Notizie : effetti della vittoria di Trump sull’economia da ” Le Monde “–ore 22.21 ( quando la Borsa americana ha chiuso )

 

 

 

segue da LE MONDE:

https://www.lemonde.fr/international/live/2024/11/06/en-direct-resultats-election-americaine-2024-apres-avoir-felicite-donald-trump-par-telephone-kamala-harris-s-exprime_6376692_3210.html

 

 

22:21

Wall Street chiude a livelli record dopo l’elezione di Donald Trump

Mercoledì la Borsa di New York ha chiuso in pompa magna, rallegrata dalla vittoria di Donald Trump alle elezioni presidenziali americane, che ha spinto i suoi indici a tre stelle a nuovi record.

Il Dow Jones è salito del 3,57%, l’indice Nasdaq è salito del 2,95% e il più ampio indice S&P 500 è salito del 2,53%.

Il dollaro è salito alle stelle, con i trader valutari che lo vedono nella posizione ideale per beneficiare di un nuovo mandato di Donald Trump. Intorno alle 21:40, il biglietto verde si è apprezzato dell’1,81% contro la moneta unica, a 1,0735 dollari per euro. In precedenza, era arrivato fino a $ 1,0683, il primo in più di quattro mesi.

 

 

 

 

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video, 20 min. — CARL TJADER E IL SUO SESTETTO — vale ascoltare— Carl Tjader ( St. Louis, 16 luglio 1925 – Manila, 5 maggio 1982 )– notizie sotto

 

Doxie

Afro Blue

Laura

 

 

 

 

FOTO DI CAL TJADER DA: https://www.jazzmap.ru/band/cal-tjader-kol-cheider.php

 

Callen Radcliffe Tjader, detto Cal (St. Louis16 luglio 1925 – Manila5 maggio 1982), è stato un musicista statunitense.

Esponente di musica latin jazz, ha saputo sperimentare con la musica cubanacaraibica e latino-americana

SEGUE:
https://it.wikipedia.org/wiki/Cal_Tjader

 

 

CAL TJADER  nacque il 16 luglio 1925 a St. Louis  da attori di vaudeville  svedesi americani in tournée. Suo padre ballava il tip tap e sua madre suonava il pianoforte, una coppia di marito e moglie che andava di città in città con la loro compagnia per guadagnarsi da vivere. Quando aveva due anni, i genitori di Tjader si stabilirono a San Mateo, in California , e aprirono uno studio di danza.

 

segue : https://en.wikipedia.org/wiki/Cal_Tjader

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VIDEO, 44 minuti —Limes online –Mappa Mundi — TRUMP STRAVINCE. L’AMERICA E’ CAMBIATA –ALFONSO DESIDERIO E FEDERICO PETRONI –+ video ( 25 min. ) in italiano del DISCORSO DI TRUMP DOPO LA VITTORIA

 

 

 

 

 

Donald Trump sarà il 47o presidente degli Stati Uniti con una netta vittoria su Kamala Harris alle elezioni presidenziali appena concluse. Il partito repubblicano conquista la maggioranza anche al Senato. L’analisi geopolitica del voto con Federico Petroni e Alfonso Desiderio in diretta.

 

 

 

 

video, 25 min. 

SKY TG 24 — IL DISCORSO DI TRUMP DOPO LA VITTORIA ( in italiano )

https://www.youtube.com/watch?v=Q91yT_W84eE

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La foto che segue, mi ha ricordato alcuni acquarelli di mario bardelli del 2018 — + altre cose di Mario

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Dalla stessa cartella, penso dello stesso anno ( quizàs ), pubblico questi paesaggi_

e dopo tre donne–

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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FACEBOOK LAURETO RODONI. COM/ link sotto — Foto mia di oggi – lunedì 4 novembre 2024 — grazie della bellissima foto, ciao

 

 

 

 

Foto mia di oggi

 

FACEBOOK
https://www.facebook.com/laureto.rodoni/?locale=it_IT

 

 

 

 

 

 

Emil Cioran antiprofeta

 

 

 

 

 

 

+ grande — più bella ?

Nessuna descrizione della foto disponibile.

 

 

 

 

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Facebook di Maurizio Eltri – link sotto – Foto così del cielo– e anche della terra- non le vedete facilmente- sono veramente splendide ! grazie caro Maurizio !

 

 

 

bellissimo Facebook di:

Maurizio Eltri

 

 

M 42

 

Favolosa nottata trascorsa fotografando alcune meraviglie del cielo, nonostante il forte inquinamento luminoso presente al Lido di Venezia.
La foto ritrae la famosa nebulosa situata sulla spada del mitico cacciatore, Orione.
Oltre che essere una delle zone più fotografate del cielo, è anche una tra le più interessanti, basti pensare che il Sistema Solare è nato, probabilmente, assieme a molte altre stelle e sistemi stellari, da una nebulosa di questo tipo, quattro miliardi e seicento milioni d’anni fa.
Immagine ottenuta sommando sessanta foto di dieci secondi l’una (corsivo del blog ).

 

 

 

 

C2023 A3 (Tsuchinshan-ATLAS)

 

Cometa C/2023 A3 Tsuchinshan-ATLAS, ripresa questa sera dal Lido di Venezia.
Cinque minuti di esposizione con il Seestar S50.

FACEBOOK  – 3 NOVEMBRE 2024 ORE 21.07

 

 

 

IC 434

 

Un’altra foto ripresa ieri notte.
Nebulosa “Testa di Cavallo”, in alto a Sx si nota parte della nebulosa “Fiamma”.
L’ astro più luminoso in alto, è Alnitak, la stella più a oriente delle tre che compongono la Cintura di Orione.
Esposizione di 21 minuti.

 

 

 

una foto che è inquadrata nel suo Facebook, che non riguarda il cielo ma la terra

 

 

un’ assoluta meraviglia —

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Due poesie, una vera rarità: una di Donatella e l’altra di suo marito, Franco- Franchino– 1980

 

 

 

Alla Rinetta cara, alla Rinetta bella

 

 

C’era nel prato una rosa:
mai vista così bella cosa.
Fui presa da tantio splendore
che a lei donai il mio cuore.
Dolce Rinetta, la rosa sei tu
che brilli splendida d’ogni virtù.
La tua saggezza è tanto profonda
come nel mare l’azzurro dell’onda.
La tua bontà ravviva la vita
e ci regala una gioia infinita.
Ti voglio bene dal cuore profondo
con una risata ti mando il mio mondo.

da Donatella

 

 

 

Io non sono poeta ma marinaio:

in te c’è tanta vita ancorta,
come le onde del mare
mi ricordi il mondo che respira
e sempre respirerà

 

Un grossissimo bacio da Franco

 

 

 

 

FRANCO PICCININI

 

 

non è Donatella, ma una sua parente– foto della Do non le ho trovate

 

 

 

 

 

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IL MANIFESTO 30 DICEMBRE 2023: Project 2025, il piano reazionario sostenuto da gruppi «liberal».–Un articolo di «The Nation» di JEFF HEER sulla strategia per i repubblicani alla Casa bianca: contro sindacati, comunità Lgbtq, dissidenti + MARCO PASCIUTI, IL FATTO QUOTIDIANO, 24 LUGLIO 2024

 

 

 

IL MANIFESTO 30 DICEMBRE 2023
https://ilmanifesto.it/project-2025-il-piano-reazionario-sostenuto-da-gruppi-liberal

 

Project 2025, il piano reazionario sostenuto da gruppi «liberal».

 

 

Project 2025, il piano reazionario sostenuto da gruppi «liberal»

 

 

Jeet Heer

 

Di seguito  un articolo di The Nation, che inaugura la nostra collaborazione con la testata Usa

 

 

 

 

Se Donald Trump tornerà a conquistare la presidenza nel 2024, il suo secondo mandato sarà molto più autoritario. Eppure alcuni donatori estremamente ricchi, che si autoproclamano progressisti, stanno contribuendo a finanziare dei piani trumpisti per ridisegnare il governo in chiave autocratica.

 

Quando Trump è stato eletto per la prima volta, ha dovuto affrontare la sfida di trovare del personale, un problema che ora è stato risolto. Nel 2016, i think tank conservatori esistenti – che forniscono sia un’agenda politica pronta all’uso che le liste di impiegati per riempire gli organici delle amministrazioni Gop in entrata – erano ancora organizzati intorno al partito repubblicano pre-trumpiano. Per questo durante il suo primo mandato Trump ha avuto difficoltà a trovare il personale che avrebbe attuato le sue politiche, con l’eccezione di fanatici anti immigrazione come Stephen Miller (portato all’attenzione di Trump dal suo stratega di estrema destra Steve Bannon).

 

Ma nel corso degli ultimi sette anni, le istituzioni di destra sono state progressivamente trumpizzate, di modo che la visione Maga (lo slogan dell’ex presidente: Make America Great Again, ndr) di Trump alla guida di una trasformazione radicale di estrema destra della politica americana ha preso forma sia in termini di policy che di personale. Per avere una road map del futuro, basta leggere le 920 pagine di Mandate for Leadership, creato da un gruppo chiamato Project 2025 Presidential Transition Project, un consorzio di organizzazioni di destra che include la Heritage Foundation, l’American Legislative Exchange Council e il Family Research Council.

 

Come osserva Roger Sollenberger del Daily Beast, Project 2025 «è stato criticato per la sua agenda autoritaria e di estrema destra – di cui fa parte la retorica deumanizzante contro la comunità Lgbtq, la ripresa del tentativo di Trump di includere una domanda sulla cittadinanza nel censimento, l’intenzione di impiegare il potere del dipartimento di Giustizia per perseguitare le voci critiche, e un piano potenzialmente incostituzionale per dispiegare le truppe contro i manifestanti».

 

Ma i pericoli del Project 2025 come modello per un’agenda ultra Maga vanno oltre le immediate prospettive elettorali di Donald Trump. Dopotutto, in passato il lavoro di questi think tank serviva tradizionalmente come prova generale delle amministrazioni repubblicane. Il Mandate for Leadership originale – reso pubblico dalla Heritage Foundation nel 1981– era un best-seller che ha dato forma sia all’organico dell’amministrazione Reagan che a politiche come l’aumento di personale militare o lo sventramento del welfare.

 

L’attivismo in favore di una politica estera neoconservatrice del American Enterprise Institute ha dato i suoi frutti disastrosi sotto George W. Bush. Anche se Trump dovesse perdere nel 2024, un altro presidente repubblicano occuperà prima o poi la Casa bianca. E quasi certamente attuerà la visione autocratica del Project 2025, con l’aiuto dei think tanker radicalizzati che ora riempiono le istituzioni Gop ( Grand Old Party, il Partito Repubblicano ).

 

Il piano del Project 2025 per minare il servizio civile sta già venendo evocato da altri candidati alle primarie repubblicane come l’ex governatrice del South Carolina Nikki Haley.

 

Considerato l’estremismo del Project 2025, ci si potrebbe aspettare che chiunque si definisca progressista se ne tenga alla larga. Eppure, come ha reso evidente il lavoro giornalistico di Roger Sollenberger, American Compass – un think tank che ha contribuito corposamente alla sezione del Project 2025 dedicata alle politiche sindacali – riceve finanziamenti da donatori progressisti estremamente benestanti.

 

Due dei cinque principali fondatori di American Compass, nota Sollenberger, «si distinguono per il loro contributo a cause liberal: la William and Flora Hewlett Foundation e la Omidyar Network Foundation». La Hewlett Foundation, la quale sostiene che la propria missione sia «rafforzare la nostra economia, democrazia e clima» ha donato a American Compass quasi due milioni di dollari.

 

L’Omidyar Network, creato dal fondatore di Ebay Pierre Omidyar, ha contribuito con altri 500.000 dollari. In precedenza, Omidyar aveva fatto donazioni a molte cause progressiste, fra cui l’investimento iniziale per l’eccellente magazine investigativo The Intercept. Un terzo gruppo di inclinazione liberal, Action Now Initiative, ha donato a American Compass 250.000 dollari.

 

Formato nel 2020 da Oren Cass, ex consigliere di Mitt Romney, American Compassè un tentativo di dare forma, con delle politiche vere e proprie, alla vaga retorica di populismo economico di Donald Trump. Il think tank spesso declama la necessità di tenere a bada il potere delle corporation e sostenere i lavoratori. Retorica che fornisce una copertura ideologica ai sostenitori liberal che presentano questo gruppo come uno strumento utile a rendere il partito repubblicano più filo lavoratori.

 

Matt Stoller, un democratico noto per il suo attivismo anti monopolista, ha smentito l’exposè del Daily Beast dichiarando che «American Compass lotta contro le finte dichiarazioni dei redditi delle compagnie di private equity, le politiche antisindacali, i profitti monopolistici delle carte di credito e la deregulation delle ferrovie. Autoritario? No». (Stoller è un consigliere di American Compass e dirige il suo think tank, l’American Economic Liberties Project). In un comunicato online, la Hewlett Foundation sostiene che American Compass «orienta il focus politico dalla crescita fine a se stessa a uno sviluppo economico ampiamente condiviso che sostenga istituzioni sociali fondamentali». Un portavoce della Omidyar Network Foundation ha consigliato al Daily Beast di «rivolgersi direttamente ad American Compass per un commento sugli elementi pro lavoratori che sono stati in grado di inserire nel Project 2025».

 

nota :
exposé ‹ekspoé› s. m., fr. [propr., part. pass. di exposer «esporre», che è un adattamento del verbo lat. exponĕre incrociato con poser «porre»]. – Esposto, relazione, memoriale.
https://www.treccani.it/vocabolario/expose/

 

 

 

La teoria è che American Compass sia un’esca utile a rendere il partito repubblicano più filo lavoratori e più progressista in tema di politiche economiche. Un ragionamento che potrebbe essere convincente se non fosse che, sulla base del Project 2025, American Compass risulta evidentemente anti lavoratori e filo plutocrazia tanto quanto qualunque altro think tank di destra.

 

Il giornalista sindacale Hamilton Nolan, che ha scritto un’esauriente spiegazione delle sezioni del Project 2025 dedicate al sindacato, ha concluso che i suoi autori «intendono servirsi di ogni meccanismo di regolamentazione possibile per indebolire le union. Intendono rendere più difficile l’organizzazione dei lavoratori, e la costruzione di un potere da opporre alle corporation. Vogliono semplificare, per i datori di lavoro, la violazione delle leggi sulla sicurezza e molte altre normative pro lavoratori».

 

L’analisi di Nolan fornisce molti dettagli specifici. Tra le altre cose, nota, «vogliono riportare le norme relative ai ‘contractor indipendenti’ a standard precedenti, che rendano impossibile ai lavoratori organizzarsi e accumulare potere; vogliono ripristinare la norma del joint employer, che consentirebbe alle corporation in possesso di franchise di sottrarsi alle responsabilità in caso di cattive pratiche di lavoro; vogliono annullare il limite – recentemente migliorato – agli straordinari, che toglierebbe a milioni di lavoratori il diritto al pagamento degli straordinari». Nolan dà molti altri dettagli di questo tipo.

 

Dal momento in cui American Compass ha chiaramente fallito nella sua presunta missione di rendere il Gop più attento ai bisogni dei lavoratori, sulla base delle prove non è difficile concludere che questa missione non sia altro che una foglia di fico retorica, pensata per celare la solita agenda antisindacale che il Gop insegue da decenni. Questo gioco ideologico delle tre carte serve gli interessi non solo dei repubblicani ma di quei plutocrati con tendenze liberal che non sono essi stessi troppo simpatizzanti dei sindacati.

 

Lo stesso gioco delle tre carte viene fatto sulla questione israelo palestinese – con i finanziatori liberal che donano soldi alla potente lobby filo israeliana, l’American Israel Public Affairs Committee (Aipac).

L’Intercept ha recentemente realizzato un reportage su un ramo di Aipac chiamato American Israel Education Fund (Aief) che aiuta a finanziare viaggi di deputati in Israele.

 

Scrive Intercept: «La Charles and Lynn Schusterman Family Foundation, che ha donato 1.5 milioni di dollari all’Aief nel 2019, si dipinge come dedita a cause progressiste, fra cui l’educazione, il diritto di voto, la giustizia penale e i diritti riproduttivi. Lo stesso anno, la fondazione ha anche finanziato diversi gruppi aggressivamente filo israeliani; tra cui la Fdd (Foundation for Defence of Democracies); il Middle East Media Research Institute , che monitora la stampa in lingua straniera in Medio Oriente ed è stata accusata di avere pregiudizi e fare traduzioni fuorvianti; l’Investigative Project on Terrorism, guidato dallo screditato esperto di estremismi Steve Emerson, ripetutamente invitato a parlare a dei summit dell’Aipac nonostante le accuse di islamofobia; e il Washington Institute for Near East Policy, un think tank della capitale che è anch’esso ramo dell’Aipac».

 

 

Ci sono molte ragioni per cui chiunque si definisca progressista dovrebbe diffidare dell’Aipac. L’organizzazione investe copiosamente nelle primarie democratiche per sconfiggere i candidati di sinistra. Come riportato di recente da Slate, l’Aipac si sta preparando a spendere 100 milioni di dollari nel 2024 per organizzare delle primarie che sfidino i membri della Squad e i democratici più di sinistra. Inoltre, l’Aipac ha dato il proprio endorsement a 106 repubblicani che hanno sostenuto il tentato golpe del 6 gennaio. Considerati questi precedenti, nessuno che sostenga di supportare la democrazia americana dovrebbe voler avere a che fare con l’Aipac. Eppure il gruppo riceve finanziamenti da donatori progressisti, e non ha problemi a trovare politici democratici disposti ad accettare le sue donazioni.

 

Il 22 novembre, ha riportato il New York Times, «un candidato democratico al Senato del Michigan ha detto che gli sono stati offerti 20 milioni da un uomo d’affari dello stato per abbandonare la corsa elettorale e candidarsi invece alle primarie contro Rashida Tlaib, la deputata palestinese americana censurata questo mese per le sue dichiarazioni sulla guerra fra Israele e Gaza». Il donatore era Linden Nelson, che in passato ha finanziato democratici, repubblicani e l’Aipac. Tuttavia, l’Aipac sostiene di non aver ricevuto soldi da Nelson da oltre dieci anni.

 

Il trascorso di donazioni di Nelson evidenzia una delle ragioni per cui i donatori presunti liberal finanziano think tank e gruppi di lobbying reazionari. I ricchi spesso danno soldi a entrambi i partiti principali come forma di assicurazione, per accertarsi di avere voce in capitolo a prescindere da chi vincerà le elezioni.

 

Marshall Steinbaum, economista dell’Università dello Utah, mi ha detto che questo genere di finanziamenti progressisti a istituzioni di destra non desta sorpresa. I donatori, osserva, «vogliono sempre far apparire che ‘entrambi gli schieramenti’ siano in dialogo, così li finanziano tutti e due affinché sostengano le stessa cose. C’è un’abbondanza di gruppi conservatori fondati da progressisti, che in questo modo possono dire di stare dialogando con conservatori ragionevoli. Il fatto che American Compass sia anche colluso con Trump evidenzia come l’idea che Hewlett e compagnia stiano sponsorizzando una vasta coalizione anti Trump sia una menzogna».

 

Questo tentativo di fare il doppio gioco rafforza la destra in molti modi. In primo luogo, conferisce una patina bipartisan e di rispettabilità a istituzioni come American Compass e Aipac. Su un piano più sottile, creando un falso consenso attorno alla ricchezza danneggia la fiducia nella democrazia. Gli elettori concluderanno correttamente che se gli stessi ricchi danno soldi sia ai democratici che ai repubblicani, a think tank sia di destra che di sinistra, allora la politica non è altro che una grossa truffa, con un ristretto spettro ideologico dettato dagli ultra ricchi. Anche se questi finanziatori progressisti sostengono di odiare Trump, stanno giustificando proprio quel cinismo che fa prosperare le rabbiose politiche anti-establisment della destra.

