23:07 l’articolo mi pare ben fatto… Un’analisi sul governo Renzi che si sente volentieri—VEDETE VOI, PRIMA DI TUTTO! Cofferati spunta solo all’ultimo come eventuale lieder di una sinistra esterna al PD—

 

 

benvenuti al nuovo sito del Teatro Palladio di Roma, dell’Università degli Studi Rima Tre—Programmi della nuova stagione, come andare…

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l’INTERNO DEL TEATRO

 

auditorium

 

 

 

 

OTTOBRE 2015 22:31 di Giancarlo Avolio

 

qui è pubblicato come ottobre, non meglio specificato, ma ci risulta che il Convegno Scuola -Lavoro Democrazia sia di luglio-il 4 precisamente (ci pare)  in onore certamente...

Ho capito alla fine che il Convegno c’entra solo per dire che quella foto di Cofferati è stata presa lì…tutto in ordine compagni!

 

E’ un Convegno convocato da Stefano Fassina, tantè che fa la relazione introduttiva e tira le  conclusioni— A cui partecipa Cofferati.

 

 

 

 

 

Foto Fabio Cimaglia / LaPresse04–07–2015 RomaPoliticaManifestazione "Scuola Lavoro e Democrazia al Teatro Palladium"Nella foto Sergio CofferatiPhoto Fabio Cimaglia / LaPresse04–07–2015 Rome (Italy)Conventio on "School Job and Democracy at Palladium Theatre In the pic Sergio Cofferati

Cofferati al Convegno a Roma su ”  SCUOLA LAVORO DEMOCRAZIA “–AL TEATRO PALLADIO

 

A sinistra di questo PD ci sono tanti elettori. Che nasca dunque un (grande) partito!In principio era stato il Jobs Act; adesso è la volta della detassazione della prima casa per tutti (anche i ricchi) e dell’aumento della soglia dei pagamenti in contanti a 3000 euro. Se le politiche economiche di Renzi tendono sempre più a diventare liberiste, occorre quanto prima fondare un partito alla sinistra del PD. Per non morire renziani o grillini

 

Sinistra: ci provano continuamente a darla per vecchia, alcuni per morta. Ovviamente non lo è affatto e mai lo sarà fin quando esisteranno ingiustizie sociali e disuguaglianze tanto grandi.
Altri invece dicono di farne parte a pieno titolo, soprattutto di questi tempi, ma analizzando attentamente le loro proposte e, prima ancora, la loro visione della società, ci si accorge che non si tratta propriamente di questo ma semplicemente di una versione più o meno attenuata del pensiero unico dominante in questi decenni, il neo-liberismo.
Il caso più illustre è quello di Matteo Renzi.
E’ di certo molto bravo, su questo non ci piove; soprattutto a correre spedito come un treno, perseguendo con scaltrezza e decisione quelli che sono i suoi obiettivi, nell’ottica di un’oggettiva necessità di ammodernamento del nostro paese.

