ore 17:18 ——— DALLA SOLITA VECCHIA CARTELLA DIMENTICATA : “VECCHIA CARTELLA E GOYA” —CHIARA E’ ALLA RICERCA DI “UN CHITARRISTA CIECO” CHE FA PARTE DEI CARTONI CHE GOYA DIPINSE PER LA FAMIGLIA REALE E CHE SERVIVANO PER DECORARE LE PARETI—CHI ME LO MANDERA’ AVRA’ UN BACINO DA DIDI’ CHE BACIA BENISSIMO CON QUELLA LINGUETTA ROSA PURO SEMPRE SVETTANTE E DOLCE—

 

 

Francisco Goya (1746 – 1828)


 

 

 

GOYA- Il sonno della ragione genera mostri

 

 

 

 

“LA QUINTA DEL SORDO”, COSI’ CHIAMATA IN PAESE ALLUDENDO ALLA SORDITA’ DEL MAESTRO CHE ERA GIA’ MOLTO AMMALATO—-E’ LA CASA DI CAMPAGNA IN CUI GOYA COMPOSE LE  14 “IMMAGINI NERE”/ MOLTE VOLTE DIPINTE SOPRA ALTRE CON COLORI ROSSI ECC. —TUTTE SONO STATE RICOPERTE DI COLORI SCURI E SCENE TRAGICHE, SABBATICHE, MITOLOGICHE…

LA COMPRO’ NEL 1819 AL RITORNO DEI BORBONI, QUANDO ORMAI AVEVA PERDUTO TUTTE LE SUE ILLUSIONE /CHE PRIMA ERANO IDEALI / DI LIBERTE’-EGALITE’-FRATENITE’…FU COME -ASSISTERE – PARTECIPANDO AL CORSO DEGLI EVENTI-AL CROLLO – PEZZO DOPO PEZZO-  DEL SUO “VERO MONDO”, DOVE GLI ASSASSINI DEL SUO POPOLO ERANO PROPRIO QUELLI CHE GLI AVEVANO ISPIRATO QUEL  BISOGNO DI LIBERTA’ COSI’ GRANDE DA RICOPRIRE UN MONDO INTERO-

 

 

 

 

 

 

03-01-07

 

C. C., oggi ho fatto un sogno agghiacciante che faticosamente si dipanava in una atmosfera plumbea, in un clima più da morgue che da ospedale, in vero più da Giudizio Finale ( ma un Giudizio Finale in cui la michelangiolesca e umanistica figura del Padre fosse stata usurpata da un Pallido Burocrate.)

Mi avevi telefonato dall’Italia al Brasile proponendomi di riallacciare una relazione interrotta anni prima, per mia Byroniana pirlaggine. ( questa è la premessa, non la parte agghiacciante). Ma a ben vedere, già in questa premessa qualcosa di inquietante c’era. Tu eri tornata indietro nel tempo, sgarzolina di 33 anni, ma io no, ero il vecchio di 65 anni (66) che sono.

Per un lato mi sentivo pervadere dall’euforia di questa inaspettata e immeritata opportunità di ritornare alla vita (…potere, simile a questi rami ieri scarniti e nudi…). Da questo “urger nuovo di voci verso un esito” non era escluso il timore che questa grazia suprema potesse essermi fatale, che sarei stato fulminato da una qualche crisi epilettica e che sarei caduto lungo disteso sulla neve pietroburghese, come Dostoiesky quando, ai piedi del patibolo, dopo aver visto impiccare tutti i suoi compagni, gli fu detto che per grazia sovrana la sua condanna a morte era stata commutata in lavori forzati.

 

D’altra parte temevo per te. Temevo di contaminarti, tu, giovane e vitale, a contatto di questo povero vecchio che non riesce più a contenere gli oggetti nelle mani e le idee nella mente.

D’altronde, al di là di una metaforica contaminazione, c’era il rischio di un contagio reale. Nella mia famiglia ricorre una malattia contagiosa (sic) che ha già mietuto vittime: la tubercolosi, che uccise mio nonno e del quale era seriamente affetto mio cugino ( in famiglia si diceva che era negli ultimi stadi della malattia ed è forse il motivo che lo ha portato al suicidio). Unendomi a te ti avrei esposto al contagio.( mi sembra evidente che questi fatti, realmente accaduti, ma che prendono nel sogno la forma di reminiscenze letterarie ottocentesche e prepeniccilliniche,  sono la trasparente cortina dietro la quale occhieggiano malattie ben più gravi e più recenti che hanno colpito la mia famiglia).

 

Mi dibattevo dunque, e in quale angoscia! La mia parte migliore ( o era la peggiore?)  mi diceva : rinuncia, ritirati, sparisci, non appestarla. La mia parte peggiore (o era la migliore ?) diceva: lotta, se hai trovato qualcosa per cui lottare, lotta  con le unghie e con i denti, se necessario.

Nella speranza di avere un “parere tecnico” sono andato a consultare il Carlinhos.  Se, secondo lui, dovessi accettare o no la tua proposta, non si è capito, o quanto meno, io non ho capito.  In compenso mi ha dato un responso clinico medico: la tubercolosi ce l’avevo e ne sarei morto, ma che stessi tranquillo che avevo ancora molti anni da vivere e, comunque, la mia tubercolosi non era del tipo contagioso, per cui, dal quel punto di vista, non mettevo a rischio la vita di nessuno.

 

Salvo questo chiarimento, ero nella situazione di prima: dilaniato fra euforiche speranze e remore morali. In più avevo una condanna a morte, anche se molto dilazionata.

 

Nello sconforto più profondo mi sono svegliato.

Mi è bastato allungare una mano e toccarti, la mia mano ha cercato la pelle nuda (con qualche difficoltà, a dire il vero, perché eri avvolta nei lenzuoli come una mummia), e ha trovato, guarda un po’!, la parte interna del ginocchio, quel dolce incavo nel quale i buontemponi della Belle Epoque usavano bere lo champagne ( non nel tuo, spero, in quello delle loro sciantose) . Mi è bastato questo perché lo sconforto e l’angoscia svanissero, perché capissi che non dovevo più arrovellarmi per una scelta che avevo pienamente e responsabilmente fatto e interiorizzato, che non c’era maledizione o tara di famiglia che tenga, che non avevo da aspettarmi nessuna Grazia Sovrana perché la sentenza era stata da tempo promulgata in maniera irrevocabile: ero stato condannato a vita, ero stato condannato alla vita.

 

Ti amo irrimediabilmente

 

 

 

I DISASTRI DELLA GUERRA

 

 

 

SCEMPI DELLA GUERRA –(Estragos del la guerra), incisione: acquaforte, lavis, bulino e brunitotio, mm 140 x 170

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

UN’ALTRA VOLTA “CI TOCCANO”   “I CAPRICCI”, UNA SERIE DI OTTANTA INCISIONI REALIZZATE TRA IL 1792 E IL 1799—CHI CE LO RICORDERA’?

SEMPRE NEL TENTATIVO DI ESPLORARE “L’OMBRA SCURA” DI FRANCISCO GOYA—

 

RICORDATEVI CHE E’ IL PITTORE CHE HA DIPINTO QUESTA OPERA:

 

 

 

 

VOLENDO, IN QUESTO SITO TROVATE UNA GALLERIA DELL’OPERA DI GOYA MONTATA BENE:

 

http://francescovenier.forumcommunity.net/?t=20216786

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