7 gennaio 2013 ore 08:42 UNA CURIOSITA’ SULLA SCHIAVITU’ NELLE NOSTRE ZONE (LIGURA, PONENTE) CHE DEDICO ALLA STORICA DONATELLA CHE OGGI SI DIPARTE DA ME, MI ABBANDONA, MALATA, PER ANDARSENE IN QUEL DI MILANO A VORTICARE INSIEME ALLA GRANDE CITTA’…// CON UN SUGGERIMENTO PER NEMO.

 

CHIARA, timidamente, direbbe che questa canzone potrebbe piacere anche a Nemo..che, tra l’altro, in una foto in cui balla con Donatella, è straordinariamente somigliante a questo mio straordinario amore di gioventù e di vecchiaia, Jacques Brel, belga, non francese.  Avro’ le traveggole?  Do, dimmi tu…tu che l’hai tanto amato da bambina socialista…

http://www.youtube.com/watch?feature=player_detailpage&v=vVQfPdBrvvs

 

 

DAL SITO “BAROCCO”

 

donatella RITRATTA DA BOCCIONI IN “LA CITTA’ CHE SALE”, ADIEU MA BELLE!

 

 

 

 

 

 

Nel GENOVESATO il fenomeno della SCHIAVITU’ (peraltro anche attestato iconograficamente e soprattutto alimentato soprattutto dai commerci coi portoghesi ma anche dalla cattura -specie a metà XVI sec.- dei miliziani della FLOTTA TURCHESCA che infestava il mar Tirreno) si confuse spesso e volentieri, dal lato giuridico, con quello della SERVITU’: resta tuttavia interessante notare la valenza economica, ed il notevole pregio, riconosciuto agli SCHIAVI ORIENTALI, e soprattutto alle SCHIAVE ORIENTALI più ambiti e sempre più costosi di quelli AFRICANI come si ricava dallaRUBRICA 93 del libro II degli Statuti Criminali della Repubblica del 1556.
A tale estremismo (non esente però da CONTESTAZIONI E POLEMICHE), in senso generale e populistico “rapito” da una diffusa subcultura religiosa e predicatoria alla sfera del paranormale, concorse in chiave filosofica e giustificante, il pensiero di Aristotele sugli Schiavi di natura : Politica, 1253b20 sgg., 1255a5 sgg.> La categoria aristotelica rinvigorita da Tommaso d’Aquino e dai teologi del XIII sec. sullo S. di natura acquisì gran valore per il dibattito, soprattutto ma non solo spagnolo, sulla liceità del dominio coloniale e dell’encomienda o giustificata utilizzazione degli S. di natura nelle colonie agricole forzate.
La polemica sugli SCHIAVI DI NATURA dipese sostanzialmente da uno scontro ideologico sulle DIVERSITA’ in senso lato e sulla loro lecita perseguibilità.
Sulla questione si affrontarono a Valladolid nel 1550, davanti al Consiglio delle Indie, Bartolomeo de Las Casas e Juan de Sepulveda che, studioso d’Aristotele, ne aveva ripreso la teoria sullo S. di natura estendola dai negri africani agli indigeni precolombiani, senza tener conto dei notevoli livelli della loro civiltà.
L’argomento, benché dibattuto a fondo (e senza ancora che intervenisse – come avverrà solo agli albori settecenteschi dell’antropologia fisica – la questione giuridica di un’uguaglianza di diritti misurata sul colore della pelle) non giunse mai a soluzione anche se illustri giuristi e dottori, partendo da Francisco de Vitoria (nelle Relationes de Indis del 1539) e dalla sua scuola di Salamanca, sancirono che gli indiani, per il diritto internazionale, erano soggetti di pari dignità e su cui il dominio era motivato solo in conseguenza d’un intervento militare “umanitario”, nel caso che violassero i dettami del diritto delle genti.
Ma si può dire che in tali riflessioni sussistesse sempre il meccanismo figurato del “serpente che si morde la coda”: lo stesso Vitoria, nonostante le considerazioni di massima e l’ apparente moderazione di giudizio, finiva per classificare gli indiani od i “selvaggi” come mite variante di Diversi, magari un giorno equiparabili agli europei, ma ai suoi tempi ancora bisognosi d’un’ assistenza paternalistica, che modificasse certi squilibri storici del loro esistere, dal cannibalismo ai riti idolatrici, prove tangibili di una certa arretratezza: apparente teorema di qualificazione dei precolombiani ma nel contempo assioma di giustificazione per un’ egemonia occidentale che si richiamava sempre ad Aristotele, che per Vitoria non avrebbe tanto postulato schiavizzazione degli “indiani” quanto il ricorso ad una autorità pronta a correggerli (NIPPEL,passim).
SERVI (e SCHIAVI) erano numerosi a Genova (spesso impiegati a servizio di famiglie ma in altre circostanze utilizzati in varie imprese come per esempio la collaborazione in qualche attività lavorativa: non di rado convertendosi al Cristianesimo si ponevano nella condizione di essere affrancati dalla condizione di schiavitù come avvenne, per quanto apprendiamo dal Manoscritto Borea per TRE TURCHI, SCHIAVI IN SANREMO [ cfr. a c. di Guido Orazio Borea D’Olmo, per i tipi dell’Istituto internazionale di Studi Liguri, il XV volume (anno 1970) della “Collana Storico-Archeologica della Liguria Occidentale” con il titolo de Il Manoscritto Borea – Cronache di Sanremo e della Liguria Occidentale].
Gli SCHIAVI erano mediamente acquistati ai Mercati degli schiavi di LivornoNizza secondo prezzi per cui lo Schiavo asiatico era più richiesto ma costoso di quello africano o di colore>“Stat.Crim.” vedi: lib.II, cap.20 (“provvedimenti padronali contro Servi ladri”); cap.21 e cap. 22 (“Norme contro quanti rubano Servi altrui o li inducono a fuga dalla casa padronale”) e cap.23 (“Punizioni padronali contro Schiavi variamente colpevoli”) ed ancora, e soprattutto per intendere il valore degli schiavi/servi, la loro quantità a Genova e nel Dominio, i loro rapporti con la popolazione ligure, vedi il cap. 66 (“Multe e fustigazioni per chi abbia avuto coito con serve in casa dei padroni”) ed ancor più, se possibile, il cap.93 (“Pene o ammende a pro dei padron legittimi per chi sposò Schiave straniere”).
Analogamente i musulmani commerciavano al MERCATO DEGLI SCHIAVI: più ancora di quello di Costantinopoli si ricorda nei testi il MERCATO DEGLI SCHIAVI D’ALGERI: al proposito si leggano le vicissitudini di GIOVANNANTONIO MENAVINO GENOVESE DA VOLTRI o questa LETTERA DI UNO SCHIAVO CRISTIANO IN ALGERI: nell’oriente islamico e poi turco saranno in particolare sempre apprezzate le DONNE CRISTIANE RESE SCHIAVE per la loro capacità nell’ allevare i figli dei padroni. Sull’argomento del MERCATO DEGLI SCHIAVI forse fra tanti autori merita di essere letto BARTOLOMEO GIORGIEVITS ex schiavo ungherese ai tempi di Solimano il Magnifico che ci ha lasciato utili testimonianze sulla vendita di schiavi cristiani nei capitoli COME I CHRISTIANI PRESI IN BATTAGLIA DA TURCHI SONO VENDUTIIN CHE MODO SONO TRATTATI QUEGLI, CHE S’HANNO A’ VENDERE della sua opera del 1551 LA MISERIA COSI DE PRIGIONI, COME ANCHE DE CHRISTIANI, CHE VIVONO SOTTO IL TRIBUTO DEL TURCO, INSIEME CO COSTUMI, & CERIMONIE DI QUELLA NATIONE IN CASA, & ALLA GUERRA – TRADOTTI PER M. LODOVICO DOMENICHI ALLO INVITTISSIMO IMPERADORE DE ROMANI SEMPRE AUGUSTO CARLO QUINTO BARTHOLOMEO GIORGIEVITS HUMILE, & AFFETTIONATISSIMO SERVIDORE

