(Belluno, 23 luglio 1940 – Roma, 18 dicembre 2010) —Separatosi dalla moglie, è stato compagno dell’intelluttuale Barbara Spinelli—
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Padoa Schioppa: «Un libro verde per spendere meglio, eliminando sprechi e correggendo cattivi costumi»di Nicoletta Cottone |
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6 SETTEMBRE 2007
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Conoscere per deliberare. Con questo intento il ministro dell’Economia Tommaso Padoa Schioppa ha presentato il «Libro verde sulla spesa pubblica», preparato dalla Commissione tecnica per la finanza pubblica, con le prime indicazioni per spendere meglio. Dalla dinamica della spesa pubblica ai principali tentativi di governarla. La parola d’ordine è, proprio, spendere meglio, eliminando gli sprechi, correggendo i fenomeni di cattivo costume, riducendo i costi della politica, incidendo sull’organizzazione degli uffici, adeguando le strutture ai nuovi bisogni e dando un taglio netto a funzioni anacronistiche. C’è il rischio, dice Padoa Schioppa, che l’inefficienza della spesa pubblica «si incanali verso una inqualificata protesta fiscale». Sempre a proposito di fisco, il ministro ha ricordato che in Italia l’evasione fiscale è eccezionalmente elevata (e cioè nell’ordine di 100 miliardi l’anno, circa il 7% del Pil). La sfida consiste in un cocktail di tre ingredienti: l’aumento del contributo del bilancio alla crescita, la progressiva riduzione del carico fiscale per i contribuenti in regola, l’alleggerimento del debito pubblico, che per interessi costa al Paese 70 miliardi La riqualificazione della spesa pubblica, dunque, è un «imperativo urgente e ineludibile» non solo per lo Stato, ma anche per Regioni, Province e Comuni, strada a senso unico per spingere la crescita, elevare il benessere e dare un futuro ai giovani. Indispensabili nuovi investimenti, si legge scorrendo le 139 pagine del libro, visto che oggi l’insufficienza di strade blocca la mobilità di intere Regioni, le rotaie delle ferrovie sono vecchie, le infrastrutture a sostegno del turismo carenti, università e istituti di ricerca non hanno posti per giovani scienziati, tecnici e ingegneri scarseggiano negli uffici e le forze dell’ordine annaspano nel reclutamento di personale adeguato alla funzioni specialistiche richieste. L’analisi disaggregata della spesa mette in luce come, a parte il periodo 1994-1996, la spesa corrente primaria, dunque al netto degli interessi sul debito, ha avuto un comportamento inerziale, con una espansione costante al ritmo del 2% l’anno. Negli ultimi dieci anni, poi, tra le componenti dinamiche è stata evidenziata, in particolare, la sanità. La spesa per interessi è circa il doppio di quella di altre economie europee a causa dell’elevato debito pubblico e si registra un valore elevato sul fronte della spesa pensionistica. Risulta, invece, più basso il livello di altre prestazioni sociali. Dal libro emerge che una spesa per interessi e pensionistica in linea con le altre capitali europee potrebbe liberare circa 50-60 miliardi di euro (4% del Pil) da destinare ad altre finalità: dal pareggio di bilancio agli investimenti in infrastrutture e ricerca, dallo sviluppo degli ammortizzatori sociali alla riduzione del prelievo fiscale. Sul fronte della sanità si registra una forte variabilità regionale, con una significativa mobilità dei pazienti. Il costo medio giornaliero di una degenza negli ospedali italiani, è di 674 euro, in linea con i prezzi di una matrimoniale a 5 stelle in un albergo, cifra che significa che la spesa media annua, per un posto nelle aziende ospedaliere italiane, supera i 200 mila euro. Ma la cifra giornaliera di cui si deve far carico il Servizio sanitario nazionale spesso è molto più elevata, con un picco in Piemonte con 932 euro, che scende in Toscana a 829 euro, nelle Marche a 819 euro, nel Lazio a a 801 euro e via via fino alla Liguria, dove la spesa pubblica è solo di 593 euro.
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