ore 21:49 INTERVISTA A PIERRE CARNITI: “SULL’ART. 18 NON SI PUO’ ANDARE OLTRE I GOVERNI PRECEDENTI” // I SINDACATI UNITI AVREBBERO FATTO LA LORO RIFORMA CON LE PARTI SOCIALI SENZA LASCIARSI EMARGINARE DA RENZI // E IN PIU’ SENZA CONTRATTARE “FLESSIBILITA’ CONTRO DIRITTI”—QUESTA VOLTA “DAL PICCOLO NEMO” (ma è sempre lo stesso che legge per noi. Ciao Nemo, grazie!)

 

 

IL GOVERNO ALLA PROVA
“Sindacato troppo diviso lascia spazio al governo”
PAOLO GRISERI

ROMA . la vera novità della discussione sulla riforma del lavoro? «È che viene fatta dal governo e non dai sindacati». E la modifica dell’articolo 18? «Discussione da macchina del fumo, un modo per parlar d’altro. Poi si troverà un accrocchio». Nel giorno delle dimissioni di Raffaele Bonanni da segretario generale della Cisl,

Pierre Carniti interviene sullo scontro del Job’s act.
E conclude: «A Bonanni dico che i sindacati meno divisi non avrebbero lasciato questi spazi a Renzi e avrebbero fatto loro la riforma».


Carniti, lei è d’accordo a modificare l’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori?
«Perché, verrà modificato?».
Così pare..
«Non credo che questo sia il vero obiettivo. Sull’articolo 18 non si può andare oltre quel che hanno già fatto i governi precedenti e si troverà alla fine un accrocchio ».

Allora perché si è aperta questa discussione?

«Perché a Renzi conviene fare la voce grossa con i sindacati. Un atteggiamento per piacere a certi establishment italiani ed europei e gli dà visibilità presso l’opposizione ».


Ma non crede che gli alieni una parte dell’opinione pubblica?

«Lei dice? Non penso che ci voglia molto coraggio a bastonare il can che affoga».

Pensa che i sindacati oggi siano messi così male?

«Beh, bene non stanno. E che cosa c’è di più facile di gettare loro la croce addosso?».

Ammetterà che le norme sul lavoro che avete fatto voi quarant’anni fa sono ormai superate. Bisogna continuare a difenderle?

«Certo che no. Lo vedo anche io che sono superate. Che si tratta di rappresentare giovani precari, persone senza lavoro, dare una prospettiva a chi si trova in condizioni molto diverse dal 1970».

E allora perché opporsi al cambiamento proposto dal governo?

«Intanto vorrei capire che cosa c’entrano le proposte che si leggono sui giornali con la soluzione dei problemi della precarietà e della disoccupazione».

Lei non crede che rendendo più semplice il licenziamento si favoriscano gli investimenti stranieri in Italia?

«Sento sostenere questa tesi. Se è cosi Renzi avrebbe potuto dire ai sindacati: “Il signor Brambilla di Lugano aveva intenzione di investire in Italia ma siccome c’è l’articolo 18, non lo fa. Volete voi sindacati e organizzazioni degli imprenditori trovare una soluzione?” ».

Quanto tempo ci avrebbero messo sindacati e Confindustria per trovare una soluzione?

«Perché i governi di questi anni, da Berlusconi a venire in qua, quali soluzioni hanno trovato? Hanno progressivamente reso più flessibile il mercato del lavoro e nel frattempo la disoccupazione ha continuato ad aumentare».

Come si crea occupazione allora?

«L’occupazione si crea con investimenti pubblici e privati. Ma il governo Renzi non ha oggettivamente spazi di manovra. Sulla politica economica deve vivere nei limiti imposti dall’Europa. Altrimenti potrebbe destinare 20 miliardi ad estendere a tutti la cassa integrazione e a far ripartire investimenti e consumi. Non avendo soldi non resta che far girare la manovella della macchina del fumo con l’articolo 18».

Lei come la farebbe la riforma del mercato del lavoro?

«Coinvolgendo sindacati e parti sociali. Siamo tornati alla concezione della prima metà del Novecento italiano che aveva espropriato le parti sociali di ogni autonomia con una riforma del lavoro affidata alla politica».

Le dà fastidio che si modifichi radicalmente il vostro sistema di regole?

«Non assolutamente, è probabilmente necessario. Ma se io sindacalista devo cambiare mi metto a contrattare. Scambio la flessibilità con i diritti, non lascio che sia la politica a decidere senza contropartite».

In queste ore Raffaele Bonanni lascia l’incarico che lei ha ricoperto a suo tempo. Qual è il suo giudizio sulla segreteria Bonanni?

«Io ho lasciato la Cisl trent’anni fa. Non ho titolo per esprimere giudizi. Sono come uno al quale è stata ritirata la patente».

Non può più guidare ma stando sul balcone può dare un giudizio sul traffico no?

«Se mi posso permettere, penso che la Cisl in questi anni avrebbe potuto cercare di più le strade dell’unità con gli altri sindacati. Un mondo del lavoro diviso non è mai un fatto positivo, come dimostra la debolezza di oggi di tutti i sindacati confederali.. e anche la discussione sulla riforma del mercato del lavoro».

Per essere uniti bisogna essere in due…

«Lo dice a me che sono sposato da 54 anni? Bisogna essere in due e bisogna volerlo».

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