Robert Nesta Marley, detto Bob (Nine Mile, 6 febbraio 1945 – Miami, 11 maggio 1981), è stato un cantautore, chitarrista eattivista giamaicano.
È generalmente identificato con il genere musicale reggae, che peraltro lo rese popolare fuori dalla Giamaica. In riconoscimento dei suoi meriti, un mese dopo la morte fu insignito del prestigioso Jamaican Order of Merit. In molte delle sue canzoni Marley denuncia l’emarginazione dei poveri da parte del potere.
La sua attività ha inizio nel 1961 con il suo primo singolo Judge Not prodotta per l’etichetta Beverley’s del produttore Leslie Kong, ma questa canzone, anche se molto innovativa, non ebbe grande successo e quindi nel 1964 Bob decise di formare la band The Wailers (Piagnoni); dopo il loro scioglimento, nel 1974, riforma la band reclutando nuovi elementi ma continua a suonare e a pubblicare dischi con il nome Bob Marley and The Wailers. Nel 2008 è stato posizionato al 19º posto nella lista dei 100 migliori cantanti secondo Rolling Stone e tra le sue migliori “tracce vocali” ci sono I Shot the Sheriff, No Woman, No Cry, e Redemption Song.[3]
Bob Marley nasce a Nine Mile, in Giamaica, nel 1945 da padre britannico e madre giamaicana.Nel 1957 Bob e sua madre si trasferirono a Kingston in cerca di una vita migliore e a 15 anni il giovane Bob lasciò la scuola e iniziò a lavorare come saldatore; strinse anche una grande amicizia con Neville O’Riley Livingston, “Bunny” per gli amici, che viveva con suo padre Thaddeus Livingstone e i suoi otto fratelli in Second Street, vicino a Bob e sua madre. Bunny lo iniziò alla musica e al canto: lo fece partecipare a canti religiosi, lo introdusse nel mondo degli strumenti a corda e gli fece ascoltare i successi del momento attraverso un’emittente di New Orleans.Verso i 17 anni scopre di voler diventare un rasta.[4]
Biografia
Con i suoi Wailers, band composta tra gli altri da Peter Tosh, suonò ovunque in giro per il mondo. La sua musica è fortemente dedicata al tema della lotta contro l’oppressione politica e razziale e all’invito all’unificazione dei popoli di colore come unico modo per raggiungere la libertà e l’uguaglianza. L’aspetto politico della sua vita è stato più importante di quello artistico. Marley divenne un leader politico, spirituale e religioso. Nel 1978 gli fu conferita, a nome di 500 milioni di africani, la medaglia della pace dalle Nazioni Unite. Morì di cancro, nel 1981.
Le origini
Robert Nesta Marley nacque nel villaggio di Rhoden Hall situato ai piedi della collina di Nine Miles, nella regione di St. Ann’s Bay, nella Giamaica settentrionale, si presume il 6 febbraio 1945[5], anche se la data è incerta. Suo padre, Norval Sinclair Marley, era un giamaicano bianco di discendenza inglese, nato nel 1895 da genitori originari del Sussex. Norval era un capitano della marina, oltre che un sovrintendente delle piantagioni (queste sono solo testimonianze non certificate), quando sposò Cedella Booker, all’epoca diciottenne giamaicana nera.
La loro relazione provocò subito uno scandalo, la famiglia di Marley, scoperta l’unione tra Norval e Cedella, diseredò il figlio. In un primo momento Norval provvedeva al sostentamento economico della moglie e del figlio, sebbene li vedesse raramente, essendo spesso in viaggio. Poi però prese la decisione di abbandonare la sposa, partendo definitivamente per Kingston nel 1944 mentre lei era incinta. I due si sarebbero rivisti solo una volta in occasione della nascita di Bob[5]. Bob aveva appena 10 anni quando il padre morì a causa di un infarto nel 1955, all’età di 60 anni.
