LA 7 – OTTO E MEZZO 27 MARZO 2024 —
LA 7 – OTTO E MEZZO 27 MARZO 2024 —
ANSA.IT — 29 MARZO 2024 – 7.39
https://www.ansa.it/sito/notizie/mondo/mediooriente/2024/03/28/lesercito-israeliano-ucciso-raed-thabat-era-nella-top-ten-di-hamas_54e72c89-4e09-4153-8c3c-ad9e0be5e6e6.html
Gli attacchi israeliani di questa notte sulla città siriana settentrionale di Aleppo hanno ucciso 38 persone, tra cui cinque membri del gruppo armato libanese Hezbollah: lo affermano fonti della sicurezza locale, citate dall’agenzia di stampa britannica Reuters.
Il Ministero della Difesa siriano afferma che diversi civili e militari sono stati uccisi in seguito ad attacchi dell’esercito israeliano e di un gruppo militante nella città settentrionale di Aleppo.
L’Osservatorio siriano per i diritti umani parla da parte sua di circa 30 morti. I raid aerei israeliani contro diverse aree nelle campagne circostanti Aleppo sono avvenuti “in concomitanza” con un attacco di droni contro civili che il dicastero ha descritto come condotto da “organizzazioni terroristiche” della città di Idlib, secondo quanto riportano diversi media arabi. Il governo siriano non ha fornito al momento cifre sul numero delle vittime. Una fonte militare ha detto all’agenzia di stampa ufficiale Sana che “verso l’1:45 il nemico israeliano ha lanciato un attacco aereo dalla direzione di Athriya, a sudest di Aleppo”, aggiungendo che “civili e personale militare” sono stati uccisi e feriti nell’attacco.
L’esercito israeliano ha ucciso nell’ospedale Shifa di Gaza City Raad Thabat, capo dei rifornimenti e del personale delle Brigate Qassam, ala militare di Hamas. Lo ha detto il portavoce militare Daniel Hagari sottolineando che Tabat “era nella top ten” di Hamas e “vicino al leader Yahya Sinwar” e “al capo delle Brigate Mohammed Deif”. Hagari ha anche detto che “c’erano 1.250 persone nell’ospedale di Shifa, inclusi 900 sospetti, tra cui abbiamo identificato 513 terroristi”.
Intanto, il premier Benyamin Netanyahu ha informato il Gabinetto di Guerra che invierà una delegazione a Washington la prossima settimana. Lo ha riferito il sito Ynet confermando così quanto annunciato ieri dalla Casa Bianca. Fonti politiche che hanno parlato con Ynet hanno riferito che “Netanyahu si è reso conto di aver sbagliato” ad annullare in un primo momento l’invio della delegazione a Washington come reazione al voto di astensione degli Usa sulla risoluzione approvata dal Consiglio di sicurezza dell’Onu per il cessate il fuoco a Gaza.
Il portavoce del Consiglio per la Sicurezza nazionale statunitense, John Kirby, in un briefing ha fatto sapere che la Casa Bianca sta lavorando a una “nuova data” per l’incontro con la delegazione israeliana per discutere dell’operazione a Rafah.
“Israele si sta preparando ad entrare a Rafah”, ha quindi affermato Netanyahu incontrando le famiglie dei soldati che sono tra gli ostaggi di Hamas a Gaza. Netanyahu ha poi ribadito che solo la pressione militare assicurerà il rilascio dei rapiti. Israele – ha concluso dopo aver sottolineato che gli ostaggi sono “eroi” – “non lascerà indietro nessuno”.
L’alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani Volker Türk ha affermato in un’intervista alla Bbc che Israele ha una responsabilità significativa sulla catastrofe umanitaria a Gaza e che esiste un caso “plausibile” secondo cui Israele stia usando la fame come arma di guerra a Gaza. Türk ha affermato che se l’intento fosse dimostrato, ciò equivarrebbe a un crimine di guerra.
