ore 22:23 PER CHI E’ CURIOSO DEGLI USI E COSTUMI DI CULTURE DIVERSE, E DEL TABU’ DELL’INCESTO TRA FRATELLI…SI USA IL FILM DI VISCONTI: “ROCCO E I SUOI FRATELLI” OLTRE AD ALTRE FONTI—VI DEVO ABBANDONARE CON DOLORE E “CON MOLTI DOLORI” PERCHE’ CON QUESTO FREDDO E UMIDO DI MILANO MILANO /SOVRAVVIVO SOLO A LETTO CON IL CUSCINETTO CALDO/ DIDI’ VIVE INVECE DAVANTI AD UNA STUFETTA ( E SI BRUCIERA’ I BAFFI!) OPPURE NELLE MIE BRACCE—ULTIMAMENTE / L’UOMO CHE AVEVA GIURATO ODIO ECC. //ORA QUASI MENDICA L’AMORE DI DIDI’—

 

 

JULIET MITCHELL E’ UNA PSICOANALISTA INGLESE DALLA FACCIA SIMPATICA, COME POTETE VEDERE DA SOLI. E’ INQUADRATA IN TUTTE LE SACRE ISTITUZIONI DELLA PSICOANALISI, INSEGNA A CAMBRIDGE, SE NON MI SBAGLIO…. DOPO UNO STUDIO LUNGO E DIBATTUTO TRA SE’ SULLA CONCEZIONE DELLA DONNA IN FREUD, CONFRONTATA CON MARX, A POCO A POCO FA UNA SINTESI SUA DIVENTANDO FEMMINISTA—SEMPRE A MODO SUO!

Juliet Mitchell, La condizione della donnaEinaudi, 1972, pp.201

 

 

chiara: per noi dei Quaranta, se abbiano interesse nel Femminismo, questo libro, che non sapevo tradotto, potrebbe interessarci perché inizia dai Sessanta e fa tutta la storia dei rapporti tra il Femminismo e gli studenti e i movimenti politici, e quelli che noi chiamavamo “Figli dei fiori” ecc. Un modo che, sempre che non l’abbiamo già capito e magari stiamo militando in.., forse ci aiuterebbe a capire.  SOTTO HO MESSO DUE CANZONI PER ME: SE VOLETE SERVIRVI, “LA CASA E’ VOSTRA”!

 

 

 

PSYCHOMEDIA


Psicoanalisi

 


 

di Juliet Mitchell

 

I fratelli e la genesi del genere

 

PRIMA PARTE

 

(QUELLO CHE NON CAPITE E’ PERCHE’ NON E’ DA CAPIRE)



In altri luoghi e in altri tempi

Nelle isole Tobriand, secondo Malinowski, il fratello, la sorella e il figlio della sorella formano la relazione triangolare primaria in cui il fratello della sorella rappresenta l’autorità ma non ha, naturalmente, relazioni sessuali con la madre del bambino. Malinowski (1927, 1929) asserisce che ciò mette in dubbio l’universalità del complesso di Edipo; Ernest Jones, allora Presidente della British Society, respinse una tale ipotesi, a favore del mantenimento del più importante shibboleth della psicoanalisi.

Il dibattito tralasciò del tutto la possibilità dell’esistenza di strutture collaterali indipendenti. Tra gli abitanti delle Tobriand, l’incesto fratello-sorella costituisce il principale tabù e la loro relazione matura è caratterizzata dal totale evitamento, sicché una persona deve fare da intermediario anche per passare gli oggetti dall’uno all’altro. Collegato alle proibizioni, un tale incesto è una caratteristica importante della mitologia delle Tobriand: l’incesto conduce alla morte; gli abitanti delle Tobriand divengono, infatti, molto ansiosi e quando si chiede loro se sognano di avere relazioni sessuali con i fratelli, lo negano.

Nell’Egitto dei Tolomei, alla famiglia reale veniva raccomandato di contrarre matrimoni tra fratelli e di procreare. La pratica era probabilmente abbastanza diffusa in tutta la popolazione. Una tale endogamia ricostruiva la potenza minacciata di una cultura nomade (Hopkins, 1980).

Nelle culture di emigrazione, più in generale, il matrimonio tra cugini è molto diffuso, anche dove, per esempio, la chiesa cattolica lo proibisce, come tra gli emigranti del Sud dell’Italia negli Stati Uniti della metà del ventesimo secolo1.

