ore 00:31 STEFANO FOLLI, OPINIONISTA DE IL SOLE 24 ORE ALLERTA RENZI E IL PD—

IL PUNTO di Stefano Folli
Echi di Tangentopoli, Grillo ringrazia

Si dice che l’Expo milanese rappresenti già oggi, a un anno dall’apertura, il simbolo di un’Italia che risorge dalle sue ceneri. Viceversa gli arresti di ieri dimostrano che a risorgere per ora sono le ombre di Tangentopoli. Magari non è vero, magari le radici della malapianta si riveleranno poco profonde, ma c’è qualcosa d’inquietante in quei nomi che ritornano (Greganti, Frigerio) come in un film fin troppo visto. 

E intanto l’ingresso in carcere di Scajola completa il quadro. Beppe Grillo ringrazia.
L’eterno ritorno dell’eguale era una visione di Nietzsche, ma nell’Italia in cui si è consumata la Prima Repubblica e non è mai nata la Seconda, di filosofico c’è poco. Tant’è che questa eco del passato si riflette in modo drammatico sui fragili tentativi di riformare un sistema ingessato, esposto oggi come ieri ai rischi del malaffare. È il sapore amaro di un fallimento protratto negli anni, perché un modello politico che funziona è di per sé un deterrente rispetto alla corruzione. Viceversa la paralisi costituisce il perfetto terreno di coltura in cui prosperano i malversatori.
Se un ex ministro dell’Interno viene arrestato dall’anti-mafia, se gli stessi personaggi che godettero delle prime pagine vent’anni fa (ricordate il “compagno G”?) sono di nuovo in manette, il messaggio che arriva all’opinione pubblica è devastante. Attraversa come una spada i diversi schieramenti politici, non distingue fra innocenti e colpevoli. E se poi non sarà la nuova Tangentopoli, secondo l’ovvio titolo di alcuni giornali di stamane, poco importa. Il colpo avrà comunque annichilito una classe politica troppo debole nei suoi slanci rinnovatori, troppo lenta nel trovare la via di una nuova legittimazione. E difatti le inchieste giudiziarie comportano un danno collaterale piuttosto evidente: altro discredito, ulteriore e grave perdita di credibilità.
Con questo non si vuol dire che la magistratura abbia agito sincronizzando i suoi movimenti con i tempi della campagna elettorale. L’argomento è antico e ormai stucchevole, tanto è vero che perfino Berlusconi lo ha lasciato cadere, forse perché da Scajola egli per primo aveva preso le distanze. Il problema non è la tempistica dei magistrati, bensì le oggettive conseguenze dello scandalo a poco più di due settimane dal voto. Perché le conseguenze ci saranno e forse clamorose.
Chi ricava infatti un immediato vantaggio dall’ondata di arresti? La risposta è scontata: Beppe Grillo con il suo populismo.

 

Non ha nemmeno bisogno di fare di questa piccola Tangentopoli la sua bandiera. I fatti parlano da soli e lavorano per lui. Se il capo dei Cinque Stelle avesse dovuto esprimere un desiderio segreto per gli ultimi giorni di campagna elettorale, avrebbe descritto una situazione analoga a quella che ieri si è verificata.

Chi invece rischia qualcosa è Renzi. Nessuno ovviamente lo accusa di essere colluso con i vecchi politicanti, ma lo scandalo stinge su quella zona grigia dove si fanno affari inconfessabili. E in quella zona ci sono i partiti, almeno alcuni, e ci sono le correnti. Il premier dovrà essere esplicito nel prendere tutte le distanze possibili da quel mondo opaco, come sta già facendo. Ma senza coltivare troppe illusioni. Almeno su questo terreno, Grillo ha dalla sua la forza impareggiabile della demagogia.
Si può prevedere che la spenderà senza risparmio. È vero che i sondaggi (da ultimo quello di D’Alimonte qui pubblicato) accreditano il suo nemico Renzi di un dato elettorale soddisfacente. Ma il vero distacco fra il Pd e i Cinque Stelle lo capiremo solo negli ultimi giorni, se lo capiremo. Se prevale la considerazione che l’uomo nuovo Renzi rappresenta l’ultima spiaggia della Repubblica, il voto non avrà storia. Ma se lo scenario cambia e gli scandali esplodono, Grillo è in grado di rimontare in fretta almeno una parte dello svantaggio.
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