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4 risposte a 7 gennaio 2013 ore 08:42 UNA CURIOSITA’ SULLA SCHIAVITU’ NELLE NOSTRE ZONE (LIGURA, PONENTE) CHE DEDICO ALLA STORICA DONATELLA CHE OGGI SI DIPARTE DA ME, MI ABBANDONA, MALATA, PER ANDARSENE IN QUEL DI MILANO A VORTICARE INSIEME ALLA GRANDE CITTA’…// CON UN SUGGERIMENTO PER NEMO.

  1. nemo scrive:

    Divertente … Brel …. e … Boccioni

  2. D 'IMPORZANO DONATELLA scrive:

    Mi piace molto il ritratto che mi ha fatto Boccioni in gioventù e grazie per averlo tirato fuori! Direi che Nemo assomiglia molto al musicista belga che ha fatto un po’ da colonna sonora ai nostri verdi anni! Certo che tra Boccioni e Jacques Brel ce la siamo passata abbastanza male!

  3. D 'IMPORZANO DONATELLA scrive:

    Sono molto interessanti le notizie sulla schiavitù nel Ponente Ligure. Mi piacerebbe sapere come leggere quelle che riguardano gli schiavi a Sanremo. A proposito di “schiavitù” recenti, leggevo ieri sul giornale che tra le persone che fanno le badanti in Italia, la maggioranza delle quali proviene dall’Ucraina e dalla Moldavia, è molto diffusa la depressione. Egualmente è diffusa nei figli di queste donne, lasciati in patria alle cure del marito o delle nonne. Alcuni, abbastanza numerosi, superati i dieci anni, si suicidano. Il fenomeno è così grave che si sono creati dei centri di assistenza, basati molto sul volontariato, in questi Paesi sicuramente più arretrati di quelli occidentali dal punto di vista delle cure psichiatriche. Le donne che tornano in patria, dopo avere lavorato per molti anni in Italia, anche se hanno sostenuto per decenni la famiglia con i propri risparmi, rientrano gradualmente in una posizione subordinata rispetto al marito, come avevano quando sono partite. (SOTT. DI CHIARA)

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