John William Coltrane (Hamlet, 23 settembre 1926 – New York, 17 luglio 1967) è stato un sassofonista e compositore statunitense.
Tra i più grandi sassofonisti della storia del jazz, ha sicuramente lasciato un segno profondo nel tessuto di questa musica. “Trane”, come fu anche soprannominato, è stato uno dei più importanti innovatori del jazz degli anni sessanta, ponendosi come cerniera tra la poetica del bebope la rivoluzione del free jazz.
Il pensiero musicale di Coltrane, colto nelle diverse fasi della sua evoluzione, ha creato folle di proseliti e di imitatori tutt’oggi attivi sui più disparati palcoscenici del mondo. Il passaggio breve ma intenso di questo grande musicista sulla scena del jazz ha marcato un profondo discrimine tra la musica degli anni cinquanta e quella degli anni seguenti: in appena un secolo di storia, il jazz si è trasformato da musica popolare in musica colta.
Ha ricevuto numerosi premi e onorificenze postume tra cui la canonizzazione, da parte della African Orthodox Church con il nome di Saint John William Coltrane. La chiesa di San Francisco a lui dedicata, la Saint John William Coltrane African Orthodox Church, utilizza musiche e preghiere di Coltrane nella propria liturgia.
Biografia
Gli inizi
Unico figlio di John Robert Coltrane, sarto e con l’hobby della musica (suonava l’ukulele e il violino) e di Alice Blair, crebbe con la cugina Mary a High Point. A dodici anni perse il padre e fu poi colpito da altri lutti familiari. A tredici anni entrò nella banda dei boy scout come clarinettista e al liceo iniziò a suonare anche il sax contralto.
Nel 1943 si diplomò e si trasferì in cerca di lavoro a Philadelphia, frequentando la “Omstein School Of Music”. Nel 1945 svolse il servizio militare alle Hawaii, come clarinettista della banda militare della Marina. Tornato a Philadelphia entrò nel gruppo di Joe Webb e quindi in quello di Eddie Vinson, passando al sax tenore e dedicandosi al rhythm and blues. Nel 1948 entrò a far parte dell’orchestra dell’Apollo Theater di Harlem a New York. A Philadelphia suonò ancora con i fratelli Heath, con Cal Massey, con Howard McGhee e con l’orchestra di Dizzy Gillespie, in cui suonava il sax contralto. Nel 1951 l’orchestra si trasformò in un settetto e Coltrane passò nuovamente al sax tenore: con questa formazione registrò il primo pezzo a Detroit il 1 marzo.
Nel 1952 entrò nel gruppo di Earl Bostic e nel 1953 iniziò ad avere problemi con il consumo di eroina, a causa della quale venne licenziato dal gruppo di Jonny Hodges.
Nel 1955 si sposò con Juanita Grubbs (Naima) e iniziò a collaborare con Miles Davis.
John Coltrane è diventato vegetariano tra il 1960 e il 1961.[1]
L’incontro con Miles Davis
Quando Rollins tornò a ritirarsi dalla scena, come faceva di tanto in tanto, Davis dovette trovare un sostituto. Philly Joe Jones convinse Miles a chiamare Coltrane per un provino. Davis all’inizio non era entusiasta perché aveva ascoltato Coltrane anni prima in una sessione con Rollins, che era stato nettamente superiore. Dopo il provino, però, ne fu impressionato. Coltrane conosceva tutti i brani, teneva anche i tempi velocissimi, aveva un’esecuzione fluida, armoniosa, senza intoppi.
Coltrane si comportò come sempre: sfruttò l’occasione di incontro con un collega più esperto per fargli mille domande. Davis era un uomo che guardava la realtà con occhio lucido, disincantato, talora cinico. Era privo di autentica fede religiosa, in fondo anzi diffidava delle religioni. Nell’organizzare la sua musica non diceva nulla, non spiegava niente a nessuno, manteneva il segreto sulle strutture, sulle soluzioni armoniche, su tutto. Spesso dava le spalle al pubblico per inviare, non visto, segnali gestuali ai suoi. Oppure sussurrava loro all’orecchio.
La musica di Davis si offre all’ascolto come un oggetto sonoro liscio, perfetto, senza cuciture visibili, che non si può capire e smontare. Coltrane, al contrario, aveva una visione del mondo intrisa di irrazionale: divorava libri su qualunque argomento che non fosse scientifico, e talora anche libri di scienza, che comunque leggeva come se fossero libri sapienziali. Però in musica era concreto, pragmatico, materialista: di ogni nota, accordo, progressione, voleva sapere che cos’è, come si fa, come si chiama.
Non sorprende che i due, a prima vista, non si siano amati. Queste incongruenze di carattere infastidirono tantissimo Coltrane, al punto che decise di andarsene. Intanto il quintetto di Davis aveva firmato impegni per l’autunno e Davis dovette quasi pregare Coltrane di tornare. Il 26 ottobre 1955 il quintetto di Davis con Coltrane entrò in sala di incisione e incise per la Columbia quattro pezzi,Ah-Leu-Cha Two Bass Hit, Little Melonae e Budo, usciti poi sparsi in vari dischi. Essi aprono una serie aurea di incisioni per la Columbia e la Prestige Records effettuate nell’arco di un anno esatto: l’ultima è del 26 ottobre 1956. L’eleganza sembra essere la caratteristica principale di questo quintetto: tutto è liscio, piano, basso e batteria sono fusi in tutt’uno, il ritmo è elastico e incalzante, mai la minima sensazione di sforzo è avvertibile.
La sensazione di unità espressiva era dovuta sia alle ripetute prove sia all’affiatamento. Ogni pezzo era arrangiato con cura, ma l’arrangiamento è nascosto, spesso consiste di piccoli scintillanti tocchi isolati: una nota, un accordo del piano, un frammento melodico interpolato. Altri meccanismi sono più complessi, ma non meno nascosti al pubblico. In brani come If I Were A Bell e I Could Write A Book, i solisti possono allungare a piacere l’ultimo giro armonico, e avvisano di ciò la ritmica usando come segnali d’avvertimento piccoli frammenti del tema, nascosti nell’assolo. Per far questo occorrono sicurezza e affiatamento assoluti. Una volta messi a punto e interiorizzati i meccanismi, essi dovevano poi suonare tutto d’un fiato, senza pensarci. Nelle sedute dell’11 maggio e del 26 ottobre 1956, Davis fece suonare un’ora e mezza di musica di seguito, senza rifacimenti, come fosse una serata in club. Ne uscirono ben quattro dischi (Cookin‘, Relaxin‘,Workin‘ e Steamin‘) di incantevole freschezza.
In queste registrazioni si può notare la cura di Coltrane nell’esplorazione del giro armonico del brano: egli lo scavava, lo esplorava, lo sviscerava con foga, quasi con accanimento. Nelle prime incisioni il suo fraseggio è ancora tanto costruito con cura quanto banale. L’assolo in Budo è perfetto: mai una coda sciatta, una frase interrotta a mezz’aria. Una simile perfezione colpì l’attenzione di Miles Davis che cercava proprio questo. Il lungo assolo in Oleo è addirittura stupefacente: una continua, ininterrotta ghirlanda di frasi. In realtà, però, Coltrane aveva ben altro in mente: in un assolo come quello su Woodyn’ You, specie là dove il pianoforte tace lasciandolo indisturbato nelle sue ardite esplorazioni armoniche, egli non appare più intento a intrecciare ghirlande. Nel suo solismo inizia a fare capolino una nota lamentosa, sforzata, unghiuta, che contrasta in pieno con il solo di Davis. I primi ascoltatori ne furono sorpresi, e si divisero. Alcuni furono subito toccati dal timbro di Coltrane. Vi avvertivano una tensione, un’ansia di esprimere, un grido interiore, che travalicavano la corretta formalità delle frasi. Trasformatosi da quintetto in sestetto, la band di Davis iniziò le sue sperimentazioni nell’ambito dell’improvvisazione modale con l’album Milestones, del 1958 e toccò il culmine della sua lunga stagione con l’album Kind of Blue, inciso nel marzo del 1959. In esso, Miles Davis compì un altro passo in avanti sulla strada dell’improvvisazione modale. Per ottenere il massimo di spontaneità dai suoi musicisti, li convocò senza preparazione, e nello studio mostrò loro gli schemi dei pezzi con l’indicazione di semplici scale. Niente accordi. Ne risultò una musica dalle forme e dalle linee purissime.
Uno dei cinque brani, So What, sarebbe entrato stabilmente nel grande repertorio del jazz, diventando la bandiera del movimento modale. Blue In Green è una ballade astratta. In Flamenco Sketches, un pezzo in cui Davis sperimentò una struttura molto ardita, gli esecutori ebbero solo l’indicazione di cinque scale, da suonare nell’ordine, nient’altro. Il numero di battute è ad libitum, e non è spiegato con quale criterio gli improvvisatori passassero da una scala all’altra. L’assolo di Coltrane è di grande bellezza. C’è un attimo di panico nel momento in cui egli insiste a improvvisare sulla quarta scala (la scala flamenco) e rinvia il passaggio alla quinta scala, prendendo in contropiede Bill Evans. Queste strutture, di lunghezza variabile, furono impiegate da Coltrane nel successivo sviluppo della sua musica.
Giant Steps
All’inizio del 1959 Coltrane non aveva ancora un gruppo fisso. Ma in questo anno incise sette dischi, tra i quali Kind of Blue e Giant Steps.
