RAUL BOVA LEGGE DI PABLO NERUDA LA POESIA “HO FAME DELLA TUA BOCCA” (TESTO SPAGNOLO IN FONDO)– la traduzione andrebbe verificata! In lingua originale sembra un ‘altra poesia!
http://www.youtube.com/watch?v=1eWlyZOEYro
Ho fame della tua bocca, della tua voce, del tuoi capelli
e vado per le strade senza nutrirmi, silenzioso,
non mi sostiene il pane, l’alba mi sconvolge,
cerco il suono liquido dei tuoi piedi nel giorno.
Sono affamato del tuo riso che scorre,
delle tue mani color di furioso granaio,
ho fame della pallida pietra delle tue unghie,
voglio mangiare la tua pelle come mandorla intatta.
Voglio mangiare il fulmine bruciato nella tua bellezza,
il naso sovrano dell’aitante volto,
voglio mangiare l’ombra fugace delle tue ciglia
e affamato vado e vengo annusando il crepuscolo,
cercandoti, cercando il tuo cuore caldo
come un puma nella solitudine di Quitratúe
Testo: Pablo Neruda
Originale
Tengo hambre de tu boca, de tu voz, de tu pelo…Tengo hambre de tu boca, de tu voz, de tu pelo
y por las calles voy sin nutrirme, callado,
no me sostiene el pan, el alba me desquicia,
busco el sonido líquido de tus pies en el día. Estoy hambriento de tu risa resbalada,
de tus manos color de furioso granero,
tengo hambre de la pálida piedra de tus uñas,
quiero comer tu piel como una intacta almendra. Quiero comer el rayo quemado en tu hermosura,
la nariz soberana del arrogante rostro,
quiero comer la sombra fugaz de tus pestañas y hambriento vengo y voy olfateando el crepúsculo
buscándote, buscando tu corazón caliente
como un puma en la soledad de Quitatrúe.
DAL BLOG http://www.liberolibro.it/ : RITRATTO DI NERUDA FATTA DAL POETA MESSICANO LUIZ CARDOZA Y ARAGON
AUTORE: Ma com’era, questo poeta giramondo dalla vita intensa e disordinata, che ebbe tre mogli e molte altre donne , che fece innamorare fanciulle di tutto il mondo con i suoi versi che celebrano l’amore in tutti i modi? Sentiamo la testimonianza di un altro poeta messicano come Luis Cardoza y Argon , che fece sodalizio con lui.
CARDOZA :Era alto e quasi grasso , con faccia da ubriaco spaurito, con una conversazione lenta e monotona, disseminata d’inflessioni cilene. Assomigliava ad un pelotaro fuori allenamento. Era vestito negligentemente come se per molte notti avesse dormito senza spogliarsi . Una testona da sedano o da cipolla: un sorriso spesso illuminava il suo viso da ruminante ; i suoi occhi erano di bimbo o di pesce …A me parve un vegetale , una ceiba, cucurbitacea , un bambino viziato con faccia da mammifero bovino e lirico, astuto e vanitoso come un vecchio soprano d’opera. C’era in lui un tale orgoglio che credeva che la gratitudine fosse un sentimento superfluo . Leggeva le poesie con voce strangolante di boa, quasi senza modulazioni e senza gesti. La sua poesia, con i suoi molluschi, i suoi caudillos e suoi sindacati , s’impadroniva di chi lo ascoltava e lui se ne accorgeva e cominciava a sfumare la sua voce , come se vedesse quei versi per la prima volta, sorpreso da ciò che stava leggendo. Dimenticavamo la sua farragine populista e la sua voce ostinata continuava a martellare convulsamente , in noi più che nella sua gola, finchè invadeva tutto lo spazio…All’improvviso nel bagno degli elefanti della memoria , emerge dalla superficie del mare la proboscide di Neruda attaccata alla sua testa di tapiro che lancia zampilli d’acqua gioiosa.