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Alberto Negri
L’accordo sul nucleare che si negozia a Losanna è uno storico compromesso tra l’Iran e gli Stati Uniti. «Due Stati che possono comportarsi in modo tale da non spendere la propria energia l’uno contro l’altro». Lo diceva qualche settimana fa a Teheran l’ammiraglio Ali Shamkani, capo del Consiglio nazionale per la sicurezza: se Washington e Teheran fossero arrivati prima a questa conclusione l’Iraq, la Siria, l’Afghanistan, forse non sarebbero oggi in una situazione così tragica e magari anche Israele e l’Arabia Saudita avrebbero meno timori dell’accordo di Losanna.
Per 35 anni, da quel fatale 4 novembre 1979 quando gli studenti rivoluzionari sequestrarono 66 ostaggi nell’ambasciata americana di Teheran, Usa e Iran hanno rotto le relazioni diplomatiche facendo finta non parlarsi anche quando negoziavano in segreto le trame più oscure. Come testimonia una Bibbia regalata dal presidente Ronald Reagan, che mostra nel suo studio il potente Hashemi Rafsanjani. Gli fu consegnata nel 1986 dal Colonnello Oliver North incaricato di vendere armi a Teheran, allora in guerra con l’Iraq di Saddam Hussein: l’incasso sarebbe andato ai controrivoluzionari del Nicaragua. Tramite un canale israeliano, le armi furono puntualmente consegnate all’Iran. Era il famoso scandalo Irangate, prova dell’ambiguità e della complessità delle relazioni tra Washington e Teheran.
Questa non è soltanto storia ma anche bruciante attualità. Gli Stati Uniti negli Anni 80 sostenevano l’Iraq secolarista di Saddam ma aiutavano anche Teheran per evitare che nessuno uscisse vincitore dalla guerra: era il ben noto “doppio contenimento”. Una strategia ancora viva oggi: gli Usa parteggiano per l’Arabia Saudita e la coalizione araba in Yemen ma negoziano con l’Iran che a sua volta appoggia i ribelli Houthi. Washington vuole bilanciare le forze tra la mezzaluna sunnita e quella sciita che combatte sul terreno in Iraq contro il Califfato. Entrambe servono alla causa americana.
Israele questo non lo digerisce perché teme non soltanto una possibile atomica dell’Iran ma soprattutto la sua influenza ai confini che si fa sentire in Libano con gli Hezbollah, nel sostegno alla Siria di Assad e nei rapporti con Hamas. Le occasioni tra Usa e Iran per ristabilire rapporti normali sono state numerose e alcune di grande peso, anche economico, perché l’Iran, per riserve, è il quarto Paese al mondo nel petrolio e il secondo nel gas. L’ex presidenre Rafsanjani assegnò nel ’94 la prima concessione petrolifera mai accordata a degli stranieri dopo la rivoluzione all’americana Conoco ma su pressione di Israele Clinton stracciò il contratto e proibì gli scambi con Teheran.
Iraniani e americani provarono ancora a collaborare con la guerra in Afghanistan del 2001: andò bene, con la nomina di Hamid Karzai, ma poco dopo George Bush jr. inserì l’Iran nell” ‘asse del male” insieme a Iraq e Corea del Nord. Il moderato presidente Mohammed Khatami nel 2003 fece ancora di più: sottopose a Washington, in cambio della fine delle sanzioni, un negoziato che comprendeva la trasparenza sul programma nucleare, il disarmo degli Hezbollah e il riconoscimento indiretto di Israele. Ma gli Usa respinsero l’offerta e i duri del regime si convinsero che gli Stati Uniti volessero rovesciare il regime: l’ascesa alla presidenza del radicale Mahmoud Ahmadinejad deve molto a quel rifiuto. Ecco perché di questo storico compromesso oggi non ha soltanto bisogno l’Iran per uscire dalla crisi economica e dalle sanzioni ma tutta la comunità internazionale.
Anche oggi il Sole è il quotidiano che più di tutti, in Italia, spinge la trattativa tra Usa e Iran. Negri rende chiari i motivi di questa presa di posizione: gli interessi commerciali, coltivati in primo luogo da Confindustria.
Ancora una volta, la logica del “business is business” prevale sulle pagine del Sole, mentre vengono sistematicamente taciuti i pericoli di un Iran nucleare per i Paesi arabi circostanti, Israele e l’Occidente.
‘Business is business’ trionfa: Confindustria spinge per un accordo con Teheran
Se lo augura Alberto Negri, mentre Bernardo Valli comincia a dubitare
Testata:Il Sole 24 Ore – La Repubblica
Autore: Alberto Negri – Bernardo Valli
Titolo: «Partita doppia di Washington tra Riad e Teheran – “Ma dietro gli ayatollah resta un enigma che allarma tutto il mondo arabo»
COMMENTO DI INFORMAZIONE CORRETTIVA—CHIARA LO RIPORTA PERCHE’ SARANNO FORSE IN MOLTI A DUBITARE DI QUESTO ACCORDO—ALBERTO NEGRI MI PARE CHE MOSTRI IL SENSO STRETTAMENTE POLITICO DI QUESTO ACCORDO PER GLI USA: MUOVERSI AGILMENTE TRA SUNNITI E SCIITI, IMPEDENDO CHE OGNUNO DI QUESTI DIVENTI IL PADRONE DELLA ZONA, DICIAMO COSI’, MA LE RAGIONI NON SONO SOLO IL PETROLIO E IL GAS, MA L’EGEMONIA, APPUNTO POLITICA, SU UNA REGIONE.