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Medici, il vero taglio lineare del governo Letta
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Il governo Letta aveva giurato che per la sanità non ci sarebbero stati più tagli lineari. In realtà il taglio lineare più odioso, per i malati e i cittadini utenti, è ancora in vigore: quello che da anni sta bloccando il turnover e i contratti degli operatori sanitari colpendo il lavoro che è la vera risorsa della salute pubblica. Anche senza essere esperti tutti capiscono che se a diminuire non sono le malattie ma i medici chi ci rimette sono i cittadini. Questo dimostrano gli studi sul sovraccarico dei servizi quando vanno sotto il minimo organizzativo tollerabile (overcrowding). È chiaro, dunque, che se non si fanno i contratti, a parte il danno economico agli operatori, si impoveriscono i servizi e le loro organizzazioni. Le cure diventano scadenti. Nel nostro sistema sanitario i contratti non si limitano ad adeguare le retribuzioni ma costituiscono discipline etico-organizzative. Dobbiamo chiamare le cose con il loro nome: il blocco dei contratti è blocco del lavoro.
Contro questo stallo l’intero fronte del sindacalismo medico ha dichiarato uno sciopero il 22 luglio e il 18 luglio ha visto il neo-ministro della Sanità, Beatrice Lorenzin. La richiesta delle organizzazioni sindacali è di arrivare rapidamente alla sigla del contratto per gli oltre 115mila operatori ma soprattutto di sbloccare il turnover e di provvedere alla regolarizzazione dei precari che, spesso, sono coloro che garantiscono alcuni servizi come i pronto soccorso. Anche per questo la manifestazione del 22 luglio non si terrà di fronte al dicastero di Lorenzin ma al ministero dell’Economia.
In Italia i medici assomigliano a dei pugili che, con le mani legate dietro la schiena, prendono pugni da tutte le parti. Soprattutto dalla propria coscienza. E infatti non ce la fanno più. Da cittadino trovo rassicurante la loro ribellione. Un solo suggerimento: alzate il tiro. La situazione richiede che il lavoro, per non essere solo spesa, necessita di un nuovo genere di contrattazione. Rinnovare è quasi più importante che sbloccare.
Il Fatto Quotidiano, 17 luglio 2013