ORE 22:48 Addio a Jerzy Grotowsky, artigiano del teatro povero DA REPUBBLICA DEL 15 GENNAIO 1999

 

 

 

Il regista polacco è morto nella sua cascina
a Pontedera, dove si era stabilito nell’86
 

Addio a Jerzy Grotowsky,
artigiano del teatro povero


Il teatro povero ha perso il suo padre fondatore. Jerzy Grotowsky è morto ieri pomeriggio a Pontedera, in provincia di Pisa, nella cascina dove si era trasferito da diversi anni e che aveva scelto come sede delWorkcenter, il laboratorio teatrale creato per portare avanti il suo rigoroso lavoro collettivo sull’attore. Il regista polacco aveva 65 anni, e durante la sua carriera ai margini della popolarità, ha gettato le basi del teatro contemporaneo. Un maestro umile e semplice diventato, suo malgrado, uno dei grandi teorici del teatro del ‘900.

La salma di Jerzy Grotowsky sarà cremata e le ceneri saranno poi trasferite in India, uno dei Paesi cui si sentiva maggiormente legato anche per il suo lavoro di ricerca. Lo hanno reso noto alcuni collaboratori del regista,
precisando che la scelta è dettata dalle ultime volontà di Grotowsky e che, sempre in base ad esse, “non ci sarà alcuna cerimonia funebre, né pubblica, né privata”.

“La sua scomparsa” hanno detto i suoi più stretti collaboratori, Thomas Richards, Mario Biagini, Carla Polastrelli, Roberto Bacci e Luca Dini “lascia un vuoto senza parole. Il suo lavoro è una sorgente inesauribile. Senza la sua presenza, amorosa e impeccabile, ci sentiamo più soli”.

Nato l’11 agosto del 1933 a Rzeszow, in Polonia, dall’82 aveva vissuto in Francia prima di trasferirsi, nell’86, a Pontedera dove, in seguito all’incontro con il regista Roberto Bacci, “anima” del centro di sperimentazione e ricerca teatrale della città toscana, aveva fondato il Workcenter, in collaborazione con l’Università di California e con il Peter Brook Center International. Un istituto creativo di educazione permanente per artisti adulti, meta di decine di attori e registi in cerca di nuove strade espressive, erede di quel teatro-laboratorio che Grotowsky aveva fondato a Breslavia, in Polonia, dopo i suoi studi a Cracovia e Mosca. Il regista polacco è morto dopo una lunga malattia, consumatasi nel massimo della riservatezza, con il piccolo gruppo di amici e collaboratori che si erano nel tempo stretti attorno a lui nella cittadina toscana. Primo tra tutti l’americano Thomas Richards, al quale oggi molti guardano come l’erede artistico di Grotowsky.

Una morte “povera”, come povero era il teatro che aveva immaginato, contestando la finzione dell’attore e rimettendo invece l’attore-uomo al centro del suo lavoro di ricerca. Il suo libro Towards a Poor Theatre(pubblicato in Italia nel ’70 con il titolo Per un teatro povero), è stato il testo sacro di due generazioni di uomini di teatro che si sono formati guardando all’esperienza di Grotowsky, che affonda a sua volta le radici in quella di Konstantin Stanislawskj, precursore, all’inizio del secolo, dello scavo nella memoria emotiva dell’attore.

In tutti i suoi lavori, da Akropolis al Principe CostanteApocalypsis cum figuris, presentata alla Biennale di Venezia del 1975, si rintraccia il segno del teatro di Grotowsky, inteso come strumento privilegiato della propria conoscenza interiore. Le sue scelte, del resto, si sono trasfuse anche nel modo di intendere la compagnia teatrale: non più, come sperimentò nel suo “Laboratorium”, un insieme di professionisti legati da interessi economici e produttivi, ma semmai un collettivo pensante, nel quale ciascuno si sottopone a tecniche di training che consentano di far emergere un teatro basato sul proprio intenso lavoro di ricerca, che partiva dai testi classici.

Grande teorico, aveva portato il teatro nel College de France a Parigi, che per lui aveva creato la cattedra di “antropologia teatrale”, di cui era professore dal marzo del ’97. “Grotowsky è unico” aveva dichiarato Peter Brook accogliendolo nel suo teatro parigino che ospitava la sua prima lezione, “perché non conosco nessun’altra persona al mondo, dopo Stanislawski, che abbia studiato la natura del gioco dell’attore, il suo fenomeno e significato, la scienza del suoi processi mentali, fisici e emotivi così profondamente e completamente come ha fatto Grotowsky”. Nel corso della sua carriera ha insegnato in Danimarca, negli Stati Uniti, in Gran Bretagna, in Polonia e in Francia dove ha diretto dal ’68 al ’70 la Scuola superiore d’arte drammatica a Aix-en Provence.

Un teatro “povero”, dunque, perché lontano dalla competizione con la tecnologia, ma estremamente concreto proprio perché costruito attorno all’attore e dove le scene, scarnificate, sono costituite innanzitutto dalle relazioni spaziali tra gli interpreti.

Dopo aver ricevuto la laurea honoris causa da università come quelle di Parigi, Chicago, Wroclav, Chicago, New York e Bologna, l’ultimo riconoscimento gli è stato tributato proprio lo scorso anno in quella terra, la Toscana, dove aveva deciso di stabilirsi: il presidente della Regione Toscana, Vannino Chiti, gli assegnò il 30 maggio 1998 il Pegaso d’oro (riconoscimento andato in passato, tra gli altri, a Gorbaciov e a Leah Rabin). Ma il regista, già malato da alcuni mesi, non poté partecipare alla cerimonia. (r.cel.)

(15 gennaio 1999)

 


E’ morto
Grotowsky


 

 

 

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