 

Articolo originale: Why “Liberal” Donors Love Giving Money to the Extreme Right del 24 novembre 2023

 

 

IL FATTO QUOTIDIANO — 24 AGOSTO 2024

https://www.ilfattoquotidiano.it/2024/08/24/project-2025-piano-ultra-conservatori-poteri-casa-bianca-trump-vertici-suoi-uomini/7667158/

 

Mondo

“Project 2025”, piano degli ultra-conservatori per ampliare i poteri della Casa Bianca. Trump prende le distanze, ma ai vertici ci sono i suoi

 

 

“Project 2025”, piano degli ultra-conservatori per ampliare i poteri della Casa Bianca. Trump prende le distanze, ma ai vertici ci sono i suoi
 
Kamala Harris l’ha citato ieri nel suo discorso alla convention dem per scavare una trincea – ideologica e ontologica – tra sé e Donald Trump. Parlando del “Project 2025“, la candidata dem ha messo in guardia contro coloro che vogliono “riportare il Paese al passato” e ha promesso: “America, non torneremo indietro”. Il tycoon, da parte sua, continua a negare collegamenti con il progetto di restaurazione e accentramento di stampo conservatore prodotto dalla Heritage Foundation, ma la realtà racconta un’altra storia.Il “Project 2025 – Presidential transition project” è un programma di radicale riorganizzazione del potere esecutivo che consiste nell’aumentare la capacità di controllo della Casa Bianca sui vari Dipartimenti. E’ stato presentato nel 2023 nell’auspicio di un ritorno di Trump al numero 1600 di Pennsylvania Avenue da “oltre 100 rispettate organizzazioni provenienti da tutto il movimento conservatore, per abbattere il Deep State e restituire il governo al popolo“, si legge sul sito.

Tra i “suggerimenti politici” contenuti nelle 900 pagine del manuale alcuni fotografano lo spirito che lo permea: “Rendere i burocrati federali più responsabili nei confronti del Presidente e del Congresso eletti democraticamente”, ovvero mettere l’intera macchina federale sotto il controllo della Casa Bianca comprese le agenzie indipendenti come il Dipartimento di Giustizia; stesso destino della CiaCentrale Intelligence Agency, il cui capo John O. Brennan denunciò ingerenze russe nelle presidenziali del 2016 dando il via a un durissimo scontro con Trump: “Il successo della CIA – si legge nel documento – dipende dalla ferma direzione da parte del Presidente e da una solida leadership interna nominata dal direttore della CIA. I dirigenti senior devono impegnarsi a portare avanti l’agenda del Presidente (…). Perciò: il prossimo Presidente eletto e l’Ufficio del personale presidenziale entrante dovrebbe identificare un direttore nominato che possa promuovere una cultura orientata alla missione apportando le necessarie modifiche strutturali e di personale”; e poi “mettere in sicurezza il confine, finire di costruire il muro e deportare gli immigrati clandestini”, ovvero depotenziare il Dipartimento per la sicurezza interna e unirlo ad altre agenzie per creare una polizia di frontiera con maggiori poteri; ma anche “migliorare l’istruzione trasferendo il controllo e i finanziamenti dai burocrati di Washington direttamente ai genitori e ai governi statali e locali”, eventualmente eliminando il Dipartimento dell’Istruzione.

Le idee sono chiare anche in tema di diritti: ritirare dal mercato la pillola abortiva mifepristone e utilizzare le leggi esistenti per impedire che il farmaco venga spedito per posta, “mantenere una definizione di matrimonio e famiglia basata sulla Bibbia e rafforzata dalle scienze sociali”, eliminare un lungo elenco di termini da leggi e regolamenti tra cui “orientamento sessuale“, “uguaglianza di genere” e “diritti riproduttivi” ma anche “vietare ai maschi biologici la possibilità di competere negli sport femminili”. Affinché il piano possa diventare realtà è prevista la creazione di un database da riempire con i nomi di conservatori di provata fede che potranno ricoprire posizioni governative e un programma per formare i nuovi dipendenti. In pratica una tabella di marcia pensata per riorientare nei primi 180 giorni della nuova amministrazione ogni agenzia federale attorno alla visione ultra-conservatrice della Heritage Foundation, think tank sulla piazza da decenni che elaborò per la prima volta piani politici per i futuri governi repubblicani nel 1981, quando Ronald Reagan stava per sedere nello Studio Ovale.

Lo ha fatto anche nel 2015, prima che Trump arrivasse alla Casa Bianca, quando aveva redatto un “Mandate for Leadership” contenente “344 raccomandazioni politiche”. E a ottobre 2018 aveva raccolto i primi risultati: “Un anno dopo l’insediamento, il presidente Donald Trump e la sua amministrazione hanno adottato quasi due terzi (il 64%) delle raccomandazioni politiche contenute nel ‘Mandato per la leadership’ della Heritage Foundation“. Tra le qual: la fuoriuscita degli Stati Uniti dall’accordo di Parigi sul clima, l’uscita dall’Unesco, l’abolizione della neutralità della rete internet, il rafforzamento dei requisiti lavorativi necessari per le famiglie bisognose per ricevere i sussidi del programma “Tanf”, “l’apertura delle trivellazioni offshore e su terreni federali”, l’avvio di una “riforma delle agenzie governative” pensata per ridurre la portata e le dimensioni delle loro strutture.

Nelle ultime settimane Trump ne ha preso più volte le distanze per evitare di perdere voti tra i repubblicani moderati. Dice, il tycoon, che si tratta di “idee assolutamente ridicole”, assicura di “non averci molto a che fare” e di non sapere “chi ci sia dietro”, ha scritto su Thruth. I fatti, però, dicono che la sua campagna è legata a doppio filo con l’organizzazione.

Sul sito del Progetto 2025 si legge che ai vertici ci sono tre figurePaul Dans, “direttore del Presidential Transition Project 2025”, ha lavorato alla Casa Bianca con Trump come capo dello staff dell’Office of Personnel Management: a fine luglio ha lasciato il posto a Kevin Roberts, presidente della Heritage FoundationSpencer Chretien, direttore associato del progetto, che “dal 2020 al 2021 è stato assistente speciale del presidente Donald J. Trump”; e Troup Hemenway, altro direttore associato, che “ha supervisionato le nomine presidenziali nei dipartimenti della Difesa, della Sicurezza Nazionale, dell’Energia e dell’Intelligence Community”. Difficile che Donald possa non averli conosciuti. A luglio la Cnn riferiva che almeno 140 persone che hanno lavorato nell’amministrazione Trump hanno avuto un ruolo nel Progetto 2025: in totale l’emittente “ha trovato circa 240 persone con legami sia con il Progetto 2025 che con Trump”.

E i legami sono tuttora in corso. La scorsa settimana Russell Vought, direttore dell’Office of Management and Budget nell’amministrazione del tycoon, autore di un capitolo centrale del Progetto e responsabile della piattaforma politica del Comitato nazionale repubblicano per il 2024, è apparso in un video realizzato con una telecamera nascosta dal Centre for Climate Reporting in cui ha affermato che l’organizzazione di cui è presidente, il Center for Renewing America, sta redigendo centinaia di ordini esecutivi, regolamenti e promemoria che dovrebbero facilitare l’implementazione del Project 2025 a una possibile futura amministrazione Trump. Il quale, dice Vought, ha “benedetto” la sua organizzazione ed “è molto favorevole a ciò che facciamo“.

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Boom del dollaro e delle criptovalute + LUCA CELADA, LOS ANGELES : Il tallone di ferro sugli Stati uniti. Presidenziali 2024 Un trionfo con pochi precedenti consegna gli Usa a una destra estrema, che ora controlla il congresso e la corte suprema e avrà l’immunità totale alla Casa bianca. Nel prossimo mandato non si intravedono davvero limiti o freni all’autorità trumpiana–IL MANIFESTO — 6 NOVEMBRE 2024

 

 

Sui mercati boom del dollaro e delle criptovalute

 

Le borse di tutto il mondo, da Wall Street a Tokyo, si preparano a sedute positive, con segni + molto marcati.

Ma sono il dollaro e le criptovalute (ad esempio il bitcoin vola oltre 75mila dollari) a volare verso i massimi. Segno che la fiducia dei mercati verso il presidente repubblicano è quasi totale.

Unico segno negativo, fotocopia esatta del clima politico, è il crollo sotto il 2% delle azioni cinesi, vista l’ostilità verso Pechino ribadita da Trump fin dal primissimo discorso post elettorale.

DA :

Donald Trump: “Sono il nuovo presidente degli Stati Uniti, abbiamo scritto la storia”

DA IL MANIFESTO 6 NOVEMBRE 2024 –

 

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IL MANIFESTO — 6 NOVEMBRE 2024
https://ilmanifesto.it/il-tallone-di-ferro-sugli-stati-uniti

 

 

 

Il tallone di ferro sugli Stati uniti

 

Donald Trump in campagna elettorale in Pennsylvania

Donald Trump in campagna elettorale in Pennsylvania – Evan Vucci /Ap

 

 

 

 

 

Luca Celada

LOS ANGELES

 

La marcia di Donald Trump nel suo ritorno alla Casa bianca è stata scandita inesorabilmente da una vittoria dopo l’altra negli stati chiave. Alle 2 di notte (le ore 8 in Italia) l’annuncio della vittoria in Pennsylvania ha di fato precluso a Kamala Harris quasi ogni altra possibilità di prevalere.

Poco dopo Donald Trump è salito sul palco del convention center di Palm Beach in Florida attorniato da tutta la famiglia, il vicepresidente Vance e dai maggiorenti del partito, subissato dai cori di U-S-A.

“Dio mi ha risparmiato la vita per una ragione, per salvare l’America,” ha detto. “Ora lotterò per voi con ogni mio respiro,”non avrò riposo finché non vi avrò consegnato l’America prosperosa che voi e i vostri figli meritate. Sarà l’età aurea del nostro paese”.

Mai avverso all’iperbole, Trump ha caratterizzato il risultato elettorale come un “mandato senza precedenti”, ma quello uscito dalle urne stanotte è stato un risultato effettivamente epocale.

 

Quattro anni dopo aver lanciato i suoi seguaci all’assalto del Parlamento, gli Americani hanno premiato l’autore del primo tentativo di golpe nella storia del paese con un plebiscito che è andato oltre le più rosee aspettative della stessa campagna Trump.

 

Si apre ora un capitolo storico dalle ignote implicazioni, sia per gli Stati uniti che per il resto del mondo.

 

Donald Trump si insedierà con un Senato e forse una Camera repubblicani. Se il conteggio finale gli assegnerà come sembra anche il voto popolare, sarebbe la prima volta per un presidente repubblicano da quando lo fece George Bush nel 2004.

 

Senza contare la super maggioranza della corte suprema che gli ha preventivamente accordato una immunità completa – questa sì senza precedenti costituzionali.

 

 

 

Donald Trump con lo stato maggiore della sua campagna, incluso JD Vance, sul palco della vittoria

Donald Trump con lo stato maggiore della sua campagna, incluso JD Vance, sul palco della vittoria, foto Julia Demaree Nikhinson /Ap

 

 

Nel prossimo mandato non si intravedono davvero limiti o freni alla sua autorità.

La sua sarà un’amministrazione più agguerrita, più organizzata, più decisa ed efficiente, nell’implementare un programma radicale, quello stilato dalla integralista Heritage Foundation nel “Project 2025” per rifare l’America ad immagine e somiglianza delle correnti integraliste e radicalmente conservatrici che animano il movimento Maga

“Le promesse fatte verranno mantenute,” ha aggiunto Trump dal palco. Per alcuni, per esempio i 12 milioni di immigrati non in regola che ha assicurato di voler deportare, più che una promessa è suonata come una fosca minaccia.

Ma nel programma 2025 vi sono anche molti altri obiettivi, come l’indulto per i circa 800 condannati per l’insurrezione del 6 gennaio (mentre i processi a suo carico cadranno invece quasi certamente in proscrizione).

Agli stati verrebbe data discrezione assoluta per le normative sull’aborto (compreso un monitoraggio statale delle gravidanze).

Previsto inoltre l’insediamento rapido di lealisti in ogni posizione chiave dell’apparato statale, l’uso del ministero di giustizia per la persecuzione di nemici politici e personali e l’utilizzo dell’esercito per sedare possibili proteste.

Per completare “la più grande riabilitazione della storia” Trump ha estremizzato e radicalizzato la retorica del suo discorso. Mentre Harris ha rincorso il centro, lui ha fatto l’opposto, trovando serbatoi ancora ignoti di rabbia e rancore.

 

Non è stata cioè una campagna basata tanto sulla politica ma di “pancia”, che ha sfruttato gli istinti peggiori e più divisivi per compattare la base attorno a guerre “culturali” ed emozionali.

Sullo sfondo di un genocidio, Trump ha ripreso la Casa bianca elevando i transgender nelle scuole a tematica primaria.

L’Europa in mesi recenti ha trattenuto il respiro per la prospettiva di ribaltoni post fascisti e nazional populisti in Francia e in Germania.

Oggi “cadono” invece gli Stati uniti e sarebbe davvero ingenuo sottovalutare le conseguenze a livello planetario.

 

Non si tratta solo della possibile guerra dei dazi o della probabile inversione a U sulla crisi climatica. La lista degli ospiti invitati ieri sera a Mar A Lago, fra cui Nigel Farage ed Eduardo Bolsonaro (figlio dell’ex presidente brasiliano, ndr), è stata un’anticipazione delle alleanze globali che segneranno la seconda presidenza Trump.

Con sollievo dei Milei, Putin, Bin Salman e Netanyahu che da oggi hanno la controparte desiderata nello studio ovale.

Lo stesso vale per lo schieramento senza precedenti di plutocrati che si è allineato con lui contribuendo collettivamente con oltre un miliardo di dollari alla sua campagna.

In Florida ieri sera c’era ovviamente Elon Musk, principale rappresentante anche della fazione più militante del capitalismo digitale che, nel vicepresidente Vance, ha ora un proprio uomo a un passo dalla presidenza.

 

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Dopo queste notizie ” orrende “, stiamo un po’ con questo gattino, anche lui assai in pensiero.. forse ci rimangono solo gli animali… chiara

 

 

 

 

Pomeriggio Zen di Paul Suciu

 

 

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ANSA.IT — 6 NOVEMBRE 2024 -9.49 .. Elezioni Usa 2024, Trump presidente: ‘Abbiamo fatto la storia’ :: FESTEGGIA L’ECONOMIA CHE CONTA – LA BORSA E IL PETROLIO

 

 

ANSA.IT 6 NOVEMBRE 2024  alle 10.02

  • Borsa: Milano sale (+1,3%) con l’Europa e la vittoria di Trump

  • Piazza Affari allunga il passo (+1,34%) al pari delle altre borse europee, in scia ai futures americani che preannunciano un’apertura col botto di Wall Street pronta a brindare a festeggiare la netta vittoria di Donald Trump.
    Gli acquisti premiano un po’ tutti i settori .

 

 

ANSA.IT — 6 NOVEMBRE 2024 –9.24 

Greggio in calo dopo il successo di Trump, Wti e Brent -1,1%

West Texas Intermediate a 71,18 dollari al barile, Brent a 74,7

 

Il petrolio in calo dopo il successo elettorale di Donald Trump alle presidenziali Usa.

Il West Texas Intermediate (Wti) segna un calo dell’1,11% a 71,18 dollari al barile e il Brent del mare del Nord dell‘1,13% a 74,69 dollari al barile.

Nella vigilia, secondo l’American Petroleum Institute, le scorte Usa sono salite inaspettatamente a 3,13 milioni di barili, contro un rialzo atteso di 1,8 milioni e il precedente calo di 0,57 milioni.

 

 

 

ANSA.IT  6 NOVEMBRE 2024 — 6.24

https://www.ansa.it/usa_2024/notizie/2024/11/06/musk-su-x-esulta-per-trump-game-set-and-match-_cbe7305c-cb5a-4997-bdb3-097969026b54.html

Musk su X esulta per Trump: ‘Game, set and match’

Gioco, set e partita: così scrive su X il sostenitore del tycoon

 

Usa 2024, le immagini iconiche della lunga corsa elettorale © ANSA/Getty Images via AFP

 

 

 

ANSA.IT — 6 NOVEMBRE 2024 -9.49
https://www.ansa.it/usa_2024/notizie/2024/11/06/elezioni-usa-2024-trump-una-magnifica-vittoria-lamerica-sara-di-nuovo_de5f88a7-cf6a-4283-9865-c6382a40e20a.html

 

Elezioni Usa 2024, Trump: ‘Una magnifica vittoria, l’America sarà di nuovo grande’ – Gli aggiornamenti in diretta – LIVEBLOG

Il tycoon parla ai suoi sostenitori a Palm Beach. ‘Trump è il 47esimo presidente degli Usa’, l’annuncio di Fox. E’ il primo presidente con una condanna penale e il più vecchio ad insediarsi, a 78 anni – All’interno la mappa degli Stati

 

 

 

 

 

ANSA.IT — 6 NOVEMBRE 2024 — 9.34
https://www.ansa.it/usa_2024/notizie/2024/11/06/elezioni-usa-2024-trump-presidente-abbiamo-fatto-la-storia-il-punto-alle_2f595b26-2e48-419d-a0ad-dedac948b9d6.html

 

Elezioni Usa 2024, Trump presidente: ‘Abbiamo fatto la storia’ – IL PUNTO ALLE 9:30

Meloni si congratula. ‘Stretto’ coordinamento Scholz-Macron

Trump © ANSA/Getty Images via AFP

Trump © ANSA/Getty Images via AFP

 

 

 

ANSA.IT — 6 NOVEMBRE 2024- 9.34
https://www.ansa.it/usa_2024/notizie/2024/11/06/elezioni-usa-2024-trump-presidente-abbiamo-fatto-la-storia-il-punto-alle_2f595b26-2e48-419d-a0ad-dedac948b9d6.html

Elezioni Usa 2024, Trump presidente: ‘Abbiamo fatto la storia’ – IL PUNTO ALLE 9:30

Meloni si congratula. ‘Stretto’ coordinamento Scholz-Macron

Trump © ANSA/Getty Images via AFP

Trump © ANSA/Getty Images via AFP

Donald Trump diventa il 47esimo presidente degli Stati Uniti d’America, secondo Fox News che per prima ha dato per vittorioso il tycoon nella corsa alla Casa Bianca, assegnandogli lo Stato chiave della Pennsylvania e anche il Wisconsin.

E secondo i media, a scrutinio ancora in corso il candidato repubblicano è proiettato a vincere anche il voto popolare, cosa che per un candidato presidenziale repubblicano non succedeva dal 2004 con George W.Bush.

Salito sul palco del convention center di Palm Beach con la famiglia al completo, tra i cori del pubblico ‘Usa Usa’, il tycoon ha rivendicato la presidenza sottolineando che “stasera abbiamo fatto la storia”.

Questa “è una magnifica vittoria che ci consentirà di rendere l’America di nuovo grande. Questo è un movimento mai visto prima, questo è il più grande movimento della storia”, ha detto sottolineando che “vincere il voto popolare è bello” e rivendicando la conquista del Senato.

Trump ha quindi promesso di portare una nuova “età dell’oro” negli Stati Uniti, mentre sul palco, il suo futuro vice JD Vance ha evidenziato che quello di stanotte “è stato il più grande comeback (rimonta) della storia americana”.

Notte fonda invece per Harris, che intanto vince il Minnesota ma comunica che non parlerà stasera alla Howard University, dove i suoi sostenitori erano in attesa dei risultati del voto. Trump sarà il primo presidente a ricoprire due mandati presidenziali non consecutivi dopo il dem Stephen Grover Cleveland (a fine ‘800), il primo con una condanna penale e il presidente più vecchio ad insediarsi, a 78 anni.

La sua è considerata una vera e propria impresa senza precedenti, perché è riuscito a tornare alla Casa Bianca sfidando ogni regola del politicamente corretto, sopravvivendo a due impeachment, vari processi, due condanne penali e vari scandali. Dopo l’assalto al Capitol, sembrava un leader politico finito, abbandonato anche dal suo partito, che invece è riuscito a riconquistare.

 

Tra le prime reazioni in Usa, quella dello speaker della Camera Mike Johnson, che subito dopo la ‘call’ della Fox si è congratulato con il “presidente eletto” Donald Trump.

All’estero, dove la corsa alla Casa Bianca era seguita col fiato sospeso per le ripercussioni sui grandi dossier internazionali, Parigi è stata tra le prime capitali a reagire, con il portavoce del governo francese che ha sottolineato come ora, l’Europa deve “prendere in mano il proprio destino” in un certo numero di settori chiave, dalla difesa alla reindustrializzazione e decarbonizzazione. Macron si è detto “pronto a lavorare insieme” con “rispetto e ambizione”.

