ORE 22:38 ROBERTO D’ALIMONTE, CONOSCIUTO E STIMATO GIORNALISTA DI 24 ORE —COME CREDO TUTTI SAPPIANO, 24 ORE E’ IL QUOTIDIANO DELLA CONFINDUSTRIA, UN’ORGANIZZAZIONE CHE RIUNISCE GLI INDUSTRIALI, ANCHE SE NON TUTTI–MOLTI SE NE STANNO FUORI: MARCHIONNE TRA TUTTI / MOLTI COMPAGNI NON SI SPORCHEREBBERO LE MANI //MA A GIUDIZIO DI CHIARA-E NON SOLO- E’ IL GIORNALE PIU’ SERIO CHE C’E’ IN ITALIA—CERTO DEVI SEMPRE SAPERE GLI INTERESSI DI CHI LO FINANZIA E LO GUIDA SOPRATTUTTO ATTRAVERSO LA SCELTA DEL DIRETTORE —DA UN PO’ DI TEMPO, NONOSTANTE TUTTI I DUBBI ESPRESSI A TUTTI I VENTI, IL PRESIDENTE DI CONFINDUSTRIA, SQUINZI (MAPEI, CHIMICA) STA APPOGGIANDO RENZI—FINCHE’ FARA’ I LORO INTERESSI—COMUNQUE QUESTA ORGANIZZAZIONE NON E’, COME SEMPRE SUCCEDE, UN’ORGANIZZAZIONE COMPATTA: C’E’ GENTE COME IL PATRON DELLA MAPEI E CHI LO HA ELETTO CHE VORREBBE “UN CAPITALISMO MENO SFAVOREVOLE AI LAVORATORI / PER ES. DELLA VALLE (TODS E ALTRO); L’ALTRA META’, CAPITANATA DAL PATRON DELLA BREMBO, E’ INVECE SULLE POSIZIONI DI MARCHIONNE—ATTENZIONE! CHIARA RIFERISCE LE 4 COSE CHE SA, SPERANDO DI ESSERE UTILI, COME SI DICE, A SGROSSARE IL TERRENO—MA SE SIETE INTERESSATI A SAPERE, E’ FONDAMENTALE CONTROLLARE DI PERSONA O MEGLIO IN UN GRUPPO—GRAZIE, CHIARA

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POLITICA E SOCIETA 09 MAGGIO 2014 Il Sole 24 Ore
OSSERVATORIO POLITICO
di Roberto D’Alimonte

Effetto Renzi: il Pd primo nel Nord-Est
Grillo bene ma non sfonda –
Sì alle riforme istituzionali,
convince l’elezione diretta del capo dello Stato

I sondaggi vanno sempre presi con molta cautela. Questo è tanto più vero in tempi di crisi e di cambiamento. Se a questo si aggiunge il fatto che le prossime elezioni riguardano il parlamento europeo e non il governo nazionale la prudenza deve essere ancora maggiore. Questo vale soprattutto per le percentuali di voto. Vale meno però per le tendenze. Da settimane la tendenza di fondo rilevata da tutti i sondaggi è che il 25 maggio il Pd di Renzi otterrà la maggioranza relativa dei voti degli italiani che si recheranno alle urne. Il nostro sondaggio conferma questa tendenza. La stima è il 33,8%. Se così sarà, il premier potrà vantare un bel successo, l’unica volta nel corso della Seconda Repubblica che una lista di sinistra è arrivata prima alle europee è stato nelle elezioni del 2004, ma si trattava per l’appunto di una lista, quella dell’Ulivo, e non di un partito. Per di più a quell’epoca Forza Italia non aveva ancora assorbito An. Altri tempi.

