+++ CARLO GANDOLFO, 42 ANNI, DEL GASLINI, GENOVA —OGGI DALLA NORVEGIA, A OSLO

 

 

 OSLO

 

CINQUE MINUTI-CINQUE- IN NORVEGIA!

cronaca

A Oslo per salvare un bambino la missione del chirurgo eroe
Gandolfo, dal Gaslini alla Norvegia per curare una rara malattia cerebrale È il massimo specialista di un intervento che ha l’80% di possibilità di fallire

 

 

ROMA.

La Norvegia, uno dei paesi più ricchi del mondo, ha chiesto a un chirurgo italiano di operare due bambini che rischiavano di morire per una malattia rara: la malformazione aneurismatica della vena di Galeno.

Carlo Gandolfo, 42 anni, responsabile del team interventistico endovascolare dell’ospedale pediatrico Gaslini di Genova, per la seconda volta si è imbarcato di corsa su un aereo per Oslo per salvare la vita a un bambino. Ha sette anni ed è stato operato il 10 febbraio. Il primo oggi ha due anni, ma aveva dovuto affrontare l’intervento il primo febbraio 2014, appena uscito dalla pancia della madre. Le sue condizioni erano disperate, era stato fatto nascere con un cesareo e subito attaccato a un respiratore. Probabilmente sarebbe sopravvissuto solo poche ore. «Oggi sta bene. È un bambino felice e sveglio. È fantastico, grazie ancora di tutto» hanno scritto venerdì scorso i genitori al chirurgo.

La malformazione, che è congenita e colpisce un bambino su 30mila, danneggia le arterie del cervello, che anziché irrorare uniformemente tutti i tessuti si aggrovigliano fino a formare un gomitolo. In questo modo le arterie ingolfano e rischiano di far scoppiare la vena di Galeno (causando un’emorragia), mandano in tilt la circolazione di tutto il corpo creando uno scompenso nel cuore e impediscono che l’encefalo, un centro nevralgico per la vita, riceva sangue e nutrienti. L’intervento che Gandolfo ha eseguito a Oslo (e con il quale ha guarito anche decine di bimbi italiani) ha l’80% del rischio di fallimento, ma è riuscito in entrambi i casi. «Il sorriso di questi due splendidi bambini dimostra che investire in cultura, in formazione continua, nelle partnership con i più avanzati ospedali pediatrici internazionali ripaga», ha detto Paolo Petralia, direttore generale del Gaslini. I due bimbi oggi possono dirsi guariti, anche se avranno bisogno di controlli continui.

Sempre ieri ad Hanoi un bimbo di 13 anni ha ricevuto un trapianto di rene in un reparto realizzato con l’aiuto dei chirurghi del Bambino Gesù di Roma, che hanno addestrato i medici locali.

( e. d.)

 

“In quell’istante sei solo hai una vita fra le mani e non puoi sbagliare”
ELENA DUSI
 
L’INTERVISTA
 
ROMA.
Un millimetro di troppo, e la vita del bambino rischia di andarsene. «Ma chi me l’ha fatto fare, mi sono chiesto prima di entrare in sala operatoria. Mi sentivo davvero solo. Non ero nel mio ambiente, non avevo i miei strumenti. Avevo appena spiegato al padre che i rischi erano altissimi. La sala operatoria era affollata e tutti guardavano le mie mani».
Sotto alle mani di Carlo Gandolfo, 42 anni, neuroradiologo interventista del Gaslini, c’è un bambino nato da un’ora al Rikshospitalet di Oslo. È attaccato al respiratore, il suo cuore è sul punto di cedere e una grossa vena al centro del cervello potrebbe spaccarsi da un momento all’altro. È la “dilatazione aneurismatica dell’ampolla di Galeno”, malattia rara che colpisce un bimbo su 30 mila. Gandolfo è l’unico in grado di operare il piccolo Erik (nome di fantasia). L’intervento ha l’80% delle probabilità di fallire, ma l’ospedale di Oslo ha fatto arrivare il chirurgo da Genova la sera prima. I genitori vogliono tentare.
Com’è andata?
«In realtà i bambini curati a Oslo sono stati due. Erik, un caso gravissimo, è stato operato il primo febbraio 2014, poi di nuovo una settimana più tardi. Oggi sta bene. Con i genitori ci sentiamo spesso, è nato un bel dialogo. Due settimane fa sono stato richiamato per un altro caso, fortunatamente meno drammatico. Il bambino, che ha 7 anni, ha superato bene l’intervento ».
Come mai hanno chiamato lei?
«Con le malattie rare si cerca di accentrare i casi nelle mani di pochi medici. A me è capitato con questa malformazione. Da Oslo l’hanno saputo e mi hanno scritto una mail. Lì per lì ho pensato a uno scherzo».
Come avviene l’intervento?
«Dall’inguine si inserisce un tubicino che risale il corpo lungo l’arteria femorale. Si supera l’aorta, poi su per il collo e si arriva alla testa. Al centro del cervello si trova la malformazione. Si tratta di un gomitolo di arterie. Le più grandi vanno tappate per sperare di riportare la circolazione in equilibrio. Il tubicino, raggiunto l’obiettivo, rilascia una specie di colla che serve a chiudere i vasi, uno alla volta. Nel caso di Erik ne abbiamo chiusi due con il primo trattamento, e ci sono volute più di cinque ore, e sette con il secondo. L’intervento del 10 febbraio è stato più semplice. Le arterie chiuse sono state quattro».
Perché la malattia è così grave?
«A me piace paragonare il cervello a un fiore. La parte esterna, la corteccia, sono i petali: ciò che rende il fiore più o meno bello. Ma la parte essenziale per la vita si trova al centro, nel diencefalo. Qui si regolano funzioni vitali come cuore e respiro. La grossa medusa gonfia di sangue che si crea al posto della vena di Galeno, con la matassa di arterie aggrovigliate che assomiglia ai tentacoli, toglie nutrimento all’encefalo. A poco a poco ne erode le funzioni come una goccia che scava la pietra. Quando si interviene in questo punto occorre una precisione estrema. Basta che il cuore dia per un attimo una spinta un po’ più forte, e invece dell’arteria si rischia di tappare la vena. Te ne rendi conto in un attimo. È brutto».
Perché si è specializzato in questo?
«Non lo faceva nessuno. Questi interventi sono un terreno orfano della pediatria e fino a poco tempo fa i bambini venivano giusto accompagnati alla morte. Nel 2002 ho avuto la fortuna di trovare un primario che mi ha incoraggiato a perfezionarmi a Parigi. Lì ho imparato molto. Il nostro in fondo è un lavoro artigianale. In sala operatoria, per piegare il tubicino e adattarlo al bimbo, usiamo uno strumento che emette vapore e che chiamiamo teiera. Operare i bambini vuol dire affrontare una variabilità estrema di casi. Bisogna studiare molto bene le immagini, prepararsi. Ma poi occorre prendere coraggio e lanciare il cuore oltre l’ostacolo».
Condividi
Questa voce è stata pubblicata in GENERALE. Contrassegna il permalink.

1 risposta a +++ CARLO GANDOLFO, 42 ANNI, DEL GASLINI, GENOVA —OGGI DALLA NORVEGIA, A OSLO

  1. Giuseppina scrive:

    Grazie per quel che fa con competenza, umanità e umiltà. Auguri per un compleanno tra amici.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *