10:11 DA DONATELLA ::: ” MOHAMED BOUAZIZI, IL RAGAZZO TUNISINO CHE HA DATO INIZIO ALLA PRIMAVERA ARABA ” —AUTORI : HABIB OMRI, RAFFAELE MASTO, STEFANO VERGINE–EDITORE SPERLING&KUPFER

come credo sappiate tutti, questa canzone è la messa in musica (Della Mea) di una lettera di Chaim, un ragazzo ebreo che scrive alla famiglia dal lager; non so perché mi è sembrata adatta per Mohamed Bouazizi (ch)

[audio:https://www.neldeliriononeromaisola.it/wp-content/uploads/2015/12/Chaim-Se-il-cielo-fosse-bianco-di-carta.wmv.mp3|titles=Chaim – Se il cielo fosse bianco di carta.wmv]

 

Donatella

Emergency mi fa venire in mente una foto terribile che c’è oggi su ” Il Fatto” ( 7dicembre 2015, pag.12: è la foto di quel povero tunisino, Mohamed Bouazizi, che a ventisette anni, per una ingiustizia palese fattagli dalla polizia che gli aveva sequestrato la sua povera merce, si è dato fuoco davanti alla sede del governo regionale, al quale aveva chiesto inutilmente di essere ricevuto. Lui morì il 4 gennaio 2011 dopo una terribile agonia. Inutili sono i tentativi del presidente- dittatore di isolare il caso. Il movimento di sdegno e di ribellione dilaga con la parola d’ordine”Degage”, in francese :Vattene, rivolto al dittatore Ben Alì, che è costretto a rifugiarsi in Arabia Saudita, dopo lo sciopero e la manifestazione del 14 gennaio 2011. E’ la rivoluzione tunisina che dà inizio alle cosiddette primavere arabe. La storia di Mohamed Bouazizi è contenuta nel libro “La rabbia e la speranza”, di Stefano Vergine,Raffaele Masto e Habi Omrib . Il gesto di Mohamed viene definito ” un suicidio laico, una richiesta di giustizia sociale che non ha ancora trovato risposta”.

 

chiara: siamo noi che abbiamo bisogno di queste etichette, lui se fosse religioso o incredulo, non sarà facile saperlo, primo, e poi, cosa cambia nel suo enorme significato politico/sociale/economico  sia una cosa o l’altra?

 

 

 

mohamed bouazizi tunisino (1984-2011)– ha vissuto 27 anni–

https://it.wikipedia.org/wiki/Mohamed_Bouazizi  : ci sembra difficile separare la storia vera dal mito-

 


DA:

http://www.affaritaliani.it/culturaspettacoli/la-storia-del-ragazzo-tunisino-che-ha-dato-inizio-alla-primavera-araba170512.html

 

 

La storia del ragazzo tunisino che ha dato inizio alla Primavera araba

Arriva in libreria per Sperling & Kupfer “La rabbia e la speranza – Storia di Mohamed Bouazizi, il ragazzo tunisino che ha dato inizio alla Primavera araba”, firmato da Habib Omri, Raffaele Masto e Stefano Vergine – LEGGI SU AFFARITALIANI.IT UN CAPITOLO DEL LIBRO

Giovedì, 17 maggio 2012 – 13:34:00

La rabbia e la speranza
si sa da sempre che i soldi sono sporchi, per cui trovare il prezzo di un libro…
online è circa 9 euro–

Mohamed è uno dei tanti giovani senza lavoro e senza futuro nella Tunisia di Ben Ali. Per mantenere la madre e le sorelle vende frutta per le strade di Sidi Bouzid, una cittadina nel centro della Tunisia. Il 17 dicembre 2010 tre poliziotti lo fermano per controllare la sua licenza: è un metodo ben noto, vogliono soldi o merce per chiudere un occhio sul suo carretto abusivo. Il ragazzo reagisce, gli agenti lo colpiscono, lo umiliano e gli confiscano il carretto. Un’ora dopo Mohamed si dà fuoco davanti al palazzo del Governatorato: un grido di disperazione che si propaga rapidamente fra i giovani. È l’inizio della rivolta che dalla Tunisia si estende all’Egitto e alla Libia innescando il processo di liberazione dai governi corrotti e liberticidi. Habib Omri, il maestro elementare della città di Mohamed, ha ricostruito in questo libro la breve vita del ragazzo: le amicizie, i sogni, le sconfitte, gli sforzi che ha compiuto per garantire la sopravvivenza alla sua famiglia. La storia di Mohamed è anche quella di una generazione di nordafricani che solo da poco tempo ha potuto dare voce alla propria rabbia.