Tuttavia, se da un lato all’Italia occorreva l’abbandono del bicameralismo perfetto (magari realizzato con ancor più nettezza abolendo del tutto il Senato) e una legge elettorale migliore del famigerato “Porcellum”, dall’altro sembrava necessario uscire finalmente dall’epoca del “berlusconismo”, ovvero della versione italiana di una politica economica spostata a destra.
E invece il giovane Presidente del Consiglio nonché Segretario del Partito Democratico dimostra sempre, pur quando si vorrebbe concedergli una nuova possibilità, di essere troppo assuefatto alla cultura neo-liberista, impostasi a suon di propaganda come unica grande “religione” a cui ispirarsi.
In principio era stato il Jobs Act, tanto discusso ma riconducibile in definitiva a questo: eliminazione di alcuni storici diritti dei lavoratori (tra cui l’articolo 18), tanti soldi (8000 euro annui) dati agli imprenditori nei primi 3 anni di assunzione dei nuovi collaboratori (c’è anche chi si stupisce che qualche effetto lo si stia avendo, lì dove invece il vero tornaconto si vedrà solo dopo  questi 3 anni, momento in cui i fondi erogati cesseranno) e, più in generale, l’idea, tipica del pensiero liberista, che l’occupazione si crei non solo con investimenti, innovazione e magari redistribuzione del lavoro (leggasi riduzione dell’orario di lavoro) ma invece con una precarizzazione continua dei contratti abbinata ad una sostanziale libertà di manovra lasciata alle imprese.
Con la presentazione della manovra finanziaria per il prossimo anno è inevitabile, purtroppo (per chi si sente di sinistra), ribadire un giudizio del genere verso Matteo Renzi.
Quale necessità c’era infatti di proporre nuovamente l’eliminazione della tassa sulla prima casa, tra l’altro per tutti?
Basterebbe dire che fu ripetutamente un cavallo di battaglia di Silvio Berlusconi per lasciar perdere, ma se proprio si vuole proseguire il discorso, la sostanza è chiara da tempo.
Non tutte le prime case sono infatti uguali: ci sono modesti appartamenti di periferia così come abitazioni e ville lussuose nei salotti buoni delle nostre città. Togliere le (già ridotte) tasse sulle prime sarebbe stato forse a limite condivisibile, ma concedere tale privilegio anche a chi, per sua fortuna, gode di beni tanto importanti ed è, quindi, tranquillamente in grado di sostenerne gli oneri, appare un inutile ed enorme favore fatto ai più ricchi.
In poche parole, una vera ingiustizia, dettata anche da un principio ispiratore oggettivamente privo di senso; il suo motto è: “la prima casa è santa!” E quindi, se così fosse, perché non togliere anche, ovviamente a tutti, le tasse sulla “prima” auto, sulla “prima” moto, sulla “prima” barca e così via?  (” sulla prima moglie? “–il blog)
Non scherziamo per favore, la casa, prima, seconda o terza che sia, va necessariamente tassata (in modo progressivo) mentre andrebbe aiutato molto di più chi investe e crea lavoro!
Altro elemento che risulta inquietante ad un osservatore di sinistra è la proposta di innalzare il tetto dei possibili pagamenti in contanti a 3000 euro, dagli attuali 1000. Anche qui, basterebbe dire che Berlusconi lo ripete da anni per capire di cosa si tratta.
Volendone comunque discutere sarebbe necessario ricordare che tutti gli esperti del settore (compresa la dirigenza dell’Agenzia delle Entrate) affermano che la lotta all’evasione fiscale si fa anche e soprattutto riuscendo a tracciare la maggior parte delle transazioni finanziarie (con l’uso delle carte di credito, bancomat o assegni).
Dietro i contanti, invece, si cela spesso la furbizia e disonestà di chi si fa pagare “in nero”, cioè senza dichiarare l’incasso. Tutto ciò è troppo semplice per non essere compreso; d’altro canto, quale persona normale va in giro con somme dell’ordine di 3000 euro in tasca per fare degli acquisti? Non solo, anche l’obiezione che in paesi come la Germania non esiste un tetto all’uso dei contanti è paradossale: semplicemente l’Italia non può permetterselo perché il tasso di evasione fiscale nel nostro Paese non ha eguali in Europa, conseguenza anche del fatto che, da noi, gli autori di questo autentico delitto sociale si godono la vita invece di stare in galera!
