ORE 18:48 VI METTO QUESTO RACCONTINO ZEN, SEMPRE AMATI PER LA LORO SEMPLICITA’– SIA DI SCRITTURA CHE DI FILOSOFIA- —-POTETE ANCHE NON LEGGERE IL COMMENTO, CERTAMENTE COLTO E ISTRUTTIVO– IL RACCONTO L’HO TROVATO CERCANDO “SEKISO” CHE CI HA MANDATO L’ INVITO CHE VEDRETE DI SEGUITO—HO TROVATO INTANTO QUI, NEL RACCONTO, CHE “SEKISO” E’ IL NOME DI UN GRANDE MAESTRO ZEN: E CON CIO’ AMEN COL NOME! SOPRATTUTTO SEKISO E’ UN ‘AZIENDA: 1. HANNO VARIE ATTIVITA’ CULTURALI; 2. SEKISO INDUSTRIES INDONESIA / 3. UNA CASA EDITRICE: Sekiso manpitsu (Japanese Edition) – Amazon.com /// 4. IN GIAPPONE—“SEKISO CORPORATION”, FORSE LA SEDE?—CON TOYOTA? –MA NON SO DIRVI NIENTE: GUARDO LE FIGURE E IL PAESAGGIO CHE E’ UNA PRIMA INFORMAZIONE ///UNA “CORPORATION” (QUESTO, CREDO, SIA IL SENSO AMERICANO DEL TERMINE), oltre ad avere mille attivita’ differenziate, per quel poco-tanto che so, E’ IL NOME DI QUELLE AZIENDE GIGANTI CHE PRIMA DELLA GLOBALIZZAZIONE SI CHIAMAVANO “MULTINAZIONALI” / EPOCA SESSANTA CIRCA – “CAPITALE MONOPOLISTICO”—QUESTI MONOPOLI CHE STAVANO SORGENDO IN QUEGLI ANNI, IN NUCE ERANO LE ATTUALI CORPORATIONMA QUESTE SI SONO DOVUTE ORGANIZZARE SECONDO IL LIVELLO DI SCONTRO O COMPETIZIONE DEL MERCATO MONDIALE MOLTO PIU’ ALTO —(ALLORA NON C’ERA LA CINA, COREA INDIA / E I PAESI EMERGENTI COME BRASILE E GLI ALTRI—- —SE PER CASO AVETE VISTO IL FILM/DOCUMENTARIO, SAPRETE CHE “CORPORATION” E’ UN “TIPO DI POTERE” —LIMITATO SOLO DALLE ALTRE CORPORATIONS—IL CHE SIGNIFICA UN CAMBIAMENTO DI “CULTURA” NELLE RELAZIONI : DENTRO (VERSO I LAVORATORI) E FUORI /VERSO GLI ALTRI SOGGETTI INDUSTRIALI”–al nostro modo frugale possiamo dire che l’unico principio di riferimento: è vincere il concorrente saldandosi tra loro in unita’ sempre piu’ grandi (e’ quasi sicuro, PER ES. che Goggle e Apple si uniscono – a parita’- per comprare Kodak)—–RAGAZZI, MIEI STUFI STUFI COME CHIARA, IL RACCONTO C’E’ SEMPRE E VALE LEGGERLO: MI SEMBRA CHE LA SPIEGAZIONE TOLGA…COME SI DICE, RAGAZZI? “AMBIGUITA'” E’ SEMPRE PAROLA CERTA! DIREI QUELL’ ATMOSFERA SOSPESA / SI DICE E SI NEGA, FORSE “LUSCO-BRUSCO”—CHE A CHIARA PAREVA COSI’ “NECESSARIA” NEL RACCONTINO PER NON SCIUPARLO—-MAH! MI DIRETE?—-DITEMI, MI RACCOMANDO—

 

MUSICA ZEN

https://www.youtube.com/watch?v=eX445QJ0fwE


 

 

 

DA:

http://www.zenshinji.org/home/?p=220

 

 

Company Name SEKISO CORPORATION
Okazaki plant 


Aoi plant


Technical Center

Location 【Head office/Okazaki plant】
444-0911
1-3 Hinakita-machi Okazaki, Aichi Prefecture
TEL:0564-25-2121 (Representative)
FAX:0564-22-6139
【Aoi plant】
444-0005
1-28 Kamigongen Okacho Okazaki, Aichi Prefecture
TEL:0564-58-8787 (Representative)
FAX:0564-53-8920
Representative President Yamada Shinji
Capital 57,000,000 yen
Number of employees 200 employees
Sales 10,000,000,000 yen
/ as of Dec., 2011
Founded Jun. 29, 1954
Main financing banks Sumitomo Mitsui Banking Corporation
Main customers TOYOTA MOTOR CORPORATION
Daihatsu Motor Co., Ltd.
TOYOTA AUTO BODY Co., Ltd.
Kanto Auto Works, Ltd.
TOYOTA BOSHOKU CORPORATION
Others
(Not in alphabetical order, honorifics omitted)

