ore 22:19 lunanuola’ blog —MARIA G. DI RIENZO —” FONDATA SUL LAVORO” —” L’UNIONE DELLE DONNE COSTRUISCE IL FUTURO “—

 

 

 

 

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Fondata sul lavoro

by lunanuvola

build the future

L’ultimo dell’anno una mia amica mi manda un’e-mail: non sono i tradizionali auguri, quelli che Renzi ha scambiato con familiari e amici sciando a Courmayeur. Fra le altre cose, dice: “Ancora non so nulla per il lavoro se non che sarò un esubero. La giunta regionale ha deliberato di rinviare di un anno la ricollocazione dei servizi che non sono più di competenza della Provincia. Non mi aspettavo una decisione diversa considerato che dobbiamo votare (alle elezioni regionali, Nda.). Una mossa politica: state buoni, votate, che per rimangiarci la parole abbiamo tempo un anno. Il 7 gennaio abbiamo la riunione con il direttore generale che dovrà fare la lista degli esuberi: in numeri, credo, non nominativa. Comunque ci sono tutti quelli che si occupano dei servizi da ricollocare (quindi anch’io)…”

Be’, forse la mia amica è così pessimista perché non segue la Ministra Madia su Twitter: “Con #superamentoprovince nessuno perde il posto e si danno migliori servizi ai cittadini”. Sì, e io sono Maria Stuarda.

I servizi di cui si parla sono, ad esempio, quelli relativi al welfare di competenza della Provincia per cui la mia amica lavora: assistenza ai minori, assistenza ai disabili, assistenza alle madri single, centro per l’impiego. Non giriamoci attorno. Ricollocare, non indicando dove – come – quando – chi significa in pratica e in realtà cancellare, anche se momentaneamente, anche se solo per un periodo, anche se poi ne creeremo altri e via mentendo.

Quindi, la cancellazione dei suddetti servizi è innanzitutto un calcio nel didietro di “genere”; è una pedata dagli uomini e dalle ladylike del governo alle donne comuni, normali, le cittadine: perché, madri sole a parte, chi credete si prenda cura di minori e disabili in difficoltà? E chi credete siano le persone più svantaggiate nella ricerca di un’occupazione, nonostante abbiano in media titoli di studio superiori a quelli degli uomini? La percentuale europea delle donne che lavorano anche fuori casa è del 58,6%: in Italia è del 47,1%. Il tasso di disoccupazione femminile, nel nostro paese, continua a crescere. E continuano a crescere le disparità salariali e pensionistiche fra donne ed uomini. Nel mentre, il nostro governo innovatore ama così tanto le mamme da sfornare “bonus bebè” (esattamente come fece Berlusconi) e non si accorge che in Italia, dopo la maternità, continuano a lavorare solo 43 donne su 100: perché i servizi che permetterebbero loro di continuare a lavorare sono insufficienti e dopo il “Jobs Act” lo saranno ancora di più.

Poi, la cancellazione dei servizi rende superflue le persone che li erogavano materialmente: fra cui questa amica, una donna di 48 anni che vive sola e non ha da lungo tempo alcun familiare che possa sostenerla. Non lo dico perché le voglio bene, ma perché lo so – e i suoi superiori in ambito lavorativo spesso glielo hanno detto: è un’eccellente impiegata. Non ha deficit di produttività e colleghi/colleghe sanno di poter contare su di lei nelle occasioni in cui è necessario lavorare in squadra.

La competenza che mostra l’ha costruita a mani nude, per così dire. Proveniente da una famiglia operaia, orfana di madre in giovane età e poi di padre, ha pulito pavimenti e finestre altrui per pagare le tasse scolastiche sino a laurearsi. Aveva sempre, contemporaneamente, almeno tre o quattro case da pulire e me la ricordo nella sua cucina, taccuino alla mano, fare i conti per vedere cosa poteva permettersi di mangiare quella settimana.

Parla bene tre lingue in aggiunta alla propria, l’italiano. Ha partecipato ad un notevole numero di corsi e seminari in materia di amministrazione pubblica (e genere). E’ intelligente, sensibile, insaziabilmente curiosa a livello intellettuale: ogni volta in cui ci vediamo, mi racconta del sogno di studiare questo o quello, di partecipare ad un altro corso, di conseguire una seconda laurea.