Ma intanto, ha annunciato insieme al cancelliere tedesco Olaf Scholz uno “stretto coordinamento” Parigi-Berlino, proprio a seguito del voto Usa.

In Italia la premier Giorgia Meloni si congratula su X “a nome mio e del Governo italiano” con “il presidente eletto degli Stati Uniti: Italia e Stati Uniti sono Nazioni ‘sorelle’, legate da un’alleanza incrollabile, valori comuni e una storica amicizia. È un legame strategico, che sono certa ora rafforzeremo ancora di più. Buon lavoro Presidente”.

E Matteo Salvini saluta la vittoria del tycoon Trump in un messaggio su Instagram: “Lotta all’immigrazione clandestina e taglio delle tasse, radici cristiane e ritorno alla pace, libertà di pensiero e no ai processi politici. Anche negli Usa vincono buonsenso, passione e futuro! Buon lavoro, Presidente Donald Trump”.

 

Da Budapest, il primo ministro ungherese Viktor Orban – l’unico leader europeo a tifare esplicitamente per il tycoon – ha celebrato “il più grande ritorno nella storia politica degli Stati Uniti” e “una vittoria necessaria per il mondo”.

Da Pechino, la portavoce del ministero degli Esteri Mao Ning, ha auspicato una “coesistenza pacifica” con Washington.

A Mosca, la portavoce del ministero degli Esteri russo, Maria Zakharova, ha affidato a Telegram un criptico messaggio apparentemente riferito al voto americano: “Vince chi vive di amore per il proprio Paese e non di odio verso gli stranieri”.

Il premier israeliano, Benyamin Netanyahu, si è congratulato con Trump per “il più grande ritorno della storia”.

 

ANSA.IT — 6 NOVEMBRE 2024 .. 9.51

Netanyahu, con Trump il più grande ritorno della storia

‘Sua vittoria segna una forte ripresa dell’alleanza con Israele’

GERUSALEMME, 06 novembre 2024, 09:51

ANSACheck
© ANSA/EPA

Il premier israeliano, Benyamin Netanyahu, si è congratulato con Trump per il “più grande ritorno della storia”.
La vittoria di Trump segna “una forte ripresa della grande alleanza” con Israele, afferma il premier israeliano.

 

 

 

 

ANSA.IT — 6 NOVEMBRE 2024 — 10.16
https://www.ansa.it/sito/notizie/topnews/2024/11/06/zelensky-si-congratula-con-trump-vittoria-impressionante_d05a0e18-a6e6-40d2-a037-f44a1d3b1817.html

 

Zelensky si congratula con Trump, vittoria impressionante

Presidente auspica che aiuterà Kiev ad avere una pace giusta

 

© ANSA/EPA

 

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CHIARA CRUCIATI, Cento queer israelian*: sì al boicottaggio. Israele Lettera di solidarietà all’Ilga dopo la decisione di sospendere l’associazione Lgbtq+ israeliana che supporta l’iniziativa a Gaza- IL MANIFESTO  5 NOVEMBRE 2024 + altro + altro

 

 

IL MANIFESTO  5 NOVEMBRE 2024
https://ilmanifesto.it/cento-queer-israelian-si-al-boicottaggio

 

Cento queer israelian*: sì al boicottaggio.

 

Un manifestazione LGBTQ+ pro Palestianese

Una manifestazione dell’Ilga

Chiara Cruciati

 

Segue le pagine internazionali, dalla scrivania di via Bargoni e dalle città del Medio Oriente. Vicedirettrice del manifesto

 

 

L’Ilga deve «immediatamente espellere le organizzazioni complici dell’apartheid e del genocidio». Il messaggio di solidarietà all’International Lesbian, Gay, Bisexual, Trans and Intersex Association (Ilga) arriva da oltre cento attivist* queer israelian*, dopo la decisione dell’organizzazione internazionale di sospendere The Aguda, gruppo Lgbtqia+ israeliano.

Il motivo: il sostegno all’offensiva israeliana in corso da 13 mesi contro Gaza.

 

L’INIZIATIVA dell’Ilga nasceva dalla richiesta di The Aguda di ospitare la prossima conferenza dell’organizzazione a Tel Aviv e dalla pressione dei gruppi palestinesi Lgbtqia+ che ne chiedono da tempo la sospensione.

A giugno, mese del Pride, Aguda ha organizzato un’iniziativa in sostegno dell’esercito in cui 13 soldati gay e lesbiche sono stati premiati per la loro partecipazione all’attacco contro Gaza.

 

Nella lettera, intitolata «Queers Against Genocide», le oltre cento firme sono oscurate: temono, dicono, per la propria incolumità. «Come bi, trans, lesbiche e gay – dicono – è nostro obbligo stare accanto ai nostri e nostre compagne palestinesi, combattere con loro per la decolonizzazione e contro ogni forma di oppressione». Ricordano di essere da anni impegnati nelle proteste sotto lo slogan «No pride in Occupation» e chiedono il boicottaggio delle realtà israeliane «responsabili di pinkwashing e crimini di guerra».

 

 

 

COSA RAPPRESENTA L’ILGA

https://www.behance.net/gallery/58483911/Logo-System-for-ILGA

 

ILGA è L’Associazione Internazionale Lesbiche, Gay, Bisessuali, Trans e Intersessuali in difesa dei diritti LGBTQ+ —  fondata nel  1978. Riguarda: Lesbiche, Gay, Bisessuali, Trans e Intersessual.
L’ILGA ottenne lo status consultivo presso il Consiglio economico e sociale delle Nazioni Unite (ECOSOC) nel 2011.
L’ILGA è stata coinvolta nel far sì che l’ Organizzazione Mondiale della Sanità eliminasse l’omosessualità dal suo elenco di malattie.


nel link sotto, si commenta la richiesta dell’organizzazione israeliana Aguda di essere parte di Ilga
https://en.wikipedia.org/wiki/International_Lesbian,_Gay,_Bisexual,_Trans_and_Intersex_Association#Conferences

 

 

*****  PINKWASHING

 

Il pinkwashing (  da ” pink “= rosa e washing =sbiancare ) — si potrebbe dire ” sepolcri imbiancati “, è, per esempio,   ” pinkwashing ”  il fatto che “lo stato israeliano e i suoi sostenitori usino il linguaggio dei diritti gay e trans per distogliere l’attenzione internazionale dall’oppressione dei palestinesi “. ( un documento di Al-Qaws dal titolo : “Beyond Propaganda: Pinkwashing as Colonial Violence”, del 2020 )

– Al -Qaws è ” un’organizzazione palestinese in prima linea nel cambiamento culturale e sociale palestinese soprattutto  per la diversità sessuale e di genere “. (da  alqaws.org ) – link dell’organizzazione

 

 

altro lo trovate in questo link:

https://en.wikipedia.org/wiki/Pinkwashing_(LGBTQ)

 

 

COSA SIGNIFICA E COME E’ NATO IL TERMINE QUEER

DA 

Treccani   

//ma con significative ” masticazioni ” di chiara nel tentare di capirci ; mi sarà stata certamente di ostacolo un antica eduzione e cultura cattolinica.. forse ho il timore di incontrarmi, proprio lì sulla strada, che mi viene incontro,  il diavolo.

Il termine significa «strano», «bizzarro». Il termine fa la sua comparsa nelle scienze sociali – come altre istanze culturali di quello stesso periodo, cui si lega fortemente, come la critica postcoloniale – per mettere in questione l’universalità delle categorie identitarie, anche delle più convenienti.
Secondo molti autori, gli studi queer sarebbero in questo senso un’evoluzione della critica femminista all’essenzialismo, all’idea che maschile e femminile siano solo fatti naturali, espressione di una innata e immutabile differenza tra i generi e non, piuttosto, il risultato storico e culturale di un determinato ordine sociale e simbolico.
In entrambe le istanze, la proposta risiede nella valorizzazione delle differenze.

Questo approccio teorico che enfatizza la mutabilità, l’instabilità, la provvisorietà delle identità si è materializzato in esperienze politiche e culturali 

che hanno provocato profonde discontinuità con i movimenti del passato. In primo luogo gli spazi dell’attivismo e della socialità queer sono fortemente promiscui: a differenza di gran parte del femminismo e di altre esperienze politiche del secolo scorso non si basano, infatti, sul separatismo, né sul principio di identificazione comune.

In secondo luogo, differenziandosi anche dai movimenti per i diritti di gay e lesbiche di fine Novecento cui verrebbe spontaneo associarla, la politica queer ha abbandonato il terreno delle rivendicazioni identitarie, così come quello della ricerca della visibilità e rispettabilità gay e lesbica, a favore di pratiche performative e, spesso, del ‘politicamente scorretto’.

Tra le novità certamente più suggestive di questa esperienza vi sono infatti proprio l’analisi e la pratica della performatività del genere, in gran parte mutuata dall’opera di Judith Butler (1990). Con questa espressione la filosofa intendeva porre l’accento sul fatto che il genere, il modo in cui il nostro sesso si rappresenta nella società, è di fatto una ripetizione e interpretazione di norme, un rituale che siamo chiamati costantemente a compiere, credendo invece che sia un fatto ‘naturale’.

( non si nasce con un genere che è tale anche nel periodo preverbale, ma questo genere è frutto di una serie di atti di interazione e di atti imitativi e di
interpretazioni di norme, una specie di rituale cui siamo costantemente chiamati a compiere,  credendo invece che sia un fatto ‘naturale’. Secondo Butler tutte le identità di genere sono quindi delle performance.)

Secondo Butler tutte le identità di genere sono quindi delle performance. Tra queste, tuttavia, ce ne sono alcune, consapevoli, da lei chiamate «atti corporei sovversivi» che hanno il potere proprio di svelare la natura inautentica del genere, il suo carattere imitativo. La diffusione che la pratica del drag ha guadagnato negli ambienti queer, ampiamente testimoniata nelle parate annuali (i prides) che si svolgono a fine giugno in ogni Paese, nelle feste, nei locali e nei club, si spiega non solo, tuttavia, con il valore politico e culturale che gli è riconosciuto, ma anche perché, nella forma di workshops collettivi di travestimento, è praticato come mezzo di sperimentazione e «di esplorazione di altri lati di sé», compresa la dimensione erotica (Il re nudo, 2014, p. 10).

Il drag, termine con cui la pratica del travestimento parodistico è generalmente descritto in questi ambienti, svolge tale funzione: ciò che il travestito o la travestita mostrano è che il genere ‘si fa’, nel senso che dipende da una messa in scena che è a un tempo sociale e individuale. La diffusione che la pratica del drag ha guadagnato negli ambienti queer, ampiamente testimoniata nelle parate annuali (i prides) che si svolgono a fine giugno in ogni Paese, nelle feste, nei locali e nei club, si spiega non solo, tuttavia, con il valore politico e culturale che gli è riconosciuto, ma anche perché, nella forma di workshops collettivi di travestimento, è praticato come mezzo di sperimentazione e «di esplorazione di altri lati di sé», compresa la dimensione erotica (Il re nudo, 2014, p. 10).

In Italia il termine anglofono queer, con tutto il suo corredo politico e culturale, ha avuto sviluppi per certi aspetti diversi da quelli registrati negli Stati Uniti o in altri Paesi dell’Europa del Nord. Si può dire che  il suo significato non è largamente conosciuto. 

 A differenza dei Paesi anglofoni, dove la valenza politica del termine è più chiara anche in virtù della sua storia, in Italia sarebbe percepito invece in maggior misura come troppo ricercato e autoreferenziale. Infine, non è da sottovalutare il fatto che le ragioni della minore fortuna del termine e della cultura queer in Italia, a oggi recepiti e fatti propri soprattutto negli ambienti della cultura indipendente urbana, risiedano proprio nella prevalenza nel nostro Paese di culture politiche di matrice identitaria e rivendicativa.

La diffusione che la pratica del drag ha guadagnato negli ambienti queer, ampiamente testimoniata nelle parate annuali (i prides) che si svolgono a fine giugno in ogni Paese, nelle feste, nei locali e nei club, si spiega non solo, tuttavia, con il valore politico e culturale che gli è riconosciuto, ma anche perché, nella forma di workshops collettivi di travestimento, è praticato come mezzo di sperimentazione e «di esplorazione di altri lati di sé», compresa la dimensione erotica (Il re nudo, 2014, p. 10) ùù

Concludo dicenbdio che il link ( Treccani- link in alto ) da cui ho tratto questi pensieri, a me non molto chiari, ma penso che  la confusione che regna serena nella mia testa sia soprattutto data ,  anche, dal semplice fatto che è la seconda volta che mi avvenure in queste lande piene di storia e di  tante lotte, tanti scontri e non solo  nelle discussioni  — ci saranno state  esplusioni / condanne anche fino a ad arrivare ad  andarse per sempre da un posto dove avevamo trovato compagni con cui lavare bene.

 

 

TRECCANI.IT / ECICLOPEDIA / QUEER 

https://www.treccani.it/enciclopedia/queer_res-c2518ccb-dd82-11e6-add6-00271042e8d9_(Enciclopedia-Italiana)/

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A chi ama leggere libri di storia, dedico questi tre libri del grande storico FRANCO CARDINI ( prod. storia medioevale alla Normale di Pisa + altro sotto ) + immagini della città di Xian, in Cina

 

 

 

Copertina Samarcanda

 

pp. 344

IL MULINO 2016

 

 

Samarcanda

Un sogno color turchese

Potenza di una città sognata: ci arrivi e ti stupisci che esista davvero

Nessuna città ha un nome così evocativo: appena lo pronunci l’Oriente t’assale. Samarcanda è l’estrema tra le Alessandrie fondate dal re macedone; è la città delle fortezze e dei sepolcri; è il nodo carovaniero sulla Via della Seta, il maggior raccordo commerciale di terra fra Cina ed Europa; è la sede del Gur-Amir, tempio e santuario, centro del mondo dalla cupola turchese sotto la quale il grande Tamerlano dorme per sempre. Parla una lingua in cui coesistono e si contrappongono tre alfabeti – cirillico, latino, arabo – come specchio della lotta tra chi ancora guarda al vecchio colonizzatore russo, chi sostiene l’islamizzazione e chi vorrebbe giocare sino in fondo la carta dell’occidente

 

 

 

Se volete dare uno sguardo a Samarcanda, le immagini cominciano subito dopo il titolo–

aprite sotto

( uno sguardo a ) — SAMARCANDA, IN UZBEKISTAN, dove si sono appena incontrati Putin, Xi Jinping, il presidente iraniano Ebrahim Rai, Erdogan, Kazakistan, Kirghizistan, Tagikistan e Uzbekistan/ India e Pakistan dal 2017 ( membri dell’OCS, organizzaz. cooperaz. Shangai, fondata nel 2001 )

 

 

 

 

 

FRANCO CARDINI ( Firenze, 1940 )

foto dal BLOG DI FRANCO CARDINI  ( che vi raccomando ! )

trovate anche tutte le notizie dei suoi studi e delle sue cattedre

 

 

Minima Cardiniana 486/1

 

 

 

Copertina La via della seta

Il Mulino 2017
pp. 357

 

Una strada, o meglio una rete di strade, un fascio di percorsi terrestri e marittimi hanno spostato nel corso dei secoli uomini, merci e conoscenze dall’estremità orientale dell’Asia sino al Mediterraneo e all’Europa. Romantica e recente, l’espressione «via della seta» restituisce il senso di un mondo vasto, attraversato fin dai tempi antichi da guerre e conflitti ma animato anche dal fervore di scambi commerciali, culturali e politici. Fra montagne e altipiani per questo cammino sono transitati spezie, animali, ceramiche, cobalto, carta, e naturalmente la seta. Alessandria, Chang’an, Samarcanda, Bukhara, Baghdad, Istanbul: sono alcune delle tappe di un viaggio millenario che giunge fin dentro al nostro presente. Perché la via della seta non è solo un racconto del passato, ma ha a che fare con il nostro futuro globale.

 

 

 

 

Copertina Istanbul

Il Mulino 2014
pp. 336

Viaggiatori avveduti e turisti diligenti che mettete in conto di affidarvi, prima di partire, a voluminose guide: nelle mie intenzioni – e nelle mie speranze – l’ideale sarebbe che lasciaste da parte libri, guide e mappe e vi affidaste fiduciosamente a queste pagine. Certo, questa è la «mia» Istanbul. Non pretendo che diventi anche la «vostra»: mi basterebbe che quanto qui leggete vi aiutasse a trovarla.

Istanbul, la Nuova Roma. Ma è Costantinopoli il suo vero nome, da sempre e per sempre. Un nome che evoca immagini mirabili: il sogno dell’Oriente, le lontananze che si profilano oltre il Bosforo e l’Anatolia. Le moschee, gli harem, i sufi danzanti, gli aromi dei bazar. Da mezzo millennio l’Europa identifica in quella sola città il prezioso anello di congiunzione tra l’Antichità perduta e la Modernità mai davvero raggiunta, tra il Levante e l’Occidente. Ancor oggi, dietro la megalopoli brulicante di vita, noi cerchiamo la città incantata, le tracce di un passato che ci appartiene.

 

 

 

Copertina Castel del Monte

 

Castel del Monte

Una reggia, un monumento celebrativo, un luogo di culto? L’appassionante enigma di Castel del Monte sembra fare tutt’uno con la personalità di colui che lo fece costruire, Federico II: imperatore cristiano, illuminista ante litteram, tiranno politico e legislatore egualitario, cultore delle scienze ed esoterista. Nella vicenda dell’Italia meridionale e del suo distacco dal resto della penisola, un filo rosso collega la politica ipercentralista di Federico II, con la sua splendida architettura castellana,e l’assenza di un’autonomia urbana nel Mezzogiorno, matrice della futura diversità del Sud.

 

 

 

 

 

 

 

nota breve: + immagini

 

 

CHANG’AN – ( oggi XIAN )- è stata l’antica capitale della Cina di oltre diecdi dinastie dell storia cinese;
letteralmente Chang’an significa “Pace Eterna” in cinese classico, al tempo della dinastia Ming il nome divenne Xi’an, ovvero “Pace Occidentale”, che è quello tuttora in uso.

 

un modellino dell’antica capitale cinese
Gary Todd from Xinzheng, China – Ancient Chang’an City Model

 

uno schema della pianta della città antica
 Chang’an Tang schema.svgZunkir derivative work: rowanwindwhistler (discussione

 

 

Cina - Mappa

autore : CIA– https://it.wikipedia.org/wiki/Cina#/media/File:China_CIA_map.png
Xian lo vedete in centro più o meno

 

 

 

LA CITTA’ OGGI SI CHIAMA XIAN 

 

è il capoluogo della provincia dello Shaanxi nella Cina, è  una delle più importanti città nella storia cinese  con più di 3 100 anni di storia, si trova anche alla fine orientale della via della seta. Xi’an è la più grande e più sviluppata città nel centro della Cina nord-occidentale e si posiziona fra le prime città cinesi per popolazione. È anche sede universitaria di rilievo.
Nel 2010 gli abitanti  erano oltre  gli 8 milioni e mezzo

 

Marco Polo ne Il Milione descrive la città e il palazzo reale:

«Dopo otto giornate di viaggio si arriva a questa nobile e grande Chengianfu, città davvero ampia e bella, capitale del regno di Chengianfu che ha ora per signore un figlio del Gran Kan chiamato Mangalai: questi ha avuto dal padre la terra, ed è stato incoronato re. È città di molti mercanti e di artigiani, ricca di seta e di armi e di quanto serve agli eserciti: vi si trova in abbondanza e a buon prezzo tutto ciò che serve alla vita dell’uomo. La città è a ponente; gli abitanti sono idolatri, salvo qualche turco, cristiano nestoriano e qualche saraceno.

Fuori città c’è il palazzo del re Mangalai, di una bellezza che voglio descrivervi. Sorge in una gran pianura con fiumi, laghi, paludi e sorgenti d’acqua dove sono molti animali selvaggi e uccelli. C’è innanzi tutto un robusto altissimo muro del perimetro di cinque miglia molto ben costruito e tutto merlato. E nel mezzo sorge il palazzo, così grande e così ornato come nessuno potrebbe farlo meglio. Ha molte belle sale e camere, tutte istoriate e dipinte d’oro battuto con azzurri finissimi e infiniti marmi. Questo re Mangalai regna sulla sua terra con somma giustizia e buon governo ed è molto amato dai suoi sudditi. E i soldati vivono nei dintorni del palazzo e si divertono con l’abbondantissima caccia.»