Leggendo la legge finanziaria rispunta addirittura fuori la proposta di detassazione degli straordinari fatti dai lavoratori; si tratta di un altro cardine del pensiero liberista: lavorare sempre di più (per avere un tantino in più) sacrificando però la vita privata e, soprattutto, facendo un grande saluto a chi è disoccupato, che parte di quel lavoro avrebbe invece potuto fare.
E’ davvero triste fare l’elenco di proposte economiche oggettivamente lontane dal pensiero di sinistra operate da Matteo Renzi; si tratta di un giovane ed abilissimo uomo politico, dotato di un’eccezionale capacità comunicativa e di una forza propulsiva davvero impressionante.
Sarebbe stato perciò davvero entusiasmante incoronarlo come leader della sinistra italiana nel senso più autentico del termine; in tanti ci avevano anche sperato applaudendo al famoso iniziale e parzialmente simbolico provvedimento degli 80 euro ai redditi più bassi, visti come l’inizio di una politica progressista.
Tuttavia, da quel tempo, troppe cose sono cambiate per continuare a pensarla così.
Lui continua a parlare dell’obiettivo della “crescita” (del PIL) tacendo sul fatto che quest’ultima, senza redistribuzione della ricchezza, crea un mondo ancora più ingiusto, in cui banalmente i ricchi diventano sempre più ricchi ed i poveri sempre più poveri.
E quindi, come occorre rapportarsi a questo potente fenomeno politico?
Il problema serio è l’oggettiva assenza di alternative alla sinistra del PD, elemento che andrebbe superato al più presto possibile.
Tale risultato non dovrebbe risultare troppo complicato, non solo perché se si sta tra la gente che lavora (in particolar modo impiegati ed operai) le riflessioni fatte prima appaiono largamente condivise, ma anche perché molti di quelli che votano PD senza più esserne davvero entusiasti, altri che scelgono il Movimento 5 Stelle ed altri ancora che a votare non vanno proprio più sarebbero probabilmente felici di sostenere un nuovo partito chiaramente di sinistra, non più subalterno alla cultura liberista e orgogliosamente in grado di opporre una sua visione del mondo,  pur sempre capitalista ma senza gli attuali eccessi (all’origine di una disoccupazione dai livelli sempre vergognosi, un’evasione fiscale letteralmente alle stelle, un’età pensionabile ridicolmente portata alla soglia dei 70 anni rendendo l’idea di progresso sociale una semplice utopia).
I fuoriusciti dal PD sono ormai in numero non trascurabile ma il loro percorso non è stato fin qui unitario: si va da Pippo Civati con il suo movimento “Possibile” a Stefano Fassina con il nuovo “Futuro a Sinistra”; oltre a loro c’è chi da sempre ha occupato quello spazio politico ma che appare adesso non in grado di andare oltre quanto già raccolto: parliamo di SEL di Nichi Vendola.
Per finire va citata la “Coalizione Sociale” di Maurizio Landini, trascinatore instancabile e solitario in diverse e sacrosante battaglie, ma il cui disegno è ancora non ufficialmente dichiarato (restare nel sindacato o impegnarsi in politica).


Fin quando tutte queste anime delle sinistra saranno distinte, avranno un peso sempre troppo insignificante di fronte al carro armato Renzi e al suo odierno competitor (già battuto), Beppe Grillo.
La strada non può che essere, invece, quella dell’unità con l’auspicabile nascita di una nuova forza politica da presentare già alle prossime elezioni comunali che si svolgeranno nel 2016 nelle tre principali città italiane, Roma, Milano e Napoli.
Un’unica lista, un simbolo riconoscibile, un programma ben chiaro e magari un esponente di punta in grado di presentarlo a livello nazionale: chi?
Diverse personalità potrebbero svolgere questo ruolo; uno che potrebbe ben figurare in tal senso è per esempio Sergio Cofferati, anche lui non a caso uscito dal PD sbattendo la porta.
E’ stato un grande sindacalista e contribuì, con un’enorme manifestazione, a far cadere il primo Governo Berlusconi proprio a difesa dell’articolo 18  e della dignità del lavoro.
Non sarebbe utile chiedergli di fare il grande salto per sfidare, in prospettiva, il “liberista” Renzi e l’antipolitica dilagante rappresentata da Beppe Grillo?


 

 

 

 

 

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