 

domanda retorica (con risposta evidente) : quanti ragazzi nelle nostre periferie avranno una storia, nella diversità molto simile, a quella di Mohamed?

 


LO SPECIALE 

Libri

 

Scrittori, editori, editor, interviste, recensioni, librerie, e-book, curiosità, retroscena, numeri, anticipazioni… SuAffaritaliani.it tutto sull’editoria libraria

GLI AUTORI:
Habib Omri,
nato a Sidi Bouzid nel 1965, è maestro elementare di arabo e francese, dopo alcuni anni vissuti negli Stati Uniti e in Italia, dove ha lavorato come direttore della Scuola tunisina di Palermo.è tornato a Tunisi.

 

nota del blog: La scuola tunisina di Mazara del Vallo, ubicata in alcuni locali comunali dell’ex complesso Sant’Agnese, con ingresso da via Carlo Agostino, in centro storico, è una delle 2 scuole in Europa del Governo tunisino insieme a quella di Palermo.

perché solo tunisina? non grido allo scandalo, ma vorrei parlarne con altri per valutare pro e contra
Raffaele Masto, lavora nella redazione esteri di Radio Popolare dal 1989. Inviato in Medio Oriente, America Latina e Africa, ha realizzato documentari venduti in molti Paesi. Per Sperling & Kupfer ha pubblicato tra gli altri Io, Safiya, con Safiya Hussaini, L’Africa del tesoro e La scelta di Said.


Stefano Vergine, giornalista, che ha seguito sul posto la rivoluzione tunisina, collabora con alcune testate nazionali tra le quali Il Fatto Quotidiano, L’Espresso e Vanity Fair. Per l’inchiesta Il gas che avvelena il Kazakistan ha vinto nel 2011 il premio “Dentro la notizia”.

 

LEGGI SU AFFARITALIANI.IT IL CAPITOLO “1987-1996”

(per gentile concessione di Sperling & Kupfer)

