Le perle di Nemo, INVECE CONCITA, DUE RAGAZZI UNA MATTINA ALLE POSTE–REPUBBLICA 8 MARZO 2019, pag. 36

 

 

 

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REPUBBLICA DI VENERDI’ 8 MARZO 2019 –pag. 36

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Invece Concita Due ragazzi una mattina alle Poste

Concita De Gregorio

 

Questa lettera è di Irene Munafò, Barcellona Pozzo di Gotto

«Ciao Concita, mi chiamo Irene e sono una studentessa.

Volevo segnalarti un’esperienza che ho vissuto nella mia città perché credo sia importante reagire di fronte a ciò che sta accadendo. Sabato scorso con un amico vado all’ufficio postale di Barcellona Pozzo di Gotto, in via Palestro, per fare la PostePay. Devo specificare che l’amico è un ragazzo gambiano e questo cambierà una normale operazione in un ufficio postale.

Arriva il nostro turno e l’operatrice dello sportello ci chiede chi di noi debba svolgere l’operazione e, appena compreso che si tratta del mio amico, chiede i documenti che lui esibisce tranquillamente.

Bisogna vedere se sono veri o falsi!,

ci dice con fare indispettito. Le rispondo che è assolutamente fuori luogo quell’osservazione. La gentile signora prosegue nelle sue operazioni accompagnandole con un buon interrogatorio non richiesto che avremmo potuto comprendere in questura, non in un ufficio postale.

E che cosa faresti tu nella vita?

Lavori? Studi? Il mio amico le risponde che frequenta la scuola.

Sì, immagino che studi starai facendo… cosa pensi di fare qui.

L’operatrice si rivolge a me: Noi italiani facciamo fatica a trovare lavoro, non possiamo accoglierli tutti, l’accoglienza non funziona, bisogna aiutarli a casa loro. Anche le rumene vengono qui e si mettono a fare figli, un figlio all’anno e noi gli paghiamo tutto, gli albanesi stessa cosa. Pensi che se tu andassi in un altro Paese, anche europeo, verresti accolta e avresti diritto all’assistenza? Non avresti nulla!

Il mio amico si sente umiliato, imbarazzato e mi dice di stare tranquilla che tanto ormai è abituato. Ciò avviene alla presenza di concittadini, altri lavoratori e persino della direttrice, ma nessuno si è sentito in dovere di intervenire.

Rispondo alla signora e provo a illuminarla sul suo ruolo in quel momento.

Io non ho bisogno di essere accolta, io posso ancora scegliere dove andare, io posso non vendermi casa per partire, posso vedere mia madre ogni volta che voglio, non vengo rinchiusa in centri di detenzione e tortura in cambio di riscatto, il mio unico impegno a dieci anni era andare a scuola ed essere felice. Io posso andare in un ufficio postale da sola e nessuno mai mi chiederebbe se i miei documenti sono falsi.

La propaganda sta funzionando, sta rendendo le persone miopi, disinformate, piene di slogan e vuote di sentimenti e anche nei luoghi pubblici. Se il mio amico si fosse presentato alla posta da solo, non avrebbe sicuramente ottenuto, quella mattina, ciò che gli serviva. Perché è nero. E perché è povero. Sono una studentessa di filosofia, faccio servizio civile presso una comunità di minori stranieri non accompagnati e sto dalla parte degli esseri umani».

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