Nelle varie sviolinate su “quant’è bello il Jobs Act”, si parla spesso dei meritevoli che verranno premiati e dei lazzaroni scansafatiche che andranno a casa. Ditemi, soavi violinisti: in che modo questa donna risponderebbe ai criteri per “andare a casa”?

In che modo il mandarla a casa ci aiuterà a risparmiare, tagliare, potare i rami secchi, sanare il bilancio dello Stato, rendere l’Italia più moderna e piena di “ritmo” come dice Mr. Renzi? Il ritmo di che, tra l’altro, come ci cacciano dagli uffici e dalle fabbriche dobbiamo andare tutte a ballare sui cubi delle discotesche? E perché ogni misura che dice di andare in senso “risanante” per l’economia colpisce sempre i gruppi e i settori più vulnerabili? Perché dobbiamo spremere quattro palanche, che non risolveranno i problemi, distruggendo le esistenze dei salariati – e soprattutto, guarda te il caso, delle salariate – ma dio ci guardi dal toccare rendite e capitali?

Perché le donne devono continuare a pagare crisi che non hanno creato, su cui non hanno mai avuto uno straccio di voce in capitolo essendo nelle stanze dei bottoni per lo zero virgola zero zero ecc.? Nel mentre, di quelle quattro che ci si trovano, tre occupano le poltrone per intercessione e cooptazione maschile e sono mooolto belle, mooolto femminili e mooolto preoccupate di farlo sapere, non di migliorare la condizione femminile in generale: la loro, di condizione, con le prebende da parlamentari/ministre non è forse già migliorata? Non è una straordinaria conquista per tutte le donne? Cosa avremo da lamentarci noi miserabili mortificatrici della femminilità: se non c’è il pane perché non mangiamo brioches (dietetiche, mi raccomando)?

Da anni i politici ci gonfiano le ovaie con il mantra “le donne sono una risorsa” e non solo l’8 marzo. Parlano in questo modo tutto l’anno Parlamento Europeo, Nazioni Unite, Banca Mondiale: “Investire nelle donne è il miglior modo di migliorare una serie di istanze sociali e la piena partecipazione delle donne nella società è un fattore critico per lo sviluppo economico.” Applausi dalla rappresentanza italiana. Un documento da firmare? Come no, basta che non sia legalmente vincolante noi italiani vi firmiamo anche un’enciclopedia. Se le donne ci interessano? In tanga e scarpe leopardate, mentre procedono con “gran solarità” verso lo studio dell’estetista e del chirurgo plastico. Ce ne occupiamo e come, vogliamo anche fornir loro un nuovo parrucchiere alla Camera e al Senato. Il resto delle donne italiane può cominciare, continuare o tornare a lavare scale, oppure darsi da fare in circonvallazione e se in questo ambito non ha niente da offrire agli uomini (brutta vecchia piatta ciccia storta) può anche togliersi di mezzo.

Ma sentite un po’: non lo faremo. Non ci toglieremo di mezzo. Perseverate pure nel tentare di cancellarci, nell’assalirci e insultarci, nel dirci che siamo inutili – superflue – in esubero. E un giorno, in fila davanti all’Inps o all’Ufficio di collocamento saremo troppe, saremo nauseate oltre misura, non avremo più nulla da perdere perché ci avrete portato via tutto: e in quel momento ci ricorderemo di qualcosa che non potrete mai sottrarci, la nostra dignità umana, e non vi chiederemo più di riconoscerla e rispettarla, la rivendicheremo a voce troppo alta perché possiate ignorarla.

L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione. Maria G. Di Rienzo

As we come marching, marching, in the beauty of the day,
A million darkened kitchens, a thousand mill-lofts gray
Are touched with all the radiance that a sudden sun discloses,
For the people hear us singing, “Bread and Roses, Bread and Roses.”
As we come marching, marching, we battle, too, for men–
For they are women’s children and we mother them again.
Our lives shall not be sweated from birth until life closes–
Hearts starve as well as bodies: Give us Bread, but give us Roses!
As we come marching, marching, unnumbered women dead
Go crying through our singing their ancient song of Bread;
Small art and love and beauty their drudging spirits knew–
Yes, bread we fight for–but we fight for Roses, too.
As we come marching, marching, we bring the Greater Days–
The rising of the women means the rising of the race–
No more the drudge and idler–ten that toil where one reposes–
But sharing of life’s glories: Bread and Roses, Bread and Roses!

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