Quest’ultimo album segna, per così dire, il punto di inizio della ascesa musicale di John Coltrane. La formazione che entrò in sala di registrazione al fianco del tenorista è la seguente: Tommy Flanagan al piano, Art Taylor alla batteria, Paul Chambers al basso. Il titolo Giant Steps è a doppio senso. Coltrane allude non solo alle scoperte che va facendo di giorno in giorno, ma anche ai paurosi salti che l’improvvisatore deve affrontare di continuo durante l’esecuzione del brano omonimo. L’assillo del bebop è sempre stato quello di affrontare le difficoltà del giro armonico. La difficoltà principale consiste nella modulazione da una tonalità all’altra: essa costringe il musicista a cambiare scala, a cambiare la scelta delle note, cambiando all’istante il suo pensiero musicale. Il salto più ostico è quello fra tonalità a distanza di terza maggiore: ad esempio Si e Re# (pensato enarmonicamente come Mib), oppure Si e Sol, oppure Mib e Sol. Le tre tonalità maggiori citate sono proprio quelle che si alternano in Giant Steps. Esse sono alla stessa distanza tra loro, come i vertici di un triangolo equilatero. Il giro armonico di Giant Steps passa di continuo, velocissimo, dall’una all’altra sia in un senso (Si – Sol – Mi bemolle) che nell’altro (Sol – Mi bemolle – Si), e l’improvvisatore non fa a tempo a pensare in una tonalità che già deve passare all’altra, e poi all’altra ancora.
Le tre tonalità sono collegate tra loro utilizzando le cadenze costruite sull’accordo di settima di dominante. In questo modo il salto tra la tonalità di si maggiore e quella di sol maggiore, che si trovano alla distanza di un intervallo di sesta minore , è ridotto. Infatti dopo l’accordo di si maggiore, per cadere in sol maggiore, viene usato l’accordo di re settima, cioè l’accordo di settima di dominante che cade sull’accordo di sol maggiore. Allo stesso modo, per passare dall’accordo di sol maggiore a quello di mi bemolle maggiore bisogna passare all’accordo intermedio di si bemolle settima, cadenza per il mi bemolle maggiore. In questo modo si comprende che il “giant step” è quello che intercorre tra l’accordo di si maggiore e quello di re settima, cadenza per il sol maggiore. Si tratta di un intervallo armonico di terza minore: si maggiore – re settima. A questo punto è comprensibile che il sistema usato da Coltrane per costruire il proprio triangolo armonico deriva dalle sostituzioni dei tritoni. Infatti il tipico turnaround C – A-7 – D7 – G7 può essere sostituito così: C – Eb7 – Ab7 – Db7. Ciò significa che l’intervallo armonico di terza minore era già usato. Coltrane lo ha sviluppato nel modo descritto per collegare le tre tonalità di si, mi bemolle e sol maggiore.
Il ciclo degli accordi di Giant Steps può anche essere pensato come un tournaround, o una modulazione. Infatti questo giro armonico può essere utilizzato come sostituzione del normale II-V-I. Ecco la spiegazione. Il tipico II-V-I (es: Re minore – Sol settima – Do settima maggiore) viene così sostituito (due accordi per misura): Re minore, Mi bemolle settima – La bemolle settima maggiore, Si settima – Mi settima maggiore, Sol settima – Do settima maggiore.
Il dato tecnico è tuttavia finalizzato al senso musicale e filosofico dell’opera. Per Coltrane, la scoperta del triangolo Si – Sol – Mi bemolle non poteva non avere un senso numerologico. Esso da questo momento fa capolino in molti altri brani, da Countdown a But Not For Me, a Central Park West, e perfino a Body and Soul. La magia del numero assume in Giant Steps forme ricorsive: raffigura un Eterno Ritorno. Coltrane girando vorticosamente dentro questo cerchio prende il volo, e porta a termine un capolavoro di trionfante, inarrestabile forza ascensionale. Gli altri brani del disco non sono molto inferiori. Countdown applica il triangolo di Giant Steps a un giro armonico (Tune Up di Miles Davis), a una velocità ancora maggiore: sono due minuti di materia sonora superdensa, che a causa di tale densità è un poco meccanica, ma è nondimeno di formidabile impatto. Gli strumenti entrano uno alla volta, batteria – sax – piano – basso; quando entra l’ultimo si espone il tema, e il pezzo è finito. Negli altri brani, Coltrane fa continuo uso di pedali, in maniera assai varia: in Spiral e nel tenero Naima un unico pedale al basso lega tra loro accordi diversi.Naima, con la sua melodia breve e commossa, divenne ben presto un classico del jazz.
Il quartetto storico
Nel 1960 Coltrane forma il suo primo quartetto: vi figurano il pianista McCoy Tyner ed il batterista Elvin Jones che, con il suo drumming possente e l’innovativo approccio ritmico, influenzerà notevolmente la musica del sassofonista. Elvin Jones non si limita a tenere lo swing ma interagisce costantemente con il solista, fornendogli un tappeto ritmico fitto ed incastrato, dal quale in ogni momento si possono derivare spunti per l’improvvisazione.
A partire dal 1961, al posto del contrabbassista Reggie Workman, subentra Jimmy Garrison. Fino a questo momento la maggiore preoccupazione di Coltrane era stata quella di approfondire l’armonia e lo studio degli accordi. La sua profonda smania perfezionista lo aveva condotto ad un’assoluta padronanza tecnico-armonica. I soli incisi con il gruppo di Miles Davis, quali ad esempioOleo, Straight no Chaser, come i contemporanei soli suonati su Moment’s Notice, Countdown, Giant Steps, rispecchiano la sua raggiunta perfezione.
Da qui in avanti Coltrane prende coscienza del significato da dare alla propria musica ed inizia la ricerca delle radici e delle origini del jazz, inteso anche come espressione musicale di un popolo, cui egli sa di appartenere. Aspira all’universalità della propria musica, perché ognuno possa comprendere il suo messaggio. Da questo momento Coltrane cessa di essere solamente un formidabile solista e diventa un grande musicista ed un importante innovatore.
Studia la musica modale suonata nel mondo: in Africa, in India, in Spagna, in Cina. Nascono brani come Liberia, Venga Jaleo, India, Brasilia ecc. Inoltre, su incitamento di Miles Davis, intraprende lo studio del sax soprano con cui incide My Favorite Things (1960). In questo brano il pianista suona accordi ribattuti, creando un sound ipnotico. Su questo tappeto spicca il soprano di Coltrane somigliante in certi registri a un oboe, e spesso orientaleggiante, grazie all’impiego di certi intervalli cromatici come quelli contenuti nella scala orientale. In altri momenti del solo, il sax riproduce sonorità mistiche tipiche della musica indiana. L’entrata nel gruppo di Elvin Jones, al posto di Billy Higgins, fu decisiva. Infatti, uno degli aspetti più importanti del gruppo consiste nell’affiatamento tra pianoforte e batteria, ed il loro incontrarsi in determinati punti del brano in modo da creare cicli ritmici, simili a quelli della musica africana. Elvin Jones è considerato, per la sua concezione poliritmica, uno dei massimi batteristi del jazz.
Il disco successivo è Coltrane’s Sound (1960) in cui è eseguita una memorabile versione di Body and Soul, arrangiata utilizzando un movimento cromatico ascendente e discendente della tonica dell’accordo minore attraverso la settima prima maggiore e poi minore. Altrettanto interessante è l’accompagnamento alternato tra accordi per quarte e accordi con la quinta aumentata a distanza di tono, che creano un’interessante tensione risolta poi sugli accordi dell’inciso. Questi momenti di tensione e distensione sono stati il tappeto ideale per Coltrane, che amava spesso suonare anche brani tonali in maniera modale con lunghi pedali di tonica o dominante sfocianti in un inciso ricco di aree tonali. Di questo contrasto si avvalse chiaramente lo stesso McCoy Tyner (ad esempio, in The night has a thousand eyes) dove le prime otto battute vengono suonate su un pedale di dominante ed il resto degli accordi seguono le più classiche progressioni II-V- I.
Altro disco della stessa formazione è Coltrane plays the blues (1960). In questo album sono dedicati un blues a Sidney Bechet ed uno allo stesso Elvin Jones. In due brani, Blues To Bechet eBlues To You, McCoy Tyner non suona. L’omissione del pianoforte della ritmica abituale consente a Coltrane di creare una nuova dimensione di spazio, di libertà armonica e melodica. Nel maggio del 1961 Coltrane incide Olé Coltrane, disco in cui si nota l’accostamento alla musica modale spagnola. In questa occasione, alla formazione di base, si aggiunsero Eric Dolphy al flautoe al sax contralto, e Freddie Hubbard alla tromba.
Impulse!
Sempre nel 1961, Coltrane cessa la sua collaborazione con l’etichetta Atlantic e inizia a incidere per la casa discografica Impulse!, il cui produttore, Bob Thiele, gli concesse amplissima autonomia. Il primo disco della nuova casa discografica fu Africa/Brass. Qui i brani sono tutti modali e la formazione è la stessa di Olé Coltrane, soltanto con l’aggiunta dell’orchestra. Un altro disco inciso per la Impulse! è Live! at the Village Vanguard del novembre 1961. Anche qui l’atmosfera dei brani è modale, soprattutto in Spiritual, dove ad Elvin Jones, Reggy Wolkman e McCoy Tyner, Coltrane affianca Eric Dolphy al clarinetto basso. Il disco comprende alcune registrazioni realizzate dal vivo nel mitico Village Vanguard. Dall’ascolto di queste si nota che i temi e gliarrangiamenti sono ridotti all’essenziale, e l’improvvisazione risulta dilatata al punto da durare anche quindici minuti. I brani del disco sono costruiti sulla forma blues, oppure su uno o due accordi. Infatti, queste registrazioni rispecchiano pienamente la concezione modale di Coltrane in quegli anni. Dall’ascolto si può capire anche la differenza tra la musica dal vivo e quella realizzata, da Coltrane, negli studi di registrazione. Nelle performance in pubblico gli assoli vengono eseguiti con totale abbandono, senza limiti di durata e, nonostante questo, non risultano di difficile ascolto. Si crea un flusso di energia musicale che non si riscontra nelle sedute in studio. In molti brani, registrati dal vivo, si nota sia l’assenza del pianoforte che quella del contrabbasso, lasciando Coltrane in lunghi dialoghi con il batterista Elvin Jones. L’album successivo fu Impressions dell’aprile 1963, registrato, anch’esso, al Village Vanguard nei due anni precedenti. Risale, infatti, al novembre del 1961 India, che rappresenta una delle più importanti incisioni di Coltrane.
