8 luglio 2013 ore 23:21 I FRATELLI MUSULMANI (DAL 1928) ALCUNI CENNI DA VERIFICARE

 

 

Fratelli Musulmani

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Fratelli Musulmani
الإخوان المسلمون
Muslim Brotherhood Emblem.jpg
Leader Muḥammad Badīʿ, ottava Guida della Fratellanza
Stato Newworldmap.svg Internazionale
Fondazione 1928
Sede Il Cairo
Ideologia Conservatorismo,
Islamismo,
Panislamismo,
Democrazia islamica,
Qutbiyya,
Antisionismo[senza fonte]
Collocazione DestraCentrodestra[senza fonte]
Sito web ikhwanweb.com

Fratelli Musulmani (in arabo: جماعة الإخوان المسلمين, Jamaʿat al-Iḫwān al-muslimīn, letteralmente Associazione dei Fratelli Musulmani; spesso solo الإخوان المسلمونal-Iḫwān al-MuslimūnFratelli musulmani, o semplicemente الإخوان al-Iḫwāni Fratelli) costituiscono una delle più importanti organizzazioni islamiste internazionali con un approccio di tipo politico all’Islam. Furono fondati nel 1928 da al-Ḥasan al-BannāʾIsma’iliyya (Egitto), poco più d’un decennio dopo il collasso dell’Impero Ottomano.

Sono diffusi soprattutto in Egitto (Partito Libertà e Giustizia) e in Palestina (Hamas).

I Fratelli musulmani si oppongono alle storiche tendenze alla secolarizzazione delle nazioni islamiche, in favore di un’osservanza da essi ritenuta più ligia ai precetti del Corano. Rifiutano il più possibile l’influenza occidentale e inoltre il Sufismo più estremo. Loro campi d’azione sono i settori della politica tradizionale, dell’insegnamento, della sanità e delle attività sociali in genere, oltre l’organizzazione di incontri di preghiera e di spiritualità.

Ideologia

Il motto dell’organizzazione è: Dio è il nostro obiettivo. Il Profeta è il nostro capo. Il Corano è la nostra legge. Il jihad è la nostra via. Morire nella via di Dio è la nostra suprema speranza”

I Fratelli Musulmani costituiscono in Egitto una formazione politica che si richiama al dovere di fedeltà ai valori islamici tradizionali e uno dei temi maggiormente dibattuto al suo interno è quello del jihād, inteso nel senso di “doveroso impegno”.

Il loro impegno si esprime talvolta con iniziative di legge parlamentare e in altre occasioni tramite “fatāwā” (pl. di fatwa) emesse da alcuni suoi appartenenti e destinate a indicare ai fedeli quale sia il prescritto modo di comportarsi.

Storia

La nascita del movimento (1928)

Il movimento fu fondato nel marzo del 1928 da al-Ḥasan al-Bannāʾ, un insegnante egiziano operante a Ismailia, sulle rive del Canale di Suez. La nascita dei Fratelli musulmani si collocava nel quadro di un risveglio culturale e religioso che, nei primi decenni del XX secolo, reagiva all’occidentalizzazione della società islamica. L’intento del fondatore era di promuovere la dignità e il riscatto dei lavoratori arabi egiziani, nella zona del Canale di Suez; di seguire l’etica e la concezione civica proposta dall’Islam; il tutto ottenuto con l’educazione delle persone agli insegnamenti islamici della solidarietà e dell’altruismo nella vita quotidiana.

Il ruolo politico

L’organizzazione crebbe velocemente fino a diventare un soggetto politico dal largo seguito, che sposò la causa delle classi in difficoltà e giocò un ruolo preminente nel movimento nazionalista egiziano. Essa promuoveva inoltre una concezione dell’Islam che coniugasse tradizione e modernità.

La diffusione del movimento si accompagnò con le istanze di islamizzazione delle società, seguendo due vie principali:

  • la diffusione dall’alto attraverso la presenza all’interno del potere politico;
  • una via neo-tradizionalista con uno sviluppo dal basso a partire da nuclei dalla forte islamizzazione, coagulati solitamente intorno alle moschee.

