11 OTTOBRE 2013 ORE 16:08 DA LIMES ONLINE (DIRETTORE LUCIO CARACCIOLO): Tutta l’ipocrisia del nostro dibattito sull’immigrazione, fra respingimenti (verso dove?), sanzioni (meglio le carceri d’Italia o le pallottole di Siria?), accoglienza (come?), sensi di colpa postumi. Tanto qui non vuole rimanere nessuno.

MIGRANTI, BOSSI-FINI E IPOCRISIA ITALIANA

La falsa coscienza dell’Italia sull’immigrazione e la Bossi-Fini

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di Massimo Nicolazzi
Tutta l’ipocrisia del nostro dibattito sull’immigrazione, fra respingimenti (verso dove?), sanzioni (meglio le carceri d’Italia o le pallottole di Siria?), accoglienza (come?), sensi di colpa postumi. Tanto qui non vuole rimanere nessuno. 

[Carta di Laura Canali tratta da Limes 4/2007 “Il mondo in casa“- clicca qui per andare all’originale con possibilità di ingrandire]

Lampedusa. Fu la legge Bossi-Fini. Facciamo finta che il reato di immigrazione clandestina ci sia tutto dentro (in realtà, la Bossi-Fini elevava a reato solo il rientro del già espulso; e la formulazione attuale risale invece alla 94/2009, presidente Berlusconi, guardasigilli Alfano; ma transeat). La tesi della “colpa” della Bossi-Fini equivale a dire che più reprimi e più li attiri e ne arrivano. Come dire che è bastato elevare l’immigrazione clandestina da illecito amministrativo a reato penale perchè Lampedusa si riempisse. Vi pare il caso?

 

Una piccola concessione alla ragione. Arrivano, e su carrette a incipiente disastro, non “grazie a”, ma “nonostante” la Bossi-Fini. L’esperienza di quella legge e dei suoi inasprimenti successivi impartisce un solo e semplice insegnamento: l’indifferenza dell’immigrazione clandestina alla sanzione e alla sua escalation.


Qualunque sanzione prometta qui la civiltà occidentale (nel nostro caso non è neanche galera, ma giusto ammenda da 5 mila a 10 mila euro; e se anche fosse galera sarebbe lo stesso) è comunque – e di molto – più sopportabile di quel che il migrante si lascia alle spalle. Meglio il rischio della galera in Italia che la certezza della bomba e della fame in Siria. Fuor di moralità e moralismo, la repressione è inutile semplicemente perchè è inefficace.


Oggi più di ieriPerchè la qualità della disperazione è cambiata e si è approfondita: ieri demografia e fame e lavoro; oggi dal Kurdistan alla Siria alla Libia ad altrove anche bombe e pallottole e persino chimica e guerra civile. E tu pensi di fermare la transumanza della disperazione col reato di emigrazione clandestina? In realtà neanche ti riesce di dar pensiero allo scafista; che per lui forse la sanzione qualcosa potrebbe deterrere, ma per questo dovresti attrezzarti a prenderlo, chiuderlo e buttare via la chiave.


La disperazione. Insieme ai barconi ha affondato anche i miti della falsa coscienza. Il respingimento, anzitutto. Ma dove lo respingi se non ha più un posto dove andare? E come pretendi che non ci riprovi, insomma che non trasformi un respingimento in un rimbalzo? E poi “aiutarli a casa loro”. Bellissimo, se avessero ancora una casa loro. Tradotto in siriano, oggi significa scegliere tra potenziare l’accoglienza nei campi profughi in Giordania o potenziarla a Lampedusa. E scusali se preferiscono Lampedusa.


Già, Lampedusa. Non ci arrivano perchè attirati dalla Bossi-Fini; o perchè innamorati del Bel Paese; o perchè qui c’è lavoro e futuro. Niente di politico. Cartografia allo stato puro. Lampedusa è un lembo di Ue raggiungibile in barcone; Amburgo meno. La Libia è costa dove puoi persino costruire i barconi sulla spiaggia; l’Algeria un po’ meno. Puoi legiferare, blaterare, strafare: o togli Lampedusa dalla carta geografica o continueranno a fare rotta lì.


