Sir James George Frazer (Glasgow, 1º gennaio 1854 – Cambridge, 7 maggio 1941), di origini scozzesi, è stato un antropologo e storico delle religioni
« La magia è tanto un falso sistema di leggi naturali quanto una guida fallace della condotta; tanto una falsa scienza quanto un’arte abortita. » |
(James G. Frazer, Il ramo d’oro (The Golden Bough), traduzione di Lauro De Bosis, Giulio Einaudi editore, 1950.) |
Un secolo fa usciva il capolavoro di James Frazer che indagava sui riti e sulla forza della sovranità e che influenzò psicanalisi, filosofia, letteratura e cinema
di Marino Niola–NOTIZIE SOTTO — (la Repubblica, 17.11.2015)
Senza “Il ramo d’oro” di Frazer la cultura moderna non sarebbe la stessa. Quei dodici volumi, iniziati nel 1890 e terminati giusto un secolo fa, negli ultimi mesi del 1915, sono un fantastico viaggio attraverso mitologia e magia, credenze e rituali di tutti i tempi e di tutto il mondo, alla ricerca della sorgente delle nostre istituzioni politiche e religiose. Del filo evolutivo che unisce passato e futuro dell’uomo. Muovendosi arditamente tra i popoli antichi e quelli primitivi. E facendosi beffe dell’eurocentrismo della sua epoca.
Il risultato è un monumentale compendio dell’antropologia evoluzionista. Uno strepitoso Grand Tour dell’immaginario che parte dall’Italia. Dalle sponde boscose del lago di Nemi, dove si trovava il tempio di Diana Nemorensis, la dea del bosco sacro. Proprio questo significa la parola latina “nemus”. A fondarlo era stato Oreste, fuggito dalla Grecia dopo aver ucciso la madre Clitemnestra. A custodirlo era il cosiddetto re nemorense, una singolare figura di sovrano e sacerdote, signore degli uomini ma anche della natura, della cui energia era il rappresentante terreno. Come del resto tutti gli antichi sovrani, il cui ruolo aveva una potenza misteriosamente magnetica, numinosa e magica insieme.
Insomma una carica politica, ma anche una carica (elettrica ?—il blog). Proprio per questo gli era permesso tutto tranne che mostrarsi debole, ammalato, invecchiato. Ecco perché il rituale del tempio obbligava il rex ad una prova di forza periodica. Un duello mortale con un pretendente al sacerdozio. Era necessario però che lo sfidante entrasse nell’area consacrata in una notte di tempesta, quando la natura è al massimo dello scatenamento, e strappasse un ramo dorato dall’albero sacro a Diana. Era questo il ramo d’oro. Lo stesso che Enea aveva impugnato durante la sua discesa agli inferi.
Il vincitore diventava il nuovo re della selva. Fino al prossimo duello. Una successione per mezzo della spada che mette a nudo le due metà del potere: eccezione e istituzione, forza e diritto, caos e ordine, legittimità e potenza. L’uccisione del re debole e sconfitto – che in molti popoli studiati da Frazer prende addirittura la forma di un regicidio di Stato – serve in realtà a preservare il ruolo del sovrano, l’uomo che rappresenta la collettività, dalla debolezza del corpo che lo incarna. Come dire che la capacità di difendersi e di offendere, di rendere funzionale la violenza, è la materia prima della leadership. La grande lezione di Frazer sta nell’aver fatto affiorare, esempi alla mano, questa trama oscura della potenza che nessuna legittimazione è in grado di far sparire, né di razionalizzare. Quella che gli antichi chiamavano la Regola di Nemi è, insomma, la legge del più forte. O, come avrebbe detto Carl Schmitt, lo stato di eccezione che diventa norma. Col giovane che fa fuori il vecchio. È la cultura che imita la selezione naturale, trasformando la physis in polis.
Questa Bibbia dell’antropologia ha influenzato tutto il Novecento. Sigmund Freud ammetteva di dovere proprio a Frazer l’idea dell’uccisione del padre che sta al cuore edipico di Totem e tabù. Un filosofo come Ernst Cassirer era decisamente ispirato dai venti animistici che soffiano sul Ramo d’oro quando scriveva la Filosofia delle forme simboliche. E Henri Bergson ci trovò una sorta di motore di ricerca per la teoria dello slancio vitale che è alla base della sua Évolution creatrice. Un poeta come Yeats cercava nello zibaldone frazeriano il filo che lo riconducesse alle matrici epiche della poesia. E David H. Lawrence, l’autore di L’amante di Lady Chatterley, dichiarava senza mezzi termini il suo debito verso il padre di tutti gli antropologi. Mentre Joseph Conrad scrive Cuore di tenebra ispirandosi in toto alla pagina frazeriana che racconta l’assassinio rituale del re africano di Chitombé. E, last but not least, La terra desolata di Thomas S. Eliot, il grande poema sulla crisi della civiltà occidentale, che si può considerare una vertiginosa variazione poetica sul Ramo. Con al centro la mitica figura del re pescatore, il sovrano morente la cui malattia contagia la terra trasfor-mandola in una landa arida e senza vita.
Fino ad Apocalypse Now, il film che Francis Ford Coppola trasse dal capolavoro conradiano trasferendone la scena in Vietnam. E che costituisce un’autentica summa del frazerismo novecentesco. Una discesa nelle profondità dell’umano che mette insieme Conrad e l’Inferno di Dante, la Terra desolata di Eliot e la leggenda del Graal, fino alla cultura psichedelica degli anni Sessanta. E su tutti James George Frazer, vera chiave di volta del film. Addirittura dichiarata dal regista che inquadra due libri sul tavolo del colonnello Kurtz, il rex nemorensis dell’esercito americano, interpretato da Marlon Brando. Uno è il Ramo d’oro e l’altro è Dal rito al romanzo di Jessie Weston, a sua volta ispirata all’opera di Frazer.
Il regista tesse una tela di ragno che cattura il sentimento del tempo, i bagliori apocalittici che illuminano la conclusione del se-colo breve, il tramonto di una storia esausta. In questo senso il colonnello Kurtz è due persone in una. Ha due corpi e due anime, proprio come gli antichi re divini di cui parla il Ramo d’oro. L’ufficiale, sfiancato dalla guerra, non rappresenta solo se stesso, ma anche la malattia contagiosa dell’Occidente imperialista, che sta trasformando il mondo in una terra desolata.
L’ex soldato modello, che ormai prende ordini solo dalla giungla, si è trasformato in un signore della vegetazione e regna sulla foresta tra Vietnam e Cambogia, proprio come il re sacerdote regna sul bosco della dea cacciatrice. E come prescrive la Regola di Nemi, Kurtz va incontro al destino senza opporre resistenza. Del resto l’esecuzione, affidata al capitano Willard, ha le cadenze di un rito.
A confermarlo è la colonna sonora, con la voce di Jim Morrison che canta The End. La canzone parla di un uomo perso in una “roman wilderness of pain”, una desolata terra romana. E di un “ancient lake”, un lago antico. Come in un lampo si chiude un cerchio millenario. L’antico lago dei Doors e quello di Diana si rivelano una sola regione dell’anima.
The endThe Doors
This is the end, beautiful friend
This is the end, my only friend, the end
Of our elaborate plans, the end
Of everything that stands, the end
No safety or surprise, the end
I’ll never look into your eyes
Again
Can you picture what will be
So limitless and free
Desperately in need
Of some stranger’s hand
In a desperate land
Lost in a Roman wilderness of pain
And all the children are insane
All the children are insane
Waiting for the summer rain
There’s danger on the edge of town
Ride the king’s highway, baby
Weird scenes inside the gold mine
Ride the highway west, baby
Ride the snake
Ride the snake, to the lake, the ancient lake, baby
The snake is long seven miles
Ride the snake
He is old and his skin is cold
The West is the best
The West is the best
Get here and we’ll do the rest
The blue bus is calling us
The blue bus is calling us
Driver, where you taking us
The killer awoke before dawn
He put his boots on
He took a face from the ancient gallery
And he walked on down the hall
He went to into the room where his sister lived
And then he paid a visit to his brother
And then he, he walked on down the hall
And he came to a door, and he looked inside
“Father?”-“Yes, son?”-“I want to kill you,
Mother, I want to…”
Come on, baby, take a chance with us
Come on, baby, take a chance with us
Come on, baby, take a chance with us
And meet me at the back of the blue bus
Still now
Blue bus
Oh now
Blue bus
Still now
Uuh yeah
Testo trovato su http://www.testitradotti.it
La fineThe Doors (temiamo, automatica)
Questa è la fine, una bella amica.
Questa è la fine, la mia unica amica, la fine,
La fine dei nostri piani elaborati
La fine di tutto ciò che esiste
La fine, senza scampo né sorpresa
Non guarderò mai più dentro i tuoi occhi
Di nuovo
Puoi immaginarti come sarà
Così sconfinata e libera
Disperatamente bisognosa
Di qualche mano straniera
In una landa disperata.
Persi in una terra romana di sofferenza
I ragazzi sono impazziti tutti
I ragazzi sono impazziti tutti
Aspettando una pioggia estiva
C’è pericolo ai limiti della città,
Prendi l’autostrada del Re, baby
Scene assurde nella miniera d’oro;
Prendi l’autostrada verso ovest, baby.
Cavalca il serpente.
Cavalca il serpente, fino al lago, l’antico lago, baby
Il serpente è lungo 7 miglia
Cavalca il serpente,
È vecchio e ha la pelle di ghiaccio
L’ovest è il meglio
L’ovest è il meglio
Vieni qui e noi faremo il resto
L’autobus blu ci sta chiamando,
L’autobus blu ci sta chiamando,
Autista dove ci stai portando?
L’assassino si svegliò prima dell’alba,
Calzò i suoi stivali.
Prese una maschera dalla galleria antica
E s’inoltrò nel corridoio
Andò dentro la stanza dove viveva sua sorella
Poi fece visita a suo fratello,
E s’inoltrò nel corridoio
E arrivò ad una porta, e guardò all’interno
“Padre?””Sì, figlio mio?””Voglio ucciderti.”
“Madre, voglio…”
Vieni, baby e provaci con noi
Vieni, baby e provaci con noi
Vieni, baby e provaci con noi
Proprio ora, in fondo all’autobus blu
Proprio ora
Blu bus
Oh ora
Blu bus
Testo trovato su http://www.testitradotti.it
Proprio ora
Oh sì
Questa è la fine, una bella amica.
Questa è la fine, la mia unica amica, la fine,
Mi fa male lasciarti libera
Ma tu non mi seguirai mai
La fine di risa e piccole bugie
La fine delle notti in cui tentammo di morire
Questa è la fine
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