dal Corriere (vedi sotto)
(CESARE MUSATTI)
— Il discepolo italiano di Freud discriminato perche’ ebreo e accusato di molestie “Tutto ha inizio nel lontano 1897. La mattina del 20 settembre Freud prende il servizio misto ferrovia – vaporetto, che porta da Padova a Venezia e passa proprio davanti al casello 12, quando Musatti sta per venire prematuramente al mondo. Il giorno dopo, mentre mamma Emma partorisce, Freud, arrivato a Vienna, scrive a Fliess una lettera in cui gli comunica di non credere piu’ che le nevrosi dipendano da specifici traumi sessuali subiti durante l’infanzia, ritenendo invece che si tratti di forme di difesa da conflitti pulsionali inconsci: il primo nucleo dell’intera psicoanalisi”. Rodolfo Reichmann, allievo e biografo di Cesare Musatti, racconta cosi’ all’inizio del suo secondo volume dedicato alla vita del Maestro, Musatti psicoanalista, in uscita dalle edizioni Arpa, la leggenda della psicoanalisi “Sorella gemella” di quel gracile bambino di origine ebraica che dopo incredibili traversie sara’ riconosciuto come il maggior interprete di Freud nel nostro Paese. Reichmann, che ha gia’ dedicato il primo volume all’opera di Musatti psicologo, nel prossimo raccontera’ l'”Artista”, il periodo dal ’71 all’89, anno della morte, in cui Musatti e’ soprattutto autore di saggi, di testi teatrali, un vecchio saggio pronto a divertirsi e a far divertire con il suo acume. Ma gli anni degli inizi furono davvero difficili per la psicoanalisi in Italia e per i suoi pochi interpreti e furono particolarmente duri per Musatti, che come documenta la lettera inedita pubblicata qui accanto indirizzata nel maggio 1940 al preside della facolta’ di lettere di Padova, doveva difendersi non soltanto dalle discriminazioni razziali e dagli attacchi a una disciplina sovversiva, ma da accuse infamanti di molestie sessuali ai danni delle sue allieve e da pettegolezzi alimentati da zelanti colleghi “ariani”. Reichmann dedica un intero capitolo del suo volume al Musatti perseguitato, costretto a farsi battezzare, a procurarsi un “certificato di razza ariana”, a chiedere aiuto ai funzionari romani amici di un ex cognato, al collega e rivale padre Agostino Gemelli, a indirizzare suppliche allo stesso ministro Bottai. Ma inutilmente. Salito in cattedra a trent’anni, dopo il suicidio del suo maestro Vittorio Benussi, intorno ai quaranta vede crollare tutto quel che aveva costruito: non puo’ piu’ parlare di psicoanalisi durante le lezioni, poi non puo’ tenere corsi agli studenti iscritti a legge, quindi non ottiene piu’ l’incarico. Motivo? “Ragioni di opportunita”, dice il solerte rettore. Padre di due bambini, sposato in terze nozze con l’ex allieva Carla Rapuzzi, Musatti e’ disperato. Cerca di emigrare, come molti, in America. Sembra che l’universita’ di Citta’ di Messico lo voglia assumere, ma soltanto con un contratto per poche ore settimanali, non abbastanza per mantenere la famiglia. Ecco che all’improvviso si profila una soluzione all’italiana, probabilmente grazie all’intervento di Bottai. Musatti e’ considerato ebreo per le universita’, ma “ariano” per i licei: insegnera’ filosofia prima a Vittorio Veneto, poi al Parini di Milano. Musatti tuttavia sapra’ mettere a frutto anche l’emarginazione e si ricordera’ di un consiglio che agli inizi degli anni Trenta gli aveva dato, leggendo le sue dispense pubblicate a cura del Guf, un collega dell’universita’ di Padova, il latinista Concetto Marchesi: “Perche’ non ne fai un libro? E’ scritto bene”. “Il Trattato di psicoanalisi”, spiega Reichmann, “fu pubblicato nel 1949 e per trent’anni e’ stato il principale se non unico strumento di diffusione del pensiero freudiano in Italia. La traduzione delle opere complete di Freud, sempre a cura di Musatti, infatti e’ cominciata nel ’69 e si e’ conclusa nell’82. Cosi’, grazie soprattutto alla sua opera di divulgazione, Musatti e’ diventato per il vasto pubblico il padre della psicoanalisi italiana. Anche se e’ noto che il primo psicoanalista italiano fu il triestino Edoardo Weiss, che aveva sostenuto una regolare analisi didattica a Vienna con Paul Federn. Tirocinio che Musatti non aveva seguito. Una mancanza che fu all’origine di non pochi contrasti con i fondatori della Spi (Societa’ di psicoanalisi italiana). Soprattutto con il genovese Emilio Servadio e con l’abruzzese Nicola Perrotti che, nonostante la preparazione e i meriti scientifici del collega, non lo volevano nella Societa’. Qualche seduta di analisi un po’ rudimentale con Benussi non era considerato un titolo sufficiente. Fu Freud stesso ad avallare questa esclusione perche’ sapeva quanto fosse importante avere alleati i professori universitari. Il fascismo e le leggi razziali soffocarono tragicamente il nascente movimento psicoanalitico italiano. La ripresa sarebbe avvenuta dopo la guerra. E nel ’51, primo presidente della rinata Spi sarebbe stato Cesare Musatti.*
Musatti Cesare, Messina Dino
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per chi volesse leggere la lettera del 1940 di Cesare Musatti, prof. nella facoltà di filosofia di Padova, al suo Rettore—una richiesta di soccorso- anche il testo sopra è preso da questo link del CORRIERE DELLA SERA