La Corte internazionale di giustizia dell’Aja ha ordinato a Israele di “garantire un’assistenza umanitaria urgente” a Gaza, dove “è cominciata la carestia”. Si tratta di nuove misure provvisorie emesse dalla Corte che deve decidere sulle accuse di genocidio mosse dal Sudafrica nei confronti dello Stato ebraico.
“Israele deve adottare tutte le misure necessarie ed efficaci per garantire, senza indugio, la fornitura senza ostacoli dei servizi di base e dell’assistenza umanitaria urgentemente necessari” a Gaza, ha affermato la Corte internazionale di giustizia dell’Aja. “I palestinesi di Gaza non si trovano più ad affrontare solo il rischio di una carestia”, la fame “sta arrivando”, ha affermato il tribunale.
Intanto il ministero della Sanità di Hamas ha reso noto che il bilancio dei morti a Gaza è salito a quota 32.552, di cui 62 nelle ultime 24 ore. I feriti sono 74.980, secondo la stessa fonte.
Un edificio che a Gaza City ospita diversi media – fra cui Sky News in arabo – è stato colpito oggi in un bombardamento ed è crollato. Al momento non si ha notizia di vittime. Lo ha riferito la agenzia di stampa Shehab News. Il palazzo, precisano fonti locali, è situato a breve distanza dalla Piazza del Milite ignoto e dal palazzo del parlamento, che da mesi è ormai in uno stato di rovina.
“Circa 200 terroristi” sono stati uccisi dall’esercito israeliano in oltre una settimana di operazioni negli edifici dell’ospedale Shifa di Gaza. Lo ha reso noto il portavoce militare israeliano, secondo cui nuovi scontri a fuoco sono avvenuti ieri con terroristi appostati “all’interno e nelle vicinanze dell’edificio del Pronto soccorso”. Inoltre, secondo il portavoce, sono stati catturati centinaia di membri di Hamas e della Jihad islamica. “Operiamo con precisione – ha ribadito il portavoce – avendo cura di non arrecare danno ai degenti, al personale medico e ai macchinari”.
Resta alta la tensione tra Israele e il Libano. Almeno 10 razzi sono stati lanciati questa mattina dal Libano verso la comunità di confine di Shlomi. Lo ha fatto sapere, citato dai media, l’esercito aggiungendo che nove dei razzi sono stati intercettati dal sistema di difesa Iron Dome. Al momento non si segnalano danni o vittime. In risposta, l’artiglieria israeliana sta colpendo oltre confine.
August Natterer, «Il pastore miracoloso», 1919
immagine da Il Manifesto, 13 novembre 2022
LA TESTA DELLA STREGA, 1915 -.- una foto
August Natterer, noto anche con lo pseudonimo di Neter (Schornreute, 3 agosto 1868 – Rottenmünster, 7 ottobre 1933), è stato un pittore tedesco precursore ed esponente dell’Art brut affetto da schizofrenia.
( segue dopo le immagini )
ALTRA FOTO DI TESTA DI UNA STREGA, 1915 — subito sotto
La testa della strega da un lato e dall’altro, 1915
August Natterer, a cui è stato dato lo pseudonimo di Neter dal suo psichiatra per proteggere lui e la sua famiglia dall’intenso stigma sociale associato alla malattia mentale all’epoca, nacque il 3 agosto 1868 a Schornreute vicino a Ravensburg, in Germania, figlio di un impiegato e il più giovane di nove figli. Natterer ha studiato ingegneria, si è sposato, ha viaggiato molto e ha avuto una carriera di successo come elettricista, ma è stato improvvisamente colpito da deliri e attacchi di ansia.
I miei occhi al momento delle apparizioni, 1911/ 1913
CFCF
da : WIKIQUOTE.ORG
https://it.wikiquote.org/wiki/File:August_Natterer_Meine_Augen_zur_Zeit_der_Erscheinungen.jpg
Il primo aprile del 1907, ebbe un’allucinazione sul Giudizio Universale durante la quale “10.000 immagini balenarono in mezz’ora”.
