6 luglio 2013 ore 12:25 PER CHI NON CONOSCESSE L’ITALIANO DEL TRECENTO E FOSSE COSI’ PAZZO- E SOTTO LA CALURA ESTIVA- DI IMPARARLO, RITORNA (PER ME–VOI L’ART. E’ L’ART. SEGUENTE) /// E COME UN INCUBO DI SOLE ///: IL PETRARCA E CHIARE E FRESCHE DOLCI ACQUE…PER CHI GIA’ LO SA, NELL’ART. SG. C’E’ LA POESIA NON PASTICCIATA DA CH.

 

 

 

RIASSUNTO BREVE

il tema è il ricordo di laura e la sofferenza per l’amore provato.il testo è costruito sulla rappresentazione di quell’istante indimenticabile, sempre visto dalla prospettiva del ricordo che il poeta ha vissuto contemplando la bellezza di Laura illuminare, con la sua presenza, la natura circostante. La natura in questo caso viene descritta solo per esaltare la bellezza e la purezza di Laura.
(NOTA DI SIMPATIA: QUESTO ALUNNO, COSI’ VOLENTEROSO, NON USA PIU’ LE MAIUSCOLE! AGGIORNATEVI RAGAZZI!)

 

 

 

PARAFRASI:

Chiare, fresche e dolci acque, dove l’unica che considero una donna si è immersa; gentile

ramo dove a lei piacque (ricordo sospirando) di appoggiarsi; erba e fiori che la gonna di lei

ricoprì fra le angelicamente bianche pieghe; aria sacra, serena, dove Amore mi colpì tramite i begli occhi: ascoltate insieme le mie ultime parole.
Se è proprio mio destino, e il cielo si dia da fare per questo, che Amore chiuda questi occhi che piangono, qualche grazia divina voglia che il mio corpo infelice sia seppellita qui tra voi e la mia anima libera dal corpo torni in cielo. Morire sarà meno crudele se mi accompagna alla morte la speranza di essere seppellito qui: perché l’anima stanca non potrebbe mai abbandonare il corpo tormentato in un porto più tranquillo, né in una più tranquilla fossa.
Forse la bella e mansueta fiera tornerà ancora alle rive del Sorga, e là dove mi vide per la prima volta, cercandomi desiderosa: e vedendomi, oh pietosa visione!, ormai polvere tra le pietre, Amore la ispiri in modo che sospiri così dolcemente da ottenere per me la grazia, forzando la giustizia divina, asciugandosi gli occhi col bel velo.
Scendeva dai bei rami (dolce ricordo) una pioggia di fiori nel suo grembo; ed ella sedeva umile in tanta gloria, già coperta dalla nube di fiori. Il fiore che cadeva sul lembo della veste, quello che cadeva sulle trecce bionde, che a vederle quel giorno parevano oro e perle i petali dei fiori, quello che cadeva a terra, e quello sull’acqua; quello con un leggiadro volteggio sembrava dire girando: qui regna Amore.
Quante volte dissi io pieno di ammirazione: costei di sicuro viene dal paradiso. Così dimentico di tutto, il suo aspetto celestiale e il volto e le parole e il dolce suono della risata mi avevano così portato lontano dalla realtà che dicevo sospirando: come sono venuto qui, e quando?; credendo di essere in cielo, invece che là dove mi trovavo. Da allora mi piace questa riva così tanto che in altro posto non ho pace.
Se tu, poesia, avessi bellezze quante ne vorresti, potresti senza paura uscire dal bosco e andare tra la gente

 

 

 

Chiare fresche e dolci acque

ove le belle membra

pose colei che sola a me par donna;

gentil ramo, ove piacque,

(con sospir mi rimembra)

a lei di fare al bel fianco colonna;(SI APPOGGIO’)

erba e fior che la gonna

leggiadra ricoverse con l’angelico seno; (RICOPRI’)

aere sacro sereno

ove Amor co’ begli occhi il cor m’aperse: (bellezza!: aria sacra serena dove l’amore con i                                                                                 begli occhi di Laura mi aprì il cuore)

 

date udienza insieme (acque ramo verde e fiori aria sacra serena/ ASCOLTATE)

a le dolenti mie parole estreme.

 

S’egli è pur mio destino, (se è proprio destino-?)

e ‘l cielo in ciò s’adopra, (E CHE IL CIELO…EH MI…LAVORI  PERCHE’ CIO’                                                                     (sott.”ACCADA”)

ch’ Amor quest’occhi lagrimando chiuda, (Amor, maisc. come in Dante, si riferisce a                                                                                       quell’amor gentile, fatto di sogno-ricordi-                                                                                         lontananza- platonico…se no, da dove tanta                                                                                     intensità? …compreso nella scuola (Dante e altri)                                                                           dello “Stil Novo”–vedi “Vita nova di Dante, un bel                                                                         romanzetto sugli adolescenti-artisti di allora—tra                                                                         Due/Trecento)

qualche grazia il meschino

corpo fra voi ricopra,

e torni l’alma al proprio albergo ignuda;

la morte fia men cruda

se questa spene porto

a quel dubbioso passo,

ché lo spirito lasso

non poria mai più riposato porto

né in più tranquilla fossa

fuggir la carne travagliata e l’ossa.

 

Tempo verrà ancor forse

ch’a l’usato soggiorno

torni la fera bella e mansueta,

e là ‘v’ella mi scorse

nel benedetto giorno,

volga la vista disiosa e lieta,

cercandomi; ed o pietà!

già terra infra le pietre

vedendo, Amor l’inspiri

in guisa che sospiri

sì dolcemente che mercé m’impetre,

e faccia forza al cielo

asciugandosi gli occhi col bel velo.