 

Xi’an è nota per gli “Otto grandi panorami di Chang’an” (長安 八景T长安 八景S, Cháng’ān bājǐng), una raccolta di zone panoramiche della regione. Il genere di musica rituale tradizionale Xi’an guyue prende il nome da Xi’an ed è stato dichiarato patrimonio immateriale dell’umanità dall’UNESCO nel 2009. 

 

 

 

L'esercito cinese di terracotta della Grande Muraglia

L’esercito cinese di terracotta della Grande Muraglia – Foto stock

 

 

 

ANTICHE MURA DELLA CITTA’

 

 

 

 

Haze Weather in Xi'an

una giornata di dicembre a Xian

 

 

 

 

Veduta aerea dell'incrocio circolare nella notte del campanile di Xi'an, Cina

Veduta aerea dell’incrocio circolare di notte del campanile di Xi’an, Cina – Foto stock

 

 

 

 

Corner Of Ancient City Xi'an

un angolo dell’antica città costruito dalla Dinastai Tang

 

 

 

 

Travel Booms During May Day Holiday

molti turisti nella città di Xian il 1 maggio

 

 

 

 

Aerial view of the city wall of Xi'an

vista aerea della città di Xian

 

 

 

Aerial view of the city wall of Xi'an

da un  aereo  più vicino..

 

 

 

 

Aerial view of the city wall of Xi'an

la città con i suoi grattacieli

 

 

 

 

veduta della città
Acstar – Opera propria — wikipedia

 

 

 

 

 

 

le mura di Xian
Lingtft – Opera propria — da Wikipedia

 

 

 

 

il quartiere musulmano
Batiste Pannetier – http://www.freemages.co.uk/browse/photo-1093-muslim-quarter-of-xi-an.html

 

 

 

 

 

Scorcio delle mura
Bingar1234 – Opera propria

 

 

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Giovanna Branca, Marina Catucci, NEW YORK — Liste purgate e machete ai seggi, eppur si vota. In Virginia la Corte suprema esclude sospetti stranieri, in Florida un trumpiano si presenta armato… Ma hanno già votato in 52 milioni–IL MANIFESTO 31 OTTOBRE 2024 + Pier Luigi Bersani a Otto e mezzo di ieri sera, 4 novembre

 

 

 

IL MANIFESTO 31 OTTOBRE 2024
https://ilmanifesto.it/liste-purgate-e-machete-ai-seggi-eppur-si-vota

 

 

Liste purgate e machete ai seggi, eppur si vota.

 

 

NEW YORK

 

 

1.600 voti: all’apparenza una goccia nell’oceano dell’elettorato statunitense. Ma che assumono proporzioni giganti nella battaglia non più sotterranea per sopprimere, o contestare ex post, i voti non graditi ai repubblicani.Parliamo dei 1600 iscritti alle liste elettorali della Virginia fatti rimuovere d’autorità dal governatore Glen Youngkin con l’accusa di essere noncitizen, con il benestare, arrivato ieri, della Corte suprema.

 

Glen Youngkin  – FOTO DA   https://www.bloomberg.com/

 

IN UN ORDINE senza argomentazioni né firme (se non quelle delle tre giudici liberal per segnalare il proprio dissenso), la Corte ha infatti sollevato ( dal latino tollere, sollevare- togliere —treccani.it) il divieto a “purgare” i 1600 elettori dalle liste, deciso da una corte federale dopo un ricorso del dipartimento di giustizia e di varie associazioni per i diritti civili. È già stato provato infatti che nella corsa di Youngkin a alimentare le fiamme del sospetto (infondato) di voti espressi da migranti illegali sono rimasti coinvolti svariati cittadini americani. Oltretutto, l’ordine è in violazione del National Voter Registration Act, che impedisce di mettere mano alle liste elettorali nel periodo immediatamente precedente alle elezioni.

 

 

La Corte suprema reagisce con una simbolica alzata di spalle, chiarendo ancora una volta come si sia ritagliata un ruolo da protagonista per indirizzare il risultato nella direzione più gradita. Ed è significativo, all’indomani dei letterali roghi dei ballot ( =scheda elettorale ) box negli stati di Washington e dell’Oregon, che un sondaggio pubblicato dal Washinton Post indichi che il 57% degli elettori di 6 swing state ( che oscillano dall’uno all’altro candidato ) temano la violenza dei supporter di Trump in caso quest’ultimo non vinca le elezioni. Violenza che è continuata anche ieri: un 18enne – accompagnato da un gruppo di altri ragazzi con bandiere di Donald Trump – è stato arrestato in Florida per aver brandito un machete contro due elettori democratici fuori da un seggio elettorale, dove era in corso il voto anticipato.

 

 

 

 

 

«SONO PRONTO a difendere il risultato elettorale, faremo il nostro lavoro» ha affermato intanto, dalla Georgia, il segretario di Stato repubblicano Brad Raffensperger, già protagonista suo malgrado del tentativo di Trump di rovesciare il risultato nello stato: in quello che è uno degli swing state più importanti, il voto anticipato ha infatti infranto ogni record, superando già i 3 milioni di preferenze espresse. Record di voti si sono registrati anche in North Carolina e New York, e in generale in tutto il Paese. In tutto il paese hanno già votato 52 milioni di persone.

 

 

IN QUESTO CLIMA teso, i media Usa ricordano che per l’ottavo anno consecutivo gli Stati Uniti sono stati giudicati una “democrazia imperfetta” dalla società di analisi e ricerca Economist Intelligence Unit. Molti studiosi stanno mettendo in guardia dalle tendenze verso l’autoritarismo, sottolineando, come hanno fatto sia Politico che The Nation, che durante il comizio al Madison Square Garden Trump ha parlato di un “piano segreto” elaborato con il presidente della Camera Mike Johnson. Alla Cnn, Johnson ne ha confermato l’esistenza ma senza scendere in dettagli. L’ipotesi più plausibile è che Trump e Johnson stiano “segretamente” parlando di insediare Trump attraverso una “elezione contingente”, in cui la Camera, e non il Collegio Elettorale, determina il presidente.

 

Mentre questo accade più o meno dietro le quinte, i comizi continuano ad essere sotto i riflettori. Kamala Harris a Washington ha attirato 75mila persone scegliendo di parlare proprio dove Trump, nel 2021, aveva incitato i rivoltosi il giorno dell’assalto al Congresso. «Donald Trump ha trascorso un decennio cercando di tenere il popolo americano diviso, e le persone timorose l’una dell’altra. Ecco chi è lui. Ma sono qui stasera per dire: non è questo ciò che siamo».

 

POI È RIPARTITA per una serie di comizi in Pennsylvania, North Carolina e Wisconsin, “incrociando” Trump in questi ultimi due stati. In North Carolina Trump si è rivolto alla comunità portoricana dicendo che «non è colpa di nessuno», ma sono state dette «alcune cose brutte» al suo comizio del Madison Square Garden, riferendosi all’appellativo di “spazzatura” affibbiato a Portorico.

 

 

L’ARGOMENTO è stato malamente affrontato anche da Joe Biden, che ha scatenato una tempesta dicendo che «l’unica spazzatura che vedo fluttuare là fuori sono i suoi sostenitori»: si riferiva al “comico” che ha fatto la battuta, ma è sembrato parlasse della base di Trump, al punto che Harris per la prima volta ha tenuto a distanziarsi dal presidente, dicendosi «fortemente» in disaccordo.

 

Le elezioni pervadono ormai ogni aspetto della società americana, tanto che anche la parata di Halloween di New York, la più importante a livello nazionale, oggi avrà come tema “Meow, gatti” ( ” miao,   gatti “, un chiaro riferimento al ruolo giocato da questi felini nella campagna elettorale, a partire dalle “gattare senza figli” disprezzate da JD Vance, per arrivare alle menzogne contro i migranti haitiani che si sarebbero mangiati i felini domestici.

 

Il senatore statunitense J.D. Vance, repubblicano dell’Ohio e candidato alla vicepresidenza dell’ex presidente degli Stati Uniti Donald Trump

 

J.D. Vance è contro le élite solo a parole

Abbiamo analizzato l’account su un’app di pagamenti del neo-candidato alla vicepresidenza di Trump, che rivela un’estesa rete di contatti con l’establishment americano contro cui si scaglia in pubblico. Il profilo offre uno spaccato della sua vasta rete di legami con figure di spicco dell’establishment del Partito repubblicano americano, ricchi finanziatori, dirigenti del settore tech, stampa ed ex studenti della Yale Law School…continua nel link:

 

 

PER CHI FOSSE INTERESSATO  _

al minuto 32 di OTTO E MEZZO, PIER LUIGI BERSANI DICE CHI SONO I FINANZIATORI DI TRUMP– 

volendo è abbastanza interessante tutto.  4 novembre 2024

https://www.la7.it/otto-e-mezzo/rivedila7/meloni-salvini-e-lossessione-dei-giudici-otto-e-mezzo-puntata-del-4112024-04-11-2024-565956

 

Ospiti di Lilli Gruber: Pierluigi Bersani, Andrea Scanzi, Brunella Bolloli

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X di NICK KNUDSEN – Perché è meglio votare Kamala Harris e non Trump– aggiungo il link dell’inglese

 

ImmagineImmagine

foto belle dal suo X, grazie !

 

 

X di NICK KNUDSEN
https://x.com/NickKnudsenUS/status/1853665095563485379

 

Ho una confessione e un appello da rivolgere a chi sta flirtando con l’idea di votare Jill Stein.

Quando ero uno studente universitario ventenne nel 2000, ho votato per Ralph Nader invece che per Al Gore.

Mi piaceva il messaggio progressista che Nader offriva, e Bush e Gore sembravano più o meno la stessa cosa a qualcuno che prestava attenzione periferica.

Mi sono pentito di quel voto per tutta la mia vita adulta. Alla fine, George Bush ha vinto con un margine di 500+ voti nello stato della Florida su Gore.

E questa è stata la partita. Ralph Nader ha strappato 97.000+ voti a Gore. Se solo 600 di quei 90.000 avessero votato per il candidato del partito principale più in linea con i loro valori, le cose sarebbero andate molto diversamente.

Quando ero all’ultimo anno di college, accadde l’11 settembre. Il paese e il mondo occidentale si strinsero attorno alla risoluta risposta di Bush ai traumatizzanti attacchi terroristici. Ero a New York in quel periodo, e fu un momento terrificante per la nazione.

Ma le conseguenze della presenza di Bush in carica in quel momento furono immense. Il disprezzo di Bush per la nemesi di suo padre, il presidente iracheno Saddam Hussein, lo ha portato a inventare una giustificazione per invadere un paese che letteralmente non aveva nulla a che fare con l’11 settembre. Risultato finale?

Ha ucciso centinaia di migliaia di iracheni, migliaia di soldati americani e speso più di un trilione di dollari di denaro dei contribuenti nel processo.

Oltre alla guerra in Iraq, completamente immorale e indifendibile, Bush è stato un completo disastro come presidente. Il suo sforzo “No Child Left Behind” ha trasformato le scuole pubbliche in centri di test standardizzati.

Ha triplicato i combustibili fossili e ignorato il cambiamento climatico. I suoi tagli alle tasse per i ricchi hanno contribuito alla crisi economica del 2008 che ha portato alla Grande recessione. Era un presidente pessimo.

In una realtà alternativa, Al Gore sarebbe stato presidente nel 2001 quando i terroristi attaccarono l’America. Sarebbe andato in Iraq? Assolutamente no. Avrebbe ignorato il riscaldamento globale? Al 100% no!

Gore era forse il principale sostenitore della lotta al cambiamento climatico in quel momento. Avrebbe approvato massicci tagli alle tasse per i ricchi? Impossibile. Questo è uno scenario da porte scorrevoli. Cosa sarebbe successo? Non possiamo esserne certi.

Ma una cosa è certa: quei voti per Ralph Nader (in particolare in Florida) hanno avuto conseguenze ECCEZIONALMENTE importanti per la vita di milioni di persone in tutto il mondo.

Gore avrebbe offerto una presidenza più lungimirante, attenta all’ambiente e pacifica, che non fosse così radicata nel risentimento e nel privilegio. Quello che voglio dire è:

O Kamala Harris o Donald Trump vinceranno le elezioni.

Questo è un dato di fatto. Potresti sentire il bisogno di inviare un “voto di protesta” come ho fatto io nel 2000.

Siate pronti a indossarlo quando Donald Trump vincerà, eliminerà i diritti riproduttivi di tutti gli americani, applicherà una tariffa distruttiva per l’economia, smantellerà l’intero governo federale, eliminerà il Dipartimento dell’Istruzione, perseguiterà i suoi presunti nemici e farà sprofondare l’America nel caos. Non ci sono scelte perfette. Ma state tranquilli, ce ne sono solo due.

Fidatevi, ho indossato il mio voto per un quarto di secolo.

 

 

 

 

aggiungo il testo inglese, perché mi è parso che l’italiano non sia granché::

apri qui

https://x.com/NickKnudsenUS/status/1853665095563485379#:~:text=I%20have%20a,a%20quarter%20century.

 

 

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Facebook Mario Napoli-link sotto – SATURA, GENOVA PALAZZO STELLA — 30 ANNI TONDI TONDI —pubblico quello che posso, il video più bello con una bella musica lo trovate, se volete, nel link di Mario Napoli; sul mio Facebook ce n’è uno non così ” vislumbrante “+ altre immagini

 

 

 

 

 

 

 

 

Mario Napoli  (Art Director)

 

SATURA _ Palazzo Stella, Genova

il più grande spazio espositivo indipendente dedicato all’Arte Contemporanea in Liguria.

Oltre 400 mq, 12 sale espositive, sala presentazioni, strumentazione tecnica, video proiezione, microfoni, 100 posti a sedere, ufficio stampa e tanto altro nel cuore del centro storico genovese a due passi da Palazzo Ducale e dall’Acquario di Genova.

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Per informazioni scrivere a info@satura.it o chiamare ai numeri 010 246 82 84 cellulare 338 291 6243

 

 

 

 

 

 

 

Sono riuscita a pubblicare alcune immagini del video molto bello che trovate però solo nel link del Facebook di Mario Napoli ( subito sopra )

 

 

 

 

 

 

 

 

 

ALTRE IMMAGINI DI ” SATURA ” – GALLERIA A PALAZZO STELLA — GENOVA  :

 

DA

ITALIA ADVISORY   ( link Facebook )

1 novembre

 

 

 

 

 

 

 

 

Potrebbe essere un contenuto artistico

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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4 bellissime foto — da Mobile Photography Awards – che ringraziamo per lasciarcele copiare, ch.

 

 

 

 

le foto che seguono sono di::::

BLACK & WHITE WINNERS | 11TH ANNUAL MPA

 

 

 

 

 

 

 

Vision in Concrete Series #2 di Emilia Kashfian

 

 

 

 

 

 

 

Linee di Marianna Maksimova

 

 

 

 

 

 

 

Texture in bianco e nero di Kun Liu

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Space Invader di Benny Lau

 

 

 

 

 

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PATRIZIA PALLARA, IL TEMA. Fuggi da un disastro ambientale? Non hai diritto all’asilo. La migrazione climatica esclusa dalla valutazione delle domande di protezione e il nodo della lista dei Paesi sicuri: la denuncia nel focus del dossier Idos –COLLETTIVA – 1 NOVEMBRE 2024

 

 

 

 

logo

CGIL

1 NOVEMBRE 2024

https://www.collettiva.it/copertine/italia/disastro-ambientale-diritto-asilo-j1ib8adz

 

 

 

Il tema

Fuggi da un disastro ambientale? Non hai diritto all’asilo

 

 

 

Danilo Balducci/Ag.Sintesi

Danilo Balducci/Ag.Sintesi

 

 

La migrazione climatica esclusa dalla valutazione delle domande di protezione e il nodo della lista dei Paesi sicuri: la denuncia nel focus del dossier Idos

 

 

Una persona su 69 è in fuga nel mondo, tre su quattro provengono da Paesi dove gli effetti della crisi climatica sono una costante. Il dato lo fornisce il Global Trends 2024 dell’Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati, secondo il quale la popolazione in fuga è cresciuta dell’8 per cento in un anno, 8,8 milioni in più rispetto al 2022, raggiungendo 117,3 milioni di profughi.

 

 

Rifugiati in Armenia (Unhcr)

Rifugiati in Armenia (Unhcr)

 

Profughi senza protezione

 

“Nonostante queste evidenze, le migrazioni climatiche, cioè provocate da eventi estremi e disastri naturali, sono escluse dalle domande di asilo e di protezione internazionale – afferma Maria Marano, dell’associazione A Sud, autrice della sezione dedicata a questo tema del Dossier statistico 2024 del Centro studi e ricerche Idos, appena pubblicato –. E invece il fattore climatico dovrebbe avere un ruolo determinante nella valutazione delle cause di chi scappa, oggi più che mai. Non è solo questione di vita e di morte, ma anche di accesso a diritti fondamentali della persona: all’acqua, al cibo, all’istruzione”.

 

 

I progetti nel nord del Camerun che prevedono la piantumazione di 2000 alberi per combattere la desertificazione (Unhcr)

I progetti nel nord del Camerun che prevedono la piantumazione di 2000 alberi per combattere la desertificazione (Unhcr)

 

 

 

Crisi climatica ed eventi estremi

Gli spostamenti più numerosi sono quelli degli sfollati interni: il 56 per cento, ovvero 26,4 milioni, migra a seguito di eventi estremi e di disastri naturali, soprattutto alluvioni, tempeste, terremoti.cambiamenti climatici a livello globale, quindi, sempre più rendono insicure intere regioni del Pianeta e singoli Paesi. E spesso gli Stati di origine di rifugiati, richiedenti asilo e migranti non sono sicuri non solo perché attraversati da conflitti ma anche per gli impatti devastanti della crisi ambientale, due fattori che nella maggior parte dei casi vanno di pari passo.

 

 

Sud Sudan. Rifugiati sudanesi e sudsudanesi che salgono su chiatte al porto di Renk (Unhcr)

Sud Sudan. Rifugiati sudanesi e sudsudanesi che salgono su chiatte al porto di Renk (Unhcr)

 

 

 

Manca la norma internazionale

Le previsioni future sono allarmanti. “Per questo i governi hanno il dovere di prendere atto che la mobilità umana forzata è strettamente legata alla crisi climatica che stiamo alimentando – dichiara Luca di Sciullo, presidente del Centro studi e ricerche Idos -. Così come deve essere un diritto riconosciuto chiedere protezione anche a causa di fattori climatico-ambientali, nella prospettiva di arrivare al riconoscimento dello status di rifugiato climatico a livello internazionale”.

Riconoscimento che tuttora manca. Capita che i tribunali di singoli Paesi accolgano le richieste di asilo e protezione tenendo conto anche del fattore ambientale, sentenze che creano precedenti, ma una norma generale e sovranazionale, invocata da tempo, ancora non c’è.

 

Italia a passo di gambero

In questo quadro l’Italia compie passi indietro. In poco più di un anno il governo Meloni ha ampliato la lista dei cosiddetti “Paesi d’origine sicuri”, un elemento determinante nella valutazione della vulnerabilità di chi chiede protezione: in pratica, chi viene da uno Stato considerato sicuro, affronta procedure accelerate di esame della domanda di asilo e protezione, che già è orientata al diniego. Non solo. Per rafforzare il valore della lista, con un decreto legge l’esecutivo l’ha resa norma primaria.

“Ampliare la lista risulta una scelta strumentale più che una valutazione oggettiva – si legge nel report Idos -. Questi Paesi, infatti, coincidono con le nazionalità di maggior arrivo o si tratta di Stati con i quali i governi gestiscono degli interessi. Nel caso italiano, è facile il richiamo al Piano Mattei per l’Africa”.

 

Egitto e Bangladesh Paesi sicuri

Nella lista vi figurano Paesi come l’Egitto, dove sono numerose le segnalazioni di gravi violazioni dei diritti umani, limitazioni delle libertà e altre pratiche repressive, e il Bangladesh, del quale non viene considerata la vulnerabilità ambientale dovuta ai cambiamenti climatici: nel 2023 circa 1,8 milioni di persone sono state costrette a migrare internamente a causa di eventi meteorologici estremi, posizionando così il Paese tra i cinque con più sfollamenti interni a causa del clima, divenuto per loro una vera e propria minaccia esistenziale.

