(“Dear Matefele Peinam “, di Kathy Jetnil-Kijiner. Kathy, 26enne poeta e attivista ambientalista, ha recitato questa sua poesia nel settembre 2014 come intervento al Summit sul Clima tenutosi a New York. Sua figlia Matafele, che ne è la protagonista, aveva allora sette mesi. Kathy vive nelle Isole Marshall, minuscola nazione-arcipelago del Pacifico che comprende atolli corallini. Dal 1946 al 1958 il suo paese fu teatro di 67 test nucleari statunitensi, alla fine dei quali le Isole Marshall erano il paese più contaminato da radiazioni che esistesse al mondo. Oggi è uno dei paesi maggiormente minacciati dal cambiamento climatico e soffre di continue inondazioni. “La mia poesia – dice Kathy – ha lo scopo di suscitare consapevolezza su questioni e minacce che la mia gente affronta.”)
Cara Matafele Peinam,
tu sei un’alba di sette mesi fatta di sorrisi appiccicosi.
Sei calva come un uovo, calva come il Buddha.
Sei cosce di tuono e urla di fulmine.
Così esaltata dalle banane, dagli abbracci e
dalle nostre passeggiate mattutine oltre la laguna,
quella lucida, sonnecchiante laguna che ozia contro il sole.
Alcuni uomini dicono che un giorno
la laguna ti divorerà.
Dicono che rosicchierà la spiaggia,
masticherà le radici dei tuoi alberi del pane
inghiottirà in fila le tue dighe marittime
e sgranocchierà le ossa frantumate della tua isola.
Dicono che tu, tua figlia
e pure tua nipote,
vagherete sradicate
con solo un passaporto da chiamare “casa”.
Cara Matafele Peinam,
non piangere.
La mamma ti promette
che nessuno verrà a divorarti.
Nessuna avida compagnia grande come una balena
ad imbrogliare attraverso mari politici
nessun bullismo stagnante di affari con la morale guasta
nessuna cieca burocrazia spingerà
questa madre oceano oltre l’orlo.
Nessuno annegherà, piccola.
Nessuno se ne andrà.
Nessuno perderà
la propria terra natia.
Nessuno diventerà
un rifugiato del cambiamento climatico.
O forse dovrei dire
nessun altro
agli isolani sui carretti di Papua Nuova Guinea
e agli isolani delle piante di taro delle Fiji.
Prendo questo momento
per scusarmi con te,
stiamo tracciando una linea qui
perché, piccola, noi abbiamo intenzione di lottare:
la tua mamma, papà,
Bubu, Jimma, il tuo paese e anche il Presidente.
Lotteremo tutti.
E sebbene ci siano quelli che
nascosti dietro titoli di platino
fingono che noi non esistiamo
che le Isole Marshall
Tuvalu
Kiribati
Maldive
e il tifone Haiyan nelle Filippine
e le inondazioni in Pakistan, Algeria e Colombia
e tutti gli uragani, terremoti e maremoti
non esistano
pure
ci sono coloro
che ci vedono.
Mani che si tendono all’esterno
pugni che si alzano
striscioni che si srotolano
megafoni che rimbombano
e noi siamo
le canoe che bloccano le navi del carbone
noi siamo
il fulgore dei villaggi solari
noi siamo
noi siamo
noi siamo
il ricco pulito terreno del passato dell’agricoltore
petizioni che fioriscono da punte di dita adolescenti
famiglie in bicicletta, che riciclano, riusano
ingegneri che sognano, disegnano, costruiscono
artisti che dipingono, danzano, scrivono.
Noi stiamo diffondendo il messaggio
e ci sono migliaia di persone sulle strade
che marciano reggendo cartelli
mano nella mano
cantando per il cambiamento ORA.
Stanno marciando per te, piccola,
stanno marciando per noi.
Perché noi meritiamo di più della mera
sopravvivenza.
Meritiamo
di prosperare.
Cara Matafele Peinam,
i tuoi occhi sono gravati
dal peso del sonno
perciò chiudili pure, piccola
e dormi in pace
perché noi non ti deluderemo.
Vedrai.