Degna di nota è la dichiarazione rilasciata pubblicamente nel 1942 da al-Bannāʾ in cui si affermava la condivisione da parte del movimento del programma wafdista, cui esso garantiva tutto il proprio appoggio.[1]

La repressione di Nasser

Gamāl ʿAbd al-Nāser, Presidente (raʾīs) egiziano, fece sciogliere l’associazione e fece arrestare, torturare e giustiziare un numero imprecisato di militanti (secondo i Fratelli Musulmani alcune decine di migliaia) a causa della loro implacabile ostilità al progetto nasseriano di cambiamento della società egiziana. Una seconda ondata di repressione, dopo un fallito attentato alla vita del raʾīs egiziano, li colpì verso la metà degli anni sessanta, quando molti dirigenti del movimento, fra cui Sayyid Quṭb, furono impiccati.

Dopo la guerra dei Sei giorni

La sconfitta dell’Egitto nella guerra dei Sei giorni del 1967 provoca una perdita di consenso del regime laico di Nasser, favorendo così la ripresa dei movimenti di ispirazione religiosa. A partire dal 1969, i Fratelli Musulmani iniziano a prendere le distanze dalle posizioni radicali di Sayyid Quṭb, abbandonando quindi l’ipotesi della lotta armata. Dopo la morte di Nasser, nel 1970, il nuovo leader egiziano Anwar al-Sādāt sceglie una politica di apertura nei confronti dei movimenti islamisti, anche per contrastare le organizzazioni studentesche di sinistra, senza con questo legalizzare pienamente i Fratelli Musulmani. Questi, anzi, iniziano a perdere consensi tra i militanti più estremisti che si richiamano allo stesso Quṭb, e che dal 1979 torneranno a praticare la lotta armata, fino ad uccidere Sādāt nel 1981, senza che questo porti alla caduta del regime.

Sotto Mubārak

Solamente con il nuovo leader egiziano Ḥosnī Mubārak, a partire dal 1984, i Fratelli Musulmani potranno partecipare alle elezioni, per quanto non direttamente ma in alleanza con i partiti laici di opposizione, tornano ad espandersi nella società, in particolare tra i professionisti urbani. Da questo momento il gruppo, presente in Parlamento, si troverà in una posizione intermedia tra il regime, che mantiene un controllo autoritario sulla società, e i gruppi islamisti dediti alla lotta armata, che invece i Fratelli Musulmani rifiutano, e la cui presenza rappresenta comunque la principale motivazione con cui Mubārak giustifica le periodiche limitazioni alla piena libertà di movimento dei gruppi di opposizione. Dopo la cacciata di Mubārak i Fratelli Musulmani continuano ad avere un ruolo importante nel panorama religioso e politico del Paese ma non vogliono cavalcare la tigre della rivoluzione, preferendo avere un ruolo più defilato pur assicurando la loro partecipazione alle manifestazioni per la cacciata del tiranno. La loro strategia mira a svolgere un ruolo più sociale che politico, concentrandosi nella “chiamata” (daʿwa) all’Islam dei fedeli che se ne fossero in qualche modo allontanati e nella promozione del ruolo delle donne, dei poveri e dei giovani offrendo assistenza sociale, istruzione e formazione religiosa a persone di ogni ceto e condizione sociale.

La presidenza in Egitto

In corso

La primavera araba causa la caduta di Mubārak. Vengono indette nuove elezioni che sanciscono la vittoria di Mohamed Morsi, leader del Partito Libertà e Giustizia, che diventa così il nuovo presidente dell’Egitto. La presidenza di Mohamed Morsi viene interrotta dal colpo di stato militare del 3 luglio 2013, epilogo di proteste popolari [2].

Personalità

Note

  1. ^ Paolo Minganti e Maria Nallino, “The «Muslim Brothers» and the present regime in Egypt”, in: Studi in memoria di Paolo Minganti, vol. IX degli Annali della Facoltà di Scienze Politiche di Cagliari, 1983, pp. 21-31.
  2. ^ Corriere della Sera: Egitto, in atto il colpo di Stato militare

Bibliografia

  • Massimo Introvigne, Dove vanno i Fratelli Musulmani, CESNUR, 2006
  • Gianfranco Brusaporci, “Gli Architetti di Dio. I Fratelli Musulmani in Egitto e la New Christian Right negli Stati Uniti d’America”, Cesena, Ponte Vecchio, 2009.
  • Massimo Campanini e Karim Mezran, Arcipelago Islam: tradizione, riforma e militanza in età contemporanea, Roma-Bari, Laterza, 2007.
  • Massimo Campanini e Karim Mezran, I Fratelli Musulmani nel mondo contemporaneo, Torino, UTET, 2010.
  • Mohammed Zahid, The Muslim Brotherhood and Egypt’s Succession Crisis: The Politics of Liberalisation and Reform in the Middle East, Londra, I.B. Tauris, 2012. ISBN 1-78076-217-8

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