Lo ha descritto come segue:
” Ho visto un punto bianco nelle nuvole assolutamente vicino – tutte le nuvole si sono fermate – poi il punto bianco è scomparso e si è fermato tutto il tempo come una tavola nel cielo. Sulla stessa scacchiera o sullo schermo o sul palco ora si susseguivano immagini veloci come un lampo, circa 10.000 in mezz’ora … Dio stesso si è verificato, la strega, che ha creato il mondo – tra visioni mondane: immagini di guerra, continenti, memoriali, castelli, castelli bellissimi, solo la gloria del mondo – ma tutto questo da vedere in immagini superne. Erano grandi almeno venti metri, nitide da osservare, quasi prive di colore come fotografie… Le immagini erano epifanie del Giudizio Universale. Cristo non ha potuto realizzare la salvezza perché è stato crocifisso presto. . . Dio me li ha rivelati per realizzare la salvezza, “
Questo calvario ha portato a un tentativo di suicidio e al ricovero nel primo di quelli che sarebbero stati diversi manicomi, occupati durante i restanti ventisei anni della sua vita. Natterer da allora in poi ha sostenuto che era il figlio illegittimo di Napoleone Bonaparte e “Redentore del mondo”. La visione aveva ispirato un’intensa produzione di disegni e dipinti, che documentavano tutte le immagini e le idee viste nella visione.
August Natterer morì di insufficienza cardiaca in un istituto vicino a Rottweil nel 1933.
eines der „Gehmalinnen“-Bilder, wohl nach einer Fotografie gefertigt
( FORSE ) – la moglie, probabilmente da una fotografia- 1920
Introduzione di: Cristiana di Carlo
Collana: Il corpo e l’anima
2015, 146 pp.
Mimesis, 2015
I suoi disegni sono tentativi di catturare le “10.000 immagini” della sua allucinazione del pesce d’aprile e sono sempre resi in uno stile chiaro e obiettivo, come quello di un disegno tecnico. Ciò potrebbe essere dovuto al suo background come elettricista.
Natterer una volta affermò che Asse del mondo, con coniglio, 1911/ 1917 ( IMMAGINE SOPRA ) aveva predetto la prima guerra mondiale. Il coniglio rappresentava “l’incertezza della buona sorte. Cominciò a scorrere sul rullo… il coniglio fu poi trasformato in una zebra (rigata parte superiore) e poi in un asino (testa d’asino) di vetro. All’asino era appeso un tovagliolo; è stato rasato”.
Prinzhorn Collection, University of Heidelberg, inv. no. 174
L’Oedipus Rex di Max Ernst è stato influenzato dall’opera di Natterer Pastore Miracoloso ( PRIMA IMMAGINE IN ALTO ).
https://en.wikipedia.org/wiki/August_Natterer
VOLENDO, leggi:
L’axis mundi (lett. “asse del mondo“) è un termine proprio della storia delle religioni, con il quale si indica la nozione di asse dell’universo presente in differenti religioni e mitologie.
Sono diversi gli ambiti che posseggono la funzione di Axis Mundi, ovvero la funzione di collegare Cielo, Terra e Inferi
«L’albero, secondo questi miti, esprime la realtà assoluta nel suo aspetto di norma, di punto fisso, sostegno del Cosmo. È il punto d’appoggio per eccellenza. Di conseguenza, le comunicazioni col cielo possono avvenire soltanto intorno a esso, o addirittura per suo tramite.»
da:
IL MANIFESTO – 26 MARZO 2024
https://ilmanifesto.it/il-governo-tedesco-supera-se-stesso-moshe-zuckermann-antisemita
Sveva Haertter è una donna, ebrea italiana ma non appartenente alla Comunità ebraica. È impegnata a favore della causa palestinese ma non fa parte di alcuna associazione particolare. Ci dichiara: «io agisco come singola persona e parlo a titolo squisitamente personale».
da : https://www.areaonline.ch/Io-donna-ebrea-vado-in-Palestina-b37b8e00
Il livello di paranoia in Germania è surreale: qualsiasi critica nei confronti di Israele costituisce antisemitismo, la lotta contro l’antisemitismo è stata snaturata in sostegno acritico a Israele e alle politiche del suo governo.
