rideva.
La speranza chiamò altre speranze, e i cronopios fecero crocchio attorno per vedere cosa ne sarebbe saltato fuori:
– Fama, – dissero le speranze, – non ballare tregua, e neppure provala davanti questo negozio.
Ma il fama ballava e rideva, e così mortificava le speranze.
Allora le speranze si lanciarono sul fama e lo malmenarono. Lo lasciarono a terra vicino a uno steccato, e il fama mandava lamenti, immerso nel suo sangue e nella sua tristezza.
I cronopios si avvicinarono furtivi, questi oggetti verdi e umidi. Attorniarono il fama e si misero a compatirlo, dicendogli:
– Cronopio cronopio cronopio.
E il fama capiva, e la sua solitudine era meno amara.
E via così, nel favoloso mondo dei Cronopios, delle Speranze e dei Famas.
Leggetelo e ballate ridendo e facendo sberleffi, ballate provala e ballate tregua se volete, oppure ballate spera se vi piace di più, ballate insieme a un grande grandissimo Cortázar.