Cedella nonostante tutto non colpevolizzò il marito, dichiarando[6]:
« Resterà un buon uomo, costretto ad agire male dalla sua famiglia e dalle regole della società » |
(Cedella Booker) |
Bob, invece, conserverà sempre un senso di rifiuto verso il padre[7]:
« Non ho avuto padre. Mai conosciuto… Mio padre era come quelle storie che si leggono, storie di schiavi: l’uomo bianco che prende la donna nera e la mette incinta » |
(Bob Marley) |
Robert fu vittima di pregiudizi razziali da giovane, a causa delle sue origini razziali miste, e affrontò la questione della sua identità razziale durante tutta la sua vita. Una volta disse:
« Io non ho pregiudizi contro me stesso. Mio padre era bianco e mia madre era nera. Mi chiamano mezzosangue, o qualcosa del genere. Ma io non parteggio per nessuno, né per l’uomo bianco né per l’uomo nero. Io sto dalla parte di Dio, colui che mi ha creato e che ha fatto in modo che io venissi generato sia dal nero che dal bianco. » |
Agli inizi degli anni cinquanta Cedella decise di lasciare Rhoden Hall per andare a Kingston: all’inizio il padre Omeriah si oppose con decisione ma successivamente prese atto della forte volontà della figlia di trasferirsi. Le suggerì soltanto, per il bene di suo figlio, di far terminare a Bob la scuola a Rhoden Hall[8]. Intanto la madre si trasferiva a Trenchtown, un sobborgo di Kingston, la capitale della Giamaica, e Bob l’avrebbe raggiunta due anni dopo, all’età di 12 anni. Degrado e disperazione caratterizzavano quella parte della città, le condizioni di Trenchtown sarebbero state descritte da Bob in questo modo[9]:
« Trenchtown non è in Giamaica, Trenchtown è ovunque, perché è il luogo da cui vengono tutti i diseredati, tutti i disperati, perché Trenchtown è il ghetto, è qualsiasi ghetto di qualsiasi città… E se sei nato a Trenchtown, non avrai la benché minima possibilità di farcela » |
(Bob Marley) |
Anche qui, come negli slum di Kingston, nascevano sentimenti di rivolta verso il sistema da parte dei giovani neri che vivevano ai margini della società: i rude boys, giovani afrocaraibici che manifestano il loro dissenso verso la cultura e l’ordine attraverso il rifiuto del lavoro e la conduzione di una vita fatta di espedienti, compiendo bravate provocatorie e piccoli crimini[8]. Gli ideali anti-sistema saranno caratteristici più tardi del movimento Rasta, che non assumerà, però, connotazioni così violente[8]. Marley comunque non si avvicinò a questi giovani, però non mancò di tentare di allontanarli dalla violenza e dal loro atteggiamento negativo con i testi di alcune delle sue canzoni[8]. Dopo aver sposato Rita Anderson, nel febbraio del 1966, raggiunse la madre negli USA, dove per otto mesi trovò lavoro presso la fabbrica Chrysler, nel Delaware, alla catena di montaggio. All’età di 17 o 18 anni Bob Marley scoprì di voler diventare un Rasta e circa 4 anni dopo, nel 1967, si convertì dal Cristianesimo al Rastafarianesimo. Fu costretto ad imparare l’autodifesa, dato che fu vittima di ripetuti episodi di bullismo, causati sia dalla sua origine razziale, sia dalla sua statura sotto la media (era alto 163 cm). Riuscì quindi a guadagnarsi una reputazione a causa della sua forza fisica, che gli portò il soprannome di “Tuff Gong”.
Esordi musicali (1961 – 1964)
A 15 anni il giovane Bob lasciava la scuola e iniziava a lavorare come elettricista; strinse anche una grande amicizia con Neville O’Riley Livingston, “Bunny” per gli amici, che viveva con suo padre Thaddeus Livingstone e i suoi otto fratelli in Second Street, vicino a Bob e sua madre. Bunny lo fece appassionare alla musica e al canto: lo fece partecipare a canti religiosi, lo introdusse nel mondo degli strumenti a corda e gli fece ascoltare i successi del momento attraverso un’emittente di New Orleans[4].
La formazione musicale di Marley avvenne in questo contesto di povertà. Bunny si arrangiava, non aveva i mezzi per comprare una chitarra né una buona radio così per costruire qualcosa con le sembianze di una chitarra ricavava la cassa di risonanza da una scatola di sardine vuota, un manico di bambù per l’impugnatura e dei fili elettrici come corde[10]. Questo però non impedì ai due amici di entrare in contatto con il mondo della musica infatti, grazie a un vecchio apparecchio radiofonico, riuscirono ad ascoltare il Rhythm & blues di gruppi come gli Impressions, Ray Charles e anche Elvis Presley. Con questo mix Bob si creava la sua cultura musicale[4].