DOPO YUVAL ABRAHAM alla Berlinale, ora tocca a Moshe Zuckermann, sociologo e professore emerito di storia e filosofia dell’università di Tel Aviv, firmatario della Dichiarazione di Gerusalemme sull’antisemitismo nata in risposta alla definizione adottata nel 2016 dall’Ihra che include undici «esempi» di antisemitismo, sette dei quali incentrati sullo Stato di Israele, generando – secondo i firmatari della dichiarazione – confusione e controversie e indebolendo perciò la stessa lotta contro l’antisemitismo.
Zuckermann era stato invitato dal Consiglio per la Pace di Heilbronn a un’iniziativa sulla situazione in Israele e Palestina organizzata con la locale Università Popolare (Vhs), presso la sede di quest’ultima.
La Deutsch-Israelische Gesellschaft (Dig) ha condannato l’iniziativa affermando che l’oratore sarebbe un sostenitore del movimento Bds (Boicottaggio Disinvestimento e Sanzioni) e che quindi l’evento avrebbe violato la risoluzione del Bundestag del 2019 in cui si dispone che iniziative che invitano al boicottaggio di Israele o sostengono il Bds non possono ricevere sostegno finanziario di enti pubblici.
La critica della Dig ha portato a spostare l’evento in una sede più dimessa. Poi, la Vhs (= Univ. popolare di Heilbronn ) come «misura precauzionale» ha ritirato la compartecipazione e ritenuto addirittura necessario rivolgersi al ministero degli interni con la seguente richiesta di informazioni: «Voi o il vostro ufficio avete informazioni affidabili sul fatto che Z. sia un membro del movimento Bds o sostenga attivamente gli obiettivi perseguiti dal movimento Bds? Siete a conoscenza di dichiarazioni di Z. che abbiano dimostrato di essere uscite dall’area protetta della libertà di espressione e si siano trasformate in violazioni di interessi legali?».
A rispondere è il consigliere personale del Commissario del governo federale per la vita ebraica in Germania e la Lotta all’antisemitismo: «Zuckermann è effettivamente molto controverso a causa delle sue posizioni su Israele. (…) È stato invitato a parlare a un evento organizzato dal Bds nel 2022. Inoltre, sostiene che in Israele vige l’apartheid. Si tratta di una posizione che dovrebbe essere considerata antisemita secondo la definizione di antisemitismo approvata dal governo tedesco e definita dall’Ihra. Non c’è alcun divieto di invitare persone così controverse. Allo stesso tempo, però, lo scambio democratico implica anche che un tale invito debba essere accolto da critiche altrettanto intense».
IN UNA PRESA di posizione pubblica in risposta all’accaduto, Zuckermann rileva: «Ora posso vantarmi di essere stato ufficialmente dichiarato antisemita dal governo tedesco». Ma, afferma, «sono le mie posizioni su Israele, non sugli ebrei o sull’ebraismo, a rendermi controverso tra gli amici di Israele. Sono un cittadino israeliano e, come ogni cittadino responsabile, ho non solo il diritto ma anche il dovere civico di prendere posizione contro lo Stato in cui vivo. Questo include, se necessario, posizioni critiche che potrebbero non essere accettabili per la Dig o per il commissario per l’antisemitismo. Il fatto che il governo tedesco si sia impegnato a rispettare la definizione dell’Ihra è un suo diritto. In nessun caso dovrebbe però usare questa precaria definizione come strumento per la lotta all’antisemitismo. Non solo non combatte l’antisemitismo reale nella società, ma produce anche l’oltraggiosa assurdità formulata contro di me».
Zuckermann conclude auspicando che la «critica intensa» si informi finalmente su quanto sta accadendo in Israele soprattutto nell’ultimo anno e prenda posizione sulla barbarie dell’occupazione che Israele pratica da oltre mezzo secolo in violazione del diritto internazionale. «Perché se questo è tutto ciò che la tanto decantata ‘elaborazione del passato’ tedesca ha raggiunto, allora è davvero in uno stato pietoso».