Visto da una prospettiva psicosociale, l’apparente opposizione tra i tabù delle relazioni collaterali e le esortazioni che spingono all’unione di coppia possono servire allo stesso scopo: esse rendono il mondo un luogo più sicuro (Parson 1969). Nelle Tobriand, il fratello cui viene vietato (di avere relazioni con la sorella) le fornisce sostegno e se ne assume la responsabilità (di sua sorella), il matrimonio tra fratelli o cugini offre la stessa sicurezza. L’accoppiamento intergenerazionale non funzionerebbe allo stesso modo perché la madre o il padre muoiono. Il prevalere dell’incesto padre-figlia in alcune comunità è funzionale al prendersi cura del padre nella sua tarda età ma non è utile alla comunità nel modo in cui sono utili, invece, le prescrizioni e le proibizioni collaterali. Così, benché tali relazioni edipiche siano di solito fortemente vietate e mai comandate, i tabù non comportano rituali socialmente radicati quali quelli che garantiscono la sicurezza agli abitanti delle Tobriand.

Se ora ci riferiamo non a poeti o romanzieri, ma a film, l’importanza della relazione di fratellanza è mostrata in modo avvincente nel film di Visconti Rocco e i suoi fratelli (1960). Nei Tallensi [popolazione del Ghana] sia i protagonisti che gli osservatori attribuiscono il notevole aumento della follia (tredici volte di più in un periodo di trenta anni) all’aumento dell’emigrazione per ragioni di lavoro nel sud del Ghana; Rocco fa un ritratto più generale del problema dell’emigrazione.

Rocco e i suoi fratelli “antropomorfizza” – il concetto è di Visconti – un punto di transizione da una società basata su codici di socialità noti ad un’altra in cui le regole chiave di una società o della cultura stessa sono appannaggio dell’individuo. Presi tra il vecchio e il nuovo, i protagonisti e la storia ruotano intorno alla tragedia e al melodramma; il melodramma ha implicazioni tragiche proprio perché gli attori si trovano su questo abisso che impedisce loro di collegare un passato impossibile e un futuro inospitale.

L’arrivo in treno della famiglia Pafundi alla Stazione Centrale di Milano già porta in sé la tragedia familiare, una tragedia particolare che rappresenta una tragedia storica generale legata a cambiamenti cataclismatici. Il treno (che ritroviamo agli esordi del ‘cinema’) si è fermato nella Mecca del progresso, ma per i Pafundi lì non c’è nulla. Essi non solo hanno lasciato il loro passato, ma il loro passato li aveva abbandonati. Vincenzo, il figlio maggiore che avrebbe dovuto assumersi tutta la responsabilità della famiglia senza radici e senza padre, non è nella stazione per incontrarli. Anzi, quando essi lo trovano lo scontro tra passato e futuro rende subito chiaro che non c’è un presente per la maggior parte dei Pafundi che sono giunti lì. Il presente è emarginato nel sottoscala in cui essi abiteranno finché non saranno sfrattati, come loro condizione esistenziale. Il lavoro è un’occupazione molto sporadica, da cui si può sfuggire solo attraverso il ritorno allo sfruttamento e alla bestiale brutalità del pugilato: a Simone vengono esaminati i denti e la mascella, così come sarebbe stato fatto ad un qualunque animale nella sua terra d’origine nel Sud.

L’assenza di Vincenzo alla stazione sta a significare la fine della vecchia fraternità. La famiglia della sua fidanzata Ginetta, anch’essa originaria del Sud, pensa che i Pafundi non sono arrivati perché il fratello maggiore se ne prenda cura, ma sono giunti per festeggiare il fidanzamento del figlio come una qualunque famiglia moderna. Il passaggio, quindi, è dalla fraternità alla coppia-nucleo in una famiglia che andrà per conto suo.

Per i personaggi principali, un modo abbastanza semplice di vivere sta finendo e un nuovo modo non riesce a nascere. Questi eroi ed eroine non sono nessuno sia nei termini del loro passato che del loro futuro. Senza un posto sicuro nel clan dei fratelli del Sud o un’identità nelle famiglie nucleari delle aree urbane del Nord industrializzato, ogni personaggio è un ammasso di sentimenti senza radici. L’immagine che ne deriva è quella di un clan di fratelli che tributano rispetto ad una madre, con la consapevolezza che tutto ciò si sta disintegrando in termini di valori e di strutture. Il lignaggio dei fratelli si confronta con la nascente famiglia nucleare, ma si perde senza significato nello spazio tra le due.

