18 MARZO 2013 ORE 09:21 VI RICORDATE ANCORA DEL “VOSTRO” CILENO?—-RIKI GIANCO—COMPAGNO SI’ COMPAGNO NO COMPAGNO UN CAZ—riedizione direi “da destra”…All’epoca invece ridevamo di…sollievo! Sotto, a chi interessa, Mankiewics

 

 

 

Pubblicato in data 03/ott/2012 da Antonio

Nasciamo uguali.. ma l’uguaglianza cessa dopo cinque minuti: dipende dalla ruvidezza del panno in cui siamo avvolti.. dal colore della stanza in cui ci mettono.. dalla qualità del latte che beviamo e dalla gentilezza della donna che ci prende in braccio…
(J. L. Mankiewicz)

 

testo con accordi

SOL
DO
Sto facendo il notiziario Cambogiano da una radio libera per
chi?
SOL
RE
il microfono è un po’ fallico pero’ il potere non ce l’ho
… no no
SOL
DO
circondato dai mass media sulla sedia io lavoro sempre gratis
ma …
SOL
RE
DO     SOL
c’è Antonietta che mi ama e che
mi aspetta tutta notte lei mi ascoltera’

DO
SOL
Compagno si, compagno no, compagno un caz  x 3 volte

Io c’ho il profugo cileno a casa mia e’ arrivato nel ‘73
e
da allora lui non e’ piu’ andato via Antonietta fammi star da
te
passa un giorno, passa un mese, passa un anno l’unita’
sconfiggera’ il
padrone
ma Antonietta mi ha buttato per la
strada vuoi vedere che sono io il
coglione

Compagno si, compagno no, compagno un caz

Vado a prendere un po’ d’erba da un amico ad Antonietta la
regalero’
io la lascio chiusa in macchina un secondo per andare
a bere un buon caffe’
quando esco mi han spaccato il finestrino
e un ragazzo sta saltando il muro
come fai a mandare uno a San
Vittore poi finisce che gli fanno il culo

Si avvicina un tizio con cravatta e giacca tira fuori un
tesserino
e mi dice: “tu sei uno di sinistra, sta tranquillo
sono un celerino
son pulotto si ma son del sindacato forza dimmi
cosa ti hanno rubato”
io gli dico: “lascia perdere compagno
e’ un problema troppo delicato!”

Compagno si, compagno no, compagno un caz

testo semplice 


Sto facendo il notiziario cambogiano da una radio libera del chi?
Il microfono è un po’ fallico però il potere non ce l’ho no no,
circondato dai mass media sulla sedia io lavoro sempre gratis ma,
c’è Antonietta che mi ama che mi aspetta, tutta notte lei mi ascolterà.
Compagno sì, compagno no, compagno un caz
Compagno sì, compagno no, compagno un caz
Io c’ho un profugo cileno a casa mia, è arrivato nel ’73,
e da allora lui non è più andato via, Antonietta fammi star da te,
passa un giorno, passa un mese, passa un anno, in ogni caso vincerà il padrone,
Antonietta mi ha buttato per la strada, vuoi veder che sono io il coglione.
Compagno sì, compagno no, compagno un caz
Compagno sì, compagno no, compagno un caz
Compagno sì, compagno no, compagno un caz
Compagno sì, compagno no, compagno un caz
Io vado a prendere un po’ d’erba da un amico, ad Antonietta la regalerò,
io la lascio chiusa in macchina un secondo per andare a bere un buon caffè,
quando esco mi han spaccato il finestrino e un ragazzo sta saltando il muro,
come fai a mandare uno a san Vittore, poi finisce che gli fanno il culo.
Si avvicina un tizio con cravatta e giacca, tira fuori infatti un tesserino,
e mi dice tu sei uno di sinistra, stai tranquillo sono un celerino,
son pulotto si, ma son del sindacato, forza dimmi cosa ti hanno rubato,
io gli dico lascia perdere compagno, è un problema troppo delicato.
Compagno sì, compagno no, compagno un caz
Compagno sì, compagno no, compagno un caz
Compagno sì, compagno no, compagno un caz
Compagno sì, compagno no, compagno un caz

 

 

nota:

Joseph L. Mankiewicz

Da Wikiquote, aforismi e citazioni in libertà.
Statuetta dell'Oscar

Lettera a tre mogli

  • Miglior regia (1950)
  • Miglior sceneggiatura non originale (1950)

Eva contro Eva

  • Miglior regia (1951)
  • Miglior sceneggiatura non originale (1951)

Joseph Leo Mankiewicz (1909 – 1993), regista, sceneggiatore e produttore cinematografico statunitense, di origini polacche.