Renzi piace. Questo dicono i dati. Il Pd non sarebbe oggi il primo partito senza Renzi. A febbraio dello scorso anno, alle politiche che hanno segnato il tramonto della “vecchia sinistra”, il primo partito era stato il M5S che alla Camera aveva ottenuto il 25,6% dei voti (NOTA CHIARA: non volendo contare il voto degli italiani all’estero).
Oggi il partito di Grillo è stimato al 22,2%, più di dieci punti percentuali sotto il Pd.
Non solo il partito di Renzi risulta essere primo a livello nazionale ma lo è anche nel Nord Est, una zona in cui la sinistra ha sempre avuto grandi difficoltà. In Lombardia, Veneto e Friuli Venezia Giulia il risultato del Pd è analogo a quello nazionale, come risulta da un sondaggio parallelo fatto specificatamente in queste tre regioni. In questa zona il M5S alle politiche del 2013 era stato il partito più votato.
Una volta il Nord Est era la vera roccaforte di Forza Italia e Lega, come lo era stato per la Dc ai tempi della Prima Repubblica. Già alle politiche dello scorso anno si era visto il netto declino di Forza Italia e Lega. Oggi la somma dei loro voti non fa la percentuale del Pd. Pare che il Nord Est sia diventato più simile al resto del Paese. Forse è l’effetto della crisi economica.
È anche l’effetto della smobilitazione dell’elettorato moderato. Tanti intervistati dicono che non andranno a votare e tanti non sanno per chi votare. Tra questi ultimi molti non andranno effettivamente a votare. In questa area grigia tra astensionismo e indecisione si nascondono molti elettori moderati delusi. E anche molti potenziali elettori di Renzi che qui raccoglie giudizi assai positivi. Così si spiega il risultato modesto di Forza Italia sotto il 20%. Molti non credono più in Berlusconi ma non credono nemmeno in altri. Per questo occorre prudenza nei giudizi. Le percentuali di questo e degli altri sondaggi sono calcolate su una base di votanti inferiore non solo a quella delle politiche del 2013 (75,2%) ma anche a quella delle europee del 2009 (65,1%). Una base più bassa alza le percentuali di voto senza che aumentino i voti. Questo vuole dire che lo smottamento del centro-destra non si è tradotto automaticamente in flussi di voto a favore di Renzi e di Grillo. Questi ci sono. Ma ci sono anche, e sono significativi, i flussi verso l’astensione. Il risultato di Forza Italia si spiega anche così e non solo con la scissione del Ncd di Alfano che viene stimato qui al 6,5%.
Pur tenendo conto di tutto ciò resta il fatto che molti dati indicano che il successo di Renzi non è legato solo alla sua capacità di portare a votare i suoi sostenitori in un contesto in cui molti elettori non votano i loro vecchi partiti. Renzi è indubbiamente un leader popolare, capace di attrarre consensi anche tra elettori non di sinistra. E lo è nonostante le modalità, sgradite alla maggioranza degli italiani, con cui ha sostituito Enrico Letta. Lo dicono i giudizi positivi sul suo governo e la fiducia nella sua persona. Così come è elevato il consenso alle riforme istituzionali che ha messo in cantiere, tra cui non figura l’elezione diretta del presidente della Repubblica che riscuote il consenso dell’80% degli intervistati. Berlusconi sarà contento.
Eppure dal complesso dei dati emerge che Renzi vince ma non convince ancora del tutto. Molti italiani gli fanno credito ma con prudenza. E questo spiega molto probabilmente la persistenza del fenomeno Grillo. Molti si aspettavano un forte ridimensionamento del M5S a un anno dal suo exploit di febbraio 2013. E invece pare che non sarà così.
C’è un dato in questo sondaggio che colpisce più di altri. La maggioranza relativa degli intervistati attribuisce la maggiore responsabilità per la crisi economica alla classe politica. Non al debito, all’Europa o altro. È una conferma netta di come le opinioni degli italiani siano ancora profondamente influenzate dall‘anti-politica. È questo sentimento che continua ad alimentare il successo di Grillo e che frena quello di Renzi.
In conclusione, molto è cambiato rispetto alle politiche di un anno fa, ma molto è rimasto immutato. La competizione politica è ancora a tre e non a due. Questo è il dato di fondo. Ma tra i tre il Pd ha conquistato un vantaggio considerevole. Gli altri partiti sono destinati a giocare il ruolo dei comprimari. Nonostante il sistema di voto proporzionale e il fatto che queste siano elezioni in cui tradizionalmente gli elettori si sentono più liberi di votare in maniera diversa alla fine saranno pochi i partiti che supereranno la soglia del 4%. Ma disincanto, scetticismo, rabbia creano un mix che rende il quadro ancora molto instabile. Da oggi al 25 maggio in questo scenario tutto può ancora accadere. O potrebbe anche non accadere nulla. E scoprire il 25 sera che la fotografia di oggi è quella vera.
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L’AVANZATA NEL NORD
Nelle risposte del campione per la prima volta c’è il sorpasso rispetto alla somma dei voti di Fi e Lega
ANTI-POLITICA
La maggioranza relativa degli intervistati attribuisce la maggiore responsabilità per la crisi ai partiti
Nota metodologica L’indagine è stata condotta con metodologia CATI tra il 1° e il 7 maggio 2014 dalla società Demetra di Mestre, su un campione di 1.344 intervistati (a partire da 11.335 contatti complessivi), rappresentativo della popolazione italiana per sesso, classe di età, zona geografica. I dati sono stati ponderati in base ad alcune variabili socio-demografiche e politiche Fonte: cise.luiss.it

 

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