GRILLO TRA JEAN JACQUES E ROBESPIERRE—- IL WEB DEL SECOLO XVIII E E LE SUE UTOPIE
jean jacques rousseau
da QUINTO STATO di giovanni taurasi
“L’illusione della democrazia diretta” di GIOVANNI BELARDELLI dal Corriere della Sera del 6 marzo 2013
I rischi di una democrazia fondata sulla «volontà del web»
Se la democrazia consiste nel dare voce ai sentimenti popolari, nell’incanalare anche la protesta attraverso il voto, il Movimento 5 Stelle precisamente questa funzione ha svolto nelle ultime elezioni.
Come poi riuscirà a proseguire su questa via dentro le aule del Parlamento credo sia un’incognita per tutti, anche per Grillo. Ma questa incognita non ha tanto a che fare con l’inesperienza dei grillini, analoga a quella dei primi leghisti e di tanti deputati berlusconiani delle origini. Riguarda piuttosto
il fatto che il M5S è portatore di un’idea di democrazia diretta, fondata sul web e sull’eguaglianza assoluta di rappresentanti
e rappresentati («uno vale uno»), che è difficilmente compatibile con le istituzioni della democrazia rappresentativa.
Qualunque «mediazione di organismi rappresentativi» è espressamente esclusa dallo statuto — anzi, «non-statuto» — di un Movimento per il quale il governo (si badi il governo, cioè il potere esecutivo, non la sovranità, cioè la titolarità del potere) dovrebbe spettare alla «totalità dei cittadini». È anche esclusa ogni gerarchia interna, tanto che si annuncia l’intenzione di cambiare i capigruppo di Camera e Senato ogni tre mesi.
Neppure viene ammessa una qualche gerarchia fondata sulle competenze: secondo Grillo «una madre che ha tirato su tre figli» sarebbe del tutto in grado di gestire anche l’economia del Paese.
Sono affermazioni nelle quali si percepisce l’eco di suggestioni e utopie non nuove. È nientemeno a Rousseau ( 1712-1778) che può esser fatta risalire l’idea secondo la quale «ogni legge che il popolo in persona non ha ratificato è nulla».
Grillo e i suoi seguaci possono anche non aver mai letto il “Contratto sociale” (di Rousseau). Ma
l’aspirazione a costruire una democrazia priva di partiti e di ogni gerarchia ha attraversato la storia europea degli ultimi duecento anni e più: dai militanti dei club giacobini che vigilavano su ciò che alla Convenzione facevano i «cittadini» eletti (così annunciano di voler essere chiamati anche gli eletti grillini) alla fiducia di Proudhon o di Bakunin sulla capacità della società di autogovernarsi.
Oggi Grillo vi aggiunge l’idea che tutto questo sia diventato finalmente possibile grazie alla Rete dove, come in un’assemblea globale perennemente riunita, tutti potremo pronunciarci su tutto, e gli eletti in Parlamento si limiteranno ad applicare le nostre decisioni.
Da qui deriva la richiesta di reintrodurre il vincolo di mandato per gli eletti alle Camere: una richiesta che è sconosciuta alle democrazie moderne, che sono nate proprio superando quel mandato imperativo che oggi Grillo vorrebbe riesumare. Anche in questo, con una strana miscela di modernità internettiana e archeologia politica, ci si rifà inconsapevolmente a Rousseau, per il quale i deputati non erano i rappresentanti del popolo, ma solo i suoi «commissari», privi di volontà e iniziativa proprie.
Si è discusso a lungo sulle illusioni nate attorno alla democrazia del web, della quale finisce con l’essere protagonista un popolo senza volto, composto da dei «tutti» che rischiano di essere sostituiti — come spesso avviene nelle democrazie assembleari, anche in quella di Internet — dai gruppi dei militanti o cittadini più attivi, da minoranze insomma.
Ma nella nuova democrazia diretta proposta da Grillo ci sono anche un’altra contraddizione e un altro pericolo che dovrebbero essere sotto gli occhi di tutti. La contraddizione e il pericolo risiedono nel fatto che un movimento che esalta l’assenza di strutture intermedie e di dirigenti, ha poi un leader che richiede obbedienza assoluta.
Il punto non è in realtà che Grillo sia il capo indiscusso (e chi altro mai potrebbe essere, visto che a lui si deve il successo strepitoso del M5S?). È piuttosto che lo sia senza alcuna carica formale e perciò contendibile, nella quale possa venire sfidato da un eventuale oppositore interno.
Non sappiamo quanto questa paradossale (e poco rassicurante) idea di una democrazia diretta a guida autocratica potrà resistere una volta che il nuovo Parlamento si sia insediato. Possiamo immaginare, dalla decisione di costituire alla Camera e al Senato due strutture di comunicazione in costante contatto con Grillo, che all’inizio i suoi deputati e senatori saranno semplici esecutori di una «volontà del web» costantemente interpretata da Grillo stesso (e da Gianroberto Casaleggio). C’è chi ritiene che, come altre volte è avvenuto per i movimenti portatori di un’opposizione di sistema, la partecipazione al lavoro parlamentare — fatta di discussioni in Aula e in commissione, ma anche di contatti informali con i rappresentanti degli altri partiti — finirà presto per costituzionalizzare almeno una parte dei grillini. È possibile, ma credo che una tale previsione sottovaluti sia la capacità di controllo di Grillo sui suoi eletti (tanto più forte nella prospettiva, che nessuno può escludere, di nuove elezioni in tempi brevi); sia la forza che l’idea-mito di una democrazia del web — pur con tutte le sue ambiguità e i suoi pericoli — esercita sul Movimento 5 Stelle come fondamentale elemento identitario.
“L’illusione della democrazia diretta” di GIOVANNI BELARDELLI dal Corriere della Sera del 6 marzo 2013