INTERVISTA DI LUIGI ACCATTOLI, VATICANISTA DEL CORRIERE, A MONS. NUNZIO GALANTINO SUL TEMA DELLE UNIONI CIVILI —MERCOLEDI’ 13 GENNAIO 2016

 

 

Corriere della Sera Mercoledì 13 Gennaio 2016

 

POLITICA —  L’INTERVISTA DI LUIGI ACCATTOLI A MONS. NUNZIO GALANTINO, SEGRETARIO DELLA CEI (CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA), NOMINATO TALE  DA PAPA FRANCESCO

 

 

 

 

 

Eccellenza, come mai nel dibattito sulle unioni civili c’è una scarsa presenza dei vescovi?

«Non è scarsa. In tanti abbiamo parlato. Non mancano interventi sia del cardinale presidente della Cei sia miei. Anche su questo giornale. Nella Chiesa prevale questa idea: se dovessimo scriverla noi una legge, certamente non conterrebbe le soluzioni proposte dal ddl Cirinnà. La Chiesa italiana — vescovi, preti e laici — non ha alzato bandiera bianca. Solo chi è in malafede può affermare che manca la voce dei vescovi. Salvo poi accusare la Chiesa di ingerenza».

In questo dibattito molti intervengono parlando in nome dei valori cristiani. Che dice di questi protagonismi?

«Se sono frutto di una seria responsabilità civica ed ecclesiale non possono che far piacere. Ho sentito interventi di parlamentari capaci di misurarsi con la complessità del tema e attenti, non per mero calcolo, a evitare il muro contro muro su realtà che vedono coinvolte persone con storie dolorose alle spalle o persone comunque bisognose di avere riconosciuti alcuni diritti fondamentali. Qui non sono in gioco solo dei principi. Su di essi penso ci sia sufficiente chiarezza nella diversità delle posizioni, ma non mi stancherò di invocare un passo indietro da parte di chi conosce solo modi ideologici di accostarsi alla realtà».

Il presidente del Consiglio ha ventilato la possibilità che sulle questioni controverse vi sia libertà di coscienza per il singolo parlamentare…

«Non amo pronunziarmi su possibilità ventilate. Il testo in circolazione mostra in maniera evidente di essere, come ha detto il professor Mirabelli, un “garbuglio giuridico prima che politico”. Sembra costruito per tenere insieme posizioni altrimenti non componibili; in esso si prospettano soluzioni rappresentative dei vari gruppi politici o meglio dei gruppi di pressione in campo. Sarebbe più serio seguire altre strade per non finire con un testo che è la somma di più egoismi piuttosto che essere una composizione democratica in vista del bene comune! Perché non capire che la stepchild adoption non è necessariamente legata al tema delle Unioni civili e che essa va trattata in altra sede? Il problema è che alcuni fanno fatica a rinunziare al velo di ipocrisia che avvolge il testo del ddl liberandolo, per esempio, dai continui rimandi al diritto matrimoniale».

In campo cattolico c’è chi sostiene che si dovrebbe fare un’opposizione globale alla legge e chi invece propone emendamenti per favorirne l’approvazione, nella consapevolezza che sia in Parlamento sia nel Paese c’è una maggioranza favorevole al progetto e un’opposizione di principio rischierebbe di fallire e porterebbe, magari tra un anno, all’approvazione di un testo ancora più radicale…

«È vero, tra i cattolici ci sono posizioni diverse, ma nessuno di noi auspica una legge che, per garantire i diritti dei singoli e per rispondere a situazioni reali, rischia di stravolgere la realtà. E la realtà è quella di una società italiana che può e vuole contare sul bene inestimabile della famiglia composta da un padre, una madre e dei figli. Certo, la stessa società registra al suo interno anche la presenza crescente di unioni di segno diverso. Lo Stato ha il dovere di dare risposte a tutti, nel rispetto del bene comune prima e più che del bene dei singoli individui. Un po’ tutti stiamo imparando che quando, a fronte di una realtà complessa come questa, prevale la radicalizzazione delle posizioni, nonostante la buona volontà si finisce col fare i conti solo con soluzioni frammentate e scomposte, non di rado frutto del prevalere di una lobby sull’altra».

Quali sono i punti per lei inaccettabili del disegno di legge così com’è formulato?

«Intanto è faticoso capire qual è oggi il testo definitivo. Quello che comunque mi impressiona negativamente è — in alcune situazioni ipotizzate — l’assenza di attenzione nei confronti di quelli che poi subiscono le conseguenze di certe scelte: i bambini! Prendiamo, ad esempio, l’assurdità dell’utero in affitto, come possibilità non troppo remota seppur camuffata. Mi chiedo perché non viene data pubblicità alle tante controversie — non solo giuridiche — che si accompagnano a questa pratica? Ho l’impressione che la nostra società e le soluzioni che attraversano la proposta di legge siano “adultocentriche”: il “diritto” al figlio, la pretesa in alcuni casi di volerne determinare le fattezze fisiche e le qualità interiori mi sembrano pratiche eugenetiche, non molto lontane da quelle universalmente condannate nel secolo scorso e che portavano un nome tristemente noto».

Se il disegno di legge verrà approvato così com’è, che giudizio ne darà la Chiesa? Dovremmo aspettarci manifestazioni di protesta, la promozione di un referendum abrogativo?

«Mi auguro che ci siano parlamentari e pezzi di società che per convinzione personale sappiano prendere iniziative efficaci per impedire soluzioni pasticciate o fughe in avanti fatte passare per conquiste civili. Assodato che la Chiesa non sono solo i vescovi, non lasceremo soli quanti nelle sedi opportune e nel rispetto delle proprie competenze vorranno dare un loro contributo costruttivo. Quanto poi alle modalità concrete attraverso le quali rendersi presenti, vale quello che ha detto Papa Francesco: cristiani consapevoli non hanno bisogno di vescovi-piloti».

Se ci sarà un Family Day e un vescovo vorrà parteciparvi?

«Potrà farlo ma non potrà pretendere che vi partecipino tutti gli altri vescovi».

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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