ROBERTO RODODENDRO, ANCHE SE SIAMO IN RITARDISSIMO! —TITOLO DEL RACCONTO:: ” IL NONNO E IL RAGAZZINO “

Chiara Chiara, mi va insieme la vista. mi va insieme la vista perché la mia vista vacilla. Non per altro. Grazie. Ora sto cercando una “Trasparenza” tutta mia, come Pel di carota, o meglio, il suo autore, sto cercando di togliere orpelli e sentimenti e vedere.
Ma mi hai stuzzicato (sono facile da stuzzicare) e ti mando un altro “ricordo” che è scritto nella cosa che non chiamo romanzo, perché , come mi disse anni fa una mia amica scrittrice napoletane ( di quelle impegnate”) : è sgarrupato ma l’ho finito col sorriso sulle labbra;
Resta il fatto che è talmente “sgarrupato” che correggerlo – senza perderne l’umore – a parer mio è fatica improba
ecco l’altro ricordo che potremmo intitolare “il nonno”, anche in onaggio alla memoria, ai ricordi che diventano una fotografia color seppia ma in movimento:

 

 

 

 

 

Una bellissima giornata di luglio con un sole come ora non esiste più, che colava vampate di calore sull’asfalto luccicante e morbido.
Tornavo scalzo dal mare, con le scarpe in una mano ed i pantaloncini nell’altra, perché anche il costume mi pesava.
La casa arrivando, la trovai buia e vuota, più grande e silenziosa come non era capitato mai.
E lo vidi così, senza un preavviso (nessuno al momento aveva pensato a me), senza nemmeno sapere cos’era la morte. Sapevo appena che si moriva. Gli altri al cinema, una finzione appunto, ma nella vita.
E poi. Il nonno. Ma come?
L’avevo lasciato poche ore prima, vivo, vivissimo. Ed ora non c’è più. Il mio migliore compagno di giochi e di lavori. Lavori faticosissimi. Eccome no.
Sempre intorno ad aiutarlo, si fa per dire, povero nonno che sofferenza ( e che gioia!). Quel muretto di cinta a mattoni alterni, pitturati in ocra, rossi, l’abbiamo fatto insieme e quella vite che sale arrampicandosi su quello stesso muro , sradicando mattoni e pietre, che sale in un bel pergolato, piacevole nelle giornate estive, anche quella, chi l’ha piantata se non noi?
Il nonno.
Andavamo alla fornace a prendere i mattoni, la mattina appena rischiarava. Ero il suo garzone e dormivo nel viaggio d’andata nella carriola, tutto raggomitolato, ed il nonno procedeva piano evitando le buche per non svegliarmi.
E quando mi svegliavo, impudente dicevo: adesso nonno, tu nella carriola. E’ il tuo turno, ti porto io!
Ma eravamo già arrivati alla fornace.
Il nonno.
Lo vidi improvvisamente, lì sdraiato, bianco come un morto, appunto. Un morto non di quelli finti che con un colpo della mano si spazzolano il vestito dalla polvere e si rialzano sorridendo.
Bianco come un morto con il suo vestito della festa.
Una situazione definitiva, irreversibile se lo capii.

Il mio nonno. Perdeva gli occhiali nel campo delle fave (sempre nel campo delle fave) ed imprecava piano nel cercarli ed io lì vicino li avevo già visti per terra e stavo zitto fino a quando smarrito mi chiedeva aiuto ed io fingevo di cercarli e lui forse assecondava il mio gioco e dopo mi regalava un sacchetto di ciliege e mi diceva “butta qui i noccioli, indicandomi un luogo nella terra, che poi al posto dei noccioli crescerà un ciliegio selvatico ma non importa che quando sarà abbastanza cresciuto noi faremo l’innesto” e io lo sapevo cos’era l’innesto.

Mi fermai muto, senza capire, col berretto di tela di traverso sulla testa, come Coppi quando affrontava le salite al giro d’Italia.
Figura irriverente e tragica.
Le scarpe in una mano ed i pantaloncini nell’altra e le guardavo tutte, quelle figure vestite di nero con l’aria di vegliare un morto, tutte intorno al letto, cosi fitte che dovetti passare tra le loro gambe.
Ma come, l’avevo lasciato, sorridente o incazzato che fosse, seduto su una sedia davanti alla porta di casa a leggere un giornale, uno qualsiasi, o intento ad un lavoro, uno qualsiasi….Ma vivo, vivo, appena poche ore prima. Ed ora, eccolo lì e tutti già vestiti a lutto come se l’avessero già saputo, come tanti scarafaggi in una giornata di sole.
Lo guardavo.
Perché.
Chiedevo di capire.
E forse capii e forse non capii, fatto sta che risi. Una risata convulsa, sfrenata e scappai via.

Condividi
Questa voce è stata pubblicata in GENERALE. Contrassegna il permalink.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *