LA MOSTRA
E Roma visse l’età dell’angoscia
L’arte del periodo in cui la Città Eterna scoprì la sua fragilità Da Commodo a Diocleziano: ben 50 imperatori in cento anni
Crisi economica. Aumento delle tasse. Instabilità politica. Oscure e feroci minacce dall’esterno. Spinte secessioniste. Ecco “L’Età dell’Angoscia”. Non quella di oggi, però, anche se i problemi prima elencati sono quelli odierni, che sentiamo sulla nostra pelle. La grande mostra appunto intitolata “L’Età dell’Angoscia. Da Commodo a Diocleziano (180-305 d.C.)” e presentata da oggi nelle sale dei Musei Capitolini come quarto appuntamento del ciclo “I Giorni di Roma” ci porta invece nel pieno della crisi dell’Impero Romano ed in particolare nel III secolo d.C.
Nell’arco di soli cento anni o poco più si avvicendarono alla guida della città Caput Mundi ben 50 imperatori, con un minimo di 22 giorni del princeps più effimero ai 18 anni del longevo Settimio Severo. Quasi tutti morirono non per malattia, vecchiaia o in battaglia ma a causa di feroci congiure. Il potere non veniva più trasmesso su base esclusivamente dinastica ma era letteralmente manipolato dall’esercito, che imponeva ed eliminava a suo piacimento gli imperatori. Le istituzioni e i valori tradizionali, così come le certezze di un tempo, si sgretolavano generando insicurezza, paura, ansia. I barbari facevano sentire una pressione sempre più forte ai confini, crescevano i disordini interni, aumentavano vertiginosamente le tasse e l’inflazione con la necessità di aggiornare continuamente la moneta. Non a caso quest’epoca venne definita dagli storici del tempo come “il passaggio dall’impero d’oro (quello di Marco Aurelio) a uno di ferro arrugginito”. Ed Eugenio La Rocca, che ha curato la mostra con Claudio Parisi Presicce e Annalisa Lo Monaco, sottolinea che «il titolo è un omaggio ad un grande archeologo come Ranuccio Bianchi Bandinelli che per primo individuò nel III secolo d.C. l’epoca dell’angoscia degli abitanti di Roma per la caduta di tanti valori. Ma quel secolo potrebbe anche essere definito l’Età dell’Ambizione viste la spregiudicate strategie dei generali per conquistare a tutti i costi il potere imperiale».
Presi dall’ansia di un presente e di un futuro quanto mai incerti, gli uomini e le donne del tempo interrogavano ossessivamente astrologi ed indovini ponendo sempre le stesse domande: «Avrò il mio salario?», «finirò col chiedere l’elemosina?», «sarò venduto schiavo?», «i barbari ci uccideranno?». E come sempre avviene nei momenti più cupi e drammatici, le religioni tradizionali entrarono in crisi e si finì con l’aderire massicciamente ai culti di divinità orientali, da Iside a Mithra e Cibele. Sempre di più l’imperatore si stava trasformando in una figura divina, a cui affidarsi ciecamente per la salvezza, una figura astratta, atemporale, emblema vivente di una trascendenza misteriosa. E così anche l’arte cambiava divenendo progressivamente più stilizzata e astratta, talvolta quasi grottesca nella sproporzione fra teste piccole e corpi colossali, come avviene ad esempio nell’impressionante statua di Treboniano Gallo prestata eccezionalmente dal Metropolitan Museum di New York.
Ecco, la mostra dei Musei Capitolini, valorizzata anche dai laboratori didattici di disegni dal vero realizzati dall’Accademia di Belle Arti di Roma, ci racconta con le immagini e le opere quell’epoca così travagliata e per molti aspetti tanto attuale. Duecento fra statue in marmo e bronzo, molte delle quali imponenti, busti e ritratti, rilievi in marmo, sarcofagi, mosaici pavimentali e decorazioni pittoriche parietali ci catapultano nelle ansie e nel gusto del III secolo d.C. Vi sono coinvolti con prestiti prestigiosi alcuni dei maggiori musei internazionali, dal Metropolitan Museum di New York al Louvre di Parigi e al Museo dell’Acropoli di Atene, solo per dirne alcuni. Fra i capolavori esposti si segnalano almeno il “Ritratto colossale di Probo”, il “Busto di Decio”, il “Ritratto maschile del cosiddetto Aureliano”, il “Busto di Commodo come Ercole”, la “Statua di Onfale”, il “Busto di Settimio Severo”. La mostra è ordinata in sette sezioni che ci conducono in un percorso appassionante che va dalla vita quotidiana al rapporto con la trascendenza, dai ritratti degli imperatori al protagonismo dell’esercito, dai cambiamenti urbanistici di Roma alla religione, dalle ricche dimore private ai costumi funerari. Una storia su cui riflettere e in cui rispecchiarsi.
Gabnele Simongini
Gabriele Simongini biografia
Gabriele Simongini, vive e lavora a Roma. Storico dell’arte e saggista, è critico d’arte del quotidiano “Il Tempo” e Docente di Storia dell’Arte presso l’Accademia di Belle Arti de L’Aquila. In particolare si occupa delle ricerche astratte italiane ed è considerato uno dei massimi esperti del gruppo “Forma 1”, dell’Art Club e dell’opera di Piero Dorazio, di cui ha curato il Catalogo generale dell’Opera incisoria (Edizioni Pananti, Firenze 1996) e numerose mostre nazionali ed internazionali. Nella sua attività di scrittore d’arte dà voce ad artisti e fenomeni creativi non integrati nell’international style oggi dominante. |