 

Nessuno è al sicuro

“Oggi è difficile isolare un’unica causa che spinge una persona a migrare, perché c’è una forte interconnessione tra crisi climatica, guerre, povertà, diritti umaniriprende Marano -. È proprio perché dobbiamo fare i conti con questa complessità che occorre mettere la questione climatica al centro, quando si fissano i parametri che valutano la vulnerabilità di chi scappa. Stiamo attraversando una crisi climatica senza precedenti: secondo l’Ipcc, il gruppo intergovernativo sui cambiamenti climatici delle Nazioni Unite, il 40 per cento della popolazione mondiale vive in aree a rischio climatico, che si trovano principalmente nel Sud del mondo, quindi nei Paesi più poveri. E se si pensa a quello che accade in Italia, alle alluvioni che hanno sconvolto l’Emilia Romagna, possiamo dire che nessuno si può più sentire al sicuro”.

 

 

*** Fuori la prima immagine che è parte del titolo, le altre foto del tetsto sono belle e tutte prese dal link sotto::

 

VATICANNEWS.VA/it/ completa -iscrizione. html

link sotto

https://www.vaticannews.va/it/completa-iscrizione.html

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LUCA DE CAROLIS — Intervista – Chiara Appendino (M5s): “Stare col Pd ora è dannoso, dobbiamo ridarci un’identità” La vicepresidente pentastellata – “Troppo subalterni ai dem. Orlando non era il nome giusto in Liguria, i nostri si sono astenuti”

 

 

IL FATTO QUOTIDIANO 4 NOVEMBRE 2024
https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2024/11/04/stare-col-pd-ora-e-dannoso-dobbiamo-ridarci-unidentita/7753863/

 

L’intervista

CHIARA APPENDINO (videpresidente del M5s )

 

Chiara Appendino (M5s): “Stare col Pd ora è dannoso, dobbiamo ridarci un’identità”

 

La vicepresidente pentastellata – “Troppo subalterni ai dem. Orlando non era il nome giusto in Liguria, i nostri si sono astenuti”

 

 

 

 

Niente metafore, zero giri di parole. In un momento delicatissimo per la storia dei Cinque Stelle, la vicepresidente del M5S Chiara Appendino va dritta: “Questo non è il momento per un’alleanza strutturale con il Pd. Prima di ogni altra cosa, il Movimento deve ridarsi un’identità e una visione. Non riusciamo più a parlare agli esclusi, a tante persone in difficoltà, e allora dobbiamo essere più netti e radicali nelle proposte, darci nuove battaglie identitarie”.

 

 

LEGGI – Dubbi 5S: “In certi posti forse è meglio non candidarsi”
chiara : vale leggerlo

 

Partiamo dalla Liguria. Perché siete crollati al 4,5 per cento? Colpa del video di Beppe Grillo contro le candidature calate dall’alto, o delle liste deboli?

Non siamo riusciti a costruire un progetto per una vera alternativa alla destra degli affari e degli interessi, quella dell’ex presidente regionale Toti. La stessa politica che attacca Roberto Scarpinato e Federico Cafiero de Raho, perché li teme. Ma su questo da parte nostra non ci saranno mai cedimenti.

 

Sta dicendo che Andrea Orlando non era il candidato giusto?

A capo della coalizione non c’era una figura innovativa e credibile per i nostri elettori, che potesse garantire discontinuità.Molti degli elettori del M5S non sono andati a votare proprio per questo, perché non riuscivano a distinguere tra i due campi. Come dimostrato dai numeri, l’astensionismo ha colpito soprattutto noi, ed è un fenomeno su cui dobbiamo ragionare per poter costruire un’alternativa seria e vincente alle destre.

 

Quindi avete fatto male ad allearvi con il Pd. Giusto?

Io dico che a contare deve essere il progetto, e non i tatticismi. In Piemonte ho spinto perché andassimo da soli alle Regionali, perché non c’erano le condizioni. Ma domani (oggi, ndr) sarò in campagna elettorale in Emilia Romagna, dove siamo in coalizione con il centrosinistra. E ricordo che in Sardegna abbiamo vinto in alleanza, con la nostra Alessandra Todde. Bisogna valutare in base ai percorsi territoriali. Ma di certo non è il momento di alleanze strutturali con i dem. Prima il Movimento deve ridarsi una rotta e parole d’ordine chiare.

 

Quali?

Noi possiamo tornare a essere la risposta ai tanti problemi del nostro Paese, ma per farlo dobbiamo tornare a parlare in primo luogo ai tanti esclusi, alla cosiddetta maggioranza invisibile: a chi vive l’incubo della cassa integrazione, a chi non riesce più a permettersi le cure, ai giovani che non vedono nessun futuro qui, a chi ha un’impresa e pur di non licenziare rischia il suo patrimonio personale, con tutto contro.

 

Lei accennava agli errori in Liguria, ma c’è chi ha imputato la sconfitta anche al vostro veto verso Matteo Renzi. Perché Elly Schlein insiste nel coinvolgerlo?

Non so, andrebbe chiesto a lei. Di sicuro chi fa politica con la testa agli affari non può essere in sinergia con noi, che siamo quelli del taglio dei parlamentari e delle restituzioni.

 

Su La Stampa il dem Goffredo Bettini ha proposto un contratto di governo attorno a cui riunire un’alleanza “a maglie larghe”.

Non è il momento di parlarne.

 

Cosa ha sbagliato Giuseppe Conte finora?

Conte non è certo in discussione. Ma lo ripeto, dobbiamo essere più netti nelle scelte. E in generale non dobbiamo apparire subalterni rispetto al Pd, come talvolta è sembrato.

 

Troppo schiacciati sui dem, lei ripete.

L’abbraccio al Pd ha dimostrato di essere dannoso per noi. Dobbiamo smetterla di parlare di campo largo, campo giusto o di campo santo e concentrarci su noi stessi.

 

Per certi versi Beppe Grillo sostiene cose simili.

Sono grata a Grillo per ciò che ha fatto per il Movimento negli anni scorsi, ma ciò che dice ora mi interessa fino a un certo punto. Per quanto mi riguarda non dobbiamo guardare indietro, cioè alle origini, ma in avanti. Il tema è dove vuole andare il M5S, e cosa vuole essere.

 

Se ne dovrebbe discutere nella Costituente di fine mese…Voglio essere chiara: io non penso che il Movimento possa rilanciarsi solo cambiando alcune regole. Per me modificare la norma dei due mandati non è un tabù, mentre penso che il simbolo non si debba toccare. Ma il punto restano l’identità e i temi, e come tornare a parlare ai tanti che non vanno più a votare. La Costituente deve servire a fare chiarezza su questo. Se diventasse solo una battaglia di personalismi, sarebbe un’occasione persa e un grave errore.È in gioco la sopravvivenza del Movimento?

Il rischio è che il M5S diventi insignificante, e che non riesca più a incidere nel Paese, ma io non voglio arrendermi a questo. Penso che abbiamo ancora molte battaglie da fare.

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ELLE KAPPA — ottobre 2024 –davvero bella ! — dal Facebook di Roberto Rododendro

 

 

 

Potrebbe essere un'immagine raffigurante testo

 

 

 

Facebook di Roberto Rododendro   9 ottobre

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Pubblico di nuovo una bella poesia — ma bella ! — di Roberto Rododendro – trovata in un commento del luglio 2020

 

 

 

 

farfalla di novembre

ilmiolibro self publishing, 2021

 

 

 

 

Se tu sentissi dire
da qualche conoscente
tra una chiacchiera e l’altra
com’è d’uso nei salotti
tra un bicchiere di vino
e la tartina al salmone

Se tu sentissi dire
che sono morto…..

– Sarà qualche anno ormai
di incidente d’auto
d’infarto
o qualche strana malattia
certo fu cosa improvvisa
se non proprio imprevista
beveva molto correva troppo
non badava affatto a se stesso –

Se tu sentissi dire
in quel salotto di gente normale
vino bianco coktails caviale
poltroncine traballanti
divani consumati
– s’era lasciato andare
viveva all’incirca gli ultimi tempi
scriveva poesie su fogli sparsi
e le buttava via
Lo incontravi nei bar
spesso trasandato
piuttosto inconsistente –

Se tu sentissi dire
tra risatine smorzate
velate maldicenze
di chi continua a vivere
la vita indifferente
– non voleva invecchiare
non sapeva accettare
il tempo che ci resta
Troppo spesso s’è voltato
a guardare………….
Era questo il suo male –

Se tu sentissi dire
con alzata di spalle
con rassegnazione evidente
– Raccontava d’esser stato tradito
da chi? Da che cosa?
Come tutti d’altronde
come capita sempre –

Se tu sentissi dire
che sono morto
e così stranamente ho vissuto
Tu che di me così poco sai
ormai
perchè come un alito sono passato
e come un sospiro sono rimasto
sfumato e vago nella tua memoria

Tu che anche tu
m’hai tradito incosciente e leggera

tu che di me ti rimane solo
un lontano ricordo
così lontano al punto d’apparire
necessariamente dolce
necessariamente vero

Ti prego
forse anche ti scongiuro
tieni stretto il tuo ricordo
così lontano così diverso
e non parlare
non dire nemmeno una parola

Tu
trattieni per te quel che di me ti resta
perchè è tutto ciò che resterà di me.

 

 

 

Nessuna descrizione della foto disponibile.

foto dal suo Facebook : 
https://www.facebook.com/photo/?fbid=1020527074647911&set=a.204900856210541&locale=it_IT

 

 

mi sembra che sia più facile trovarlo su questo Facebook ( ne ha due, ma — mi pare- in uno non entra…?!)
https://www.facebook.com/profile.php?id=100091958774334

 

 

perché divertente e per capire che Roberto è un po’ ” strano “, pubblico il suo profilo professionale di Linkedin

nato assicurativamente come venditore di terzo gruppo in SAI ai tempi di Salaroli (preistoria) quindi Ispettore speciale sempre in SAI. Arriva Ursini e lascio Sai divento agente de La previdente poi assorbita da Milano. Con legge Bersani decido di chiudere agenzia e passo armi e bagagli come consulente oltre che sub agente ad altra agenzia Milano. 2011, per contrasti , mi licenzio e lavoro in proprio come sub agente con SARA ass.ni – un vecchio/giovane collega ed altro on line. Dai dati si capisce che non sono un ragazzino e preciso che, se capita, prendo solo quel che mi piace e lavoro senza stress, “quasi” per il solo piacere di lavorare.

 

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” Restiamo umani ” ( Stay Human ” ) Vittorio Arrigoni ( Vik per Gaza ), rapito e ucciso tra il 14-15 aprile a Gaza— +++ Street Art a Torino al Parco Dora -e altro + DANTE DI NANNI E VITTORIO ARRIGONI + Handala in italiano

 

 

Murales, ulivi, racconti: da Bulciago a Roma l'Italia ricorda il suo Vittorio | il manifesto

Un murale per Vittorio Arrigoni a Gaza City – LaPresse

 

 

Podcast Museo: Le ali di Vik, storia di Vittorio Arrigoni - Archeostorie Magazine

“Stay Human”, “Restiamo Umani”. Così Vittorio Arrigoni, attivista per i diritti umani e scrittore, terminava le sue corrispondenze da Gaza durante l’operazione Piombo fuso, unico cronista sul campo sin dal suo inizio.

Archeostorie Magazine

 

Il viaggio di Vittorio - Egidia Beretta Arrigoni - copertina

Racconto della madre Egidia Berretta Arrigoni
Dalai Editore, 2012

“…domenica scorsa ero a Nazareth. Percorro strade che rappresentano la nascita, il viaggio esistenziale, il miracolo, il calvario di un Dio che di queste terre sembra essersi scordato. Lo faccio anche per te, mummy, per quella devozione fanciullesca…”

 

 

FACEBOOK DI

Gianluca Foglia Fogliazza

( al fondo un suo bell’articolo sul Fatto Quotidiano, 21 aprile 2020 )

 

Si può uccidere la Pace?

VITTORIO “Restiamo Umani”

8 e 9 Novembre a Parma – Teatro del Tempo ore 21

La vita e la Palestina di Vittorio Arrigoni, narrate e disegnate da Fogliazza con le musiche originali composte ed eseguite dal vivo da Emanuele Cappa

Posti limitati, consigliata la prenotazione, 340 380 2940 (whatsapp)

www.teatrodeltempo.it

 

 

 

*****  –  ******

 

STREET ART – A TORINO – PARCO DORA

 

segue da: 

MUSEOTORINO.ITrapito
https://www.museotorino.it/view/s/0f2fe2dc99974174bb3ec716e2934652

 

 

 

Murales e archeologia industriale nel Parco Dora. Fotografia di Rosaria Scira, 2016 © Edizioni del Capricorno

 

 

Sulla Spina 3, le strutture di archeologia industriale del Parco Dora, ideato nel 2004 e reso attivo e completo nel 2014, sono il luogo ideale per writers e street artists che nel tempo hanno dato libero sfogo al loro estro, colorando ogni spazio disponibile, lasciando numerosissimi murales di stili e modelli diversi.

Nel 2011 sono stati aperti al pubblico i primi tre lotti del Parco riguardanti le aree ex Ingest, Valdocco e Vitali, nel 2012 il lotto Mortara e nel 2015 l’area ex Michelin. Accanto ad opere autorizzate  ne sono comparse altre autogestite che hanno trasformato la zona in uno “spray park” della libera creatività.

Con il festival PicTurin del 2012 le aree del Parco Dora si segnalano tra le principali della scena cittadina di street art e graffiti-writing, mescolando grandi nomi di artisti internazionali ad artisti noti ed emergenti.

Nel 2018, per festeggiare i 50 anni di Miky Wubik, si è dipinto in quasi tutto il Parco Dora.

 

 

due lavori di miky wubik::

 

 

 

da :

THROWUP.IT
https://www.throwup.it/graffiti/interviste-writer/intervista-wubik-veterano-graffiti/

 

 

Miky Wubik | Artribune

miky wubik

DA : ARTRIBUNE novembre-dicembre 2015
https://www.artribune.com/museo-galleria-arte/galleria-oblom/

 

 

Miky Wubik | Artribune

miky wubik  luj vacchino

DA : ARTRIBUNE, settembre-ottobre 2021

MAU – MUSEO D’ARTE URBANA  via Rocciamelone 7 c , Torino, Italia

 

 

 

 

foto che seguono sono di:   museotorinoit

 

 

Truly design, murale, 2018, Parco Dora. Fotografia di Roberto Cortese, 2018 © Archivio Storico della Città di Torino

 

 

 

 

Autore non identificato, murale senza titolo , 2018, Parco Dora. Fotografia di Roberto Cortese, 2018 © Archivio Storico della Città di Torino

 

 

 

 

Truly design, murale, 2018, Parco Dora. Fotografia di Roberto Cortese, 2018 © Archivio Storico della Città di Torino

 

 

 

 

 

 

 

 

Autore non identificato, murale senza titolo , 2018, Parco Dora. Fotografia di Roberto Cortese, 2018 © Archivio Storico della Città di Torino

 

 

 

 

Autore non identificato, murale senza titolo , 2018, Parco Dora. Fotografia di Roberto Cortese, 2018 © Archivio Storico della Città di Torino

 

 

 

 

 

Autore non identificato, murale senza titolo , 2018, Parco Dora. Fotografia di Roberto Cortese, 2018 © Archivio Storico della Città di Torino

 

 

 

Dende, Wubik 50, 2018, Parco Dora. Fotografia di Roberto Cortese, 2018 © Archivio Storico della Città di Torino

 

 

 

 

Autori vari, panoramica, 2018, Parco Dora. Fotografia di Roberto Cortese, 2018 © Archivio Storico della Città di Torino

 

 

 

 

 

MuseoTorino

RIPETO IL LINK DA DOVE HO PRESO I GRAFFITI

https://www.museotorino.it/view/s/0f2fe2dc99974174bb3ec716e2934652

 

 

 

 

In questo link ( MUSEO TORINO ) potete vedere :

“Arte nelle strade della città di Torino  “

https://www.museotorino.it/view/s/1ad67944fdfa47309a14288b17fdde05

 

 

 

Agostino Iacurci
2012
Indirizzo opera
Via Lugaro 20
Circoscrizione
8
Quartiere
San Salvario
Scheda Opera / Tecniche / Materiali

Nel parcheggio di fronte alla sede del quotidiano La Stampa, Agostino Iacurci ha realizzato un murale concepito come un racconto ispirato a un prestigiatore (da cui il titolo AbitHoudini) tanto assuefatto ai trucchi da trasferirli nella propria esistenza quotidiana.

https://www.museotorino.it/view/s/1ad67944fdfa47309a14288b17fdde05

 

 

 

 

Volkwriters, Dante Di Nanni e Vittorio Arrigoni, 2011, tra le vie Guastalla e Balbo. Fotografia di Rosaria Scira, 2016 © Edizioni del Capricorno

In zona Vanchiglia, tra le vie Guastalla e Balbo, il murale dei milanesi Volkwriters è dedicato al partigiano Dante Di Nanni e all’attivista Vittorio Arrigoni, assassinato a Gaza dieci giorni prima della realizzazione di quest’opera, inaugurata il 25 aprile 2011.

 

Bibliografia

da : https://www.museotorino.it/view/s/1856cb880abf4e1580addd827190f30e

 

 

 

 

DANTE DI NANNI

 

Dante Di Nanni (Torino, 1925-1944) - MuseoTorino

foto MuseoTorino

 

 

 

PeaceLink

un altro foto dello stesso murale già pubblicato

 

Dante Di Nanni nasce a Torino il 27 Marzo 1925 da una modesta famiglia di immigrati pugliesi, di giorno lavora come semplice operaio in fabbrica, la sera frequenta invece assiduamente la scuola per proseguire gli studi. Allo scoppio della II° Guerra Mondiale si arruola nell’Aereonautica Militare, ma subito dopo l’armistizio dell’8 Settembre 1943 si unisce ai partigiani della Brigata Garibaldi per poi confluire nei nuclei clandestini dei GAP dove si distingue per il valore e coraggio dimostrati in innumerevoli azioni di combattimento e sabotaggio, durante una delle quali viene però ferito gravemente da alcuni colpi di arma da fuoco e costretto a trovare rifugio all’interno di una abitazione del quartiere popolare di Borgo San Paolo. Quì, circondato da centinaia di camicie nere e tedeschi, resiste per ore all’impari assedio falcidiando i nemici a raffiche di mitra e bombe a mano riuscendo persino ad arrestare l’incedere di autoblindo e un carroarmato. Alfine, terminati esplosivo e munizioni, raccogliendo le ultime forze rimaste s’affaccia dal balcone coperto di sangue, gli assalitori hanno qualche attimo di esitazione perchè non si aspettavano di avere di fronte un solo uomo e a lui tanto basta per salutare con il pugno chiuso la folla nel frattempo accorsa e poi gettarsi giù sul selciato per non farsi catturare vivo. Era il 18 Maggio 1944, Medaglia d’Oro al Valor Militare alla memoria.

 

 

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IL MANIFESTO 15 APRILE 2023

https://ilmanifesto.it/12-anni-senza-vittorio-arrigoni-il-ricordo-fra-italia-e-palestina

 

 

12 anni senza Vittorio Arrigoni. Il ricordo fra Italia e Palestina.

 

 

 

12 anni senza Vittorio Arrigoni. Il ricordo fra Italia e Palestina

Vittorio Arrigoni

Non ci sarà quest’anno, per questioni logistiche, la tradizionale commemorazione a Bulciago ma Vittorio Arrigoni oggi sarà ricordato in ogni modo possibile da sua madre Egidia, sua sorella Alessandra, la sua compagna Maria Elena Delia e da amici e compagni di impegno politico in Italia e a Gaza.

Sono passati 12 anni da quando un sedicente gruppo salafita sequestrò a Gaza city e uccise l’attivista italiano – un omicidio di cui non sono mai stati chiariti tutti i contorni– eppure l’impegno e la figura del giovane attivista, blogger e scrittore italiano non sono mai stati dimenticati. I pescatori di Gaza terranno una cerimonia per Vik, come amavano chiamarlo, che per mesi salì sulle loro piccole barche con l’obiettivo di provare ad oltrepassare i ristretti limiti di pesca fissati arbitrariamente dalla Marina militare israeliana e che hanno causato la rovina di un settore un tempo florido dell’economia locale.