Nel loro tempo libero, Bob e Bunny suonavano con Joe Higgs, un cantante locale e devoto Rastafariano, che viene riconosciuto da molti come mentore di Bob. Durante una jam session con Higgs e Livingston, Marley incontrò Peter McIntosh, più tardi conosciuto come Peter Tosh, il quale aveva ambizioni musicali simili.
Nel 1961, all’età di 16 anni, Bob registrò i suoi primi due singoli, Judge Not e One Cup of Coffee, con il produttore musicale del luogo, Leslie Kong. Questi dischi, che furono pubblicati dall’etichetta Beverley’s sotto lo pseudonimo di Bobby Martell, attirarono poco l’attenzione del mercato.
Nel 1964 Bob Marley, Bunny Livingston, Peter Tosh, Junior Braithwaite, Beverley Kelso e Cherry Smith fondarono un gruppo ska e rocksteady chiamato “The Teenagers”; più tardi, il nome fu cambiato in “The Wailing Rudeboys”, quindi in “The Wailing Wailers“; nel 1966 Braithwaite, Kelso e Smith lasciarono la band, che modificò il nome in quello di “The Wailers” (ossia I Piagnoni). Nel 1974, dopo l’uscita dalla band di Peter Tosh e di Bunny “Wailer” Livingston, per intraprendere carriere da solisti, Marley suonò assieme ad altri musicisti, tra i quali Chaltron “Charly” Barret alla batteria, Aston “familyman” Barret al basso, Al Andersonn e Junior Marvin alle chitarre, Alvin “seeco” Pattersonn alle percussioni e le coriste “I threes” Judy Mowatt, Marcia Griffiths e la moglie Rita Andersonn sotto il nome di “Bob Marley and The Wailers”. Nel corso di tali session si ebbe anche l’inserimento di altri musicisti nella sezione fiati quali Vin Gordon al trombone e Glen Da Costa al sax.
I primi successi e gli Wailers (1964 – 1974)
Haile Selassie I, figura centrale della religione Rastafari
Marley divenne quindi il leader del gruppo, il cantante e chitarrista, e l’autore della maggior parte dei testi. La maggior parte dei primi lavori del gruppo, incluso il primo singolo Simmer Down, fu prodotto da Coxsone Dodd allo Studio One. Simmer Down raggiunse l’apice delle classifiche Giamaicane nel 1964 e i Wailers vennero proposti come miglior gruppo nazionale. Proseguirono con canzoni come “Soul Rebel” e “400 Years“.
Nel 1966 Bob Marley sposò Alpharita Costancia Anderson, conosciuta da lì in poi come Rita Marley, una componente delle I Threes (Rita Marley, Marcia Griffiths e Judy Mowatt) coriste del gruppo. Da lei ha avuto tre dei suoi tredici figli (due adottati dalla precedente relazione di Rita, tre avuti con la stessa, e altri 8 con altre donne), tra i quali David Ziggy Marley, Stephen Marley e Damian Marley che continuano la tradizione della musica del padre con la loro band, i Melody Makers.
Dopo il matrimonio, la coppia si trasferì per alcuni mesi nella residenza della madre di Bob a Wilmington, nel Delaware. Dopo essere tornato in Giamaica, Bob aderì al movimento rastafariano e cominciò a sfoggiare i suoi caratteristici dreadlock. Dopo un litigio con Dodd, Bob Marley e il resto del gruppo si uniscono alla band di Lee “Scratch” Perry, The Upsetters. Sebbene la collaborazione sia durata meno di un anno, molti ritengono che la produzione migliore dei Wailers si concentri in questo periodo. Marley e Perry si separarono dopo una disputa sui diritti di registrazione, ma rimasero amici e lavorarono ancora insieme.