 

Da’ be’ rami scendea,

(dolce ne la memoria)

una pioggia di fior sovra ‘l suo grembo;

ed ella si sedea  (qui L. è proprio la donna angelicata, verso belliss.)

umile in tanta gloria,

coverta già de l’amoroso nembo;

qual fior cadea sul lembo,

qual su le treccie bionde,

ch’oro forbito e perle

eran quel dì a vederle;

qual si posava in terra e qual su l’onde,

qual con un vago errore

girando perea dir: “Qui regna Amore”.

 

Quante volte diss’io

allor pien di spavento:

“Costei per fermo nacque in paradiso!”.

Così carco d’oblio

il divin portamento

e ‘l volto e le parole e’l dolce riso

m’aveano, e sì diviso

da l’imagine vera,

ch’i’ dicea sospirando:

“Qui come venn’io o quando?”

credendo esser in ciel, non là dov’era (sentimento proprio dell’amor angelicato, più verso il                                                                    cielo che sulla terra; è il sublime).

Da indi in qua mi piace

quest’erba sì ch’altrove non ò pace.     (giustamente il computer sottolinea il verbo avere                                                                         scritto così!)

Se tu avessi ornamenti quant’ai voglia,  (è la poesia!)

poresti arditamente

uscir del bosco e gir infra la gente.

 

 

 

dal blog SCUOLISSIMA

Commento: Chiare, Fresche e Dolci Acque

di Francesco Petrarca
Commento personale: 

E’ una canzone che ha come tema fondamentale quello dell’immagine di una donna circondata da una natura

idilliaca.tema tanto caro a petrarca.
Laura e la natura vengono rappresentati in maniera evanescente,

senza riferimenti precisi ma solo attraverso delle elementi che

danno solo degli accenni,questo perchè il tutto viene raffigurato

nella mente del poeta.il poeta a distanza di anni ripensa

alla prima volta che vide Laura immergersi nelle acque

del Sorga e fu in quel momento che s’innamorò.

Laura presentata quasi come un angelo caduto dal cielo

ha una qualche analogia con la Beatrice di Dante,

che in un canto del paradiso (non ricordo

esattamente quale) la rappresenta immersa

da una nuvola di petali. anche Petrarca raffigura la sua

donna immersa nei petali ma la differenza è che

una donna vera, in carne ed ossa.

(eh mi…chiara ha appena scritto il contrario!E’ d’obbligo

sui manuali dire cosi’, ma voi la vedete “la carne e l’ossa”?)

 

leggendo la canzone ci sono dei salti nel passato e nel futuro:
1-all’inizio il poeta parla di Laura immersa nelle acque:

questo è il passato che vive nella sua mente;
2-dopo parla della sua morte e spera che

i sentimenti di Laura cambino,diventi meno altera

e pianga sulla sua tomba:questo è il futuro;

3-richiamo di nuovo al passato quando ripensa

alla donna immersa nei petali;
la memoria è l’unico modo,secondo il Petrarca,

per poter preservare i ricordi,perchè il trascorrere del tempo tutto corrode.

Tematiche
Nella canzone Petrarca sviluppa il tema della morte di Laura,

ormai prossimo alla morte, ritorna con la fantasia sulle rive

del Sorga ad ammirarla e sembra rivivere quel momento

insieme al paesaggio che con lui ne fu partecipe, sogna che

ella un giorno ritorni e vedendo la sua tomba provi finalmente

pietà per lui, entusiasmato da questa fantasia e ritrovando

tutto l’incanto di quel giorno, definisce la sua contemplazione

come un estasi che dura per sempre.

Figure retoriche: Chiare, Fresche e Dolci Acque

di Francesco Petrarca
Figure retoriche: 

Il messaggio della poesia è certamente il travaglio interiore

che tormenta l’anima del poeta. Un travaglio amoroso che

lo trascina nella memoria del luogo dove vedeva Laura e

lo trascina nel sogno della sua morte e nella visione di Laura

che ritorna in quel luogo a chiedere il perdono dei suoi peccati.
La poesia esprime un messaggio ambivalente e ambiguo:

da un lato lancia un messaggio di pace e un messaggio di

bellezza formale, dall’altro lato lancia il messaggio di un

amore platonico, ma lontano nel tempo e nello spazio.

E proprio da questo contrasto nasce il travaglio passionale

e quindi come scrivono Salinari e Ricci a pagina 500

il messaggio della poesia esprime: “quell’assorto

monologo interiore in cui la realtà

(l’urgere della passione, o il bruciore

del pentimento o il drammatico dissidio

interiore) è sempre filtrata attraverso

la memoria e tenuta ferma a distanza

dal vigile controllo della ragione”.

(sott. di chiara per quell’Amor che sa/

…chiudo..mi verrebbero delle …acce!)

L”uso del polisindeto ( per es. al verso 58:

” e ‘l volto e le parole e ‘l dolce riso). crea

un dolce equilibrio formale, mentre le coppie

di sostantivi e attributi e il ricorso ai parallelismi

conferiscono al testo l’uniformità totale tipica del

linguaggio petrarchesco, lontano dagli eccessi e

dalle dissonanze.
L’anafora (ove..ove) nella prima stanza costituisce

quasi un’indicazione spaziale nel paesaggio calcato

dalle orme di Laura; L’ossimoro ( la fera bella et mansueta)

esprime il potere di inquietudine passionale che scaturisce

dalla quiete piena di grazia della creatura amata. Nell’ambito

delle figure di suono, individuiamo le allitterazioni

( volga la vista; faccia forza), l’iperbato (m’aveano,

et sì diviso) crea la scissione interiore del poeta.

 

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