Sempre a Gaza altri amici di Vittorio si riuniranno per ricordare il suo impegno per i diritti del popolo palestinese.

Faranno altrettanto i tanti italiani che ebbero modo di conoscere Vik o almeno di leggere i suoi articoli sul manifesto e nel suo libro dal titolo Restiamo Umani, le parole della celebre esortazione che ancora oggi ispira migliaia di persone in tutto il mondo. Stasera a Salerno, in via Bonosio 7, alle ore 20, nell’ambito della rassegna dedicata ai cortometraggi palestinesi, verrà proiettato il promo del documentario A Vittorio Arrigoni, di Giulia Rosco e Margherita Parascandolo, frutto di una lunga intervista con la madre dell’attivista. Il film sarà completato nei prossimi mesi.

Nell’archivio digitale del manifesto inoltre è possibile consultare gli articoli scritti da Vik tra il 2008 e il 2011 per il nostro giornale.

 

 

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Vittorio Arrigoni con Handala, in un disegno di Carlos Latuff, 15 aprile 2011

Carlos Latuff (with minor cropping from the original version) –
http://twitpic.com/4l1xt3

 

*** Handala (o Hanzala), dall’arabo حنظلة (“vignettista”) è un personaggio creato dall’artista palestinese Naji al-Ali.

È un bambino di 10 anni, con capelli ispidi, piedi nudi e toppe sui vestiti; il suo volto non è visibile poiché viene mostrato sempre di spalle e con le mani intrecciate dietro la schiena, come una presenza muta ma ostinata.

Il personaggio ha molteplici significati: la sua testa assomiglia a un sole, che simboleggia il futuro; i suoi capelli sono come gli aculei di un riccio, per difendersi; ha i piedi nudi perché è povero come i bambini dei campi di rifugiati; mostra sempre le spalle a chi lo guarda perché non d’accordo con la situazione attuale (mostrerà il suo volto solo quando la situazione cambierà); lo sguardo è rivolto ai villaggi, al mondo; è rimasto bambino, perché quando fu costretto ad abbandonare il suo villaggio era bambino, e la sua vita continuerà, e quindi crescerà, solamente quando potrà fare ritorno a casa.

Su di lui, il suo autore ha scritto: «Inizialmente era un bambino palestinese, ma il suo significato si è sviluppato con un orizzonte prima nazionale, poi globale e umano. È un semplice bambino povero, e questa è la ragione per la quale le persone lo hanno adottato e lo sentono come simbolo della loro coscienza».

È inoltre il logo della “Commission for Freedom and Justice Through Humo

 

 

HANDALA IN ITALIANO

Handala. Un bambino in Palestina - Naji Al-Ali - copertina

 

Handala un bambino in Palestina, traduzione di Ercole Leo, introduzione di Joe Sacco, Marotta&Cafiero editori, 2022

 

Naji Ali è il più grande vignettista della storia della Palestina. Con il suo inchiostro ha saputo raccontare l’orrore, la resistenza e la sofferenza del popolo palestinese. Ha criticato l’occupazione illegale israeliana, il governo palestinese e i regimi arabi, ha fatto della sua matita una spada. Naji ha realizzato oltre 40 mila vignette, un fumettista politico senza precedenti. Handala, un bambino sempre di spalle con le mani incrociate dietro la schiena, è diventato la sua firma. Un bambino scalzo e vestito di stracci, spettatore di una guerra lunga oltre 60 anni. Nessuno conosce il volto di Handala, erba amara, il suo viso sarà “rivelato solo quando i rifugiati palestinesi torneranno in patria”. Grafite al servizio del popolo, Naji Ali è l’esempio di come una vignetta di pochi centimetri quadri possa servire più di un’intifada, fermare l’occupazione, e sventare il velo di menzogna che ricopre la Palestina.

 

 

SEGUE DA:  IL FATTO QUOTIDIANO 31 AGOSTO 2020- CULTURA

https://www.ilfattoquotidiano.it/2020/08/31/naji-al-ali-ovvero-larte-della-resistenza/5915715/

 

BLOG DI 

Fogliazza

Fogliazza, Disegnatore

I miei link:
parmagheddon
www.fogliazza.com

 

Naji Al Ali, ovvero l’arte della resistenza

Naji Al Ali, ovvero l’arte della resistenza
 

Ho conosciuto Naji Al Ali una sera d’estate, a Cagliari. Spesso è definito vignettista, ma è molto più, è un autore satirico la cui forza espressiva non trova eguali in Italia (o forse sì, ma era Giuseppe Scalarini, al quale i fascisti chiesero di consegnare le armi e lui, Scalarini, rispose porgendo le sue matite). Nato nel 1936 ad Asciagiara in Galilea, sfolla nel 1948 quando Israele decide che quella non è né casa sua né dei palestinesi. Naji Al Ali allora disegna sui muri di un campo profughi libanese, Ain al-Hilwa. Nel ’48 Naji ha l’età di Handala, la sua creatura che disegnerà di lì a poco, divenendo la sua firma, il bambino che ferma il tempo all’inizio ufficiale della persecuzione, simbolo della resistenza palestinese, che volge le spalle al mondo esattamente come il mondo ha voltato le spalle alla Palestina. Naji trova nel disegno il modo per sfogare una rabbia che non lo abbandonerà più, come non abbandonerà la causa dei più poveri, dei più deboli.Conosco Naji e il suo “Filastin-L’arte di resistenza” una sera d’estate al Al Ard (Doc) Film Festival, in terra sarda, che non a caso ha maturato affinità con i palestinesi, ostinazione anticoloniale, ospitando una rassegna di produzioni palestinesi e del mondo arabo, giunta alla XVII edizione, film che altrimenti non andrebbero mai oltre i check point che ne vietano la voce. Il Festival batte il tempo nell’urgenza di riuscire anche nell’edizione 2020, anno famoso per il virus e la difficoltà di continuare ad esserci, soprattutto con la cultura, e “Al Ard Festival” resiste.

“Per me la caricatura è un linguaggio per comunicare con la gente, per incitare, per criticare, non per divertire. Mi considero uno che graffia. Qual è il ruolo dell’intellettuale? Dire la verità è un dovere, è necessario e l’intellettuale deve stare in prima linea a incitare la gente.” dice Naji. Prendere posizione, col suo linguaggio semplice, simbologia tanto comprensibile al contadino quanto al medico. Niente compromessi. Non buca lo schermo, ma le coscienze.

Rileggo quanto scriveva Edward Said: “L’intellettuale è sempre al bivio fra solitudine e allineamento, l’intellettuale deve sempre schierarsi dalla parte dei più deboli.” Non è di sola cultura che è fatto un intellettuale, ma dell’onestà di non tradire le proprie promesse: “Uno può redigere tanti bei poemi sull’ulivo, ma se non ama il contadino che l’ha piantato…” e Naji amava entrambi.

Sono ospite in questo festival che nel 2021 sarà maggiorenne, arrivo come sconosciuto, sono accolto come fossi di casa, fra registi di diverse nazionalità, docenti, gente comune, volontari, persone. Prendo la parola, parlo di Naji e dei suoi disegni in mostra, ma lui non c’è, fermo a quell’agosto 1987 di Londra quando un colpo di pistola alla tempia lo uccide su commissione. Perde molto sangue, quel giorno, ma non abbastanza per coprire i fiumi d’inchiostro che ha disegnato e ancora oggi troppo scomodo per fare di lui una sagoma di cartone.

Naji Al Ali inchioda la Storia su ogni pezzo di carta e lascia un’eredità disegnata innegabile: ignorarla vuol dire essere complici. Anche così l’Al Ard (Doc) Film Festival ha il coraggio, come scriveva Edward Said, di “trovare la propria ragion d’essere nel fatto di rappresentare tutte le persone e le istanze che solitamente sono dimenticate oppure censurate”.

 

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BUON DI’ !

 

 

 

 

 

Il bradipo va piano e va lontano (nel tempo) | Sapereambiente

un affettuoso e simpaticissmo bradipo

 

 

 

 

foto da : SAPERE AMBIENTE

Il bradipo va piano e va lontano (nel tempo) | Sapereambiente

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Due particolari di affreschi della Basilica di San Benedetto a Norcia – la ricostruzione della chiesa dal terremoto del 2016 –sarà ultimata verso la fin e del 2025

 

 

 

 

A sinistra, particolare di un affresco nella zona del presbiterio della basilica di San Benedetto a Norcia. Foto: Giovanni Luca Delogu per la Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio dell’Umbria

A destra, particolare di un affresco del 1478 nella parete sinistra della basilica. Foto: Giovanni Luca Delogu per la Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio dell’Umbria

 

 

 

da : IL GIORNALE DEL’ARTE

  • Stefano Miliani

  • 19 settembre 202

https://www.ilgiornaledellarte.com/Articolo/San-Benedetto-a-Norcia-sara-comera-ma-piu-resistente

 

 

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Basilica di San Benedetto Norcia–foto del  2006

 

 

 

 

 

 

San Benedetto a Norcia in ricostruzione. Foto: Stefano Miliani
da :Il Giornale dell’Arte– link sopra

 

 

 

San Benedetto (Norcia). La piazza di Norcia dopo il terremoto del 1859. (Foto di Robert Turnbull Macpherson)
Robert Turnbull Macpherson – Scansione personale

 

 

interno
Silvio sorcini – Opera propria

 

due foto sopra da:
https://commons.wikimedia.org/wiki/Category:Historical_images_of_Basilica_di_San_Benedetto,_Norcia?uselang=it#/media/File:San_Benedetto_(Norcia).jpg

 

 

 

Norcia e il Risorgimento post terremoto - Federico Graziati Blog

 

cartina da Federico Graziani Blog

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Piazza San Benedetto: al centro della foto la basilica di San Benedetto (prima del terremoto del 30 ottobre 2016) con a destra il portico delle misure. A sinistra il palazzo comunale. Al centro della piazza la statua del santo.
Hans Peter Schaefer, http://www.reserv-a-rt.de – Opera propria

da : https://it.wikipedia.org/wiki/Norcia

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ANTONIO FLORIDIA, Liguria, gli errori di Conte e i ritardi di Schlein. Che lezione trarre dall’esito ligure ? –IL MANIFESTO 2 NOVEMBRE 2024 + per chi volesse, un dialogo tra Antonio Floridia ( La Stampa, dic. 2022 ) e Fabrizio Barca su cosa fare nel Pd–

 

 

 

IL MANIFESTO 2 NOVEMBRE 2024
https://ilmanifesto.it/dopo-la-liguria-gli-errori-di-conte-e-i-ritardi-di-schlein

 

 

Liguria, gli errori di Conte e i ritardi di Schlein

 

 

Elly Schlein e Giuseppe Conte

Elly Schlein e Giuseppe Conte – Ansa

 

Pd un partito da rifare?": Antonio Floridia presenta il suo libro -  Politica - Grosseto Notizie

foto da Grosseto Notizie

 

La dinamica che ha portato all’esito delle elezioni liguri è molto evidente, molto meno semplice cercare di capire la lezione che se ne può trarre. Sul primo aspetto, la diagnosi è facile: il campo delle opposizioni, che a giugno aveva oltre 22mila di vantaggio, si ritrova ora sotto di 8.500 voti. Le defezioni sono quella degli elettori dell’area centrista (dall’8% al 2%) verso Bucci, e soprattutto quella del M5S che aveva il 10,2% e quasi 65 mila voti, e che ottiene ora il 4,6% e 26 mila voti.

Fin qui i numeri: poi cominciano le interpretazioni, soprattutto perciò che riguarda il M5S. Hanno pesato certo anche ragioni contingenti (la resa dei conti finale con Grillo poteva essere rimandata), ma siamo di fronte ad un dato strutturale, che però non costituisce più una giustificazione, ma semmai un’aggravante. Le dimensioni del crollo in Liguria sono del tutto simili a quelle registrate nelle altre tre elezioni regionali tenutesi quest’anno: in Basilicata (dal 25% delle politiche 2022 al 7,7%); in Abruzzo (dal 18,4% al 7%) ed anche in Sardegna, dove pure la candidata M5S ha vinto (dal 21,8% al 7,8%).

Eppure, se bisogna credere ai sondaggi, sul piano nazionale il M5S sembra tenere intorno al 10%. Come spiegare questo divario? Non occorre qui richiamare le caratteristiche dell’elettorato del M5S, su cui ci siamo soffermati in altre occasioni. Tutto ancora valido; ma ora si deve aggiungere un altro elemento: si è dimostrata inefficace la strategia perseguita da Conte in questi mesi, fondata su una cauta ridislocazione del M5S sul versante «progressista», ma insieme sulla puntigliosa ricerca di distinzioni e su un continuo stop and go nei rapporti con i possibili alleati.

L’idea era forse che, in tal modo, si potesse stemperare la storica diffidenza degli elettori M5S verso gli altri partiti (e verso il Pd, in specie). Non ha funzionato: gli effetti sono stati quelli di un disorientamento dell’elettorato M5S (ora forse aggravato dall’aggressione di Grillo) e da una percezione di indeterminatezza sulla effettiva collocazione del partito. Nel dubbio, molti elettori si astengono, o si disperdono nelle più varie direzioni (lo si è visto anche in Liguria), specie quando la posta in gioco non viene sentita come rilevante e non può pesare il personale appeal del leader.

Bisogna sperare che la prossima assemblea “costituente” del M5S possa chiarire qualcosa, nell’interesse stesso della costruzione di un’alternativa. Sì, perché oramai dovrebbe essere chiaro che, se il M5S non tiene i suoi elettori, questi non è che andranno di corsa a rifugiarsi nelle braccia accoglienti del Pd o di AVS: troppo profonda la frattura maturata nell’ultimo decennio, per pensare che possa facilmente ricucirsi. È un segno di cecità politica, anche a sinistra, auspicare che il M5S imploda definitivamente: non sarebbe la sinistra a raccoglierne i cocci.

Ma se non ha funzionato la strategia del M5S, non si può nemmeno dire abbia funzionato del tutto quella del Pd: sì, certo, il partito è in ripresa, i voti arrivano, il Pd è un partito robusto, ma in un contesto in cui non ha una coalizione stabile (se si esclude il rapporto con AVS) e in cui quindi debole appare l’indicazione dell’orizzonte politico-strategico. Il tentativo della segretaria è stato quello di rendere credibile un campo di alleanze grazie alla paziente ricerca di convergenze su singole questioni. Ma è stata come una tela di Penelope: appena trovato un tema di accordo, subito dopo scoppiava un qualche incidente, che rovinava ogni messaggio di coesione.

Anche nelle interviste post-elettorali, Schlein insiste su questa linea, indicando cinque punti (sanità, scuola, lavoro, politiche industriali, diritti): tutto giusto, ma cosa non convince di questa impostazione?

La sensazione è che non basti mettere una dietro l’altra le varie questioni, e che manchi una visione d’assieme, capace di unire e mobilitare davvero le forze interessate ad un cambiamento. Una proposta di governo, certo, ma fondata su una lettura critica della società italiana e dei suoi nodi strutturali, e su un’azione che sappia individuare, e poi provare a ricomporre, i soggetti sociali (oggi molto frammentati) che in tale proposta si possano riconoscere.

La nota dolente, tuttavia, qui è duplice: per poter proporre agli altri una visione che tenga insieme i singoli aspetti programmatici occorre che il Pd, per primo, ne abbia una sua propria coerente (e non è certo solo un problema di oggi), e che scelga cosa dire su molte questioni su cui invece appare ancora forte la reticenza o l’ambiguità: prima fra tutte, la politica internazionale e il disarmo, ma poi anche le politiche istituzionali, o alcune grandi questioni economico-sociali come le riforme fiscali mirate ad una radicale redistribuzione del reddito.

E poi, lo strumento-partito: era stata annunciata l’anno scorso una conferenza organizzativa. Mi sembra sia un po’ sparita dall’orizzonte: sarebbe un errore. E non solo perché, così com’è, la macchina del partito è inadeguata (ad esempio, nell’assicurare un qualche presidio nelle tante aree marginali del paese), ma anche perché non funziona proprio quello che più servirebbe: sedi, canali e procedure di dibattito e di elaborazione politica ed intellettuale. Altrimenti, la visione, la propria e quella da discutere con gli altri, svanisce nel nulla.

 

 

ANTONIO FLORIDIA E FABRIZIO BARCA — IN DIALOGO

da : LA STAMPA- 22 – 12 – 2022

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 Antonio Floridia, autore di “PD. Un partito da rifare? Le ragioni di una crisi” (Castelvecchi), risponde alle domande di Fabrizio Barca. Ne pubblichiamo il dialogo.

Fabrizio Barca: «Da tempo stai addosso al Pd per spiegargli che non si riconnetterà alla società se non riformerà la sua organizzazione. Figurati se non sono d’accordo. Nello scorso decennio, ho investito tre anni per sperimentare nel Pd un modello organizzativo, partecipativo e autorevole, che, senza illusioni di ritorno al partito di massa, diventasse “spazio di democrazia” interessante per i cittadini attivi organizzati. E dove il Centro del partito avesse un luogo ristretto di confronto e decisione di 15-17 membri, non gli oltre 150 di oggi! Quel progetto, “Luoghi Ideali”, fu respinto. Oggi tu rilanci.

Ma prima ti tocca convincerci che, nella crisi in cui siamo, il tema non sia prima di tutto… avere un’identità?».

Antonio Floridia: «Non è solo una questione organizzativa: è in gioco un intero modello di democrazia e partecipazione. Un grande handicap del Pd, sin dall’inizio, è stata l’illusione del “partito post-ideologico“, che tenesse insieme tutti i “riformisti” (ma per quali riforme?) sulla base delle “cose da fare”. Un partito democratico e di sinistra deve reggersi sulla connessione di tre livelli, tutti indispensabili: visione; grandi missioni strategiche; proposte per attuarle.

Ma, ecco il tema, se non sai come cercare tutto questo, discuterlo, elaborarlo collettivamente e poi decidere e tradurlo in azione politica, allora la “visione” che guida il partito (se c’è) è affidata alle capacità e lungimiranza (eventuale) di un leader e della sua cerchia ristretta: non è identità collettiva».

FB: «A me convinci. Lasciami aggiungere che il vuoto di visione di cui parli si apre per il modo con cui in Italia, solo in Italia, i partiti del dopoguerra, Dc, Pci, Psi e Pri in primis, chiudono i battenti, agitando pentitismo e discontinuità tutta di immagine, e gettando alle ortiche, con gli errori, le riflessioni profonde, le tracce di programma frutto del rinnovato incontro fra culture cattolico-democratica e cristiano-sociale, social-comunista (via italiana) e liberal-azionista. Ma allora, prima di venire al che fare, dicci le tare organizzative con cui nasce il Pd.

Non avevano ragione a pensare che l’organizzazione dei partiti di massa non fosse più costruibile?».

AF: «Più che di “tare”, parlo di “miti fondativi”. Prima di tutto, il mito del “partito aperto”. Per essere veramente “aperto” alla società, un partito deve saper essere “chiuso” nel modo giusto, cioè avere una dimensione associativa definita e precisi confini organizzativi. A chi si iscrive bisogna garantire ruoli attraverso la partecipazione; altrimenti si svaluta l’idea stessa che un cittadino possa “concorrere con metodo democratico” alla “determinazione della politica nazionale” attraverso un partito. E invece nel PD vige una democrazia plebiscitaria: una logica di mera investitura del leader. Sono i candidati-leader a “fare eleggere” gli organismi dirigenti, non questi che eleggono il segretario. Da una parte, un segretario eletto da un corpo indefinito di «elettori», che contratta il consenso con le filiere di notabili, delegando loro il controllo del partito periferico; dall’altra, l’Assemblea nazionale (eletta con liste bloccate collegate ai candidati) e la Direzione, entrambe riflesso di questa logica top-down.

È ipocrita poi lamentarsi delle “correnti”, quand’è la stessa costituzione “formale” e “materiale” del partito a prevederle intrinsecamente, e non come aree politico-culturali, ma come aggregazioni di cordate legate ai candidati-segretari».