Mohamed era un ragazzino schivo. Difficile vederlo a capo di una qualche banda che scorrazzava tra le bancarelle al mercato di Sidi Bouzid. I proprietari consideravano questi gruppi di bambini una vera e propria calamità, così tenevano sempre pronti lunghi bastoni con i quali menavano fendenti sulle loro gambe nude; oppure, se venivano più a tiro, li colpivano con sonore sberle assestate con le mani nude e callose di chi lavora la terra o spinge il carretto tutto il giorno per vendere la propria merce. Più facilmente Mohamed era tra quelli che le prendevano piuttosto che tra i capipopolo, che decidevano quale bancarella prendere di mira per rubare la frutta. Non aveva la stoffa del leader, ma aveva personalità: non si faceva convincere facilmente ed era tenace, sensibile, e soprattutto leale. Era anche taciturno, tanto che non era semplice essergli amico. Ci si poteva scordare di sfidarlo in uno di quei caratteristici dialoghi da spaccone nei quali si lanciano i ragazzi di quell’età, incuranti del fatto che finiscono per raccontare avventure o avvenimenti talmente esagerati da non essere alfine credibili. Lui appariva sempre moderato e misurato, come se fosse una scelta precisa. In realtà, se si osservava il suo sguardo, che spesso rimaneva incantato su un punto all’orizzonte, si capiva che a renderlo così era una qualche preoccupazione. Nei suoi occhi si scopriva un velo di tristezza, qualcosa che lo rendeva incerto di fronte alla vita. Chi lo conosceva bene sapeva di cosa si trattava: Mohamed viveva una sorta di disagio all’interno della famiglia. Era una condizione con la quale aveva dovuto fare i conti praticamente da sempre, e che aveva la sua origine nella morte del padre, colpito da un infarto mentre lavorava come muratore in Libia, luogo di emigrazione per tanti tunisini della zona. Era il 1987, Mohamed aveva solo tre anni e i suoi due fratelli maggiori, Salem e Leila, uno e mezzo più di lui. Nessuno di loro aveva un ricordo del padre, ma allo stesso tempo quella figura era un’ombra onnipresente nella loro vita. Su quel genitore scomparso, infatti, sarebbe dovuto gravare il peso della famiglia che invece, man mano che cresceva, sembrava riversarsi su Mohamed. Certo la madre, Mannoubia, si prodigava in mille modi per mantenere tutti: lavorava nei campi di alcuni possidenti locali, rassettava le abitazioni dei benestanti di Sidi Bouzid e, per poter contare su un nuovo capofamiglia, dopo solo sei mesi dalla morte del marito si era risposata. Ma, invece di rappresentare una alternativa alla miseria, come era nelle intenzioni, questa si era rivelata quasi subito una scelta disastrosa. Ammar, il patrigno di Mohamed, lavorava nell’edilizia, ma di fatto non riusciva quasi mai a trovare un’occupazione, passava intere giornate a perlustrare il circondario ma ritornava quasi sempre con risultati deludenti e molte giustificazioni: «Il settore è in crisi», «La gente non ha denaro», «Il poco lavoro che c’è lo danno a muratori giovani». Sebbene stesse appena entrando nell’adolescenza, Mohamed sentiva ogni giorno di più pesare su di sé la responsabilità di fare qualcosa per la famiglia. Di fatto era il figlio maschio maggiore se si escludeva Salem, il fratello più grande, che però non abitava più a Sidi Bouzid. Con l’obiettivo di aiutare la famiglia, a soli tredici anni Salem si era infatti trasferito a Sfax, la seconda città tunisina per popolazione, centro industriale situato sul Mediterraneo, a due ore di macchina da Sidi Bouzid. La sua intenzione era trovare un buon lavoro e spedire soldi a casa, ma le cose non erano andate per il meglio e Salem faceva persino fatica a sostentarsi. Mohamed aveva un pessimo rapporto con Ammar, tanto che cercava di non essere in casa quando c’era lui e soprattutto quando tornava dai suoi giri a vuoto in cerca di lavoro. Il patrigno era ben presto diventato una presenza ingombrante anche per la madre. Le litigate tra i due erano sempre più frequenti e raggiungevano momenti di violenza verbale che facevano temere a Mohamed di dover prima o poi intervenire per difendere fisicamente la madre da qualche reazione scomposta di Ammar. Questa situazione di tensione e precarietà influiva pesantemente sulle sue giornate ed era responsabile della sua poca loquacità e di quell’espressione ombrosa che gli segnava il volto. Fortunatamente per tutti, Ammar cominciò a passare lunghi periodi fuori da Sidi Bouzid, lontano dalla famiglia che, peraltro, contribuì ad allargare con quattro nuovi figli da mantenere: due femmine, Samia e Besma, e due maschietti, Karim e Zied. Ricompariva ogni tanto, per poi andarsene di nuovo. Non contribuiva al sostegno della famiglia, ma almeno, con la sua sostanziale uscita di scena, la situazione era migliorata da un punto di vista relazionale e del clima quotidiano che si respirava in casa. Sul piano economico, invece, continuava a peggiorare. E anche la vita sociale di Mohamed ne aveva sofferto. Le sue giornate dipendevano dalle condizioni finanziarie della famiglia. Se per esempio erano finiti i soldi per la spesa, lui doveva ingegnarsi per procurarli, e a Sidi Bouzid, che offriva ben poco, c’era un solo sistema per farlo: vendere qualcosa al mercato di rue Houcine Bouzaiene, l’unico al dettaglio di tutta la cittadina e dedicato quasi unicamente ai prodotti agricoli. Il mercato si sviluppa su una lunga via asfaltata che parte da piazza 7 novembre 1987 e termina in un piazzale sterrato, luogo di sosta per i venditori di pecore e montoni che il sabato accorrono a Sidi Bouzid da