La meritocrazia? È di sinistra. La liberalizzazione dei mercati? È di sinistra. La riforma del mercato del lavoro? È di sinistra. La riduzione della spesa pubblica? È di sinistra. Di sinistra, in generale, è il liberismo tout court. Lo sostengono ‘senza se e senza ma’ – e soprattutto senza paura di apparire decisamente provocatori – due economisti di chiara fama: Alberto Alesina e Francesco Giavazzi. Entrambi docenti di politica economica in prestigiose università (il primo ad Harvard, il secondo alla Bocconi di Milano e al Mit) ed entrambi editorialisti di grandi quotidiani: il Sole 24 Ore nel caso di Alesina, il Corriere della Sera nel caso di Gavazzi.
Ed è proprio dagli articoli pubblicati sui due prestigiosi giornali negli ultimi due-tre anni che prende lo spunto ‘Il liberismo è di sinistra’, un volume scritto per i tipi Il Saggiatore che molto ha già fatto discutere e che molto ancora lo farà nei prossimi mesi. Le tesi del libro, infatti, sembrano fatte apposte per suscitare l’ira bipartisan di entrambi gli schieramenti politici italiani.
La destra, specialmente quella moderata, si sente in qualche modo usurpata di un titolo – quello di difensore del libero mercato – e non è disposta a dare patente alcuna di liberismo a schieramenti che in alcuni casi si scagliano ancora oggi contro le privatizzazioni considerandole il male assoluto. Così come la sinistra non si sente pienamente a proprio agio sotto le bandiere del libero mercato – quella radicale addirittura per niente – e contesta nel modo più categorico che il liberismo sia di sinistra e che gli ideali storici di equità e uguaglianza delle opportunità si realizzino meglio attraverso il mercato, la meritocrazia, la concorrenza, anziché attraverso politiche stataliste e dirigiste.
Con pazienza certosina ed esempi in quantità industriale i due autori provano a spiegare – con un linguaggio assolutamente accessibile ai più – perché è di sinistra difendere “il merito e non il censo, il libero mercato e non le lobby, i diritti del cittadino e non lo spreco di denaro pubblico”. Senza meritocrazia – dicono perentori Alesina e Giavazzi – le professioni si tramandano ai figli come titoli nobiliari, senza concorrenza il consumatore è ricattato dai grandi monopoli, senza controlli i ‘fannulloni’ continuano a gravare sulle tasche dei contribuenti.
Se la sinistra vuole ancora vincere le elezioni, avvertono senza mezzi termini i due economisti, deve varare al più presto ulteriori misure di liberalizzazione: le ‘lenzuolate’ varate dal ministro Bersani nel gennaio di quest’anno costituiscono infatti un piccolo passo avanti, ma non sono sufficienti.
È necessario, in particolare, intervenire con efficacia in settori-chiave come l’energia, i trasporti e la finanza. Sollecitazioni, quelle contenute nel libro, che hanno buone possibilità di essere accolte dall’ala riformista del governo che fa capo a Romano Prodi, ma che difficilmente troveranno cittadinanza in ‘Bertinottilandia’ e dintorni.
(Alberto Alesina – Francesco Giavazzi, Il liberismo è di sinistra, Il Saggiatore, pagg 126 – euro 12)