FB: «Ma gli ultimi quattro Segretari del Pd hanno tutti proposto strade per “riconnettersi alla società”. Bersani, annunziando una ri-organizzazione. Renzi, con i tavoli della Leopolda. Zingaretti con la prospettiva di una “piazza grande”. Letta con le Agorà. Cosa non andava in questi passi?».

AF: «Ne parlo nel libro: ma Renzi è un caso a parte, le Leopolde sono state espressione di un “partito parallelo”. Bersani cominciò a vedere cosa non andava e avviò una prima “manutenzione” dello Statuto, ma saltò tutto per la crisi dell’estate 2011.

Con Zingaretti, nel 2019, ci furono modifiche positive dello Statuto e, per l’analisi e le strategie, arrivò il convegno bolognese, che voi del ForumDD foste chiamati ad aprire.

Ma anche in quell’occasione il Pd si rivelò un partito “in gabbia”: il gruppo dirigente si rifiutò di aprire un confronto.

Le Agorà di Letta provano a creare spazi di confronto, ma la crisi di governo e poi le elezioni impediscono di verificarne l’esito: in che modo le idee emerse dalle Agorà avrebbero dovuto e potuto essere “assunte” dal partito nel suo complesso?».

FB: «Ti seguo. Nelle Agorà, noi del ForumDD portammo cinque proposte, dopo un confronto acceso, che risultarono fra le 10 più votate su oltre 900. Attendevamo in tanti la risposta alla tua domanda. Comunque sia, dopo questi tentativi incompiuti, come realizzare quella “partecipazione” alle missioni e proposte di un partito che è il requisito per riconnettersi alla società?».

AF: «Si tratta di adottare una pluralità di metodi che si ispirano a una nozione classica di “deliberazione”: la discussione che precede la decisione, in cui si soppesano pro e contro, si condividono e criticano proposte.

La condizione è che ci siano procedure interne che facilitino e prevedano questa circolarità tra discussione collettiva e decisione. Nel libro faccio esempi precisi. Si tratta di metodi che cominciano a diffondersi in molte organizzazioni. Ad esempio, si potrebbe concepire così anche la Conferenza programmatica annuale, prevista dallo Statuto del 2007 e mai organizzata!».

FB: «Sono d’accordo. Questo renderebbe il Pd un partito interessante per quei 2-3 milioni di persone, fuori o anche lontane dai partiti, che sono impegnate a cambiare per il giusto la società e oggi non trovano, e così troverebbero, un interlocutore. Ma dicci un’altra cosa, decisiva: nell’assetto attuale, invece, come avviene la formazione e selezione di classe dirigente?».

AF «Dalle Leopolde di Renzi alle Agorà di Letta, i tavoli con la società dei segretari Pd sono falliti»  «Il modello organizzativo del Pd ha avuto gravi conseguenze anche su questo versante: non ha fatto emergere quadri dirigenti che si forgiassero nel vivo di una battaglia politica “dal basso”, attraverso la “sperimentazione” delle proprie capacità di direzione politica. Come motore è rimasta solo l’aspirazione a ricoprire una carica pubblica.

Del resto, il partito ha sempre meno risorse finanziarie: chi fa politica a tempo pieno lo fa inevitabilmente con l’obiettivo di una qualche carriera istituzionale. Così si svuotano i circoli, e alla fine, come ha mostrato la vostra indagine sul Pd di Roma, essi spesso diventano solo il quartier generale di un capocorrente.

FB: «Ma allora, venendo all’oggi, chi si candida a dirigere il Pd non può scantonare dalle tue considerazioni e proposte. Oltre a una diagnosi delle cause delle ingiustizie sociali e ambientali, e oltre a visione, strategia e proposte, bisogna avere un disegno organizzativo.

Non sono affatto sicuro che il Pd, per quanto detto, possa diventare quel “partito della giustizia sociale e ambientale” che serve a liberare il fermento sociale e ambientale del Paese. Ma poiché diagnosi, visione, strategia e proposte per andare in quella direzione una delle persone candidate le pensa, le pratica e le dice — Elly Schlein – se esiste una chance che il Pd divenga ciò che serve al Paese quella chance l’ha in mano lei.

E allora tu le dici: convincici anche che, vinto il Congresso con le regole del gioco di oggi — è durissima! — costruirai un’organizzazione che ti consenta di realizzare l’identità che hai in testa».

AF: «Anch’io sono scettico sulle reali possibilità di auto-riforma del Pd. Ma non condivido nemmeno un giudizio “metafisico”, definitivo, sulla “natura” del Pd, quale viene espresso da tutti coloro che lo ritengono “oramai” perduto ad ogni buona causa della sinistra. Ma per rivitalizzare un organismo oramai stremato non basta indicare i nuovi “contenuti”: occorre puntare su un profondo mutamento del modello di partito. Su questo punto i candidati in corsa dovrebbero chiaramente pronunciarsi». —

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Oggi pubblico un commento molto sentito della ” Signora Daniela “: ” per favore parliamo di salute mentale e non di malattia “– chiara deve riflettere, qualcuno può rispondere .. ?

 

 

Buongiorno a tutti, sono la mamma di un ragazzo a cui è stata diagnosticata una psicosi più di 10 anni fa, in seguito ad un esordio che per la nostra famiglia è stato uno tsunami. La psichiatria in Italia penso sia molto molto limitata perchè guarda solo al sintomo e lo cura con i farmaci non considerando la persona in modo olistico e dimenticandosi completamente della sua anima. Purtroppo le famiglie si ritrovano a dover gestire le “montagne” da sole, trovandosi anche ad affrontare i limiti burocratici e non solo del pachiderma dei servizi psichiatrici. Per favore parliamo di salute mentale invece che di malattia………grazie mille.

 

 

il suo è un commento al nostro testo di anni fa :
https://www.neldeliriononeromaisola.it/wp-admin/post.php?post=3727&action=edit

 

 

 

 

 

 

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una rana blu — BURSA, TURKIYE – JUNE 28 –e altri luoghi + la città turca di Bursa +++ altro: – quando una pagina di storia antica ti ” concilia ” con il mondo di guerra e stragi in cui vivi. chiara

 

 

 

BURSA, TURKIYE – JUNE 28 –una rana blu

 

Blue colored tree frog in Turkiye's Bursa

 

 

Dendrobates tinctorius (Cuvier, 1797), conosciuto con il nome indio di okopipi, è una rana appartenente alla famiglia Dendrobatidae.

È diffusa nella Guyana, in Brasile, nella Guyana francese e nel Suriname.

Dendrobates tinctorius è una piccola rana, di lunghezza tra i 3 ed i 4,5 centimetri, del peso di circa 8 grammi.

La specie mostra uno spiccato polimorfismo per quanto riguarda il colore della livrea. Alcuni esemplari, presenti nel distretto di Sipaliwini nel Suriname, caratterizzati da una accesa colorazione blu frammentata da punteggiatura nera, in passato erano stati considerati come una specie a sé stante (D. azureus) ma recenti studi genetici hanno dimostrato che si tratta solo di una variante morfologica.

La pelle della rana è ricca di ghiandole che secernono potenti alcaloidi che la rana utilizza come difesa naturale verso i predatori.

 

 

 

testo e alcune foto
https://it.wikipedia.org/wiki/Dendrobates_tinctorius

 

 

Blue colored tree frog in Turkiye's Bursa

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Dendrobates.tinctorius.7037
Olio  discussione | contributi )

 

 

 

 

 

Red Frog of the Rainforest: Strawberry Poison Dart Frog

Red Frog of the Rainforest

 

 

 

 

 

 

Blue jeans colour morph of strawberry poison frog.

 

 

 

 

 

 

Cute Red Frog at Rainforest: Strawberry Poison Dart Frog

 

 

 

 

 

Close up to Cute Red Frog at Rainforest: Strawberry Poison Dart Frog

 

 

 

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Poison Dart Frog

 

 

 

 

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Rana freccia velenosa blu

 

 

 

 

 

 

Poison dart frog

 

 

 

 

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Blue Poison Dart Frog
I, Wildfeuer

 

 

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TURCHIA

 

BURSA

 

e ANNIBALE BARCA IN ESILIO

 

è una città della Turchia di oltre 3 milioni di abitanti ( dati 2019 ), a sud del Mar di Marmara appoggiata alle pendici del Monte Uludağ (l’antico Olimpo della Misia), alto 2 543 metri e sede della più importante stazione per gli sport invernali in Turchia. E’una delle città più industrializzate e culturalmente attive del paese.

Bursa fu la capitale dello Stato ottomano fra il 1326 e 1365. La città è frequentemente citata come “Yeşil Bursa” (che significa “Verde Bursa”) a causa dei numerosi parchi e giardini che permeano il tessuto urbano e delle vaste e variegate foreste che si estendono nella regione circostante. I mausolei dei primi sultani Ottomani si trovano a Bursa e numerosi edifici risalenti al periodo Impero caratterizzano ancora oggi la città.

Il primo insediamento in zona di cui si ha notizia fu Cio, che Filippo V di Macedonia concesse al re di Bitinia Prusia I nel 202 a.C. per l’aiuto fornito contro Pergamo ed Heraclea Pontica (la moderna Karadeniz Ereğli). Prusia ribattezzò la città col proprio nome: Prusa; la sua urbanistica venne curata nientedimeno che dall’estrema fantasia di Annibale Barca, il famoso generale che, esiliato, provò ad usare la propria immaginazione non in battaglia, bensì nella costruzione di un’acropoli. Prusa divenne una delle più grandi città della Misia e mantenne la sua importanza anche durante i periodi ellenisticoromano e bizantino.

segue : https://it.wikipedia.org/wiki/Bursa

 

 

Provincia di Bursa - Wikipedia

 

 

File:Bursa location districts.svg

i vari distretti di Bursa tra cui Mudanya foto sotto
https://it.m.wikipedia.org/wiki/File:Bursa_location_districts.svg

 

 

 

Old Bursa City View at sunrise in Turkey

Grand Mosque (Ulu Cami, built in 1399)- Bursa vecchia e dintorni

 

 

Aerial view of peninsula in lake against sky during sunset,Bursa,Turkey

BURSA

 

 

High angle view of townscape against sky,Bursa,Turkey

 

 

 

 

 

A pheasant with bright color feathers in Turkiye's Bursa

un fagiano di Bursa — bellissimo !– è un fagiano turco

 

 

 

The modern face of the historical city of Bursa, In Turkey

la parte moderna di Bursa

 

 

 

The Orhan Gazi Mosque in Bursa, Turkey

 

 

 

 

Bursa – Veduta

Bursa – Veduta- Palazzi costruiti attorno al fiume Nilüfer che attraversa la città
Bursa Photos – Opera propria

 

 

 

Castello di Bursa.

Castello di Bursa
Brücke-Osteuropa – Opera propria

 

 

Case di Mudanya nella Provincia di Bursa.

Vecchie case restaurate della provincia di Bursa a Mudanya
Chapultepec – Opera propria

 

 

 

truppe greche di occupazione a Mudanya, 1919
NA – Milliyet

 

se vuoi, vedi nota sulla guerra — al fondo

 

 

Mudaya 1920 – foto di sconosciuto

 

 

Rifugiati greci al porto di Mudanya- 1922
foto sconosciuto–From the archives of the Society of Friends of the People, Athens, Greece.

 

 

Truppe inglesi in arrivoa Mudanya, 1920

 

 

 

BURSA-EĞERCE  – sembra proprio qui a Sanremo–
HALUK COMERTEL

 

 

 

nota : Eğerce è un quartiere nel comune e distretto di Mudanya, provincia di Bursa in Turchia. La sua popolazione è di 286 abitanti. Il villaggio era presente durante il periodo ottomano e le prove d’archivio suggeriscono che il villaggio abbia più di 420 anni.

Nel XVII secolo il villaggio era un villaggio cristiano e il suo nome era “Eğerciler”, che in turco significava “sellai”. Il villaggio forniva pecore alla capitale all’inizio del XVII secolo.

da :   https://en.wikipedia.org/wiki/E%C4%9Ferce,_Mudanya

 

 

 

Veduta di Bursa dalle colline del Monte Uludağ, l'antico Olimpo della Misia.

Veduta di Mursa  dalle colline del Monte Uludağ,  l’antico Olimpo della Misia
Bursa Uludağ – Opera propria

 

foto sopra da Wikipedia —
https://it.wikipedia.org/wiki/Bursa

 

 

Sunflower fields...

un campo di girasoli a  Bursa nel luglio 2024

 

 

 

 

NOTA ::  quando una pagina di storia  “antica ” ti concilia con il mondo di guerra e stragi in cui vivi. chiara

 

 

 

GUERRA GRECO-TURCA

La guerra greco-turca – altrimenti chiamata campagna greca della guerra d’indipendenza turca – fu un conflitto combattutosi tra maggio 1919 e ottobre 1922 tra la Grecia e la neonata repubblica di Turchia di Mustafa Kemal Atatürk, nel disgregato quadro della dissoluzione dell’impero ottomano, per riprendere il possesso dei territori dell’Anatolia e della Tracia assegnati alla Grecia con il trattato di Sèvres del 10 agosto 1920, che sanciva la pace nella prima guerra mondiale.

Con la vittoria della guerra, la Turchia riottenne le regioni contestate, mentre per la Grecia la fine del conflitto, noto nella storiografia ellenica come catastrofe dell’Asia Minore, provocò lo sconvolgimento dell’assetto demografico e culturale dell’intero Paese.

 

Il contesto geopolitico della guerra greco-turca del 1919-1922 è legato alla divisione dell’Impero ottomano da parte dei governi alleati dopo la prima guerra mondiale; spartizione che è essa stessa una diretta conseguenza dell’intervento degli Ottomani a fianco della Triplice Alleanza durante il conflitto. Nel 1919, le forze greche ricevono l’autorizzazione dell’Intesa a sbarcare nella città di Smirne, in Anatolia. Comincia allora una nuova guerra, nel corso della quale il governo della Sublime porta si sbriciola e deve firmare il trattato di Sèvres (10 agosto 1920).

Lungo tutto il primo conflitto mondiale, numerosi accordi segreti – spesso contraddittori – sono sottoscritti fra i Paesi della Triplice intesa al fine di dividere l’Impero ottomano e di spartirsi le sue spoglie. A diverse riprese, la Grecia si vede così promettere territori che sono al medesimo tempo accordati ad altri Paesi vincitori. Così, gli accordi di San Giovanni di Moriana, firmati il 26 aprile 1917 dal Regno Unito, la Francia e l’Italiaconcedono a quest’ultima una vasta zona d’influenza che include la regione di Smirne, peraltro rivendicata dal Regno di Grecia.

Parallelamente, i Paesi dell’Intesa, e in particolare il Regno Unito, promettono ad Atene importanti compensazioni territoriali in cambio della sua entrata in guerra al loro fianco: la Tracia orientale, la regione di Smirne e le isole di Imbro e Tenedo, in cui una parte sostanziosa della popolazione è ancora ellenofona all’inizio del XX secolo.

Alla conferenza di pace di Parigi del 1919, il capo del governo grecoEleutherios Venizelos, fa dunque pressione sugli Alleati per attuare il suo sogno di una “Grande Grecia” (la Megali Idea), che comprenderebbe l’Epiro settentrionale, la totalità della Tracia e l’Asia minore, in qualche modo andando a ricreare il “nocciolo duro” dell’antico Impero bizantino.

A contrastarlo, la delegazione italiana (stupefatta che i suoi «interessi in Vicino Oriente» non siano più ormai riconosciuti dalle altre grandi Potenze, e ciò in violazione degli Accordi di San Giovanni di Moriana), decide di abbandonare il tavolo dei negoziati. Durante l’assenza degli italiani, che dura fino al 5 maggio, il primo ministro britannico David Lloyd George giunge a convincere la Francia e gli Stati Uniti d’impedire a Roma d’intervenire in Anatolia occidentale. L’esercito greco può dunque sbarcare in tutta tranquillità a Smirne il 15 maggio 1919.

Tuttavia, in ciò che resta dell’Impero ottomano, tale intervento comporta il risorgere del sentimento patriottico e la nascita di un governo rivoluzionario (diretto da Mustafa Kemal) che si oppone ferocemente alla spartizione della Turchia.

Prima dello scoppio della prima guerra mondiale, 2,5 milioni di greci vivevano in Turchia;  dal 1915, il governo dei Giovani Turchi mise in atto una politica di violenze, che può essere definita di genocidio, contro le minoranze dell’Impero ottomano, che colpì centinaia di migliaia di persone. Il massacro degli Armeni è senza dubbio il più noto di questi tragici avvenimenti ma i Greci del Ponto e dell’Anatolia orientale hanno ugualmente dovuto soffrire del genocidio.

Una delle principali motivazioni della guerra greco-turca del 1919-1922 è la volontà dei dirigenti greci di attuare la Megali Idea (Grande Idea), un concetto centrale del nazionalismo greco. La Megali Idea è una volontà irredentista di dar vita a una sorta di nuovo Impero bizantino chiamato a dominare le due sponde del mar Egeo, altrimenti detto una «più grande Grecia», che comprenderebbe i territori popolati da ellenofoni ma situati all’esterno delle frontiere nazionali (in Ionia, in Tracia, sul Ponto, a Costantinopoli, etc.).

Dalla Guerra d’indipendenza greca nel 18211830 fino alla Dittatura dei colonnelli negli anni settanta, la Megali Idea gioca un ruolo fondamentale nella politica ellenica. Numerosi uomini politici greci hanno così fatto riferimento, nei loro discorsi, al carattere «storicamente inevitabile dell’espansione del regno di Grecia.»

L’inizio della guerra greco-turca del 19191922 segue di qualche mese la firma dell’Armistizio di Mudros del 30 ottobre 1918, che consacra la vittoria delle potenze della Triplice intesa, di cui la Grecia fa parte, sull’Impero ottomano. Il conflitto può essere grossolanamente diviso in tre fasi:

  1. Lo sbarco dei Greci in Asia Minore e il consolidamento della loro presenza militare sulla costa egea (maggio 1919-ottobre 1920);
  2. L’offensiva greca contro i Turchi (ottobre 1920-agosto 1921);
  3. La contro-offensiva turca e la riconquista dei territori occupati dalla Grecia (agosto 1921-agosto 1922).

 

I Greci e gli altri cristiani (principalmente armeni) di Smirne formano all’epoca una semplice minoranza fra gli abitanti, secondo le fonti turche, ma una vera maggioranza, secondo le fonti greche. Quale che sia il loro numero reale, i cristiani accolgono le truppe greche come liberatrici, mentre la popolazione turca vede in esse degli invasori.

Dal primo giorno dell’occupazione, fra i 300 e i 400 Turchi e un centinaio di Greci sono uccisi. Numerosi civili turchi bloccati dalla folla sono assoggettati a orribili crudeltà, commesse tanto dai soldati quanto dai civili. Una lunga linea di morti e di feriti viene osservata lungo il fronte che dà sul mare.


Nel marzo 1921, tutti gli altri fronti sui quali combattono i Turchi sono liberati: cosa che consente a Mustafa Kemal e ai suoi alleati di disporre ormai di risorse per contrastare le forze armate greche. Di fatto, Francesi e Italiani firmano trattati di pace con i rivoluzionari turchi e riconoscono a questi ultimi il possesso dei territori precedentemente disputati. Ben di più, le due potenze mediterranee accettano di vendere armi ai loro antichi avversari per contrastare il governo greco, ormai considerato un cliente del Regno Unito.

Gli Italiani utilizzano anche la loro base di Antalya per aiutare i rivoluzionari turchi e fornir loro informazioni riguardanti le forze greche. Il 7 ottobre 1921, un accordo concluso fra Kémal e Parigi mette fine alla presenza militare francese in Cilicia. La Francia cede allora gratuitamente alle forze armate turche 10.000 uniformi, 10.000 fucili mauser, 2.000 cavalli, 10 aerei Bréguet e il centro telegrafico di Adana e i porti sul Mediterraneo che essa controllava. La Francia costruisce infine una fabbrica di munizioni ad Adana per approvvigionare l’esercito rivoluzionario kemalista.