Non c’è nulla di così reale come il denaro. (da
Operazione Cicero, 1952)Citazioni di Joseph L. Mankiewicz

There’s nothing as real as money.
chiara: questo biglietto da visita dice tutto!

Joseph L. Mankiewicz

  • Sono un tipo molto, molto introverso. Non penso di aver mai detto la verità o di essermi fidato di qualcuno alla maniera delle persone estroverse. […] Nei miei film c’è sempre un personaggio identico a me. Perché sorprendervi? Sono un eretico — un anatema per chi trova che sia molto più facile puntare una macchina da presa che dirigere un attore. I miei film parlano un sacco — diavolo, anch’io parlo un sacco; avete abbastanza nastri? Al meglio, suppongo, spero di essere stato di quando in quando un abile e forse tagliente commentatore dei modi e dei costumi della nostra società. Al peggio, un descrittore, diciamo, dei vari aspetti della condizione umana e del background sociale attorno a essa. Nei casi ancora peggiori, una lagna. […] Non sono certo di essere solo uno dei veterani del cinema oppure la più vecchia puttana rimasta a battere!
  • Antonioni e l’Arte? Allora che termini dovremmo usare per EschiloAristofane e gli altri? Film come Arte? Penso che sia presto per dirlo, per parecchie generazioni. Naturalmente il film è una forma d’arte, ma con la a minuscola. Come gli affreschi sui pavimenti, che sono in circolazione da molto più tempo. Non sono preparato a citare due, venti, o un solo film da far vedere agli studenti delle scuole tra duecento anni. Forse staranno ancora assorbendo il miracolo di Shakespeare.
  • Ho sempre saputo di appartenere più al teatro che al cinema. È come se il teatro fosse la sola donna con cui voglio andare a letto, e mi ha sempre respinto. Kazan se n’è accorto subito. […] Adoro il teatro, adorerei scrivere per il teatro. Ho degli appunti per una mezza dozzina di commedie, ma tutte le volte scatta uno strano blocco. Suppongo di aver paura di essere rifiutato. I film che non ho diretto non mi mancano come le commedie e i libri che non ho scritto. In questo senso, penso di essere stato una puttana.
  • [riguardo il fratello Herman J. Mankiewicz] Da ragazzo lo adoravo, come solo uno di otto anni può adorare uno di venti. Ma non l’ho conosciuto davvero se non quando l’ho raggiunto ad Hollywood. Non siamo cresciuti come fratelli: per me era una figura paterna. Facevamo vite diverse e avevamo interessi diversi. Giocavamo entrambi, questo avevamo in comune. Lui beveva, e io non bevevo. Per un uomo del suo grande talento era difficile accettare che io, nei termini di Hollywood, avessi successo e lui no. […] Come oratore, non ne conosco di migliori. Come molti grandi parlatori, non era in grado di scrivere altrettanto bene. I suoi problemi personali, più di ogni altra cosa, hanno distrutto la sua carriera. Aveva un carattere molto vivace e litigava spesso con i produttori e con i capi dello studio. Inevitabilmente finiva per dire a tutti quelli con cui lavorava, fossero Harry CohnJack Warner, di «farsi fottere!».
  • Il dialogo realistico non esiste! Se ci si limita a registrare una conversazione qualunque e poi la si ripete sulla scena, è impossibile stare ad ascoltare. Sarebbe ridondante… Il buono scrittore di dialoghi è quello che vi dà l’impressione di un vero discorso. […] Io posso scrivere l’indistinto, ma persino la mancanza di chiarezza deve essere costruita molto attentamente perché il pubblico possa capire che è confusa e non soltanto noiosa.
  • Non credo nell’uguaglianza delle persone. Nasciamo uguali, ma l’uguaglianza cessa dopo cinque minuti: dipende dalla ruvidezza del panno in cui siamo avvolti, dal colore della stanza in cui ci mettono, dalla qualità del latte che beviamo e dalla gentilezza della donna che ci prende in braccio.
  • In tutti noi […] c’è una rabbia inespressa che, se non è sublimata dal lavoro o dall’amore, troverà una moltitudine di sfoghi. Ciò che mi interessa è l’incontrollabile, le emozioni che improvvisamente prendono possesso di un uomo ignaro di averle.