Negli studi di Ann Parson (1969) su Napoli, sembrerebbe che il clan dei fratelli si sia mosso (o sia rimasto stabile) seguendo i movimenti della vita da strada o da bar del maschio, ma che esso sia ugualmente forte o anche più forte della famiglia urbana. Parson nota l’importanza della strada, ma non esiste alcun modello con cui esaminarla anche nella sua funzione di struttura di stretta parentela. Il film di Visconti mostra in un senso più ampio il divario tra lo scontro di culture, e in un senso meno ampio esso fornisce una lettura del clan dei fratelli, attraverso le emozioni della cultura individualistica verso cui esso si dirige. Né con l’antropologa di istruzione psicoanalitica Ann Parson, né con il regista Visconti, possiamo pervenire ad una psicologia della relazione tra fratelli, benché quest’ultimo (Visconti) ce ne dia un ritratto vivido. Questa assenza di comprensione della psicologia sociale ha delle implicazioni in molti contesti. Per esempio, si comprese già durante la Prima Guerra Mondiale che fattori collettivi erano di gran lunga più importanti delle risposte individuali a condizioni traumatiche (Shepherd 2002).

Le proibizioni, le responsabilità e il rispetto esistenti nelle Tobriand iniziano durante la pubertà quando la fertilità sposta la possibilità dell’incesto tra fratelli dalla sessualità alla riproduzione; non possiamo qui ipotizzare che ciò esprima il riconoscimento dell’attrazione tra fratelli propria dell’infanzia e del periodo di latenza? Con il suo essere solo apparentemente l’opposto, il matrimonio presso i Tolomei, con le sue pratiche e regole, sembrerebbe mostrare che la forza dei sentimenti reciproci dei fratelli può, se regolamentata, avere un proficuo uso sociale. Il bisogno di regolazione ne mostra la forza. Nel non essere in grado di percepire e analizzare le relazioni collaterali, nel non prendere seriamente né l’incesto né la violenza, lasciano al caso la possibilità di dominare o meno le buone o cattive potenzialità di questo potere. Non c’è dubbio che altre culture sono consapevoli o più consapevoli di ciò. Noi portiamo dovunque con noi il nostro modello verticale, ma esso sorprendentemente non riesce a contemplare tutto il materiale, così come le osservazioni di Malinowski sulle Tobriand.

L’antropologa Ann Parson con competenze psicoanalitiche, paragonando la schizofrenia tra gli emigranti italiani in una clinica di Boston e la stessa patologia in un ospedale napoletano, ed effettuando controlli per lo stesso tipo di diagnosi, trovò che, da tutti i punti di vista, una specifica aspettativa legata al suo modello non veniva confermata: “nessun paziente divenne per la prima volta psicotico dopo la morte della madre e solo uno lo divenne dopo la morte del padre” (p. 110). Non sono solo i genitori che contano. Ann Parson, pur essendo un’osservatrice particolarmente attenta e sensibile, nel suo caso clinico individuale di “Giuseppina” mi sembra comunque che si lasci sfuggire il significato della morte di un fratello più grande di dieci mesi al momento del breakdown, verificatosi nei primi anni dell’età adulta. Ci sono secondo me due morti significative nella storia di Giuseppina; la prima, quella di suo fratello morto per TBC, che è una malattia così spaventosa nella società degli anni sessanta che esistono dei rituali che aiutano ad affrontare la paura. La seconda è la morte di una donna per aver abortito un bambino illegittimo, donna che Giuseppina considerava sua amica (cioè una relazione collaterale). Giuseppina ebbe dei rapporti sessuali prematrimoniali con suo marito, infrangendo completamente i rigidi costumi sociali. Nel suo breakdown psicotico, ella interpreta ogni gesto del suo neonato come un atto aggressivo diretto contro di lei, probabilmente questa è una proiezione della sua stessa aggressività verso il bambino. Il fatto che la madre affermi che l’amica sia una sua amica, non un’amica di Giuseppina, conferma proprio il quadro che io vorrei delineare: diventando madre Giuseppina nella sua mente diviene confusa con sua madre, come avvenne quando da bambina dovette affrontare la prospettiva di avere un fratello. I modelli verticali, sia della psicoanalisi che dell’antropologia culturale, che Parson usa, non consentono di notare una tale implicazione, ma il materiale è lì.

 

 

GRANDISSIMO ACHILLE TOGLIANI—SIGNORINELLA PALLIDA

http://www.youtube.com/watch?v=cxkMjaGwBHY

 

ACHILLE TOGLIANI —COME PIOVEVA

http://www.youtube.com/watch?v=55oQUpSSZiU

 

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