Qui la coscienza, magari distratta dalla Bossi-Fini, si fa giusto falsa; e coscientemente tale. La prassi è quasi in forma di eugenetica mediterranea. Lei se non sta nelle quote e non ha un lavoro non può entrare. E quindi non La posso fare legittimamente viaggiare. Però se arriva con mezzi suoi, nuoto o carretta o pedalò, insomma veda Lei, io che sono umanitario non posso che aiutarla. La sovraffollo in un centro di accoglienza; magari se mi chiede asilo politico ci do un occhio, che di sicuro nell’ambasciata di da dove viene non ci è riuscito ad entrare; e magari sul respingimento Le faccio trovare un’autorità più flessibile di quella istituzionalmente preposta alle signore kazache. Fino a quando navigava (?) Lei era un alieno senza diritti. Ma adesso è sbarcato. Vivo. Anzi, sopravvissuto. L’adattamento darwiniano alla traversata del Mediterraneo Le dà titolo di partecipazione all’umanità sofferente. Magari Le sarà negata la cittadinanza. Non certo la pietas.


Qualità della disperazione e inefficacia della sanzione. E la falsa coscienza umanitaria a farvi da ponte. Il “respingimento” come mimesi dell’incapacità di una politica (e forse, in termini di consenso, anche della sua impossibilità). Dell’incapacità di riconoscere che se la sanzione occidentale è inefficace allora l’alternativa è secca: o li affondi prima che sbarchino o li accogli.


Se li affondi ti tocca militarizzare la frontieraAmerican style. Se li accogli devi però anche garantirgli un viaggio ragionevolmente sicuro, e non giusto la selezione della specie per annegamento.


Non so cosa voglia dire “chiedere scusa” per il naufragio di Lampedusa. A meno che non voglia dire che da domani li facciamo viaggiare sicuri. Perchè il binomio respingimento-barcone è indissolubile; e se è di questo che stiamo chiedendo scusa dobbiamo tirarne le conseguenze. Tutto il resto è tartufismo.


Poi per carità ci vuole gradualità e regole e procedure. Però davanti alla nuova disperazione non c’è via di mezzo tra la politica dell’accogliere e la politica del respingere. E fuor di scuse sarebbe bene capire meglio la direzione di marcia. Anche la direzione europea, che se i nostri ultrà ascoltassero le voci dei profughi gli verrebbe forse e per paradosso da rasserenarsi.

 

Raro trovarne uno che voglia star qui. Lampedusa te la confermano essere un accidente cartografico. Vogliono Germania, e Svezia, e Francia, e altro. Hanno rischiato la vita sperando di ascoltare una proposta di lavoro, e non un dibattito sull’imu. Chiedono di potersi spargere e riallocare da Lampedusa a dentro l’Europa. “Soluzione europea” è anche eufemismo per dire che non è il nostro mercato del lavoro di oggi che li può accogliere o almeno attirare.

 

Finirà che manterremo abbastanza falsa coscienza da non spiegargli che l’Europa in questo è giusto stato d’animo; e da continuare a respingerli.

 

Per approfondire: Il mondo in casa

(11/10/2013)

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1 risposta a 11 OTTOBRE 2013 ORE 16:08 DA LIMES ONLINE (DIRETTORE LUCIO CARACCIOLO): Tutta l’ipocrisia del nostro dibattito sull’immigrazione, fra respingimenti (verso dove?), sanzioni (meglio le carceri d’Italia o le pallottole di Siria?), accoglienza (come?), sensi di colpa postumi. Tanto qui non vuole rimanere nessuno.

  1. D 'IMPORZANO DONATELLA scrive:

    Giustissimo quanto dice Caracciolo, con una buona dose di ironia. Mi piacerebbe riuscire a capire come si potrebbe fare nel concreto, vedere più in là nel tempo e trasformare quella che ora sembra una sciagura, l’immigrazione con il suo carico di morti e di dolore, in qualcosa di positivo. Tutti siamo stati migranti, se non lo siamo stati noi lo sono stati dei nostri parenti e non c’è un popolo, io credo, che non nasca da mescolanze, volontarie o forzate. Quindi bisognerebbe trasformare questo fenomeno in qualcosa di positivo e discutere su questo per trovare una soluzione.

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