Il brano è costruito interamente su un pedale di sol. McCoy Tyner non interviene quasi per nulla, dando spazio ai virtuosismi orientaleggianti e ai sovracuti del sax soprano di Coltrane. L’avvenimento più rilevante, in questo disco, è l’ingresso, nel quartetto, del bassista Jimmy Garrison, che prende definitivamente il posto di Reggie Workman. Anche nel brano Impressions, a un certo punto, sia McCoy Tyner che Jimmy Garrison abbandonano lo strumento lasciando dialogare Coltrane con Elvin Jones.
A Love Supreme
Si racconta che nel 1964 Coltrane, che era solito praticare ogni sera la meditazione yoga, durante una seduta sentì una musica nuova risuonare nella sua mente. Tornato allo stato vigile, si convinse che non poteva che trattarsi di un messaggio inviatogli da Dio. Coltrane meditò a lungo una nuova opera, di cui volle curare anche la produzione. Fu lui a scegliere la foto che lo ritrae, con espressione seria, sulla copertina. È una foto in bianco e nero, così come in austero bianco e nero è pubblicato tutto l’album. Fu ancora Coltrane a far stampare, all’interno, non le solite note di copertina, bensì una sua breve presentazione e una sua poesia, intitolata anch’essa A Love Supreme.
Nella presentazione Coltrane ringrazia Dio di averlo riportato sulla retta via. Afferma di aver passato un periodo di incertezza, e di averlo superato rimettendosi nelle Sue mani. Il disco è dunque un’umile offerta a Lui, in segno di ringraziamento. La poesia è un testo semplice, dogmatico e salmodiante, una dichiarazione di fede che, a tratti, riecheggia le asserzioni e le risposte che intercorrono tra predicatore e congregazione. L’opera è una suite in quattro parti. Esse si intitolano: Acknowledgement, Resolution, Pursuance e Psalm.
A differenza degli altri dischi, contenenti brani ricavati da varie sedute di incisione, questo album si risolve in un’opera a tutto tondo che, impiegando l’intera durata del long playing, dà luogo a uno dei primi concept album della musica moderna.
Il primo movimento si basa sulla continua ripetizione della cellula elementare di quattro note Fa – La bemolle – Fa – Si bemolle. Il carattere semplice e ripetitivo di Acknowledgement gli ha assicurato una vasta fama postuma nel mondo del rock, dove la leggenda di Coltrane si è diffusa, con ovvia accentuazione dei toni mistici, trovando proprio in quel riff di quattro note un comodo appiglio acustico. Mentre gli schemi di base dei quattro movimenti sono semplici, il contenuto delle improvvisazioni non lo è. Dal suo lungo silenzio Coltrane esce con una sonorità strana, nuova: più gonfia, vibrante ed enfatica. Di contro, il fraseggio è scarno, asciutto. Vi compaiono, specie nei primi due tempi, alcuni motivi di tre-quattro note, che l’autore trasporta, a suo piacimento, su e giù, verso l’acuto e verso il grave, creando inattesi urti con l’accompagnamento, che resta ancorato alla scala di base. È una tecnica nuova, che utilizza tutte le tonalità descrivendo la “totalità” e la grandezza di Dio, e che avrà importanti conseguenze. A Love Supreme è il capolavoro del periodo iniziato con My Favorite Things.
Servendosi del suo quartetto egli percorre un itinerario mistico, dalla contrizione di Acknowledgement, allo slancio lirico raffigurante la dolorosa decisione di cambiare (Resolution), alla forte, travolgente messa in pratica della decisione presa (Pursuance) fino alla preghiera di ringraziamento, quel metafisico Psalm in cui, alla fine, la voce del sax tenore si sdoppia per inatteso effetto di una sovraincisione, e sembra ascendere in cielo attraversando le suggestive nubi sonore prodotte dalle mazze felpate di Elvin Jones.
L’album fu acclamato in modo quasi unanime, e divenne ben presto il disco jazz più venduto nel mondo. In esso fu vista la summa di tutte le ricerche e gli approfondimenti compiuti da Coltrane negli ultimi anni. Ciò che anche i più entusiasti sostenitori notarono, è che con A Love Supreme si chiudeva un altro capitolo della vita artistica di Coltrane.
Il periodo “free”: Ascension
Già dal 1960, Ornette Coleman aveva gettato scompiglio con il suo free jazz, un jazz in apparenza libero da ogni regola, spesso atonale, e comunque indigeribile non solo per il grande pubblico, ma anche per molti jazzofili. Coleman fece scandalo, ma la sua rimase una presenza quasi isolata. Anche Eric Dolphy faceva a volte del free jazz e lo stesso Coltrane, in certi momenti, ci era andato vicino. In seguito il free jazz esplose come movimento robusto e vitale e Coltrane si schierò con convinto entusiasmo dalla parte di questi innovatori.
Coltrane, nonostante le aspre critiche verso questa forma estrema di jazz, buttò sulla bilancia tutto il suo prestigio, affermando l’alto valore di quella musica, apparendo insieme ai suoi praticanti ed incidendo con loro. Per due anni, essa fu documentata in buona parte da una grande etichetta come la Impulse!, che su consiglio di Coltrane scritturò sia Archie Shepp sia Albert Ayler.
Il 28 giugno 1965 fu una data storica. Quel giorno Trane radunò in studio, oltre a Tyner, Garrison e Jones, due trombettisti (Freddie Hubbard e Dewey Johnson), due sassofonisti tenore (Pharoah Sanders e Archie Shepp), due contraltisti (John Tchicai e Marion Brown) e un secondo bassista (Art Davis).
Ascension fu incisa in due versioni complete, registrate entrambe lo stesso giorno; i relativi nastri furono etichettati dai tecnici di studio rispettivamente come take 1 e take 2. Nel febbraio 1966 fu pubblicata su disco la seconda registrazione (take 2), oggi comunemente nota come “Edition I”. Alcuni mesi dopo, John Coltrane cambiò idea e fece ritirare dal commercio la “Edition I”, sostituendola con l’altra registrazione (take 1), su un disco che mantenne lo stesso titolo, la stessa copertina e lo stesso numero di catalogo. Questa versione definitiva è oggi nota come “Edition II”. Nella ristampa in CD di Ascension entrambe le versioni sono pubblicate insieme[2].
Il piano strutturale del lavoro è semplice: vi è un assolo per ciascuno dei fiati, uno per Tyner e uno per i due bassisti. Tra gli assolo sono interpolati squarci di improvvisazione collettiva di tutti gli undici musicisti. Questa germina all’inizio da un motivo di tre note, e ben presto si anima, si scalda, specie sotto l’impulso di Coltrane, di Shepp e di Sanders, un tenorista dai suoni violentissimi ed estremi. In breve la musica ribolle di melodie, di scale, di grida, di lamenti, di fischi: un’allucinante visione infernale, di fuoco e fiamme, che costituisce in certo senso l’antimondo di A Love Supreme. Durante l’incisione, perfino i presenti in studio non poterono trattenersi dall’urlare. Lo stesso assolo iniziale di Coltrane non può essere definito altro che un lungo, straziante urlo modulato. I vari solisti apportano naturalmente il contributo dei loro diversissimi stili. L’assolo di John Tchicai, al sax alto, è freddo, tenue e pigolante; quello di Shepp torvo e minaccioso, costruito con uno studiato crescendo da attore; quello di Tyner è martellante e oceanico; quello di Sanders sembra voler far esplodere il sassofono in mille schegge roventi.
Con Ascension, il free jazz ebbe nuovamente una sua opera manifesto: un’opera che spaventò i più, ma che rivelò comunque una forza tale da esercitare una straordinaria fascinazione anche su molti ascoltatori restii o dubbiosi, e un poderoso effetto trascinante su tutto il movimento free.
Meditations
A luglio dello stesso anno (1965), Coltrane effettuò l’ennesima apparizione europea. Suonò in quartetto, ma ormai la sua musica aveva raggiunto l’incandescenza con qualunque organico. Il pubblico del festival di Juan-les-Pins lo ascoltò con stupore suonare una musica ormai molto lontana da quella che aveva conquistato il mondo solo tre o quattro anni prima. Ma Trane non smise di andare avanti e, tornato negli Usa, riprese un ritmo produttivo forsennato. Il 26 agosto incise l’album Sun Ship, sorta di cartone preparatorio per un’opera più compiuta, Meditations. Questa fu da lui incisa per la prima volta il 2 settembre, in quartetto; ma il risultato non lo soddisfece, e rimase a lungo inedito. In queste opere Coltrane sperimenta nuove tecniche di organizzazione della sua musica. Nella prima versione di Meditations, egli esegue il brano Love più o meno come un improvvisatore indiano effettua la cosiddetta “presentazione” di un raga. Gli accompagnatori suonano una scala e Coltrane ripete un frammento melodico percorrendo questa scala in su e in giù. Il risultato è suggestivo ma monocorde, e Coltrane accantonò l’idea per riprenderla più avanti. In altri brani, come Sun Ship, Joy o Consequences, Coltrane parte da una scheggia tematica di una o due note, e aggiunge via via una nota alla volta, conquistando man mano lo spazio sonoro intorno a sé.
