ALLE OLIMPIADI PER LA PRIMA VOLTA UNA SQUADRA DI ” RIFUGIATI “: ” RAPPRESENTIAMO –DICONO —UN POPOLO DI 60 MILIONI DI PERSONE COSTRETTE A SCAPPARE “.

 

Dalla fuga ai Giochi: le olimpiadi di Yusra e dei suoi “fratelli”

Nel team dei rifugiati ragazzi che non parlano la stessa lingua, ma che hanno qualcosa in comune: “Rappresentiamo un “popolo” di sessanta milioni di persone costrette a scappare”. Il simbolo è la 18enne Mardini: nuoterà i 100 stile libero e farfalla

dal nostro inviato MATTIA CHIUSANO

RIO DE JANEIRO – “Non parliamo la stessa lingua, non veniamo dallo stesso paese, ma rappresentiamo sessanta milioni di persone. I rifugiati”. Una stella è già nata, prima ancora che le Olimpiadi siano cominciate. Viveva a Damasco, è scappata attraverso il mare come tanti siriani. Ce l’ha fatta, e ora guarda il mondo con i suoi occhi vivaci di diciottenne, per niente spaventata dal palcoscenico olimpico che affronta con un ottimo inglese. D’altronde non è sola, Yusra Mardini, nel Team dei Rifugiati ci sono i compagni fuggiti dal Sud del Sudan, dalla Repubblica Popolare del Congo, dall’Etiopia, e c’è anche un altro siriano, Rami Anis, che condivide con lei un ricordo: “Nella guerra civile abbiamo perso tre nuotatori come noi”.

E Yusra aggiunge: “Io, anche due amici. Ma Damasco mi manca, e un giorno ci tornerò. Non dimenticatemi, anche se ci sono tante persone che mi conoscono laggiù”. Yusra aveva una vita assolutamente normale, la scuola, il nuoto, gli allenamenti. Poi il bombardamento che distrugge la sua casa, e la fuga come mezzo per sopravvivere. Via dalla Siria, con la sorella Sarah, il campo profughi in Libano come tappa per raggiungere l’Europa attraverso la Turchia. E dalla costa, la sfida al Mar Egeo verso Lesbo su una barca che contiene al massimo sette persone, ma che in realtà ne stipa venti fino a quando si ferma a metà strada. E Yusra, che sa nuotare, lo ha fatto anche in competizioni internazionali, si getta in mare, spinge fino a quando non ha più energie ma Lesbo è in vista. La sua è una storia felice, perché ora la famiglia si è riunita in Germania e lei a Berlino è tornata alla normalità. Ma ormai a Rio è diventata una stella come la Ledecky, la Franklin, la Pellegrini, tutti i media del mondo a farle domande, e lei, che nuoterà 100 stile libero e 100 farfalla, serafica a rispondere: “Sono orgogliosa, felice, penserò a tutti quelli che mi hanno sostenuto, il Cio, i miei due allenatori e tutti i rifugiati e teenager che rappresento”.

Questo davvero nella storia olimpica non si era mai visto, perché un team dei rifugiati non era mai stato assemblato

 

prosegue nel link:

 

http://www.repubblica.it/speciali/olimpiadi/rio2016/2016/08/02/news/dalla_fuga_ai_giochi_le_olimpiadi_di_yusra_e_i_suoi_fratelli-145272715/

 

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