***
Per consultare il testo originale completo dell’intervento di Moshe Zuckermann:
https://overton-magazin.de/top-story/in-nicht-nur-eigener-sache/
CAMPOMORONE– sopra Genova
Campomoróne (Campomon in ligure) è un comune italiano di 6 479 abitanti ( dati maggio 2022 ) della città metropolitana di Genova in Liguria. Si trova nell’Alta Val polcevera.
I ruderi del “cabannun” ( CASTELLO ) prima dei restauri del 2008-200
– Opera propria
CHIESA PARROCCHIALE DI SAN BERNARDO
– Opera propria
La chiesa di San Michele Arcangelo nella frazione di Gallaneto-CAMPOMORONE
– Opera propria
PALAZZO BALBI SEDE DEL MUNICIPIO E DI MUSEI
– Opera propria
Palazzo Balbi. Edificato tra il 1590 e il 1595 ad opera del marchese Costantino Pinelli è oggi sede del municipio e di due musei civici. Si attribuisce il merito dell’acquisto del palazzo all’allora sindaco Parodi Giovanni Mario che, con i fondi comunali acquistò il palazzo rendendolo la nuova sede comunale. Nel palazzo soggiornò papa Pio VII nel 1815; dalla finestra più elevata impartì la benedizione alla popolazione
alcune foto e scritte sopra da : wikipedia
VI CONSIGLIO DI GUARDARE IL SITO DEL RISTORANTE IOLANDA CHE SE ANDATE A GENOVA O DINTORNI POTRESTE ANDARE A MANGIARE QUALCHE BONTA’ :
SEGUE DA TRIPADVISOR
un video di 0.19 minuti +da
I just want everyone to look at this majestic Harpy Eagle pic.twitter.com/NwF9zveg2g
— Nature is Amazing ☘️ (@AMAZlNGNATURE) March 27, 2024
Sapevi che l’artiglio dell’aquila arpia è più grande della zampa dell’orso grizzly…? Questo fatto divertente ti è stato presentato dalla nostra aquila arpia residente, Kia!
La zoologa Bertha M.
L’aquila arpia ama stare — e anche nidificare — tra le imponenti chiome degli alberi di noci del Brasile. Ecco perché i collezionisti di noci sono diventati fondamentali per trovare i nidi rari.
vedi l’articolo del National Geographic
L’ aquila arpia ( Harpia harpyja ) è una specie di aquila neotropicale . È anche chiamata aquila arpia americana per distinguerla dall’aquila di Papua , che a volte è conosciuta come aquila arpia della Nuova Guinea o aquila arpia di Papua.
CW33.com – un arpia che fa la civetta —
È il rapace più grande e potente presente in tutto il suo areale, e tra le più grandi specie di aquile esistenti al mondo. Di solito abita le foreste pluviali tropicali di pianura nello strato superiore (emergente) della chioma.
La distruzione del suo habitat naturale ne ha causato la scomparsa da molte parti del suo areale originario, ed è quasi estirpato da gran parte dell’America centrale. In Brasile l’aquila arpia è conosciuta anche come falco reale (in portoghese : gavião-real )
Arpia mentre vola
eBird
Aquila arpia in volo
– Opera propria
Aquila Arpia — Camino del Oleoducto, Parque Nacional Soberania, Panama
un adulto allo zoo di San Paulo, Brasile
– Harpia Uploaded by Snowmanradio
sembra un Totem
foto da : https://animals.howstuffworks.com/birds/harpy-eagle.htm
Arpia Aquila (Harpia harpyja) selvatica neonata di sette mesi tenuta da Ruth Mu e Oswaldo Criollo, Riserva di Cuyabeno, foresta amazzonica, Ecuador
fotografo :Pietro Oxford
MINDEN PICTURES.COM
da : https://www.mindenpictures.com/stock-photo-harpy-eagle-harpia-harpyja-wild-seven-month-old-fledgling-held-by-naturephotography-image00217347.html
Subadulto nello zoo del Belize
mappa del Belize – https://www.viaggiatori.net/turismoestero/Belize/mappa/
Carta politica della parte continentale dell’America Centrale
BELMOPAN E’ LA CAPITALE DEL BELIZE– VI MOSTRIAMO SOLO UNA FOTO:
FOTO DA VOCAL MEDIA
carta geografica dell’America Centrale
L’America centrale è la parte del continente americano compresa fra il confine meridionale del Messico e quello settentrionale della Colombia. Il Messico è considerato appartenente al nord America, anche se per tradizioni e storia è assimilabile agli Stati del Centro America.
