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FEMMINICIDIO
Convenzione di Istanbul, via libera
anche al Senato per la ratifica del trattato
L’approvazione all’unanimità. Ma perché il trattato diventi realtà è necessaria la ratifica di altri 5 Stati
La Convenzione di Istanbul è legge. Il Senato ha approvato all’unanimità e in via definitiva la ratifica della convenzione di Istanbul sulla prevenzione della violenza sulle donne e contro la violenza domestica. Prima della votazione, l’aula ha osservato un minuto di raccoglimento per ricordare, ha detto la vice presidente di palazzo Madama Linda Lanzillotta, «tutte le donne, ragazze, bambine che hanno subito violenza fisica e psicologica».
81 PUNTI – Il passaggio arriva dopo l’approvazione alla Camera, avvenuta sempre all’unanimità. Il documento puntamolto su prevenzione e formazione, linee guida per arginare la strage delle donne. Per queste ultime, la convenzione riconosce il soccorso immediato. E se la mano armata dalla violenza è quella di un genitore, il provvedimento tutela il minore stabilendo la possibilità di incontri futuri solo dopo un’attenta valutazione di rischi. Uno dei primi passi fondamentali resta il riconoscimento della violenza maschile sul corpo e sulla psiche delle donne, avviando così un percorso di prevenzione per contrastarla. Un modo questo per archiviare una mentalità che ha reso il femminicidio un tabù per troppi anni. Ed è qui che si inserisce il ruolo fondamentale di scuole ed università che, attraverso l’introduzione di vere e proprie discipline, possono veicolare messaggi volti ad educare e sensibilizzare al tema. Tra gli 81 punti si pone particolare attenzione anche all’uso che i mezzi di comunicazione fanno del corpo femminile anche solo per pubblicizzare prodotti. La Convenzione impone agli Stati aderenti di punire, con conseguente risarcimento dei danni, una serie di comportamenti di violenza nei confronti delle donne. Ne fanno parte lo stalking, la violenza fisica, lo stupro, il matrimonio forzato, le mutilazioni genitali, l’aborto o la sterilizzazione forzati e le molestie sessuali.
LE ALTRE RATIFICHE – Perché la Convenzione diventi realtà e sia vincolante per gli Stati firmatari mancano le ratifiche di almeno altri cinque Stati (ne servono dieci di cui almeno otto membri del Consiglio d’Europa) affinché la carta dei diritti delle donne non resti, appunto, solo carta. È infatti necessario che i ventinove Stati firmatari accelerino le pratiche di ratifica che ad oggi riguarda solo Albania, Montenegro, Portogallo e Turchia, sebbene la violenza sulle donne sia un fenomeno che investe tutta l’Europa, da Nord a Sud. Ma non solo. Perché la Convenzione abbia un impatto sulla vita di tutti i giorni dei cittadini dovrà essere varata una legge di attuazione che abbia la copertura finanziaria necessaria per permettere la realizzazione dei concreti interventi di sostegno. Il tutto mentre rimane difficile raccogliere dati sul femminicidio; l’ultimo rapporto che ha tentato di fare una fotografia d’insieme risale al 2010 e segue di dieci anni quello precedente. I risultati non sono confortanti: secondo il Consiglio d’Europa il 25% delle donne in Europa, cioè una su quattro, a un certo punto della propria vita ha subito violenza domestica
LA TASK FORCE – Nel frattempo nella giornata di martedì sono partiti i lavori della task forse interministeriale contro la violenza sulle donne, annunciata dalla ministra Josefa Idem appena dopo la sua nomina. Il dipartimento per le Pari opportunità, già dalla prossima settimana, «istituirà tre gruppi di lavoro con esperti che si concentreranno su tre primi obiettivi. Un gruppo di ‘alto livello dovrà disegnare l’Osservatorio sulla violenza di genere, visto come sistema integrato di tutte le informazioni statistiche necessarie al monitoraggio del fenomeno, individuando i gap informativi esistenti e le azioni da mettere in atto. Il gruppo di alto livello sarà coordinato da Linda Laura Sabbadini, capo dipartimento delle Statistiche sociali e ambientali dell’Istat, e membro del gruppo Onu che si è occupato di dare le linee guida per gli indicatori sulla violenza contro le donne a livello mondiale».