Tra il 1968 e il 1972 Bob e Rita Marley, Peter McIntosh e Bunny Livingston produssero un re-cut di alcune vecchie canzoni per la JAD Records a Kingston e a Londra, nell’intento di esportare il sound dei Wailers. Più tardi, Livingston confessò:
“quelle canzoni non avrebbero mai dovuto essere pubblicate su un album… erano solo delle demo da fare ascoltare a delle case discografiche…”[senza fonte]
Il primo album dei Wailers, Catch a Fire, fu pubblicato su scala mondiale nel 1973, riscuotendo successo. Fu seguito l’anno dopo da Burnin’, che conteneva le canzoni “Get Up, Stand Up” e “I Shot the Sheriff” di cui Eric Clapton produsse una cover, contribuendo ad elevare il profilo internazionale di Bob Marley.
I Wailers si sciolsero nel 1974, quando ognuno dei tre componenti fondamentali provò a continuare la propria carriera come solista. Le ragioni dello scioglimento affondano tuttora nel mistero. Qualcuno asserisce che ci fosse disaccordo tra Marley, Tosh e Livingston riguardo alle performance, altri pensano semplicemente che Bunny Wailer e Peter Tosh preferissero a tal punto lavorare da solisti.
Successo solista e consacrazione internazionale (1974 – 1977)
La stella dedicata a Bob Marley sulla Walk of fame a Hollywood
Nonostante lo scioglimento della band, Bob Marley continuò a suonare sotto il nome di “Bob Marley & the Wailers”. I nuovi componenti della band di supporto erano i fratelli Carlton e Aston Barrett, detto “Family Man”, rispettivamente alla batteria e al basso, Junior Marvin eAl Anderson alla chitarra, Tyrone Downie e Earl Lindo detto “Wya” alle tastiere, Alvin Patterson “Seeco” alle percussioni. Le “I Threes” composte da Judy Mowatt, Marcia Griffiths e dalla moglie di Bob, Rita, all’accompagnamento vocale.
Nel 1975 Bob Marley irruppe sul mercato internazionale con il suo primo storico singolo, “No Woman, No Cry“, dall’album Natty Dread. Questo fu seguito dal successo del 1976, Rastaman Vibration, che rimase per ben quattro settimane nella top ten di Billboard Chartsnegli Stati Uniti.
Nel dicembre 1976, tre giorni prima di “Smile Jamaica“, un concerto organizzato dal primo ministro della Giamaica, Micheal Manley, allo scopo di alleggerire le tensioni tra i due gruppi politici in guerra, Bob, la moglie Rita e il loro manager Don Taylor subirono un attacco da parte di un gruppo armato composto da ignoti nella residenza di Bob. Taylor e Rita riportarono ferite gravi, che però furono curate completamente. Bob riportò solo delle ferite lievi al petto e al braccio. Si ritiene che tale attacco fosse stato causato da motivi politici, essendo visto il concerto come un modo di supportare il primo ministro Manley. Nonostante tutto, il concerto si tenne e Bob Marley si esibì come in programma. Quando gli fu chiesto perché avesse cantato quella sera egli rispose:
“Perché le persone che cercano di far diventare peggiore questo mondo non si concedono un giorno libero… Come potrei farlo io?!”
Bob Marley si trasferì dalla Giamaica in Inghilterra nel 1976, dove registrò gli album Exodus e Kaya. Exodus rimase nelle classifiche inglesi per ben 56 settimane consecutive. Includeva singoli come la famosa “Jammin’“, “One Love“, “Three little birds“, “Waiting in Vain” e “Exodus” (canzone che si basa su un solo accordo, il la minore).
In Inghilterra Marley fu arrestato per possesso di piccole quantità di cannabis, mentre viaggiava verso Londra.
La malattia e la morte (1977 – 1981)
Bob nel 1977.
Nel luglio 1977, Marley notò una ferita nell’alluce destro, e pensò di essersela procurata in un incidente durante una partita di calcio. Successivamente durante un’altra partita di calcio l’unghia dell’alluce si staccò. Solo a quel punto fu fatta la diagnosi corretta: melanoma maligno che cresceva sotto l’unghia dell’alluce. Da alcuni medici gli fu consigliato di amputare l’alluce, da altri solo il letto dell’unghia; Bob scelse la seconda opzione ma il melanoma non fu curato del tutto e progredì.
L’anno seguente Bob Marley organizzò un nuovo concerto politico in Giamaica, dal nome One Love Peace Concert, sempre nel tentativo di arrestare l’ostilità tra i due partiti in guerra. Su espressa richiesta di Marley, i due leader rivali, Michael Manley ed Edward Seaga si incontrarono sul palco e si strinsero la mano.