Oltre a tali stretti vincoli con la Francia e l’Italia, le forze di Mustafa Kemal intrattengono relazioni assai positive con l’Unione Sovietica. Il Trattato di Mosca del 1921, firmato dopo la fine della Guerra turco-armena, rafforza d’altronde l’amicizia turco-sovietica e permette ad Ankara di ricevere fondi e munizioni dal suo nuovo alleato.

A dispetto del sostegno sovietico, l’esercito turco dispone di poco materiale bellico e i proprietari di fucili, pistole e munizioni vedono le loro armi requisite mentre ogni proprietario di abitazione è tenuto a fornire alle truppe un paio di indumenti intimi e sandali. La situazione è tanto critica che numerosi sono coloro che pensano che i rivoluzionari turchi, che fino ad allora hanno evitato l’accerchiamento, rischino di scomparire in una guerra d’usura difendendo la loro capitale.

Il confronto decisivo si ha quando l’esercito ellenico tenta di prendere Haymana, situata alcuni km a sud di Ankara. La ferocia di questa battaglia, nel corso della quale i Turchi danno prova di una fortissima capacità di resistere, esaurisce del tutto i soldati, che prendono in considerazione l’idea di ritirarsi. Sono tuttavia i Greci ad abbandonare per primi il combattimento e a scegliere di rimpatriare le loro forze. Occorre dire che l’esercito greco risente dell’ampiezza dei territori che occupa e dalle distanze che deve percorrere per fare affluire il materiale necessario alla guerra. Di fatto, i soldati greci sono pressoché a corto di munizioni, mentre il Quartier Generale ordina la ritirata.

La partenza dei Greci avviene in ordine e calma: essi evacuano il territorio nel giro di alcune settimane e ritornano sulle loro posizioni di partenza di giugno. Nonostante tutto, da parte turca, la gioia è immensa e il parlamento rivoluzionario ricompensa Mustafa Kemal Pascià e Fevzi Pascià con il titolo di maresciallo per i servizi resi in occasione della battaglia del Sakarya. L’evento non è cosa comune: da allora, nessun cittadino turco è stato mai insignito di questo titolo da parte del governo.

In marzo, gli Alleati propongono un armistizio ai due belligeranti, ma Mustafa Kemal, capendo che gode ormai d’un preciso vantaggio strategico, rifiuta ogni accordo fintanto che i Greci siano ancora presenti in Asia Minore e intensifica i suoi sforzi per riorganizzare le forze armate turche prima dell’offensiva finale. Nello stesso tempo, i Greci irrobustiscono le loro posizioni difensive, ma il morale delle truppe è afflitto dalla mancanza d’azione e dal prolungamento della guerra.

Durante le ultime settimane di guerra, le popolazioni civili greca e armena d’Asia Minore affluiscono verso Smirne a un ritmo di più di 20.000 persone giornaliere, al fine di sfuggire alle persecuzioni turche. Cosciente dei disordini che potrebbero derivare dalla nuova occupazione della città, Mustafa Kemal pubblica dunque un proclama destinato ai suoi soldati, in cui egli minaccia di morte tutti coloro che molesteranno i non-combattenti smirnioti.. Poco prima del ritorno dei Turchi in città, il 9 settembre 1922, il proclama è distribuito in greco moderno nella città egea, al fine di rassicurare la popolazione.

Tuttavia, gli ordini di Kemal sono largamente ignorati dall’esercito rivoluzionario e Nureddin Pascià, il comandante delle forze turche nel distretto di Smirne, impartisce ordini contrari a quelli del suo superiore.

L’obiettivo di Nureddin Pascià è in effetti quello dello sterminio delle popolazioni cristiane smirniote e le sue istruzioni sono largamente eseguite. Numerosi Armeni e Greci della città sono pertanto massacrati dall’esercito turco rivoluzionario.. Il metropolita ortodosso Crisostomo di Smirne (al secolo Chrysostomos Kalafatis), che ha rifiutato di fuggire con le truppe greche, è linciato sulla pubblica piazza. Le sue orecchie, il suo naso e le sue mani sono allora tagliate mentre viene sgozzato con un coltello.

Di fronte ai massacri, i cristiani cercano di trovar rifugio sulle navi greche ancora presenti nei porti della costa egea perché il naviglio straniero, che ha ricevuto l’ordine da ciascuno dei propri governi di restare neutrale, rifiuta in massa (con l’eccezione di alcune navi giapponesi e italiane) di prendere a bordo dei rifugiati. In questo periodo di dramma e confusione, una gran parte della città di Smirne è devastata da un incendio e le proprietà cristiane sono saccheggiate.

Lo storico e giornalista britannico Arnold Joseph Toynbee ha dichiarato che, al momento in cui aveva visitato la regione, egli aveva visto villaggi greci rasi al suolo. Inoltre, Toynbee ha raccontato che le truppe turche avevano deliberatamente incendiato le abitazioni a una a una. Il fatto che solo i quartieri greci e armeni fossero andati in fiamme, mentre quelli turchi ne erano restati indenni, ha rafforzato l’ipotesi secondo cui i Turchi avessero incendiato la città.

Nonostante tutto, la tesi opposta, secondo la quale i Greci vinti avrebbero semplicemente applicato la politica della “terra bruciata”, è anch’essa credibile…

 

L’Armistizio di Mudanya è raggiunto l’11 ottobre 1922. Gli Alleati (ossia il Regno Unito, la Francia e l’Italia) mantengono il controllo della Tracia orientale e del Bosforo. I Greci sono dunque evacuati da queste regioni. L’accordo comincia a essere applicato il 15 ottobre 1922, un giorno dopo che i Greci hanno accettato di firmare gli accordi.

L’Armistizio di Mudanya è seguito dal Trattato di Losanna, un punto strategico del quale è uno scambio di popolazioni civili su base religiosa che coinvolge circa un milione di ortodossi (in gran parte Greci) e mezzo milione di musulmani (in gran parte Turchi). La maggioranza dei Greci ortodossi sono allora insediati in Attica e in Macedonia.

 

All’origine, i rivoluzionari turchi beneficiano del solo aiuto sovietico, e questo in cambio della cessione della regione di Batum.
Nella seconda fase del conflitto, i rivoluzionari turchi ricevono un’importante assistenza militare da parte dell’Italia e della Francia, che considerano sempre più la Grecia come una cliente della Gran Bretagna. Gli Italiani sono furiosi per aver perso il loro mandato sulla regione di Smirne a profitto del regno greco e utilizzano la loro base di Antalya (all’epoca chiamata Adalia) per armare e addestrare le truppe di Mustafa Kemal contro i Greci.

 

 

segue :

 

Massacri di Turchi da parte dei Greci

La politica greca della terra bruciata

Massacri turchi di Greci e Armeni e il genocidio

 

nel link, se volete–
https://it.wikipedia.org/wiki/Guerra_greco-turca_(1919-1922)

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Enzo Jannacci, El me indiriss — nel video di yesmilano.com 9 — il dopoguerra a Milan, omaggio a Enzo Jannacci –+ testo della canzone e traduzione + Quelli che + testo

 

 

Quelli Che: Jannacci, Enzo: Amazon.it: CD e Vinili}

QUELLI CHE… 1975- foto Amazon.it

 

 

 

 

 

 

 

da : 

a cura di : Gian CarloGian Carlo

https://lyricstranslate.com/it/el-me-indir%C3%ACss-il-mio-indirizzo.html

 

 

Originale

 

 

 

Swap languages

El me indirìss

[parlato]

Non ce l’ho la biro. Non c’ho la biro. Va ben, non c’ho la biro, e allora? No, scusi, eh, lo so anch’io che è duro stare in fila: l’ho fatta anch’io la fila senza la biro. Se ci avevo la biro ce lo dicevo a lei, ce la chiedevo a questo qui? No. E allora? E allora stiamo qui tutta la vita perchè io non c’ho la biro, capito? Ah, grazie. Grazie. A rendere, eh?

[cantato]

El me indirìss de ‘duè sun nasü
mi me ‘l ricordi ‘nanca pü:
a l’era ‘na cà vecia e per pisà
tripli servizi, sì, ma in mès al prà.
El me indirìss de ‘duè sun nasü
me l’han ricurdà ièr, dentr’in Cumün:
cercavi un ducumént de residénsa
e mi, m’è vegnü in ment tüta l’infansia.
A serum una banda de ses fiö,
vorevum tra per aria tüt el munt,
fasevum la culèta ala matina
per quater Alfa e dü Espurtasiùn.
Turnavi a cà la sera e la mia mama
la me netava el nas tüt spurc de sanc
perchè la legge a l’era de dai via,
ma l’era anca quela de ciapài.
Pensarci bene, chissà, chissà che fine han fat
ch’i me cumpàgn balùrd de s-cepà ‘l munt.
Ma pö la vita la va, fa quel che vör:
chi va, chi resta e gh’è chi invece mör.
Ma i ‘n giamò pasà dü o tri minüt
e mi me rendi cünt che ù rot i bal:
ci ho qui un bel documént de residénsa…
cià, via, menare… e scaricare anca l’infansia.

[parlato]

Non ce l’ho la biro. Se ce l’avevo non ero mica obbligato a chedere a questo signore qui, no? Scusi, lo so che è duro stare in fila. Se non c’avevo la biro! No, qui uno che lavora al tornio, senza la biro è un pirla!

Pubblicato da Gian CarloGian Carlo Mer, 20/04/2016 – 22:47

Traduzione

 

 

 

Il mio indirizzo

[parlato]

Non ce l’ho la biro. Non ho la biro. Va bene, non ho la biro, e allora? No, scusi, eh, lo so anch’io che è duro stare in fila: l’ho fatta anch’io la fila senza la biro. Se avessi avuto la biro l’avrei detto a lei, l’avrei chiesta a questo signore? No. E allora? E allora stiamo qui tutta la vita perché io non ho la biro, capito? Ah, grazie. Grazie. A buon rendere, eh?

[cantato]

Il mio indirizzo, di dove sono nato,
non me lo ricordo nemmeno più:
era una casa vecchia e per pisciare
tripli servizi, sì, ma in mezzo al prato.
Il mio indirizzo, di dove sono nato,
me l’hanno ricordato ieri, in Comune:
stavo richiedendo un certificato di residenza
e a me è tornata in mente tutta l’infanzia.
Eravamo una banda di sei ragazzi,
volevamo buttare in aria tutto il mondo,
facevamo la colletta al mattino
per quattro Alfa e due Esportazione.
Tornavo a casa la sera e mia mamma
mi puliva il naso tutto sporco di sangue
perché la legge era di darle,
ma era anche quella di prenderle.
A pensarci bene, chissà, chissà che fine hanno fatto
quei miei compagni balordi da spaccare il mondo.
Ma poi la vita va, fa quello che vuole:
chi va, chi resta e c’è chi invece muore.
Ma sono già passati due o tre minuti
e mi rendo conto che ho rotto le palle:
ho qui un bel certificato di residenza…
su, via, menare… e scaricare anche l’infanzia.

[parlato]

Non ce l’ho la biro. Se l’avessi avuta non sarei stato obbligato a chiederla a questo signore, no? Scusi, lo so che è duro stare in fila. Ma se non avevo la biro! No, qui uno che lavora al tornio, senza la biro è un pirla!

 

 

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https://www.youtube.com/watch?v=_Sy5hclrJZY

 

TESTO

Quelli che cantano dentro nei dischi perche’ ci hanno i figli da mantenere, oh yes!
Quelli che da tre anni fanno un lavoro d’equipe convinti d’essere stati assunti da un’altra ditta, oh yes!
Quelli che fanno un mestiere come un altro.
Quelli che accendono un cero alla Madonna perche’ hanno il nipote che sta morendo, oh yes!
Quelli che di mestiere ti spengono il cero, oh yes!
Quelli che Mussolini e’ dentro di noi, oh yes!
Quelli che votano a destra perche’ Almirante sparla bene, oh yes!
Quelli che votano a destra perche’ hanno paura dei ladri, oh yes!
Quelli che votano scheda bianca per non sporcare, oh yes!
Quelli che non si sono mai occupati di politica, oh yes!
Quelli che vomitano, oh yes!
Quelli che tengono al re.
Quelli che tengono al Milan, oh yes!
Quelli che non tengono il vino, oh yes!
Quelli che non ci risultano, oh yes!
Quelli che credono che Gesu’ Bambino sia Babbo Natale da giovane, oh yes!
Quelli che la notte di Natale scappano con l’amante dopo aver rubato il panettone ai bambini, oh yes!
Intesi come figli, oh yes!
Quelli che fanno l’amore in piedi convinti di essere in un pied-a-ter, oh yes!
Quelli, quelli che sono dentro nella merda fin qui, oh yes! Oh yes!
Quelli che con una bella dormita passa tutto, anche il cancro, oh yes!
Quelli che, quelli che non possono crederci neanche adesso che la terra e’ rotonda, oh yes!
Quelli che non vogliono tornare dalla Russia e continuano a fingersi dispersi, oh yes!
Quelli che non hanno mai avuto un incidente mortale, oh yes!
Quelli che non vogliono arruolarsi nelle SS.
Quelli che ti spiegano le tue idee senza fartele capire, oh yes!
Quelli che dicono “la mia serva”, oh yes! Oh yes!
Quelli che organizzano la marcia per la guerra, oh yes!
Quelli che organizzano tutto, oh yes!
Quelli che perdono la guerra… per un pelo, oh yes! Oh yes!
Quelli che ti vogliono portare a mangiare le rane, oh yes!
Quelli che sono soltanto le due di notte, oh yes!
Quelli che hanno un sistema per perdere alla roulette, oh yes!
Quelli che non hanno mai avuto un incidente mortale, oh yes!
Quelli che non ci sentiamo, oh yes!
Quelli diversi dagli altri, oh yes!
Quelli che puttana miseria, oh yes!
Quelli che quando perde l’Inter o il Milan dicono che in fondo e’ una partita di calcio e poi vanno a casa e picchiano i figli, oh yes!
Quelli che dicono che i soldi non sono tutto nella vita, oh yes!
Quelli che qui e’ tutto un casino, oh yes!
Quelli che per principio non per i soldi, oh yes! Oh yes!
Quelli che l’ha detto il telegiornale, oh yes!
Quelli che lo statu quo che nella misura in cui che nell’ottica, oh yes!
Quelli che non hanno una missione da compiere, oh yes!
Quelli che sono onesti fino a un certo punto, oh yes!
Quelli che fanno un mestiere come un altro.
Quelli che aspettando il tram e ridendo e scherzando, oh yes!
Quelli che aspettano la fidanzata per darsi un contegno, oh yes!
Quelli che la mafia non ci risulta, oh yes!
Quelli che ci hanno paura delle cambiali, oh yes!
Quelli che lavoriamo tutti per Agnelli, oh yes!
Quelli che tirano la prima pietra, ma che anche la seconda,la terza, la quarta e dopu? E dopu se sa no…
Quelli che alla mattina alle sei freschi come una rosa si svegliano per vedere l’alba che e’ gia’ passata.
Quelli che assomigliano a mio figlio, oh yes!
Quelli che non si divertono mai neanche quando ridono, oh yes!
Quelli che a teatro vanno nelle ultime file per non disturbare, oh yes!
Quelli, quelli di Roma.
Quelli che non c’erano.
Quelli che hanno cominciato a lavorare da piccoli, non hanno ancora finito e non sanno che cavolo fanno, oh yes!
Quelli li’…

 

TESTO DA: ROCKIT.IT

https://www.rockit.it/enzojannacci/canzone/quelli-che/37080

 

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Il bellissimo David Garret suona per noi la Csarda di Monti – Milano 30 maggio 2005– Filarmonica della Scala diretta da Riccardo Chailly + Milan Řehák – accordion

 

 

 

Violin: David Garrett
Conductor: Riccardo Chailly
Orchestra: Filarmonica del Teatro alla Scala, Milan, Italy

 

APRI QUI

https://www.youtube.com/watch?v=u5Z9GeNcUXY

Diavolo di un violinista: David Garrett solista alla Filarmonica della Scala

Di tasca sua «Ho fatto il modello per Armani e Vogue: mi è servito per pagarmi gli studi alla Julliard»

 

shadow

«David? Di solito suona negli stadi perché i suoi fan non ci stanno in un teatro». Riccardo Chailly spiega così la presenza di David Garrett nell’attesissimo concerto che la Filarmonica della Scala tiene sabato sera in piazza Duomo per incontrare la città e aprirsi a un pubblico sempre più ampio. Il 34enne teutonico sarà solista nel primo Concerto di Bruch, nell’ultimo dei 24 «Capricci» di Paganini e nella «Czardas» di Monti, incastonati tra le ouverture dal Guglielmo Tell rossiniano e dai «Vespri Siciliani» di Verdi.
Signor Garrett, Paganini è stranoto, Monti molto meno: una scelta insolita.
«Tutto nasce dall’incontro con Chailly un anno fa: a entrambi piaceva l’idea di Bruch, intenso, romantico, spettacolare. Lui poi voleva qualcosa di italiano: facile pensare a Paganini, ma cercavamo anche un brano a sorpresa. E potrebbe essercene qualcuna anche fuori programma, qualcosa di diabolico, magari ancora Paganini».
Secondo Toscanini la classica deve essere eseguita solo al chiuso: perché portarla in piazza?
«Ormai ho una certa esperienza e so come calibrare il suono in modo che risulti bello, vero e vibrante pur amplificato. Ma soprattutto basterebbe salire sul palco e guardare la gente: famiglie con bambini, gruppi di teenager e di ventenni, gente che fuggirebbe da una musica classica confezionata in modo altezzoso e sacrale, e che invece accorre a questi eventi, scopre che Brahms e Verdi sono belli e poi torna ad ascoltarli, anche in teatro».
Che cosa risponde a chi la critica per il suo look da modello?
«Rispondo che ho fatto davvero il modello, per Armani e Vogue, ma per pagarmi gli studi. Da piccolo mio padre mi costringeva a suonare sei, sette ore al giorno; era severissimo e voleva che facessi carriera: obiettivo raggiunto, ma i modi potevano essere più umani. Per questo a 17 anni andai a New York, con la scusa di trovare mio fratello; invece feci un’audizione alla Julliard School. Mio padre non era d’accordo, pensava che non avessi più nulla da imparare, invece lì insegnava un certo Perlman…Capii di doverci andare, ma dovevo pagare di tasca mia».
Giovane e bello, ricco e famoso: deve pur esserci un rovescio della medaglia?
«Trecentoquaranta giorni all’anno in albergo, ritmi folli e l’impossibilità di vivere una vita normale. Puoi avere una fidanzata o una moglie che ti segue in giro per il mondo; ma i figli no: non possono cambiare scuola due volte a settimana. D’altronde le regole del sistema sono queste: non puoi fare quello che faccio limitandoti a 30, 40 concerti l’anno. Allo stesso tempo non riesco a immaginare di continuare così per i prossimi trent’anni».
Qualche pausa se la concede?
«L’ultima vacanza è stata a Natale: sono andato alle Maldive. Con mia mamma».

Czardas – V. Monti | Milan Řehák – accordion

https://www.youtube.com/watch?v=NrFe5HatQ-o

 

CH. — mi sembra suonata bene

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Zorbas — cantata da MELINA MERCOURI – che forza ha questa donna ! + I ragazzi del Pireo, di Manos Hatzidakis –in greco ma con traduzione di Ottavia

 

 

 

 

canzone dal film ” Mai di domenica “: I ragazzi del Pireo– sottotitoli in italiano

 

I ragazzi del Pireo

Dalla mia finestra mando
uno, due, tre, quattro baci
che arrivano al porto come
uno, due, tre, quattro uccelli
come vorrei avere
uno, due, tre, quattro figli
che quando cresceranno tutti
saranno baldi giovani
per l’orgoglio del Pireo
per quanto io cerchi
non riesco a trovare un altro porto c
he mi abbia fatta impazzire come il Pireo
che quando si fa sera mi sforna canzoni
cambia i suoi plettri e si riempie di giovani appena varco la soglia
ed esco non c’è nessuno che io non ami
e quando mi addormento la sera so che me lo sognerò
indosso collana di pietre e una perlina come amuleto
perché aspetto la sera quando esco
al porto di trovare qualche sconosciuto

musica e testo: Manos Hatzidakis traduzione in italiano: Ottavia

Nel 1961 ha ottenuto l’Oscar alla migliore canzone. La canzone ha ottenuto un successo internazionale ed è stata successivamente interpretata da numerosi artisti in molte lingue.

 

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