tutto il circondario. Mohamed si procurava qualcosa da vendere, spesso acquistava uova dai vicini che avevano ancora le galline nel cortile di casa, e con queste cercava di recuperare qualche dinaro per consentire alla madre di cucinare un cous cous alle verdure o, nei casi più fortunati, un tajine di pollo. Per far questo, però, Mohamed doveva piegare l’attività di una giornata alla priorità economica della famiglia. Per lui era un’enorme frustrazione lasciare gli amici con i quali magari aveva già fatto progetti per il giorno seguente. Insomma, la sua vita non era già più quella del ragazzino che magari vive una condizione di miseria – come la stragrande maggioranza dei suoi coetanei di Sidi Bouzid – ma che può permettersi, ancora per qualche anno, di trascorrere momenti di spensieratezza, senza sentire il peso e la responsabilità di attenuarne gli effetti su tutta la famiglia. No, per Mohamed le cose stavano diversamente: le incombenze che, secondo i canoni locali, spettano al figlio maschio più adulto andavano rapidamente accumulandosi sulle sue spalle al punto da fargli percepire come un senso di colpa qualunque concessione allo svago, ai sogni. Tutto ciò naturalmente influiva anche sul suo rendimento scolastico. Mohamed era svogliato e spesso assente, ma a differenza di gran parte dei suoi compagni, che sfogavano rabbia e insofferenza sulle povere suppellettili che una scuola di periferia come quella di Sidi Bouzid può offrire, lui sprofondava nel mutismo e nell’indifferenza di fronte a tutto e a tutti. Come la maggior parte dei suoi coetanei, riteneva la scuola una perdita di tempo. Una certezza, questa, confermata anche dal comportamento e dai commenti dei genitori, che consideravano certamente utile che i propri figli imparassero a leggere e a scrivere, ma allo stesso tempo pensavano che l’apprendimento di materie apparentemente superflue per la vita quotidiana e ristretta della loro cittadina fosse uno spreco di energie, che potevano essere invece più proficuamente dedicate ad affrontare problemi più contingenti. Con il passare del tempo le assenze da scuola di Mohamed si erano fatte più frequenti. Il motivo era sempre lo stesso: trovare il denaro per le necessità della famiglia. Anche i bisogni erano sempre gli stessi: una medicina per la madre, una visita medica, le bollette della luce, una bombola di gas per cucinare. Era come se di fronte a una necessità tutti gli occhi dei famigliari si rivolgessero verso Mohamed. O, almeno, lui aveva questa precisa sensazione. Che fosse una percezione realistica o meno, l’effetto pratico era il medesimo, e cioè il fardello sulle spalle di Mohamed si faceva sempre più pesante. Lui, insomma, cominciava a farsi un’idea di quello che sarebbe stato il suo futuro: una vita di miseria senza alcuna concessione a gratificazioni e soddisfazioni, schiacciato e abbrutito da un contesto opprimente. Ci furono un giorno e un episodio precisi che segnarono il passaggio alla drammatica consapevolezza di questa situazione. Accadde una sera di giugno, al rientro a casa dopo una giornata quasi spensierata passata con gli amici in una delle squallide periferie di Sidi Bouzid, lungo la strada che arriva da Tunisi e taglia a metà i campi puntellati da ulivi creando avvallamenti che sono veri e propri rifugi, dove ci si può nascondere a fumare e dove i più grandi si ritrovano a bere vino e birra. Avevano trascorso la giornata giocando a calcio e fantasticando su un impossibile futuro di affrancamento da quella opprimente realtà. Avevano immaginato di andare a vivere a Tunisi, progettato modi avventurosi per fare soldi e trasferirsi in Europa, in Francia o in Italia, in Spagna o in Germania. Si erano lasciati dandosi appuntamento al giorno successivo per continuare a sognare. Il rientro a casa per Mohamed però era stato traumatico, e tutti quei sogni andarono in frantumi. C’era una baraonda infernale, la madre che piangeva e sgridava Besma e Samia, le due figlie più piccole. Le bambine protestavano perché non avevano potuto acquistare i libri, i quaderni e i grembiuli per presentarsi la settimana successiva nella scuola dove erano state iscritte. Appena Mohamed mise piede in casa la madre, come per rendergli evidente quella situazione, si accasciò stremata su uno dei materassi sistemati a terra nella stanza spoglia dell’appartamento, unico bene materiale di proprietà della famiglia Bouazizi. Poi, quasi temesse che il suo gesto non fosse stato abbastanza esplicito, si rivolse al figlio: «Io non ce la faccio più. Tocca a te fare qualcosa». Fu allora che Mohamed comprese che non poteva più sognare. Pensò di accennare a Salem, il fratello maggiore trasferitosi a Sfax in cerca di fortuna. Ma di lui non si avevano notizie da parecchio tempo e Mohamed capì che non aveva chance: già dal giorno successivo avrebbe dovuto darsi da fare per procurare il denaro necessario per mandare le sorelle a scuola. Non farcela avrebbe rappresentato un’umiliazione troppo grande per sua madre. Così il ragazzo mise da parte i sogni e ripensò alla giornata quasi spensierata che aveva trascorso. No, non faceva per lui… La mattina seguente avrebbe noleggiato il carretto da Ahmed e avrebbe acquistato a credito della verdura al mercato all’ingrosso per rivenderla per le strade di Sidi Bouzid. Se gli fosse andata bene, nel giro di cinque o sei giorni avrebbe racimolato il denaro necessario per comprare tutto il materiale scolastico per Besma e Samia. (continua in libreria)

 

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