Caratteristica peculiare dell’America centrale è quella di essere un “ponte” fra le due Americhe (l’America del Nord e l’America del Sud) e nello stesso tempo un’area di passaggio fra i due maggiori oceani della Terra, il Pacifico e l’Atlantico, grazie alla presenza del canale di Panama. Le definizioni geopolitiche di America centrale possono variare, con il Messico, le Antille e le Isole Lucaie (= arcipelago delle Bahamas ) che sono a volte comprese e altre volte no.
nota :
ISOLE LUCAIE O BAHAMAS-
Politicamente sono divise tra il Commonwealth delle Bahamas e il territorio d’oltremare britannico di Turks e Caicos. L’arcipelago si trova a nord di Cuba e a sud-est della penisola della Florida.
Nonostante si trovino nell’Oceano Atlantico, e non nel Mar dei Caraibi, l’arcipelago e gli stati che lo compongono vengono di solito inclusi nella macroregione dei Caraibi, come per esempio nella definizione dell’ONU, mentre sono solo a volte compresi nella definizione di Antille o di America centrale.
William Keegan scrive che: “Considerazioni politiche moderne a parte, le isole formano un unico arcipelago con radici geologiche, ecologiche e culturali comuni”.
Nel 2010 i leader dei due stati che compongono l’arcipelago discussero la possibilità di formare una federazione
Si tratta in realtà di un complesso di piattaforme carbonatiche visibili come altifondi marini a profondità notevolmente più bassa rispetto alle aree oceaniche circostanti (più chiare nell’immagine fotografica), di cui le isole vere e proprie costituiscono solo la parte emersa.
La sede del Parlamento delle Bahamas a Nassau
A Nassau, la capitale situata nell’isola di New Providence, in George Street si trova il The Pirates Museum, che raccoglie una ricca documentazione sulle imprese dei pirati Morgan e Francis Drake. Un altro edificio di interessante fattura è il Government House, esempio di architettura coloniale del 1801, con cannoni, palme e una imponente statua di Cristoforo Colombo. Da Paradise Island, una piccola isoletta davanti a Nassau, partono i battelli alla volta di Blue Lagoon Island, dove si possono avvicinare i delfini. L’isola di Grand Bahama è famosa per i bassi fondali che hanno dato il nome all’arcipelago (Grand Bajamar): con la bassa marea svelano una distesa di sabbia molto estesa che pullula, nelle pozze, di piccole forme di vita marina. L’isola di Bimini, invece, è la capitale mondiale della pesca d’altura e nel suo mare si trovano molte specie ittiche, dai marlin blu, bianchi e neri ai tonni, dai kingfish agli squali. Nell’arcipelago delle Abaco, è ubicato il New Plymouth, un piccolo villaggio ottocentesco dell’isola di Green Turtle Cay (5 km di collinette verdi e spiagge bianchissime); e nell’isola di Andros, il villaggio di Red Bay, fondato a metà Ottocento da ex schiavi neri e da un gruppo di Seminole, indigeni della Florida.
In ambito musicale un tipico genere nato nelle Bahamas è il Rake and Scrape; tra i gruppi musicali possiamo ricordare in particolare i Baha Men che hanno ottenuto vari riconoscimenti, tra cui il Grammy Awards 2000: per il “miglior disco dance” con Who Let the Dogs Out?, e ancora da ricordare i T-Connection.
notizie foto da Wikipedia :
https://it.wikipedia.org/wiki/Bahamas
un edificio coloniale a Nassau
Güldem Üstün from Istanbul, TURKEY
altro edificio coloniale
— Güldem Üstün from Istanbul, TURKEY
una laguna
— Güldem Üstün from Istanbul, TURKEY
foto da :
https://commons.wikimedia.org/wiki/Category:The_Bahamas?uselang=it
#violenza #nonviolenza #guerra #pace #terzaguerramondiale
Senza paura, quel ramo di ulivo.