  • Scott Fitzgerald era uno dei miei idoli. Lo assunsi io per il film [Tre camerati] e dovetti lottare per farlo; tutti allo studio dicevano che era finito, perché rischiare con lui? Così scrisse la sceneggiatura, tra l’altro non era tutta sua: aveva un collaboratore, il dialogo non era dialogo drammatico. Era un buon dialogo da romanzo, si leggeva bene, ma non era un buon dialogo drammatico. Glielo cambiai. Ed ecco la cosa ironica: quando il film uscì, tutti i critici lodarono il «dialogo di F. Scott Fitzgerald»!
  • La forma elementare della comunicazione è il linguaggio. Non ho alcuna indulgenza per chi disprezza la lingua parlata. Ho pile di libri di psicanalisi e li ho studiati: le emozioni, i meccanismi mentali, le motivazioni della condotta umana mi hanno sempre appassionato… L’abuso scioccante dell’assenza di dialogo nei film di oggi, i grugniti gutturali che la maggior parte dei giovani emette nei film alla moda, mi spaventa e mi inquieta. Parlano molto di comunicare con gli altri, ma non si preoccupano per nulla di imparare la forma più elementare di comunicazione che è il linguaggio. Ci sono altri modi di comunicare oltre che passarsi una sigaretta di marijuana o scopare, e d’altronde mi auguro che si dedichino a questa seconda attività piuttosto che alla prima!
  • Lubitsch è stato il mio maestro; poteva dire tante cose senza parole, altro che le parolacce di oggi. Poteva mettere Jeanette MacDonald in una gonna castigata, farle allungare la mano sul pomo di una porta, dare un’occhiata intorno e poi entrare: e la macchina da presa sarebbe rimasta sul pomo della porta. E poteva creare sesso più autenticamente divertente da quell’istante di indecisione e suggerire di più soffermandosi dietro quella porta che quaranta metri quadri di genitali intrecciati.
  • von Sternberg guardava a se stesso come a una leggenda del suo tempo. […] Mi accolse gentilmente e io francamente gli dissi perché ero stato mandato da lui. Gli dissi che avevo cercato di leggere lo script [L’imperatrice Caterina] e che per quanto fossi molto bravo con i “puzzles” era impossibile.
    Gli obiettai che doveva essere letto dai trovarobe, dai costumisti, dai montatori e che questi erano soliti leggere in inglese. Mi strinse la mano dicendo: «Questa è una pura assurdità. Nessuno dovrebbe essere in grado di leggere lo script. Dimmi, quando guardi la tavolozza di un artista, vedi il quadro finito?». Spillò lo script e disse: «Questi sono i miei colori e con questi dipingerò il film sullo schermo».
  • Dopo l’anteprima andai da Fritz Lang, che stava seduto al Beverly Hills Brown Derby con Marlene Dietrich. Non lo dimenticherò mai. Arrivai, gli tesi la mano e dissi: «Bene, Fritz, mandiamo in giro un bel film [Furia] alla fine». Rifiutò la mano dicendo: «Hai rovinato il mio film». Distolsi lo sguardo e pensai: «Fottiti».
  • Il regista più chiacchierone del mondo è Ingmar Bergman. I suoi personaggi non smettono mai di parlare, e sono affascinanti. Li amo.
  • L’uomo il cui gusto coincideva di più con il gusto del pubblico mondiale fu probabilmente Cecil B. DeMille. Faceva questi film biblici con il suo talento e con il suo credo. Credeva davvero che Mosè si comportasse così e, con vostro e mio stupore, il resto del mondo era d’accordo con lui. Teneva il dito… sul polso del pubblico mondiale.
  • Nel fare film bisogna fare i conti con quella che i produttori credono essere la capacità del pubblico di capire, e gli uomini che mettono il denaro per i film dicono che l’ultimo grande successo è quello che il pubblico può capire – niente di diverso. Non vogliono niente di nuovo. Se capita qualcosa di nuovo, gli va di traverso e sono felicissimi se va male. […] Guardate le commedie musicali di Zanuck. Darryl non si è mai abbassato come produttore, non ha mai deciso di produrre un film che a lui non piacesse. Ha semplicemente lasciato che il suo gusto seguisse la naturale inclinazione, cosa che gli ha fatto toccare il livello più basso che il pubblico fosse disposto ad accettare. Darryl era piccolo, con molti degli svantaggi dei piccoli — NapoleoneLaemmle Jr.Sr... Quando si è piccoli e si è messi in una posizione di potere, la spunti dando ordini.