Nel 1979 fu invece prodotto un album pregno di significati politici, Survival, contenente canzoni come Zimbabwe, Africa Unite, Wake Up and Live e Survival, che riportavano l’attenzione di Marley alle sofferenze dei popoli africani. Agli inizi del 1980 fu invitato alle celebrazioni del 17 aprile per l’indipendenza dello Zimbabwe.
Nel 1980 il disco Uprising segna la fine della produzione di Bob Marley. Si tratta di un disco pregno di significato religioso, che contiene singoli come Redemption Song e Forever Loving Jah. Ed è proprio in Redemption Song che Marley cantò:
(EN) « Emancipate yourselves from mental slavery, no one but ourselves can free our minds… » |
(IT) « Emancipate voi stessi dalla schiavitù mentale, nessuno a parte noi stessi può liberare la nostra mente… » |
(Redemption Song) |
Il cancro, nel frattempo, si diffondeva nel suo corpo. Dopo aver concluso una trionfale tournée estiva in Europa suonando anche in Italia (il 27 giugno 1980, lo stesso giorno in cui avvenne la strage di Ustica, allo Stadio San Siro di Milano, di fronte a 100.000 spettatori, e il giorno seguente in un altrettanto gremito Stadio Comunale di Torino) Marley tornò negli USA e portò a termine le prime date del programma. Dopo 2 concerti al Madison Square Garden di New York però Marley ebbe un collasso facendo jogging al Central Park. Il 23 settembre 1980 Bob tenne il suo ultimo concerto allo Stanley Theater a Pittsburgh. Dopo l’evento, Bob andò a Monaco, in Germania, per un consulto medico dal dottor Josef Issels, specializzato nel trattamento di malattie in fase terminale. Il suo cancro si era sviluppato molto e non si poteva più trattare. I dreadlock di Marley erano troppo pesanti e i capelli erano sempre più indeboliti a causa del cancro, decise allora di tagliarseli leggendo dei passi della Bibbia, fu una decisione molto sofferta: avere i dreadlock significava essere Rasta, i dreadlock erano la sua vita.
Un ulteriore peggioramento si avvertì nel volo di ritorno dalla Germania verso la Giamaica. Il volo fu quindi deviato in direzione di Miami (Florida), dove Bob venne ricoverato presso il Cedar of Lebanon Hospital, dove morì la mattina dell’11 maggio 1981.
Ingresso alla casa natale (sulla destra) e il mausoleo dove è sepolto Bob Marley a Nine Mile.
Poco prima di morire Bob decise di parlare con tutti i suoi figli e le sue ultime parole furono rivolte al figlio Ziggy Marley: “Money can’t buy life” (“i soldi non possono comprare la vita”).
Bob Marley ricevette i funerali di stato in Giamaica, con elementi combinati dei riti delle tradizioni dell’ortodossia etiopica e Rastafari (lo stesso Hailé Selassié, considerato il Messia dalla religione Rastafari, era rimasto sempre devoto alla Chiesa ortodossa etiopica). Fu sepolto in una cappella eretta accanto alla sua casa natale a Nine Mile, insieme alla sua Gibson Les Paul “Solid Body”, il suo pallone da calcio, una pianta di marijuana e i suoi semi, un anello che indossava ogni giorno, donatogli dal principe etiope Asfa Wossen e una Bibbia. Un mese dopo i funerali, fu riconosciuto a Bob Marley il Jamaican Order of Merit[11].
Bob Marley morì senza fare testamento, perché farlo significava rassegnarsi alla morte ed essere consapevole che la sua vita fosse giunta al termine.
L’eredità e gli anni successivi
Graffito di Steve Brogdon del 1992, ritraente Bob Marley
Nel 1983 viene pubblicato un album postumo dal titolo Confrontation, che contiene canzoni e materiale registrato durante la vita del cantante, che comprende la celebre Buffalo Soldier.
Nel 1994 viene inserito nella Rock and Roll Hall of Fame.
Nel 2001 Bob Marley è stato insignito del premio Grammy alla carriera. Sempre del 2001 è il documentario Rebel Music, che ripercorre la sua vita.