Oggi su @repubblica
foto dal Facebook Tesori Italiani
Il dipinto è stato a lungo collocato cronologicamente nel periodo successivo al ritorno di Canaletto dall’Inghilterra. Tuttavia l’analisi stilistica lo avvicina alle opere eseguite intorno al 1744 su commissione del console Joseph Smith (Kowalczyk, 2005) |
Il direttore dei servizi segreti interni della Federazione Russa (Fsb) Aleksandr Bortnikov ha accusato apertamente Stati Uniti, Regno Unito e Ucraina di aver ricoperto un ruolo nell’attentato che ha ucciso 139 civili e ferito altre 182 persone al Crocus City Hall di Mosca. Bortnikov ha riconosciuto che gli esecutori sono “islamisti radicali” e anche che l’intelligence americana ha messo in guardia i colleghi russi sul rischio di attentati. Ciononostante, il capo dell’Fsb ha dichiarato che “i servizi segreti occidentali hanno assistito gli attentatori, mentre quelli ucraini hanno avuto un ruolo diretto”. Le parole di Bortnikov giungono subito dopo la salomonica sentenza del segretario del Consiglio di sicurezza della Federazione Russa Nikolaj Patrushev, che rispondendo alla domanda di un giornalista non ha esitato: “Isis o Ucraina?” – “Certamente Ucraina” (vedi video sotto). Mosca ha dunque tutta l’intenzione di avallare la tesi della regia di Kiev dietro il feroce attentato. Mossa che potrebbe essere preludio di un’ulteriore escalation del conflitto armato.
Per approfondire: Attentato a Mosca, le conseguenze della strage al Crocus City Hall
Il presidente della Repubblica Popolare Cinese Xi Jinping ha incontrato alcuni importanti dirigenti di aziende degli Stati Uniti. Pare che tra questi vi fossero anche gli amministratori delegati di Apple (Tim Cook), Qualcomm (Cristiano Amon), ExxonMobil (Darren Woods) e FedEx (Rajesh Subramaniam), i quali si trovavano a Pechino per il Forum annuale sullo sviluppo. L’incontro è avvenuto una settimana dopo la presentazione del governo cinese di un piano per attirare gli investimenti, che sono nettamente diminuiti lo scorso anno. La Cina continentale spera dunque di attirare nuovi capitali delle aziende americane. Eppure, tale proposito potrebbe essere ostacolato proprio dalle leggi sulla sicurezza nazionale volute da Xi, considerate dal potente leader essenziali per la stabilità del paese.
Inoltre, il ministro degli Esteri Wang Yi ha tenuto un colloquio con l’accademico americano Graham Allison, allievo di Henry Kissinger e di Andrew Marshall, e noto per aver coniato la celebre metafora della “trappola di Tucidide” per descrive la rivalità sino-americana. Cioè la tesi – non nuova né priva di punti deboli –secondo cui una potenza in ascesa tende a entrare in collisione con la potenza egemone, aumentando il rischio di guerra tra le due.
Per approfondire: Il tempo favorisce Usa o Cina?
Un attentato suicida in Pakistan ha ucciso cinque ingegneri della Repubblica Popolare Cinese e un cittadino pakistano che stavano lavorando a un progetto per la costruzione di una diga nella provincia nord-occidentale del Khyber Pakhtunkhwa. L’attentato non è stato al momento rivendicato da nessuno, anche se nell’area sono attivi alcuni gruppi islamisti. Si tratta del terzo attacco contro obiettivi cinesi nell’ultima settimana, dopo quelli contro la base aeronavale di Turbat e contro un complesso appena fuori lo strategico porto di Gwadar per mano di separatisti baluci. Per la Cina gli investimenti in Pakistan sono strategici nell’ambito delle nuove vie della seta in quanto consentono a Pechino di creare un corridoio terrestre per raggiungere l’Oceano Indiano, bypassando lo Stretto di Malacca presidiato dagli Stati Uniti. Ma l’instabilità politica del Pakistan e l’ostilità locale verso la cultura cinese creano un terreno fertile per gli attacchi contro obiettivi della Repubblica Popolare.