Tra l’1 e il 14 di ottobre Coltrane, con il gruppo allargato a Pharoah Sanders e ad altri ospiti, incise tre opere di grande rilievo: Om, Kulu Sé Mama e Selflessness.
Om è un’opera cardinale, in quanto Coltrane vi osa un gesto di portata storica incalcolabile: egli abbandona la sua fedeltà alla tavolozza timbrica tradizionale del jazz, immettendo nella sua musica ampi squarci di suoni non jazz. Coltrane (affiancato da Sanders, Tyner, Garrison, Garrett, Elvin Jones ed il flautista Joe Brazil) ci offre un caleidoscopico brano free-form dalla durata di soli 28 minuti, un’esperienza sonora mistica, fortemente evocativa, assai più difficile da digerire rispetto al più conosciuto “Interstellar Space”. È evidente come Coltrane si accosti con questo lavoro sempre più ai suoni della musica etnica africana ed orientale, abbracciando così una visione musicale volutamente etnico-ascetica e multidimensionale. La jam si snocciola insistente su cacofonie, echi e dissonanze furiose e la leggenda narra insistentemente che Coltrane avesse fatto uso di LSD durante le sedute di registrazione. Già l’inizio trasporta subito l’ascoltatore in un’Africa immaginaria: si ascoltano percussioni varie, e sopra di esse una mbira, il piccolo strumento africano a lamelle pizzicate con i pollici. Segue una salmodia recitata dai musicisti, che si conclude sulla parola om, la quale dà vita a un free collettivo. Nel disco è presente anche un flauto (Joe Brazil), che però emette suoni arcani e arcaici, non-europei. Qui Coltrane non si esibisce più in smoking con il suo elegante quartetto, che suona canzoni di Richard Rodgers, con scale modali, accordi, ritmi precisi, ma getta in faccia all’ascoltatore brandelli di materia sonora viva, cruda. L’atmosfera è religiosa, sciamanistica, frenetica, misterica, quasi da messa nera. Il disco, oggi, appare nel suo complesso come uno dei lasciti di jazz psichedelico più significativi ed interessanti di sempre, al pari solo di Bitches Brew di Miles Davis (ed è ancora ingiustamente sottovalutato e poco considerato all’interno di tutta la vasta discografia coltraniana). Om si potrebbe anche accostare all’LP dei Red Crayola The Parable Of Arable Land (registrato sempre in quell’anno), caposaldo di free-form music ancorato però ad una realtà e visione culturale che è quella del freak-rock americano. In Kulu Sé MaMa irrompe in scena un poeta, cantore e suonatore di tamburo, Juno Lewis, intorno alla cui poesia, cantata nel dialetto afro-creolo detto Entobes, si muove il resto del gruppo, facendogli sontuosa corona. Selflessness è, al confronto, un’opera tradizionale: gli esecutori sono gli stessi di Kulu Sé Mama, ma il centro e la virtù delle cose sono i due sassofoni e il clarinetto basso, impegnati in un continuo dialogo spalla a spalla, dapprima fluido e ruscellante, poi sempre più rabbioso. L’annata si chiude, il 23 novembre, con la registrazione del nuovo, e stavolta definitivo, Meditations. La differenza sta nel fatto che oltre a Sanders, Coltrane ha aggiunto un secondo batterista, Rashied Ali, che suona in modo totalmente libero: sommato ad Elvin Jones, ne viene fuori un uragano percussivo. L’idea strutturale di base del vecchio Meditations viene mantenuta, ma con una cruciale differenza: vi è sempre una scala di base, e Coltrane che suona un frammento melodico di questa scala, trasportandolo su e giù.
Ma stavolta non lo trasporta sulle note della scala, bensì suonando altre scale. Questo procedimento, che in nuce avevamo scorto in A Love Supreme, deflagra qui in tutta la sua carica dirompente: quella musica che era monocorde e prevedibile ora sprizza urti dissonanti tra le diverse scale. I musicisti si muovono in uno spazio in cui tutte le note sono più o meno costantemente presenti, e in cui tutto si può suonare. Coltrane inoltre ha eliminato uno dei cinque brani, Joy, e l’ha sostituito — cambiando un po’ la successione — con il nuovo brano The Father and the Son and the Holy Ghost, collocato in apertura. L’ignaro ascoltatore che metteva la puntina all’inizio del disco fa un salto: le due batterie scatenano il pandemonio, e Sanders emette di continuo uno stridente suono multiplo. È un paesaggio sonoro inaudito, mai immaginato da mente umana. Su di esso Coltrane espone la cellula tematica che poi trasporterà su e giù. Segue senza interruzione Compassion, un’oasi dai contorni più rilassanti e familiari, in cui McCoy Tyner dà vita a uno dei suoi grandiosi assolo.
Il lato B reca, pure di seguito, Love, Consequences e Serenity: due brani recitativi che ne incorniciano uno esplosivo, pieno di schegge sonore, in cui è alla ribalta Sanders. Nell’insieme, l’impianto strutturale comune a tutti i brani dona all’intero Lp una ferrea coerenza interna, rendendo accettabili, e anzi del tutto logici, i suoi continui capovolgimenti dalla violenza alla dolcezza e viceversa. Da un materiale noioso e inerte, Coltrane ha ricavato un nuovo, visionario capolavoro. La sua sintassi rivoluzionaria segna tuttavia il punto di rottura per McCoy Tyner, che non riesce a seguire l’evoluzione di Trane. Elvin Jones farà altrettanto tre mesi dopo, dichiarando: «Possono capirlo solo i poeti».
Ora con lui erano Sanders, Alice McLeod al piano, Jimmy Garrison e Rashied Ali. La sua musica era ormai stabilmente priva di pulsazione ritmica, fluttuante nell’aria: e gli ascoltatori erano perplessi circa la pianista, che certo non valeva Tyner. Ma Alice faceva senza problemi ciò che Coltrane voleva: e Coltrane voleva sentire di continuo un sottofondo come di arpa. Non soltanto i critici ma anche gli ascoltatori erano dubbiosi. Per Coltrane, il rapporto con il pubblico era vitale, non lo si poteva troncare impunemente. Egli sentiva di correre questo rischio, e ne era angosciato.
Un’altra volta confessò che essere acusticamente abituato alla propria musica era per lui un problema. Avrebbe voluto percepirla come un profano che la sentisse per la prima volta. Lacerato tra il richiamo dell’ignoto e il richiamo della tradizione, in maggio (1966) Coltrane incise un nuovo disco dal vivo al Village Vanguard (Live at the Village Vanguard Again!), come nel 1961. I due lunghi pezzi pubblicati furono due improvvisazioni realizzate dal gruppo nel suo stile attuale; ma i temi erano Naima e My Favorite Things. Nel corso dell’anno Coltrane poté finalmente regolarizzare il suo stato civile. Lo Stato di New York aveva approvato una legge in base alla quale era possibile chiedere il divorzio non più solo per adulterio ma anche per altre cause, come la separazione di fatto. Coltrane ottenne quindi il divorzio da Naima, e sposò Alice McLeod. Coltrane diradò le sue esibizioni, restando spesso a casa a meditare sui suoi argomenti prediletti — la morte, la teoria della relatività e l’universo in espansione, la numerologia — e a elaborare le sue teorie sui rapporti tra suono e numero. Egli appariva ossessionato dal bisogno di raggiungere una verità ultima, sostanziale, assoluta: il nocciolo della verità, la crux, come amava dire. Nel mezzo di questo strano periodo di attività più che altro mentale, giunse la proposta di una tournée in Giappone. Era un paese che Coltrane era ben felice di visitare, visto il suo interesse per l’Oriente, e dove era molto amato. In realtà ci fu ben poco da visitare: il carnet di viaggio era micidiale. Dall’8 al 24 luglio più di un concerto al giorno. L’accoglienza fu principesca. I giapponesi lo aspettarono all’aeroporto con cartelli inneggianti. Ovunque vi erano manifesti suoi, tappeti rossi, limousine, scolarette con mazzi di fiori. Coltrane li ripagò con concerti lunghissimi, in cui come sempre si spremette fino in fondo; in repertorio pochi brani, tra cui una splendida composizione nuova, un’invocazione struggente, Peace On Earth.
La fine [modifica]
Oltre ai concerti vi erano poi continue conferenze stampa. Le foto che furono scattate in quei giorni lo ritraggono molto ingrassato, e, in circa metà di esse, con una mano sul fegato. A pochi confessò la sua sofferenza. Aveva mal di testa continui, e sempre più forti. Tornato dal Giappone, ingoiava aspirina in dosi inquietanti. George Wein gli propose una tournée in Europa. Rifiutò:«non sto bene, disse, non me la sento». Wein gli offrì di rinviare la data a suo piacimento. Ma Coltrane non voleva partire affatto. In realtà, diversi fattori stavano ormai congiurando contro la sua salute. Gli anni dell’eroina avevano provocato guasti terribili. Coltrane avrebbe dovuto curarsi con regolarità ma aveva un irrazionale terrore dei medici; non faceva neppure controlli. La sua paura per i medici era di fatto sfiducia nella scienza. La frequentazione delle filosofie orientali doveva averlo indotto in uno stato di passiva accettazione del destino, ivi inclusa la morte. Da tempo si era convinto di dover morire presto, e della morte parlava spesso, con chiunque. Egli affrontò quindi il destino senza opporvisi, senza curarsi. Da un altro lato, la certezza della morte imminente lo indusse ad andare avanti nella sua ricerca artistica senza più remore. Come in una folle corsa verso la fine di tutto. A Ravi Shankar, per telefono, Coltrane apparve triste e frustrato: cercava qualcosa di nuovo, ma non sapeva cosa. Il 26 dicembre 1966 diede un concerto al Village Theater di New York con Algie DeWitt, suonatore di baia (un tamburo a clessidra usato nei cultivoodoo), Ornar Ali alla conga, il trombettista John Salgalo e il bassista Sonny Johnson, più il suo quintetto. Questo ensemble stranamente assortito non ha lasciato dischi; ma testimoni hanno raccontato che la musica era di un’intensità selvaggia e soverchiante.
