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MERCOLEDÌ 26 MARZO 2014
A ciascuno il suo. A voi Berlinguer, a noi il ricordo del 77.
Francesco Lorusso avrebbe 62 anni e probabilmente sarebbe un tranquillo pensionato se non fosse stato assassinato nel 1977 a 25 anni, ultimo di una serie di giovani fucilati nelle piazze. Il proletariato giovanile insorse e Cossiga mandò i carri armati con il solo risultato di spingere molti verso le Brigate rosse. Berlinguer, oggi in via di beatificazione, fu il più accanito a invocare la repressione. Lo ricordiamo, livido in volto, sputare calunnie sui giovani che nelle piazze difendevano la libertà di dissentire. Il PCI pensava di essere finalmente diventato forza di governo, ma era solo l’inizio della fine.
Benedetto Vecchi
Le officine multimediali del 77
L’esercizio della memoria, afferma lo storico Enzo Traverso nel libro Che fine hanno fatto gli intellettuali?, è ambivalente. Da una parte, non avendo nessuna pretesta di scientificità, invita a riflettere all’uso pubblico della storia nel conflitto politico. Dall’altra è la presa di parola dei «vinti». Applicando all’Italia la riflessione di Traverso, l’esercizio della memoria, in questo inizio di millennio, è la via maestra di chi vuole contrastare l’egemonia culturale neoliberista nella ricostruzione delle vicende che hanno contraddistinto la seconda metà del Novecento.
In Italia, gli anni Settanta sono il periodo attorno al quale esiste una ricca produzione di memorialistica. Ne è testimonianza la mole di libri scritti da protagonisti o anonimi partecipanti ai movimenti di quegli anni. Materiali spesso di qualità, che non hanno mai la pretesa di fare la storia di quegli anni, ma di offrire punti di vista parziali e partigiani, cioè di parte sugli avvenimenti che hanno visto partecipe chi ne scrive. Emerge il fatto che la memoria non può mai essere condivisa. È sempre parziale e spesso si caratterizza come critica militante a quanto postula la storia dei vincitori.
Così parlare degli anni che vanno dal 76 al 79 a Bologna vuol dire parlare del movimento del Settantantasette e del conflitto di quel movimento con il Pci. Ma anche di riflettere su percorsi di politicizzazione e del fiorire di strumenti comunicativi alternativi a quelli dominanti (le radio libere: per Bologna, radio alice). Nel caso dei due lavori messi in campo da Officina multimediale ci troviamo di fronte a un terzo incomodo. A raccontare quegli anni non sono le parole scritte, ma le immagini, le foto di quegli anni. Si tratta di due video dedicati alla morte di Francesco Lorusso e agli “autonomi” bolognesi.
Lorusso fu ucciso da un colpo di arma da fuoco sparato dai carabinieri mentre stava contestando un convegno di Comunione e Liberazione nel marzo del 1977. Gli «autonomi» di allora erano gli «untorelli», i «diciannovisti» che secondo il Pci volevano distruggere il sistema democratico. Il più forte, allora, partito comunista dell’Europa occidentale si scagliò contro quel movimento con ogni mezzo necessario. Alcuni, tanti dei militanti del Settantasette conobbero le patrie galere, il Pci si consegnò alla sconfitta politica e al suo lento, ma inarrestabile declino.
Del Pci ormai girano leggende metropolitane sulle sue capacità di comprendere la società di allora, al punto che un recente film di Walter Veltroni su Enrico Berlinguer rimuove la ferita del Settantasette, privilegiando le Brigate Rosse come interlocutore per ricostruire la figura del leader comunista. Molti militanti autonomi di allora provano invece a sbrogliare il bandolo di una matassa che ha rischiato di ridurli al silenzio. Due video che fanno certo appello alla memoria, ma che provano tuttavia a cercare gli elementi di attualità di un percorso politico certo sconfitto, ma che ha cose da dire sul presente.
Un’immersione nel passato, quindi, ma che cerca tuttavia di parlare del presente.
Il Manifesto – 26 marzo 2013
PUBBLICATO DA VENTO LARGO A 10:18
ETICHETTE: NUOVA SINISTRA
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