IL NOSTRO BLOG—ADERENDO A QUESTA LOTTA —CONTINUA —A PARTIRE DALL’ARTICOLO DI DONATELLA D’IMPORZANO CHE CI HA “FATTO DA SVEGLIA”(SG) —-A FORNIRVI DATI E RIFLESSIONI DEL SOCIO FONDATORE PEDRAZZI (SG) E ADESSO DEI LAVORATORI DELLA CAROCCI.
La Carocci è una casa editrice fondata da Giovanni Carocci[1] e Tristano Codignòla[2] a Roma nel 1980, come “erede” della Nuova Italia Scientifica, costola universitaria della storica casa editrice La Nuova Italia. Con l’inaugurazione delle collane Quality paperbacks e Le Bussole la Carocci intende rivolgersi ad un pubblico più vasto mediante titoli meno specialistici e temi maggiormente orientati alla comprensione del mondo attuale.
Caso Carocci, lettera aperta dei lavoratori ai Soci de il Mulino
La proprietà minaccia 17 esuberi su 32 dipendenti
“Gentile presidente, gentili soci, noi lavoratori della Carocci editore ci rivolgiamo a voi nella certezza di trovare ascolto e il conforto di una sensibilità ben diversa da quella degli interlocutori con cui ci siamo sinora confrontati in questa difficile vertenza.
Quella di ieri è stata una giornata difficile. Dapprima l’intervista al professor Pedrazzi sulla “Repubblica” ha riacceso la speranza di valutazioni finalmente lucide sulle prospettive della Società editrice il Mulino e sulle sorti della Carocci editore; poi l’arrogante comunicazione aziendale che il 12 gennaio si procederà con l’allontanamento dagli uffici di ben 17 dei 32 dipendenti della Carocci editore. Tutto ciò senza neanche aver aperto una vera trattativa o tentato vie meno traumatiche come un contratto di solidarietà.
Neanche il tempo di una riflessione: questo modo di procedere, oltre a contraddire quanto pubblicamente affermato dall’amministratore delegato Bassani sull’intenzione di “riaprire” la trattativa, è per noi l’ennesima prova dell’insipienza e della mancanza di visione che hanno contraddistinto la gestione della Carocci editore dal Siamo ben consapevoli della crisi del mondo editoriale, ma la nostra era nel 2009 un’azienda sana e prestigiosa, che ha poi subìto i colpi della cattiva gestione. Non un progetto culturale, non un programma in cui si individuassero obiettivi e strategie, non un piano industriale serio. Osteggiato un qualsiasi coordinamento editoriale, per non parlare dell’assenza di una direzione commerciale, delle politiche sciagurate attuate in materia di promozione e distribuzione, dell’assenza di formazione specifica del personale e della mancanza di iniziativa nel mondo del digitale, fino agli improponibili – talvolta – prezzi di copertina. L’unica iniziativa reale di quest’ultimo anno è stata un’incursione in un campo (la cartoleria) lontano dalle competenze e dalle tradizioni della Carocci e del Mulino.
Siamo convinti però che per noi ci sia ancora spazio. La Carocci non è un’impresa sull’orlo del fallimento. È un’azienda che come molte altre subisce i colpi della crisi ma che ha in sé, se ben diretta, le potenzialità per uscirne. Segno concreto di questa vitalità sono anche le nostre iniziative di questi giorni, che sono riuscite a porre all’attenzione dell’opinione pubblica l’azienda e la sua storia, ottenendo vasta eco. Ma non basta. È nostra convinzione che si possa e si debba trovare una soluzione alternativa, e siano proponibili misure radicalmente diverse per uscire da una situazione oggettivamente delicata. A questo scopo è essenziale la concreta apertura di Riteniamo anche che senza piani culturali – assenti o nel migliore dei casi inconsistenti – né noi né la Società editrice il Mulino potremo andare avanti e affrontare la sfida durissima che l’attuale momento storico c’impone.
Se la linea di Edifin passasse e diventasse realtà, questo, oltre a pregiudicare il futuro della Carocci editore e il posto di lavoro dei suoi dipendenti, macchierebbe in modo irrimediabile l’immagine del Mulino, della sua vicenda, dei valori – etici, morali, politici – di cui si è fatto portatore in sessant’anni di storia. Ci rivolgiamo a voi nella certezza che non vorrete dare il vostro avallo a un’operazione moralmente discutibile e culturalmente grave, oltre che miope e ingiustificabile dal punto di vista economico e aziendale”.