  • Ciò che David O. Selznick voleva sopra ogni altra cosa era che si sapesse che era il produttore a fare il film. Se si esamina la sua produzione si vede che vi erano sempre almeno due registi. Non l’ha fatto, non poteva farlo, con Hitchcock, ma ha licenziato Cukor, ha licenziato Johnny Huston. Quando ho scritto per lui Le due strade, ha licenziato due registi, Woody Van DykeJack Conway. Non importava a quanto salissero i costi.
  • Sam Goldwyn era rozzo, semianalfabeta. Ha letto la mia sceneggiatura [Bulli e pupe] e mi ha detto: «Hai un tale charmth and warmth». Charmth? Un giorno Frank Loesser e io cercavamo di nasconderci da lui, in un ripostiglio per scope. Ci ha trovati. E ci guardava con grande dignità, quel povero ex rappresentante di guanti, e ci ha detto: «Sentite, non sono il tipo di produttore che si fa scivolare le monete sotto la porta».
  • Louis B. Mayer era un uomo malvagio. Mi ha fatto un favore: mi ha fatto produrre Furia. Non gli piaceva il soggetto, non era interessato ai film a sfondo sociale. Ma Thalbergstava producendo Giulietta e Romeo, e Mayer voleva avere un suo pargolo “intellettuale” da sbattergli in faccia. E questo era Furia.
  • Almeno, MayerWarnerCohn, questi uomini orribili, amavano quello che facevano e pensavano che i ducati che avevano creato dovessero esistere per sempre. Ora è diventato un mestiere da contabili, e il creatore non è mai stato in acque più cattive.
  • Se dovessi scegliere tra un attore che “sente” il suo ruolo e un attore che lo “capisce” prenderei sempre il secondo. L’ideale, naturalmente, è una combinazione dei due. L’attore che pensa e che può controllare le sue emozioni è un grande attore, ma l’attore che gioca sulle sue emozioni e non pensa è troppo diffuso nella nostra epoca. Tutti quegli attori che vi dicono: «Lasciatemelo dire a modo mio» e che disprezzano il dialogo a scapito della pretesa improvvisazione: non è soltanto un’assurdità, è anche un’oscenità.
  • È mia opinione che, storicamente, l’attore possa aver preceduto il fuoco, la ruota, l’ascia, la mazza — ogni importante manifestazione della creatività umana, davvero — tranne forse l’omicidio e il far baccano.
  • [su Judy Garland] È stata la più terribile delle perdite, e forse il più grande talento gettato via.
  • Thelma Ritter, l’adoravo. Thelma rappresentava quel raro talento d’attrice che lo sceneggiatore e/o il regista deve custodire gelosamente come un violinista farebbe con unoStradivari.
  • Bogart voleva che si avesse un po’ paura di lui. Voleva assicurarsi che voi sapeste che lui era un tipo imprevedibile. […] Bogie era la libertà iconoclasta in una società che si occupava di icone: Hollywood. Il cinismo che la parte richiedeva [Harry Dawes in La contessa scalza] era suo per natura.
  • [su Ava Gardner] Una vera figlia della natura.
  • [su Jean Simmons] Il sogno, una ragazza con un talento fantastico ed enormemente sottovalutata. Uno si domanda come non sia diventata quella grande star che avrebbe potuto essere. Ma non sembrava importarle tanto.
  • Kate voleva dirigersi da sola in Improvvisamente l’estate scorsa. È una battaglia che non penso che un regista possa permettersi di perdere.
  • [su Katharine Hepburn] L’attrice dilettante più esperta del mondo.
  • Monty Clift era un tipo difficile. Ha letto il libro di Johnny Huston? Anche lui c’è passato. L’uomo era impossibile. Non mi hanno mai detto grazie per la fatica che ho fatto.
  • [su Marilyn Monroe] Pensavo a lei, allora, come alla persona più sola che avessi mai conosciuto. Per tutto il periodo delle riprese a San Francisco, forse due o tre settimane[per Eva contro Eva], Marilyn la si vedeva seduta da sola in un ristorante o in un altro locale. O bere da sola. Le chiedevamo sempre di unirsi a noi, e lo faceva, e sembrava contenta. Ma in qualche modo non capì o accettò mai che dessimo per scontato che era una di noi. Rimaneva da sola. Non era una solitaria. Era davvero sola.