Nel 1967, tra febbraio e marzo, registrò il materiale confluito poi negli album Expression e Interstellar Space. Il primo disco è in quartetto, e fu l’ultimo alla cui uscita egli attese personalmente; fu pubblicato poco dopo la sua morte. Esso contiene una musica ancora nuova e diversa, di sublime bellezza, in cui tutte le ricerche, le inquietudini, i conflitti, le violenze che segnano l’intera sua opera sembrano conciliarsi sotto il segno di una ritrovata serenità. L’iniziale, brevissimo Ogunde Varere è un commosso addio alla vita: sopra i fluttuanti arpeggi del pianoforte, Coltrane intona una lirica melodia, che suona del tutto originale, diversa da qualsiasi altra melodia antica o moderna, e al tempo stesso profondamente familiare. Essa infatti nasconde una struttura di blues. Offeringed Expression sono pagine analoghe, più ampie, che attraversano tratti convulsi, ma che alla fine planano di nuovo nella stessa atmosfera di pace ultraterrena. A parte va considerato il brano più lungo dell’album, To Be. In esso Coltrane suona il flauto che era appartenuto a Eric Dolphy, e Sanders lo affianca all’ottavino. A quattro pianeti — Marte, Venere, Giove, Saturno — sono per l’appunto intitolati i quattro brani dell’altro album, Interstellar Space, uscito nei primi anni settanta. Dal punto di vista strutturale, la musica è simile a quella di Expression: in ambedue si ritrovano tra l’altro le procedure già descritte per Meditations, in particolare il trasporto di brevi motivi su scale diverse. Il carattere è però tutt’altro: Coltrane, al sax tenore, dialoga con Rashied Ali, e la presenza dell’incendiario batterista si trasforma in occasione di estenuante sfida. Lascia allibiti lo stoicismo di Coltrane, che si sottopose a simili sforzi nelle condizioni in cui era. Il linguaggio rotolante, inarrestabile come una lingua di colata lavica, che si ascolta nei concitati assolo degli album precedenti qui appare denudato, messo allo scoperto, e mostra una così rigorosa logica architettonica da reggere l’ascolto da solo. In quei vertiginosi giochi di scale su scale, che innervosirono gli ascoltatori già nei concerti del 1960, sono in realtà applicate ferree regole di combinazione, permutazione, trasporto di centro tonale e di modo. Chi riesca ad afferrarne i motivi e gli sviluppi trova in questa musica una ricchezza esaltante, inesauribile, unita a squarci di purissima poesia, come nel delicato Venus o nel tracotante Jupiter. L’ultima seduta di incisione si tenne il 17 marzo. Si registrò un solo brano, Expression, probabilmente perché Alice era in gravidanza avanzata. Due giorni dopo nasceva il terzo figlio della coppia, Oran.
Il 23 aprile Coltrane apparve con il quintetto al Centro di Cultura Africana fondato da Olatunji a Harlem. La struttura era appena nata, su progetto di Olatunji e altri, incluso Coltrane, che la sostenne finanziariamente con generosità. Suonò, dicono, bene come sempre, e a lungo come sempre. Un solo particolare tradisce le sue reali condizioni: suona seduto. Ciò nonostante, in quello stesso aprile Trane rinnovò il contratto con la Impulse! per due anni. A maggio, andò a visitare sua madre a Philadelphia, insieme ad Alice, quando ebbe un’improvvisa fitta allo stomaco. Piegato in due, si chiuse in camera sua, rifiutando ogni cura. Ne usci poco dopo: non riconosceva più sua madre e sua moglie. Tornarono a casa subito. Alice gli fissò una visita. Ci andò, stavolta. Lo ricoverarono per una biopsia, ma rifiutò di protrarre la degenza e telefonò ad Alice e si fece portar via.
La domenica fu di nuovo ricoverato d’urgenza all’ospedale Huntington. Morì alle quattro del mattino di lunedì 17 luglio 1967, stroncato da un tumore al fegato.
Lo stile
Approccio tecnico al sax tenore
I primi tratti caratteristici dello stile di Coltrane furono fissati al tempo in cui suonava al Five Spot Café. In quel periodo egli mise a punto la tecnica detta “Sheets of sound”. I suoi soli si componevano di frasi lunghe e veloci, suonate in sedicesimi (semicrome) o in trentaduesimi (biscrome), in modo da fondere fra loro le note, in un continuo glissando. Questo modo di suonare era del tutto nuovo. A differenza di Charlie Parker, Coltrane usava le frasi di sedicesimi per conferire al brano più fluidità e, come si vedrà, un particolare senso ritmico.
Nello stesso periodo Coltrane venne spinto da Thelonious Monk a esplorare nuove sonorità. In particolare egli cercava il modo di ottenere, dal sax tenore, due o tre suoni contemporanei. Un chiaro esempio di questa tecnica si può trovare nel brano Harmonique. Questa tecnica incuriosì anche il celebre Sonny Rollins.
Suonando con Monk, Coltrane apprese il modo di esplorare tutte le possibilità improvvisative del brano, impegnandosi così in lunghi soli, durante i quali usava particolari suoni, rumori, fischi, grugniti. È importante sottolineare come tutto ciò fosse già presente nel sound del rhythm and blues.
Coltrane, tuttavia, si servì di queste tecniche, non in senso meramente virtuosistico, ma per chiare finalità musicali. Egli inoltre allargò le risorse tecniche del sax tenore, mediante le estensioni, l’utilizzo dei registri estremi, timbriche particolari, diteggiature alternative utilizzate per il loro effetto sonoro, armonici, differenti modi di alterare il suono con l’intensità del fiato. Coltrane fu il primo ad esplorare i suoni del sax soprano. Egli ottenne da questo strumento un sound sinuoso e serpentino. La grana del suono del sax soprano può definirsi scarna e funzionale al senso religioso della musica di Coltrane. La musica creata con questo strumento è fatta di melodie sinuose ed eteree, di carattere mistico. Basti ascoltare la celebre esecuzione di My favorite Things, contenuta nell’album omonimo.
Lo stile armonico e ritmico
L’approccio tecnico armonico della stile coltraniano è vario e complesso. Il suo modo di suonare andò perfezionandosi durante il periodo in cui egli approfondiva il bebop. Alla fine di questo apprendistato la musica di Coltrane aveva un alto grado di complessità.
Durante il periodo tonale, corrispondente al periodo dello hard bop, Coltrane giunse a padroneggiare qualsiasi tipo di situazione armonica, fino ad introdurre proprie soluzioni. Tipico esempio di quanto detto sono i Coltrane changes. La riarmonizzazione istantanea dei brani era una caratteristica degli hard-boppers, ma la complessità dell’approccio di Coltrane va oltre questo discorso. Innanzitutto egli approfondì l’uso delle scale, utilizzando, in aggiunta alle scale tipiche del bebop, scale indiane, orientali, pentatoniche, ecc. Ciò contribuì non solo ad allargare il sound ma a fornire al solista maggiori possibilità di esplorazione armonica. Questo approccio imponeva inoltre il superamento dei vecchi cliché del bebop. Inoltre Coltrane contribuì anche al rinnovamento ritmico dell’improvvisazione.
Durante il periodo modale, che va dal 1961 al 1965, anno in cui fu pubblicato A Love Supreme, Coltrane improvvisa utilizzando i modi delle scale di riferimento piuttosto che gli accordi. Egli si impegna anche in una rilettura del blues in senso modale o orizzontale. La Atlantics pubblicò nel 1962 l’album Coltrane Plays the Blues. Nel 1963 uscì l’album Ballads dove, nonostante il senso tonale della composizioni, il fatto che gli accordi si succedano in tempo lento consente un approccio modale dell’esecuzione.
In questo stesso periodo Coltrane modifica anche l’utilizzo delle scale preferendo le esatonali e le pentatoniche. Infine si sente l’utilizzo delle costruzioni per quarte, che sarà poi sviluppato durante il successivo periodo sperimentale, basti pensare al brano Aknowledgment di A Love Supreme.
Il modo di suonare di John Coltrane viene spesso definito imprevedibile. Questa caratteristica è invero il risultato dell’introduzione, nel fraseggio melodico, di figure musicali asimmetriche come le settimine, le nonine, le tredicimine e via dicendo. Inoltre, nel fraseggio, Coltrane intercalava anche le pause. In particolare, egli scoprì che poteva dividere le battute anche in numeri dispari di note. Di norma, un jazzista divide una battuta di 4/4 in otto note (crome). Coltrane, sistematizzando una pratica già saggiata da Charlie Parker e Dizzy Gillespie, prese l’abitudine di dividere la battuta in sedici note (semicrome), eseguendo così fiotti continui e mobilissimi, dall’acuto al grave all’acuto, di note molto brevi. Poi iniziò a dividere la battuta non nei soliti multipli di due, ma in multipli di tre (terzine), e poi di cinque (quintine), e di sette.