Nell’estate del 2006 la città di New York ha nominato una porzione di Church Avenue che va da Ramsen Avenue alla novantottesima strada, nell’East Flatbush di Brooklyn, Bob Marley Boulevard.
Bob Marley è considerato dal suo popolo una guida spirituale e ogni 6 febbraio in Giamaica vi è una festa nazionale in suo onore.
Una notevole fonte di informazioni su Bob Marley come uomo, sulla sua religione, la sua musica e il movimento legato a lui si trova nel libro di Timothy White, titolo originale: Catch a Fire, in italiano: Bob Marley.
Successivamente suo figlio Damian Marley ha iniziato a comporre nuove canzoni mantenendo lo stile di suo cugino e duettando con vari artisti come Nas, Bruno Mars e con il dj Skrillex.
Vita privata e relazioni personali
Mogli e figli
Ziggy, uno dei figli di Bob Marley che ha seguito le orme del padre, diventando un musicista reggae
Damian, un altro figlio di Bob che è diventato anche lui musicista reggae e rastafariano
Bob Marley ha avuto tredici figli[12], tre con sua moglie Rita, due adottati da due relazioni di Rita, e gli altri otto da relazioni con donne da cui si è poi separato. Ecco l’elenco completo in ordine di nascita:
- Imani Carole Marley, nata il 22 maggio 1963 da Cheryl Murray;
- Sharon, nata il 23 novembre 1964 da una precedente relazione di Rita;
- Cedella, nata il 23 agosto 1967 da Rita;
- David detto Ziggy, nato il 17 ottobre 1968 da Rita;
- Stephen, nato il 20 aprile 1972 da Rita;
- Robert detto “Robbie”, nato il 16 maggio 1972 da Pat Williams;
- Rohan, nato il 19 maggio 1972 da Janet Hunt;
- Karen, nata nel 1973 da Janet Bowen;
- Stephanie, nata il 17 agosto 1974, da Rita, secondo Cedella Booker era figlia di Rita e un altro uomo di nome Ital, ma era stata ufficialmente riconosciuta come figlia di Bob[senza fonte];
- Julian, nato il 4 giugno 1975 da Lucy Pounder;
- Ky-Mani Marley, nato il 26 febbraio 1976 da Anita Belnavis;
- Damian, nato il 21 luglio 1978 da Cindy Breakspeare;
- Makeda, nata il 30 maggio 1981 da Yvette Crichton.
Discografia
Per approfondire, vedi Discografia di Bob Marley. |
Premi e riconoscimenti
- 1976: Band of The Year secondo Rolling Stone.
- 1981: Insignito del Jamaican Order of Merit.
- 1994: Inserito nella Rock and Roll Hall of Fame[13].
- 2001: È stato inserito nella Hollywood Walk of Fame all’indirizzo 7080 Hollywood Boulevard.
- 2003: Legend inserito al 47º posto dalla rivista Rolling Stone nella “lista dei 500 migliori album secondo Rolling Stone“[14].
- 2003: Catch a Fire inserito al 123º posto dalla rivista Rolling Stone nella “lista dei 500 migliori album secondo Rolling Stone“[15].
- 2003: Exodus inserito al 169º posto dalla rivista Rolling Stone nella “lista dei 500 migliori album secondo Rolling Stone“[15].
- 2003: Natty Dread inserito al 182º posto dalla rivista Rolling Stone nella “lista dei 500 migliori album secondo Rolling Stone“[15].
- 2003: Burnin’ inserito al 319º posto dalla rivista Rolling Stone nella “lista dei 500 migliori album secondo Rolling Stone“[16].
- 2004: No Woman, No Cry inserita al 37º posto dalla rivista Rolling Stone nella “lista delle 500 migliori canzoni secondo Rolling Stone“[17].
- 2004: Redemption Song inserita al 66º posto dalla rivista Rolling Stone nella “lista delle 500 migliori canzoni secondo Rolling Stone“[17].
- 2004: Get Up, Stand Up inserita al 296º posto dalla rivista Rolling Stone nella “lista delle 500 migliori canzoni secondo Rolling Stone“[18].
Onorificenze
Membro dell’Ordine al Merito | |
— 20 aprile 1981 |
Note [modifica]
- ^ a b c (EN) Bob Marley. Allmusic.com. URL consultato in data 21 settembre 2009.