 

 

 

 

RACCONTO:  DA:   http://www.zenshinji.org/

 

PHILIP KAPLEAU | DOGO E LA VISITA DI CONDOGLIANZE

Un giorno morì un uomo che viveva nelle vicinanze del Tempio di Chang Chou. Dogo, il Maestro del tempio, si recò, insieme al suo discepolo Zengen, a fare le condoglianze alla famiglia.

Durante la visita Zengen colpì la bara e chiese: “È vivo o morto?”.
Dogo rispose: “Non dico che è vivo, non dico che è morto”.
Zengen disse: “Perché non vuoi dirlo?”.
Dogo ripetè: “Non lo dirò, non lo dirò”.

Sulla via del ritorno, Zengen chiese ancora: “Vi prego, Maestro, ditemi chiaramente se era vivo o morto. Se non me lo direte io vi picchierò”.

Il Maestro rispose: “Picchiami se vuoi, ma io non lo dirò”.

Zengen lo colpì.

Passarono gli anni e un giorno Dogo morì; Zengen, ancora tormentato dal dilemma, andò a visitare Sekiso, un Maestro molto conosciuto; gli raccontò come molti anni prima avesse picchiato il suo vecchio Maestro perché non aveva risposto alla domanda sulla vita e sulla morte. Poi ripetè la stessa domanda a Sekiso. Sekiso disse: “Non dico che è vivo, non dico che è morto. Non lo dirò, non lo dirò”.

In quel momento Zengen raggiunse l’illuminazione; lasciò subito il Maestro e, con una vanga in spalla, andò nella sala principale del monastero mettendosi a camminare in su e in giù.

Sekiso lo vide e gli chiese: “Che cosa stai facendo?”.

Zengen rispose: “Sto cercando le reliquie del mio vecchio Maestro”.

Sekiso disse: “C’è un grande fiume con immense onde che riempiono l’intero universo. Le reliquie del tuo Maestro non saranno trovate in nessun posto.”

[…]

Commento del Maestro Philip Kapleau[1]

Che cosa sta realmente chiedendo Zengen?
Ovviamente lui sa che la persona che è nella bara è morta. Quindi qual è la vera domanda? Forse è: “Che cosa accade dopo la morte?” o “Che cos’è la morte?” o “Che cosa accadrà di me dopo la morte?” o “Esiste veramente la morte?” o “Se quest’uomo è morto, allora che cos’è l’immortalità?”.

Forse il suo tormento interiore – quello che veramente gli sta a cuore, come il suo comportamento successivo dimostra – si sviluppò o si intensificò recitando il Sutra del Cuore: “…niente nasce e niente muore, niente è puro e niente è impuro, niente cresce o diminuisce. Niente deperisce e niente muore e non esiste né deperimento né morte”.
Che cosa vogliono dire queste parole?
Noi, come ogni praticante dello Zen, recitiamo tutti giorni questo grande Sutra. Bene, che cosa significano realmente queste parole?

Zengen era profondamente turbato dal problema della vita e della morte. Ma, in ultima analisi, non è così per tutti? Il nostro comune modo di vivere, tuttavia, nasconde l’ansia esistenziale con innumerevoli mezzi: cinema, televisione, video, computer, settimanali, quotidiani, shopping. Abbiamo a disposizione un numero talmente ampio, per non dire illimitato, di modi per distrarci, per non pensare, che dovremmo essere al riparo; ma non è così; le ansie esistenziali sono così forti che superano facilmente il muro dietro cui tentiamo di proteggerci.

L’antica credenza nell’armonia delle sfere celesti è stata distrutta dall’evidenza delle catastrofi che avvengono normalmente e casualmente nello spazio cosmico. Lo stesso accade a noi, qui sulla terra; siamo quotidianamente colpiti da notizie di morte di esseri viventi, di distruzione di foreste, di inquinamento dell’atmosfera e dei mari, di orribili pulizie etniche e cresce il terrore di destabilizzazioni politiche ed economiche prodotte, almeno in parte, dalla rapida e stupefacente evoluzione tecnologica. Quando, ogni giorno, apriamo il giornale, l’impermanenza ci colpisce in volto. Le nostre distrazioni, i nostri meccanismi di difesa, si moltiplicano allora di conseguenza, rendendo così arduo affrontare le vere questioni esistenziali e, in particolare, l’eterno dilemma che assedia tutta l’umanità: perché sono nato?