Eseguendo questi gruppi irrazionali, il fraseggio non suonava più come se fosse inchiodato al tempo di base, ma fluttuava al di sopra di esso, in modo apparentemente libero. Coltrane si rese anche conto che gruppi irregolari di cinque non hanno lo stesso effetto di gruppi di sette e che tutti questi gruppi irrazionali di note potevano essere mescolati. Ne risultava una esecuzione spigolosa, spezzata e quindi assolutamente innovativa. I tempi preferiti da Coltrane sono stati il 4/4, il 3/4, il 6/8. Tuttavia il suo approccio ritmico subì l’influenza del drumming di Elvin Jones, caratterizzato dall’uso delle poliritmie.
Dopo Coltrane
Ebbe grande influenza sia sul sax tenore che sul sax soprano per i sassofonisti dagli anni 1970, nonostante alcune critiche negative. Lo stile di Coltrane nella sua prima fase, precedente al 1964, influenzò Wayne Shorter, Joe Henderson ed anche Steve Grossman e Dave Liebman, che avevano suonato nel gruppo di Elvin Jones. Per la sua fase free jazz suonò spesso insieme ad Archie Shepp e il suo erede dopo la sua scomparsa fu Pharoah Sanders. Sanders partecipò insieme a McCoy Tyner e Roy Haynes al disco A Tribute to John Coltrane – Blues For Coltrane, prodotto dalla Impulse!.
Tra i sassofonisti che furono da lui influenzati ci sono ancora Jerry Bergonzi, Joe Lovano, Bob Berg, Joshua Redman, il figlio Ravi Coltrane, Michael Brecker e Branford Marsalis.
Sono stati influenzati dal suo stile anche il pianista McCoy Tyner e il batterista Elvin Jones, che avevano fatto parte del suo gruppo e ne avevano assimilato gli elementi musicali orientali e africani, e che nella loro carriera come solisti hanno ripreso spesso il suo repertorio.
Tra le composizioni di Coltrane, una delle più eseguite è Giant Steps, che è stata interpretata da musicisti come Jaco Pastorius e Pat Metheny.
L’importanza di Trane è stigmatizzata dalle seguenti parole di Red Garland:
« Sì, ricordo la registrazione di Invitation, come, del resto, ricordo tutte le altre effettuate con Trane. Come non potrei? Neppure Miles Davis potrebbe dimenticare ogni istante in cui ha soffiato accanto a quel colosso. Stare accanto a Coltrane è stato più che un’esperienza impagabile. Lui iniziava a soffiare e ognuno di noi veniva immediatamente catturato nella sua rete. Non potevi più uscirne fuori. Ma, per il vero, nessuno di noi ha mai tentato di uscirne. Era ammaliato, stregato, plasmato, annientato dalla sua musica, dalle note che quel sassofono sfornava a getto continuo, senza tregua, senza remissione. Note incandescenti che avrebbero potuto anche ustionarti. E tutte con un preciso significato. Trane non ha mai fatto nulla in cui non credesse fortemente e che non sentisse intensamente. Era un sincero, un passionale. Si è distrutto suonando troppo. La creatività, che aveva dentro e non gli dava tregua, lo ha fatto morire. Invitation? Che dire. C’è tutto Trane in quel lunghissimo assolo. Tutta la sua arte, il suo cuore, la sua umanità. Dopo Parker è arrivato Trane. Poi, quando anche lui è scomparso, è rimasto il deserto. Arriverà un altro messia? All’orizzonte non appare nessuno. » |
La voce di Coltrane
« Il jazz, se si vuole chiamarlo così, è un’espressione musicale; e questa musica è per me espressione degli ideali più alti. C’è dunque bisogno di fratellanza, e credo che con la fratellanza non ci sarebbe povertà. E con la fratellanza non ci sarebbe nemmeno la guerra. » |
(Riportato in Black Nationalism And The Revolution In Music, di Frank Kofsky, Pathfinder press, 1970) |
« Sul contralto ero stato totalmente influenzato da Charlie Parker e mi sentivo sempre inadeguato. Ma sul tenore non c’era nessuno le cui idee fossero così dominanti come quelle di Parker. Tuttavia ho preso qualcosa da tutti quelli che ho ascoltato in quell’epoca, a cominciare da Lester Young, ma tenendo conto anche di musicisti che non hanno mai registrato un disco. » |
(Riportato in John Coltrane – con il blues nell’anima di Alberto Rodriquez, in Musica Jazz, novembre 1981) |
« Quando suonavo con Dizzy non ero cosciente dei miei mezzi. Suonavo secondo dei cliché e cercavo di imparare i pezzi più famosi, così potevo suonare insieme ad altri musicisti. » |
(Da Trane On The Track di Ira Gitler. Intervista rilasciata il 16 ottobre 1958 e ripubblicata su Down Beat, luglio 1999)) |
« Vedete, io ho vissuto per molto tempo nell’oscurità perché mi accontentavo di suonare quello che ci si aspettava da me, senza cercare di aggiungerci qualcosa di mio… Credo che sia stato con Miles Davis, nel 1955, che ho cominciato a rendermi conto che avrei potuto fare qualcosa di più. » |
(Da John Coltrane: C’est chez Miles Davis, en 1955, que j’ai commencè à prendre conscience de ce que je pouvais faire d’autre, di Francois Postif, gennaio 1962.) |
« Il lavoro con Monk mi portò vicino a un architetto musicale di primissimo ordine. Ogni giorno imparavo da lui qualche cosa per mezzo dei sensi oltre che teoricamente e tecnicamente. Parlavo con Monk di problemi musicali e lui si metteva al piano e mi mostrava le risposte suonando. Io lo guardavo suonare e scoprivo ciò che volevo sapere. E così imparavo anche un sacco di cose per me del tutto nuove… » |
(Da Coltrane On Coltrane, di John Coltrane in collaborazione con Don Demicheal, in Down Beat, 29 settembre 1960.Riportato da Ira Gitler nelle note di copertina dell’album Thelonious Monk With John Coltrane) |
« Durante l’anno 1957 sperimentai, per grazia di Dio, un risveglio spirituale che doveva condurmi ad una vita più ricca, più piena, più produttiva. A quel tempo, per gratitudine, chiesi umilmente che mi venissero concessi i mezzi ed il privilegio di rendere felici gli altri attraverso la musica. Sento che ciò mi è stato accordato per Sua grazia. Ogni lode a Dio. » |
(Dalle note di copertina scritte da John Coltrane per l’album A Love Supreme) |
« Sono molto felice di poter dedicare tutto il mio tempo alla musica, e sono contento di essere uno di coloro che si sforzano maggiormente di crescere come musicista. Considerando la grande tradizione musicale che abbiamo alle spalle, il lavoro di tanti giganti del passato, del presente, e le promesse di tanti altri che stanno maturando, sento che ci sono tutti i motivi per guardare al futuro con ottimismo. » |
(Da Coltrane On Coltrane, di John Coltrane collaborazione con Don Demicheal, in Down Beat, 29 settembre 1960) |
« Il mio compito di musicista è trasformare gli schemi tradizionali del jazz, rinnovarli e soprattutto migliorarli. In questo senso la musica può essere un mezzo capace di cambiare le idee della gente. » |
(Riportato in John Coltrane – Con il blues nell’anima di Alberto Rodriguez, in Musica Jazz, dicembre 1981) |
« L’unica rabbia che posso provare è verso di me, quando non riesco a suonare quello che voglio. » |
(Dalle note di copertina dell’album Coltrane’s Sound) |
« Prima dell’arrivo di Dolphy nel gruppo mi sentivo a mio agio con un quartetto. Ma quando Eric si è unito a noi, è stato come se la nostra famiglia si fosse arricchita di un nuovo membro. Egli aveva trovato un altro modo di esprimere quelle cose per le quali fino a quel momento noi eravamo riusciti a trovare solo una maniera per esprimerle. Dopo che entrò a far parte della formazione, Dolphy ha ampliato le nostre possibilità e le nostre ambizioni: ha avuto su di noi un effetto estremamente positivo. » |
(Dalle note di copertina dell’album Duke Ellington e John Coltrane) |
« Sono molto onorato di avere avuto l’opportunità di suonare con Duke Ellington. È stata un’esperienza meravigliosa. Lui aveva posto dei limiti che all’inizio io non avevo colto. Mi sarebbe piaciuto lavorare su altri pezzi, ma poi sono arrivato alla conclusione che difficilmente avremmo potuto suonare con la stessa spontaneità con cui avevamo suonato sino a quel momento. » |
(Dalle note di copertina dell’album Duke Ellington e John Coltrane) |