- ^ roots-archives.com – Trenchtown Rock
- ^ Lista dei 100 migliori cantanti di tutti i tempi secondo Rolling Stone e 11 nella lista dei 100 artisti di sempre.
- ^ a b c Eliana Ferraris. Il movimento Rasta.
- ^ a b Eliana Ferraris. Il movimento Rasta. Milano, Xenia Edizioni, 2001. ISBN 978-88-7273-427-8. p. 66
- ^ Marco Boccitto. Bob Marley e il Reggae. Roma, La Repubblica, 1995. p.22
- ^ Massimo Cotto. Bob Marley & The Wailers. Testi con traduzione a fronte. Milano, Arcana Editrice, 1991. p.114
- ^ a b c d Eliana Ferraris. Il movimento Rasta. Milano, Xenia Edizioni, 2001. ISBN 978-88-7273-427-8. p. 67
- ^ Davide Ratti. Rastaman. Milano, Blues Brothers, 1996. p.124
- ^ Giuseppe Adduci. Reggae Marley. Milano, Kaos Edizioni, 1987. p.65
- ^ L’ultimo paragrafo della pagina parla della morte di Bob Marley
- ^ “Lovers and Children of the Natural Mystic: The Story of Bob Marley, Women and their Children”. URL consultato in data 10-09-2008.
- ^ Sito ufficiale della Rock and Roll Hall of Fame. URL consultato in data 25-08-2008.
- ^ Classifica 500 album di Rolling Stone dall’1 al 100.. URL consultato in data 25-08-2008.
- ^ a b c Classifica 500 album di Rolling Stone dal 101 al 200.. URL consultato in data 25-08-2008.
- ^ Classifica 500 album di Rolling Stone dal 301 al 400.. URL consultato in data 25-08-2008.
- ^ a b Classifica 500 canzoni di Rolling Stone dall’1 al 100.. URL consultato in data 25-08-2008.
- ^ Classifica 500 canzoni di Rolling Stone dal 201 al 300.. URL consultato in data 25-08-2008.
Bibliografia
- Timothy White. Bob Marley. Una vita di fuoco, Feltrinelli, 2002. ISBN 978-88-07-81679-6.
- Rita Marley. No woman no cry. La mia vita con Bob marley, Mondadori 2004. ISBN 88-04-51140-0
- Lorenzo Mazzoni. Rasta Marley. Le radici del Reggae, Stampa Alternativa / Nuovi Equilibri, 2009. ISBN 978-88-6222-085-9.
- Alberto Castelli, Maria Carla Gullotta. Africa Unite. Il sogno di Bob Marley. Arcana, 2005. ISBN 978-88-7966-397-7.
- Jeremy Collingwood. Bob Marley. Giunti, 2006. ISBN 978-88-09-04933-8.
- Eliana Ferraris. Il movimento Rasta. Xenia Editrice, 2001. ISBN 978-88-7273-427-8.
- Lorenzo Mazzoni. Kebra Nagast. La Bibbia segreta del Rastafari. Coniglio editore, 2007. ISBN 978-88-6063-063-6.
- Bob Marley, F.T. Sandaman. In This Life. Chinaski Edizioni, 2009. ISBN 978-88-89966-33-4.
- Lorenzo Mazzoni. “Haile Selassie I. Discorsi scelti 1930 – 1973″. Stampa Alternativa / Nuovi Equilibri, 2011. ISBN 978-88-6222-159-7
- Jorge Lima Barreto, Rock & Droga. Misteri e segreti stupefacenti: una “Bibbia” rock-psichedelica, Gammalibri, 1984.
Voci correlate
- The Wailers
- Kebra Nagast
- Damian Marley
- Ziggy Marley
- Hailé Selassié
- Rasta Marley, le radici del reggae
- Rastafari
Altri progetti
- Wikiquote contiene citazioni di o su Bob Marley
- Commons contiene immagini o altri file su Bob Marley
Collegamenti esterni
- Pagina dedicata a Bob Marley e al Reggae (in italiano)
- Sito che raccoglie discorsi di Haile Selassie I in italiano
- Bob Marley su Open Directory Project (Segnala su DMoz un collegamento pertinente all’argomento “Bob Marley”)
- (EN) Sito ufficiale
- (EN) BobMarleyMagazine
- (ES) Bob Marley in Spagnolo
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