[…]

Possiamo dire che questo koan [2] era il suo koan, che naturalmente cresceva nel suo animo; un koan che sorge spontaneamente dalle esperienze della propria vita può essere il migliore per raggiungere la comprensione. Ovviamente il Maestro era consapevole della profondità della domanda di Zengen e non volle cedere di fronte alla sua sofferenza, non lo volle placare con una risposta rassicurante. Non gli ha detto: “Non ti preoccupare. Tutto va bene. La tua rinascita sarà influenzata dagli effetti karmici delle tue azioni passate, mentali o corporee” ma gli ha detto: “Non dico che è vivo, non dico che è morto”.
Perché no?

Il suo discepolo era fortemente turbato dalla questione della nascita e della morte, in particolare su che cosa accade dopo che uno muore.
Una volta un monaco chiese al Buddha: “Che cosa accade a una persona illuminata dopo la morte? Esiste dopo la morte o no?”. Il Buddha si rifiutò di rispondere.

Un illuminato è una persona che ha purificato la propria mente a tutti i più profondi livelli di consapevolezza, liberandola da ogni macchia di avidità, di rabbia, di egoismo e desiderio. Così, che cosa accade a un tipo del genere dopo la morte? Accade la stessa cosa che agli altri? Il testo dice che Buddha “rimase in un nobile silenzio”. C’è una buona ragione per un tipo di risposta del genere, e il koan lo rende molto chiaro.

Sulla via del ritorno Zengen era ancora molto agitato. La domanda tormentava la sua mente. Egli aveva visto un cadavere nella sua rigidità. L’immagine era vivida. Dov’era finito colui che era nel corpo? “Perché non lo dici?” domandò al suo insegnante. E Dogo ripetè enfaticamente: ”Non lo dirò, non lo dirò”. Zengen lo implorò “Vi prego, Maestro, ditemi con franchezza se era morto o era vivo!”.
Allora, disperato, gridò:“Se non me lo direte, vi picchierò”. In questo si può vedere quanto profondamente sentisse la questione e che rischi era disposto a correre. Picchiare la propria guida spirituale è fatto molto grave, con profonde implicazioni karmiche. Uno studente può alzare una mano mimando di colpire il Maestro, per esempio, nel dare una dimostrazione di un koan. Ma è raro che uno studente picchi davvero il proprio Maestro ed è considerato un evento molto grave.
Yasutani Roshi disse una volta che se un monaco dovesse picchiare il Maestro ciò avrebbe delle gravi ripercussioni su tutto il monastero. Ma Dogo rimase imperturbabile di fronte alle minacce di Zengen e semplicemente rispose: “Picchiami se vuoi ma non lo dirò”.

[…]

Proviamo a immaginare un insegnante di oggi che a uno zelante studente che gli chiede una spiegazione su qualcosa di importante, risponda: ”Non te lo dirò”. Verrebbe considerato un’offesa allo studente e in contrasto con il nostro concetto di educazione.

“Ma voi siete il Maestro!” potrebbe esclamare lo studente “Il vostro lavoro è rispondere alle domande! Perché non volete rispondere alla mia?” Ma Maestri Zen come Dogo e Sekiso dicono “Tu puoi picchiarmi, tu puoi anche uccidermi ma io non lo spiegherò. Tu devi risolvere questo da solo. Non ti priverò della lotta interiore che ti appartiene e della tua personale risposta”.
Giobbe, il patriarca della Bibbia, che soffrì a lungo tormenti di questo tipo, dette una risposta simile. Tutte le sue profonde, laceranti domande sarebbero state lasciate irrisolte da una risposta convenzionale. Soltanto la diretta esperienza della voce di Dio che parlò attraverso il turbine risolse i suoi dubbi. Solo quella rispose a tutto.

I praticanti Zen di ogni epoca hanno espresso una profonda gratitudine ai propri Maestri per aver avuto la saggezza e la compassione di non spiegare troppo. Questa gratitudine non era mero “formalismo” e sorse nel loro cuore dopo una lunga e durissima lotta interiore. Il Maestro Zen Dogen dice, in effetti, che il Buddismo non è altro che affrontare e risolvere il problema della morte. Lo Zen ci insegna come andare oltre i concetti e le nozioni ordinari, oltre le interpretazioni dei dati dei sensi che costruiscono una visione del mondo basata su “me qui e ogni altra cosa là fuori”. Questa visione è incompleta e falsa. Poiché è falsa e incompleta, noi soffriamo terribilmente, come può soffrire un pesce in una vasca troppo piccola e piena di acqua stagnante e torbida. I Maestri di molte tradizioni sono d’accordo che il nostro mondo, il mondo nel quale viviamo normalmente è, come dice il sutra del Diamante, come un miraggio, un sogno, una bolla di sapone. Ovvero non ha sostanza, tutto passa e non ha realtà durevole.