« Ciò che mi attrae di Ravi Shankar è l’ aspetto modale della sua musica. Per un certo periodo, all’epoca di Giant Steps, la mia preoccupazione maggiore erano gli accordi, mentre ora è cominciato per me il periodo modale. Se ne suona molta musica modale nel mondo. In Africa per esempio, essa ha un rilievo straordinario, ma verso qualunque altro paese si indirizzi lo sguardo – alla Spagna, alla Scozia, all’India o alla Cina – è sempre questo tipo di musica che si impone all’attenzione. Esiste dunque una base comune. Ed è questo aspetto universale della musica che li interessa e mi attira, fungendo da traguardo. » |
(Riportato da Frank Tenot nel fascicolo n. 10 I giganti del jazz Curcio Editore) |
« Sotto il profilo tecnico ci sono certe cose che mi piace inserire nei miei assoli. Per farlo devo avere a disposizione il materiale giusto. Funzionale allo swing, ad essere variato. Voglio riprendere vari tipi di musica e inserirli in un contesto jazzistico per suonarli con i miei strumenti. Mi piace la musica orientale e Yusef Lateef è uno che per qualche tempo l’ha utilizzata facendola confluire nel suo modo di suonare. Ornette Coleman suona a volte con un concetto spagnoleggiante, come pure con altri concetti musicali dai profumi esotici. In questi approcci musicali ci sono delle cose alle quali posso attingere per adattarle al modo in cui a me piace suonare. » |
(Da Coltrane On Coltrane, di John Coltrane in collaborazione con Don Demicheal, in Down Beat, 29 settembre 1960) |
« Non so esattamente ciò che sto cercando, qualcosa che non è stato ancora suonato. Non so che cosa è. So che lo sentirò nel momento in cui me ne impossesserò, ma anche allora continuerò a cercare. » |
(Riportato da Frank Kofsky nelle note di copertina scritte per l’album The John Coltrane Quartet Plays) |
« Stavo provando a fare qualcosa…. C’era qualcosa che volevo fare musicalmente e arrivai alla conclusione che potevo fare due cose: avere un gruppo che suonasse nel modo in cui eravamo soliti suonare, o un gruppo che seguisse la direzione che ora ha preso il mio gruppo. E io potrei unire questi due gruppi seguendo questi concetti. » |
(Riportato in Black Nationalism And The Revolution In Music, di Frank Kofsky, Pathfinder Press , 1970) |
« Pharoah Sanders mi aiuta a rimanere in vita, a volte, perché il ritmo che sto sostenendo è fisicamente molto intenso. Sento che mi fa piacere avere questa forza nel gruppo e in qualsiasi altro luogo. Pharoah è molto forte nello spirito e nella volontà, mi capisce queste sono le cose che mi piace avere attorno a me. Nel vecchio gruppo Elvin aveva questa forza. Io devo sempre avere vicino a me qualcuno con questa forza. » |
(Riportato in Black Nationalism And The Revolution In Music, di Frank Kofsky, Pathfinder Press, 1970) |
« Non c’è mai fine. Ci sono sempre dei suoni nuovi da immaginare, nuovi sentimenti da sperimentare. E c’è la necessità di purificare sempre più questi sentimenti, questi suoni, per arrivare ad immaginare allo stato puro ciò che abbiamo scoperto. In modo da riuscire a vedere con maggior chiarezza ciò che siamo. Solo così riusciamo a dare a chi ci ascolta l’essenza, il meglio di ciò che siamo. » |
(Riportato da Nat Hentoff nelle note di copertina scritte per l’album Meditation) |
« Voglio essere una forza del bene. In altre parole so che esistono forze del male, forze che arrecano sofferenza agli altri e miseria al mondo, ma io voglio essere una forza opposta. Io voglio essere la forza con la quale fare veramente del bene. » |
(Riportato da Nat Hentoff) |
Discografia
Registrazioni come leader
- 1957
- Dakar – Original Jazz Classics OJC 393 CD, 1957 (registrato nel 1957, pubblicato nel 1963)
- Coltrane – Original Jazz Classics OJC 020 CD, 1957
- Lush Life – Original Jazz Classics OJC 131 CD, 1957-58
- Traneing In – Original Jazz Classics OJC 189 CD, 1957
- Blue Train – Blue Note CDP 46095 CD, 1957
- Cattin’ with Coltrane and Quinichette – OJC 460 CD, (registrato nel 1957, pubblicato nel 1959)
- Wheelin’ And Dealin’ – Original Jazz Classics OJC 672 CD, 1957
- The Believer – Original Jazz Classic OJC 876 CD, (registrato nel 1957-58, pubblicato nel 1964)
- The Last Trane – Original Jazz Classics OJC 394 CD, (registrato nel 1957-58, pubblicato nel 1965)
- 1958
- Soultrane – Original Jazz Classics OJC 021 CD, 1958
- Settin’ the Pace – Original Jazz Classics OJC 078 CD, (registrato nel 1958, pubblicato nel 1962)
- Black Pearls – Original Jazz Classics OJC 352 CD, (registrato nel 1958, pubblicato nel 1964)
- Standard Coltrane – Original Jazz Classics OJC 246 CD, (registrato nel 1958, pubblicato nel 1962)
- Stardust – Prestige CD, (registrato nel 1958, pubblicato nel 1963)
- The Stardust Session – Prestige 24056 CD, (registrato nel 1958, pubblicato nel 1975)
- Bahia – Original Jazz Classics OJC 415 CD, (registrato nel 1958, pubblicato nel 1965)
- Coltrane Time – Blue Note 84461 CD, (registrato nel 1958 e pubblicato nel 1959 a nome di Cecil Taylor con il titolo Stereo Drive, ripubblicato nel 1963 a nome di Coltrane)
- Blue Trane: John Coltrane Plays The Blues – Prestige PRCD 11005 CD, 1957-58
- Like Sonny – Roulette 793901 CD, 1958-60
- 1959
- Giant Steps – Atlantic A2 1311 CD, (registrato nel 1959, pubblicato nel 1960)
- Coltrane Jazz – Atlantic 1354 CD, (registrato nel 1959-60, pubblicato nel 1961)
- 1960
- The Avant-Garde – Atlantic 90041 CD, 1960 (registrato nel 1960, pubblicato nel 1966)
- My Favorite Things – Atlantic 1361 CD, (registrato nel 1960, pubblicato nel 1961)
- Coltrane’s Sound – Atlantic 1419 CD, 1960 (registrato nel 1960, pubblicato nel 1964)
- Coltrane Plays the Blues – Atlantic 1382 CD, 1960 (registrato nel 1960, pubblicato nel 1962)
- 1961
- Olé Coltrane – Atlantic 1373 CD, 1961
- The Best of John Coltrane – Atlantic 1541 CD, 1951-1961 (pubblicato nel 1970)
- The Heavyweight Champion – Rhino RHI 71984 CD, 1959-61
- Africa/Brass – Impulse! MCAD 42001 CD, 1961
- The Complete Africa/Brass – Impulse! IMPD 2-168 CD, 1961
- „Live“ at the Village Vanguard – Impulse! MCAD 39136 CD, 1961
- The Complete 1961 Village Vanguard Recordings – Impulse! IMPD4-232 CD, 1997
- Impressions – Impulse! MCAD 5887 CD, (registrato nel 1961-63, pubblicato nel 1963)
- The Complete Paris Concerts – Magnetic MRCD 8114 CD, 1961
- The Complete Copenhagen Concert – Magnetic MRCD 116 CD, 1961
- European Impressions – Bandstand BD 1514 CD, 1961
- Live In Stockholm, 1961 – Charly CD 117 CD, 1961
- John Coltrane Quartet With Eric Dolphy – Black Label 8018 CD, 1961
- John Coltrane Meets Eric Dolphy – Moon MCD 069 CD, 1961
- 1962
- Coltrane – Impulse! IMPD 215 CD, 1962
- Coltrane – Impulse! MCAD 5883 CD, 1962
- From The Original Master Tapes – Impulse MCAD 5541 CD, 1961-62
- Live at Birdland – Charly CD 68 CD, 1962
- The European Tour – Pablo Live 2308222 CD, 1962
- The Complete Graz Concert vol 1 – Magnetic MRCD 8104 CD, 1962
- The Complete Graz Concert vol 2 – Magnetic MRCD 8105 CD, 1962
- The Complete Stockholm Concert vol 1 – Magnetic MRCD 8108 CD, 1962
- The Complete Stockholm Concert vol 2 – Magnetic MRCD 8109 CD, 1962
- Stockholm ’62 The Complete Second Concert vol 1 – Magnetic MRCD 127 CD, 1962
- Stockholm ’62 The Complete Second Concert vol 2 – Magnetic MRCD 128 CD, 1962
- Visit To Scandinavia – Jazz Door JD 1210 CD, 1962
- On Stage 1962 – Accord 556632 CD, 1962
- Promise – Moon MCD 058 CD, 1962
- Bye Bye Blackbird – Original Jazz Classics OJC 681 CD, 1962
- Ballads – Impulse! GRD 156 CD, 1962
- Ev’ry Time We Say Goodbye – Natasha NI-4003 CD, 1962
- Live At Birdland And The Half Note – Cool & Blue 101 CD, 1962-65
- 1963
- Coltrane Live at Birdland – Impulse! MCAD 33109 CD, 1963
- John Coltrane and Johnny Hartman – Impulse! GRD 157 CD, 1963
- The Gentle Side of John Coltrane – Impulse! GRD 107 CD, 1962-64
- The Paris Concert – Original Jazz Classics OJC 781 CD, 1963
- ‘63 The Complete Copenhagen Concert vol 1 – Magnetic MRCD 137 CD, 1963
- ‘63 The Complete Copenhagen Concert vol 2 – Magnetic MRCD 138 CD, 1963
- Live in Stockholm, 1963 – Charly CD 33 CD, 1963
- Afro-Blue Impressions – Pablo Live 2620101 CD, 1963
- Newport ’63 – Impulse! GRD 128 CD, 1961-63 (registrato nel 1961-63, pubblicato nel 1993)
- 1964
