ore 23:05 “La fine dell’età adulta” RACCONTA CHRISTIAN ROCCA: ALCUNE COSE INTERESSANTI PRESE DA PUBBLICAZIONI AMERICANE, MA PER LE SUE, DI CONSIDERAZIONI, CHI E’ MAI QUESTO CHRISTIAN ROCCA ? E SCRIVE NELL’ OTTOBRE 2014!

 

 

 

Forever Pischelli


Quando mi hanno segnalato l’articolo di A.O. Scott sul magazine del New York Times, intitolato The death of adulthood in the american culture (la fine dell’età adulta nella cultura americana), non immaginavo che il tema sarebbe finito sulla copertina di IL (la rivista mensile di 24 ore, ch). Leggendolo però mi sono convinto che si trattava di una delle riflessioni sulla società contemporanea più importanti degli ultimi tempi e in redazione per giorni non abbiamo parlato d’altro. La tesi di A.O. Scott è più o meno questa: date un’occhiata ai film, alla tv, alla vita che ci gira intorno, non solo non vogliamo più crescere, ma per la prima volta abbiamo gli stessi consumi culturali dei nostri figli. Ne è nato un gran dibattito (solo sui giornali americani, perché da noi si fa meno teoria e decisamente più pratica: gli intellettuali italiani cogitano un sacco sul “Bilderberg degli arbitri cornuti”—//è un nuovo detto che si trova sul web, si usa anche spezzato, il club bilderberg è un libro famoso).

 

E dunque: è un bene o è un male che un adulto contemporaneo occidentale preferisca Harry Potter a Philip Roth? E che se ne impipi di un balletto russo per strafogarsi di serie tv? E, ancora, questo adulto contemporaneo è rappresentato meglio nei film da spogliatoio di calcetto di Judd Apatow o in quelli culturalmente impegnati di Woody Allen? Io scelgo Roth, le serie tv e Apatow, ma non c’è dubbio che viviamo in una società che non insegue più l’epopea aspirazionale da romanzo di formazione (diventare grandi) ma in una che ricerca in età matura una vita da too young adult (restare giovani).

 

Abbiamo chiesto ad Annalena Benini, Guia Soncini (era stata lei, sciagurata, a segnalare l’articolo di Scott), Francesco Pacifico e Giuliano da Empoli di intervenire e ciascuno di loro ha aggiunto alla riflessione del giornalista del New York Times un contributo brillante e originale. Ne abbiamo parlato anche con Francesco Simeti, un artista palermitano-newyorchese ormai ben più che emergente (vedi Pia Capelli a pagina 54) e anche lui molto colpito dal saggio di Scott: tra Brooklyn e Portland, le capitali mondiali di questa nuova era immatura, Simeti ha realizzato l’artwork della copertina e le tavole della cover story. Personalmente ho capito che quell’articolo di Scott parlava anche di me soltanto quando mi sono reso conto di una cosa che mia figlia di due anni e mezzo mi ripete tutte le sere con un tono da teorica dell’adultismo, e senza gnagnera da infante, mentre vuole giocare a palla o saltare sui divani o aspettare in silenzio che arrivi la mamma: «Papà, posa il telefono; papà posa il telefono», cioè il Re è nudo e twitta assiduamente. (ch, “l’ultima frase per me… non capisco)

 

C’è chi usa questa volenterosa rinuncia alla maturità per ridefinire la critica alla società capitalistica. In un bel libro appena uscito negli Stati Uniti, The Impulse Society, il saggista Paul Roberts (autore di The End of Oil e The End of Food – ma tranquilli, ce n’è in abbondanza sia di petrolio sia di cibo, grazie all’innovazione capitalista del fracking e degli Ogm) sostiene che viviamo in un’epoca di pericolosa gratificazione istantanea. Siamo guidati da un’ideologia che ha come priorità il compiacimento immediato e i risultati a brevissimo termine. Siamo consumatori narcisi di una società della tentazione e «l’idea delle conseguenze future, così essenziali al nostro sviluppo come cittadini efficienti, cioè come adulti, è relegata sullo sfondo al punto da farci rimanere in uno stato di infanzia permanente».

 

Può darsi, ma va sottolineato che la fine dell’età adulta non è una conseguenza di un fallimento, piuttosto di uno straordinario successo. Come scrive lo stesso Roberts, nonostante le diseguaglianze e le crisi che continuano a tener ai margini i più poveri, abbiamo comunque creato un sistema socio-economico meravigliosamente efficiente nella sua capacità di prendersi cura dei nostri desideri, compresi quelli tardo-adolescenziali della società affluente. Possiamo permetterci di restare pischelli, forever young, proprio perché figli dell’abbondanza. Evviva l’abbondanza.

Christian Rocca

 

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