Questo mondo di nascita e morte muta costantemente. La pratica e lo studio dello Zen ci insegnano come non essere coinvolti e avvinti in questo eterno cambiamento, fino a precipitarci. Come vivere nel mutamento costante e adattarsi liberamente al nostro ambiente, senza sforzi, costrizioni, o ansietà è l’essenza dello studio e della comprensione Zen. Il buddismo Zen non è né pessimista né nichilista. Piuttosto guarda correttamente ai fatti, e poi ci apre la via per vivere veramente, senza ricreare continuamente sofferenza.
Ancora, l’insegnamento del buddismo riguardo la rinascita può essere mal compreso dalla cultura materialista del nostro tempo. Il buddismo insegna che siamo morti e rinati innumerevoli volte e che moriremo e rinasceremo ancora innumerevoli volte. Negli scritti dei Maestri viene detto che possiamo nascere in uno dei sei regni: il regno degli uomini, degli dei, degli spiriti guerrieri, degli spiriti affamati, degli esseri demoniaci, degli animali. Possiamo nascere in un regno o nell’altro, in una forma di vita “alta” o “bassa”. Qualche volta questo viene interpretato psicologicamente. Nella mia esperienza in Giappone ho constatato che i Maestri più anziani erano meno inclini a una spiegazione psicologica. Tendevano a un’interpretazione prettamente mitica, accettando pienamente che ci sono molti mondi, dimensioni e regni. Gli insegnanti più giovani tendevano invece a darne una lettura psicologica. In realtà, la questione non è se l’approccio al problema è psicologico, mitico, fisico o da altro punto di vista. Si arriva sempre allo stesso punto: in verità, tutto è in costante cambiamento. E, tuttavia, dentro quel cambiamento c’è sia quello che non cambia sia quello che rende possibili tutti i cambiamenti. Questo non è qualcosa che accade solamente dopo la morte, dopo quello che chiamiamo la scomparsa del corpo fisico. In ogni momento, in ogni respiro, c’è la vita e c’è la morte. Nella vita c’è la morte, nella morte c’è la vita. La vita intera si ricrea dalla propria fine. Tutta la vita è rinascita. Come allora possiamo parlare di una vita e di una morte definitiva? Dogen dice che nella vita c’è solo vita, nella morte solo morte. Così, quando voi siete vivi, voi siete uno con la vostra vita; nella morte voi siete uno con la vostra morte. Prendete una candela che brucia: bruciare è sia la sua vita sia la sua morte.

Perché Zengen, dopo l’illuminazione, porta con sé una vanga sulla spalla e cammina in su e in giù nella sala principale del tempio? Che significa questo? Voleva onorare le spoglie del suo Maestro, mostrare gratitudine per quello che Dogo aveva provato così risolutamente a mostrargli? Sekiso lo vede marciare avanti e indietro e gli chiede “Che stai facendo?”, Zengen risponde “Sto cercando le reliquie del mio vecchio maestro”.

[…]

Sekiso risponde “C’è un grande fiume con immense onde che riempiono tutto l’universo. Le ceneri del Maestro non saranno trovate da nessuna parte”.
Come dobbiamo comprendere questo?

Ci sono delle collane buddiste utilizzate per il rosario, chiamate juzu, che sono scolpite nella forma di un teschio. I teschi rappresentano la vera Mente, che, come un teschio, rimane dopo la morte. Il teschio rappresenta anche la realtà della morte, dell’universale impermanenza. Il teschio è veramente un’immagine concentrata essendo sia un simbolo di ciò che possiamo chiamare l’aspetto relativo della morte e del cambiamento sia anche di quello che possiamo chiamare l’Assoluto, il non nato, l’eterno.
Dicendo che sta cercando le ossa o le reliquie del suo vecchio Maestro, quello, cioè, che rimane dopo la morte e la cremazione del corpo, Zengen ci sta suggerendo che la Mente del suo Maestro deve ancora essere trovata? Sta dicendo che le sue reliquie sono effettivamente in ogni luogo, in tutte le direzioni? ”Immense onde riempiono l’intero universo” può simbolizzare la nostra vita quotidiana. Ogni onda riempie l’immensità di ogni cosa. Cosa c’è fuori di essa? Essere uno con la propria vita quotidiana, mangiando, piangendo, lavorando, dormendo,

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