  • Penso che Larry Olivier avesse fatto sacrifici tremendi, soprattutto per il teatro. Merita la sua posizione come primattore del teatro in lingua inglese: non ha rivali. Ma viveva con una disciplina: aveva viaggiato in abbonamento da Brighton per anni, aveva vissuto del magro salario che il National Theatre gli pagava, mantenuto da tutte quelle piccole parti nei film. […] Marlon non ha mai avuto questo tipo di disciplina. Aveva un talento selvaggio che poteva essere imbrigliato, ma non si poteva controllare l’uomo. Certamente non aveva l’amore per il teatro che ha Larry.
  • Cleopatra… i tre film più difficili che ho mai fatto. […] Cleopatra è stato concepito in emergenza, girato in isteria e finito in un cieco terrore, ma ogni sforzo per dar la colpa dei costi a Miss Taylor è ingiusto… Miss Taylor può aver avuto problemi di salute e problemi sentimentali, ma non è costata alla Twentieth 35 milioni di dollari!
  • Noi trascuriamo le donne, perché sono gli esseri umani più complicati e, nello stesso tempo, quelli che offrono di più in cambio agli sceneggiatori e ai registi. La donna può dire sì e no nello stesso tempo. La donna vuole e non vuole nello stesso istante. La donna mente e dissimula infinitamente meglio dell’uomo, perché è stata obbligata a farlo nella nostra società. Ma detesterei che perdesse i suoi meravigliosi attributi. Sono anche attributi naturali. Invidio loro i superiori mezzi per affrontare la vita. Le trovo infinitamente più affascinanti degli uomini […]. Inoltre, le donne raramente sono rappresentate sullo schermo oggigiorno, tranne che come tette. Vuoi fare un milione di dollari? Scoprire la più grande Star di tutti i tempi? Sii il primo a venir fuori con una bella ragazza con le tette quadre! Mi sembra che sia questo quello che stanno cercando. Perché altrimenti la ghiandola mammaria femminile dovrebbe aver rimpiazzato il telefono che squilla come l’inserto più fotografato nei film?
  • [Sull’Oscar] Le combine, i solleciti e le manovre che implicano il suo ottenimento non compensano la gratificazione stranamente fugace che procura. La conquista dell’Oscar può spesso essere seguita, quasi per reazione, da un periodo di depressione. […] Una sorta di alchimia a rovescio: l’oro, una volta che lo si tiene tra le mani, diventa merda.
  • Nel 1928, un regista rumeno che si chiamava Buchowetski era venuto a Hollywood da primadonna, e i giornalisti che lo aspettavano lo fermarono alla stazione. Era lì, la giacca sulle spalle, circondato dai suoi lacchè. Qualcuno gli chiese qual’era la sua filosofia di vita, il suo punto di vista, o qualcosa del genere. Raddrizzatosi, dichiarò: «La vita è come una macchina da presa», e dopo questo commento criptico, s’infilò nella limousine della Paramount con l’addetto stampa, che era inquieto perché sapeva che la stampa avrebbe voluto che una simile dichiarazione fosse leggermente sviluppata. Domandò allora al regista rumeno cosa significava questa formula. Costui lo folgorò con lo sguardo e dichiarò: «Che ne so? Sono un regista, non un filosofo!»
  • Se torno a lavorare, sarà per fare dei film sugli esseri umani. Con rare eccezioni, i film della Hollywood di oggi sono cartoni animati, ricchi, certo, e bene illustrati, ma privi di particolare spessore. Vi sono pochi esseri umani dispersi tra i robot, ma il loro dialogo potrebbe essere scritto a fumetti, come le strisce dei comics. Mi è piaciuto E.T.. Era piacevole, divertente da guardare. Ma non ha messo alla prova per niente la mia intelligenza. A livello emotivo era come guardare uno di quei vecchi film di Lassie. Non voglio denigrarlo: provavi qualcosa per il ragazzo e questo andava bene. Spielberg ha un incredibile talento per queste cose. Ma… mi piacerebbe essere al lavoro. Mi piacerebbe fareShakespeareCoriolano. Questo mi piacerebbe fare.

Bibliografia [modifica]

  • Joseph L. Mankiewicz, a cura di Alberto Morsiani, Il Castoro Cinema, 1991. Ed. 2005. Allegato al DVD Eva contro Eva – Le Pietre Miliari.

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