- Coast To Coast – Moon MCD 035 CD, 1964-65
- Crescent – Impulse! MCAD 5889 CD, 1964
- A Love Supreme – Impulse! GRD 155 CD, (registrato nel 1964, pubblicato nel 1965)
- Dear Old Stockholm – Impulse! GRD 120 CD, 1963-65
- 1965
- The John Coltrane Quartet Plays – Impulse! IMPD 214 CD, 1965
- The John Coltrane Quartet Plays – Impulse! MCAD 33110 CD, 1965
- The Major Works of John Coltrane – Impulse! GRD 21132 CD, (raccolta pubblicata nel 1992 contenente materiale del 1965)
- Transition – Impulse! GRD 124 CD, (registrato nel 1965, pubblicato nel 1970)
- New Thing at Newport – Impulse! GRD 105 CD, 1965
- Live in Paris – Charly CD 80 CD, 1965
- Live in Antibes, 1965 – French Radio Classic Concerts 119 CD, 1965
- Live in Antibes 1965 – LeJazz 10 CD, 1965
- Love in Paris – LeJazz 031 CD, 1965
- Selflessness: Featuring My Favorite Things – Impulse! CD, (registrato nel 1963-65, pubblicato nel 1969)
- A Love Supreme: Live in Concert – Black Label 8022 CD, 1965
- Live in Paris – Black Label 8023 CD, 1965
- A Live Supreme – Moon MCD 042 CD, 1965
- New York City ’65 Vol 1 – Magnetic MRCD 134 CD, 1965
- New York City ’65 Vol 2 – Magnetic MRCD 135 CD, 1965
- Live In Seattle – Impulse! GRD 2-146 CD, (registrato nel 1965, pubblicato nel 1971)
- Om – Impulse! MCAD 39118 CD, (registrato nel 1965, pubblicato nel 1967-68)
- Ascension – Impulse!, (registrato nel 1965, pubblicato nel 1966)
- First Meditations (for quartet) – Impulse! GRD 118 CD, (registrato nel 1965, pubblicato nel 1977)
- Living Space – Impulse!, (registrato nel 1965, pubblicato nel 1998)
- Kulu Sé Mama – Impulse! (registrato nel 1965, pubblicato nel 1966)
- 1966
- Meditations – Impulse! MCAD 39139 CD, 1966
- Sun Ship – Impulse! IMPD 167 CD, 1966 (registrato nel 1966, pubblicato nel 1971)
- Live at the Village Vanguard Again! – Impulse! IMPD 213 CD, 1966
- Live In Japan – Impulse! GRD 102 CD, (registrato nel 1966, pubblicato come Concert in Japan nel 1973, e nel 1991 come cofanetto in 4 CD)
- 1967
- Stellar Regions – Impulse! IMPD 169 CD, 1967 (registrato nel 1967, pubblicato nel 1995)
- Interstellar Space – Impulse! GRD 110 CD, 1967 (registrato nel 1967, pubblicato nel 1974)
- Expression – Impulse! GRD 131 CD, 1967
- A John Coltrane Restrospective – Impulse! GRP 31192 CD, 1961-67
- The Olatunji Concert: The Last Live Recording – Impulse! CD, (registrato nel 1967, pubblicato nel 2001)
Registrazioni in collaborazioni [modifica]
Con Kenny Burrell 1958 [modifica]
- Kenny Burrell & John Coltrane OJC20 300-2, 1958
Con Miles Davis 1955
- Miles – Original Jazz Classics OJC 006 CD, 1955
Con Miles Davis 1956
- Cookin’ – Original Jazz Classics OJC 128 CD, 1956
- Relaxin’ – Original Jazz Classics OJC 190 CD, 1956
- Workin’ – Original Jazz Classics OJC 296 CD, 1956
- Steamin’ – Original Jazz Classics OJC 391 CD, 1956
- The Complete Prestige Recordings – Prestige PR 102 CD, 1951-56
- ‘Round About Midnight – Columbia CK 40610 CD, 1955-56
Con Miles Davis 1958 [modifica]
- Milestones – Columbia CK 40837 CD, 1958
- Miles And Coltrane – Columbia CK 44052 CD, 1958
- ‘58 Sessions – Columbia CK 47835 CD, 1958
- Compact Jazz/Miles Davis – Phillips PH 838254 CD, 1958
- Mostly Miles – Phontastic NCD 8813 CD, 1958
- Live In New York – Bandstand BD 1501 CD, 1957-59
Con Miles Davis 1959
- Kind of Blue – Columbia CK 40579 CD, 1959
Con Miles Davis 1960
- On Green Dolphin Street – Jazz Door 1226 CD 1960
- Live In Zurich – Jazz Unlimited JUCD 2031 CD, 1960
- Miles Davis In Stockholm Complete – Dragon DRCD 228 CD, 1960
Con Miles Davis 1961
- Some Day My Prince Will Come – Columbia CK 40947 CD, 1961
- Circle in the Round – Columbia CK 46862 CD, 1955-61
Con Duke Ellington 1962
- Duke Ellington & John Coltrane – Impulse! IMPD 166 CD, 1962
Con Thelonious Monk 1957
- Thelonious Himself – Original Jazz Classics OJC 254 CD, 1957
- Thelonious Monk with John Coltrane – Original Jazz Classics OJC 039 CD, 1957
- Monk’s Music – Original Jazz Classics OJC 084 CD, 1957
Con Thelonious Monk 1958
- Live At The Five Spot Discovery! – Blue Note 799786 CD, 1958
- The Complete Riverside Recordings – CD
- The Complete Blue Note Recordings – CD, 1947-1958
Con altri vari
- Con Dizzy Gillespie: Dee Gee Days – Savoy SV4426 CD, 1951-52
- Con Johnny Hodges: Used To Be Duke – Verve 849 394 CD, 1954
- Con Tadd Dameron: Mating Call – Original Jazz Classics 212 CD, 1956
- Con Paul Chambers: Chambers’ Music – Blue Note BN 784437 CD, 1956
- Con Elmo Hope: The All Star Sessions – Milestone M 47037 CD, 1956
- Con Sonny Rollins: Tenor Madness – Original Jazz Classics OJC 124 CD, 1956
- Con Prestige All Stars: Tenor Conclave – Original Jazz Classics OJC 127 CD, 1956
- Con Prestige All Stars: Interplay For Two Trumpets And Two Tenors – Original Jazz Classics OJC 292 CD, 1957
- Con Prestige All Stars: The Cats – Original Jazz Classics OJC 079 CD, 1957
- Con Oscar Pettiford: Winners’s Circle – Bethlehem BR 5030 CD, 1957
- Con Art Blakey: Art Blakey’s Big Band – Bethlehem BR 5011 CD, 1957
- Con Sonny Clark: Sonny’s Crib – Blue Note BN 46819 CD, 1957
- Con Cecil Taylor: Hard Driving Jazz (alias Stereo Drive) – Blue Note CDP 784461 CD, 1957
- Con Johnny Griffin: A Blowing Session – Blue Note 81559 CD, 1957
- Con Mal Waldron: Mal 2 – Original Jazz Classics OJC 671 CD, 1957
- Con Red Garland: All Mornin’ Long – Original Jazz Classics OJC 293 CD, 1957
- Con Red Garland: Soul Junction – Original Jazz Classic OJC 481 CD, 1957
- Con Red Garland: High Pressure – Original Jazz Classics OJC 349 CD, 1957
- Con Red Garland: Dig It! – Original Jazz Classics OJC 392 CD, 1957,58
- Con George Russell: New York N.Y. – Decca MCAD 31371 CD, 1958
- Con Gene Ammons: The Big Sound – Original Jazz Classics OJC 651 CD, 1958
- Con Gene Ammons: Groove Blues – Original Jazz Classics OJC 723 CD, 1958
- Con Kenny Burrell: Kenny Burrell & John Coltrane – Original Jazz Classics OJC 300 CD, 1958
- Con Wilbur Harden: Jazz Way Out – Savoy SV 0122 CD, 1958
- Con Wilbur Harden: Tanganyika Strut – Savoy SV 0125 CD, 1958
- Con Wilbur Harden: Dial Africa – Savoy SV 901458 CD, 1958
- Con Wilbur Harden: Africa-The Savoy Sessions – Savoy SV 650129 CD, 1958
- Con Cannonball Adderley: Cannonball & John Coltrane – EMARCY 834588 CD, 1959
- Con Milt Jackson: Bags & Trane – Atlantic 1368 CD, 1959
- Compilation con altri: The New Wave in Jazz – Impulse! A-90 AS-90 LP, 1965
- Compilation con altri: The Prestige Recordings – Prestige 4405 CD, 1956-58
- Compilation con altri: The Art Of John Coltrane – Blue Note 99175 CD, 1956-58
- Compilation con altri: John Coltrane And The Jazz Giants – Prestige 60104 CD, 1956-58
- Compilation con altri: John Coltrane: The Bethlehem Years – Bethlehem BET 5001 CD,
- Compilation con altri: The Last Giant – Rhino RHI 71255 CD, 1949-60
Bibliografia
- Vittorio Giacopini, Al posto della libertà. Breve storia di John Coltrane, edizioni e/0 2005
- Bill Cole, John Coltrane, Da Capo Press, 1993
- Yasuhiro Fujoika, John Coltrane: A Discography and Musical Biography, Scarecrow Press, 1995
- Marcello Piras, John Coltrane: un sax sulle vette e negli abissi dell’Io, Stampa Alternativa, 1993
- Arrigo Polillo, Jazz, Mondadori, 1975
- Lewis Porter, Blue Trane – La vita e la musica di John Coltrane, The University of Michigan Press, 1998
- Geoff Dyer, Natura morta con custodia di sax, Instar Libri, 1993
- Frank Kofsky, Black Nationalism and the Revolution in Music, Pathfinder Press, 1970
Note
- ^ Blue Trane: La vita e la musica di John Coltrane. Lewis Porter
- ^ Note di copertina all’edizione su CD: John Coltrane, Ascension, CD Impulse! 0602517920248.
Altri progetti
- Commons contiene immagini o altri file su John Coltrane
- Wikiquote contiene citazioni di o su John Coltrane
Collegamenti esterni
- (EN) Sito ufficiale
- Test Cieco – intervista su Down Beat
- Recensione di Giant Steps su Down Beat, nell’anno della pubblicazione.
- A passeggio nella verticale del Jazz Omaggio a John coltrane da un mondo inconsueto su Toscoclimb.it.
- John Coltrane su Open Directory Project (Segnala su DMoz un collegamento pertinente all’argomento “John Coltrane”)