Per approfondire: Nel Sistan-Balucistan si gioca una partita regionale
L’India prevede di spendere nei prossimi dieci anni circa 3,7 miliardi di dollari per realizzare una barriera sul poroso confine di 1.610 chilometri con il Myanmar. Delhi è intenzionata a porre fine all’immigrazione clandestina, salvaguardando la delicata composizione etnico-demografica delle regioni nord-orientali e prevenendo il contrabbando o altre attività illegali. Ma anche e soprattutto per scongiurare rischi alla sicurezza sulla propria frontiera orientale. Nelle regioni periferiche dell’ex Birmania sono infatti attivi diversi gruppi armati in lotta con l’esercito regolare guidato dalla giunta militare golpista di Naypyidaw. I ribelli dell’Alleanza delle Tre Fratellanze – coalizione pro-democrazia composta da minoranze etniche – tendono infatti a cercare rifugio presso la nutrita comunità birmana nei villaggi indiani oltre confine.
Per approfondire: India? No, grazie: Bharat!
Cupole del Santuario dell’Imam Reza e della Moschea Goharshad, a Mashhad, una delle principali città dell’ex Khorasan e ora capitale della provincia di Razavi Khorasan ( foto del 1976 )
Mashhad è una città del nord-est dell’Iran
Il nome della città è in realtà Mashhad ʿAlī, “Il santuario di ʿAlī”, poiché la parola persiana mashhad (ﻣﺸﻬﺪ) significa “luogo di sepoltura di uno shahīd” (martire), quindi un “santuario.
Mashhad è popolato dalla maggioranza di persiani e minoranze di curdi e turkmeni.
È situata a circa 75 km più a sud del confine tra l’Iran e il Turkmenistan
emam REZA
– Opera propria
La Moschea Goharshad (in persiano مسجد گوهرشاد) è un’antica moschea a Mashhad della provincia del Razavi Khorasan, in Iran.
Interni della Moschea Goharshad
Goharshad-mosque-mashhad-IRAN.jpg
– Opera propria
Imam Reza shrine – 18 August 2007 / 3&4 Sha’ban 1428 A.H
Fars Media Corporation
Imam Reza shrine-Goharshad Mosque 2017
Imam Reza Shrine, Mashhad, Iran
Tasnim News Agency
نمایی از ایوان مقصوره
– Opera propria
Opera propria
–
LE REGIONI DELL’IRAN — RAZAVI KHORASAN — MASHHAD- quasi al confine con il Tukmenistan– SOTTO LA REGIONE DEL KHORASAN DEL SUD – VICINO ALL’ AFGHANISTAN
vedi cartina sotto
KHORASAN — ANTICO, I CONFINI IN ROSSO
Panda cub tantrum 😂 pic.twitter.com/MjGyY0Q8fQ
— Nature is Amazing ☘️ (@AMAZlNGNATURE) March 26, 2024
LA 7 — OTTO E MEZZO — 25 MARZO 2024
SITO DEGLI AUTORI : ” PETRICOR PHOGRAPHY “
https://500px.com/p/petricor_photography?view=photos
” La tempesta ” ( a Milano, in piazza Duomo ) – 14 giugno 2015
vi consiglio di vedere la foto in questo link : è una meraviglia !
https://500px.com/photo/1042850865/the-tempest-by-petricor-photography
chiara : vi consiglio di leggere l’articolo, veramente chiarificatore, sul link di Repubblica perché lì avete il testo insieme alle cartine, ammesso che possiate accedervi-
REPUBBLICA.IT / ESTERI / 24 MARZO 2024
https://www.repubblica.it/esteri/2024/03/24/news/crisi_ucraina_russia_occidente_usa_cina-422350470/
In Ucraina si incrociano tre guerre. La calda tra Mosca e Kiev; quella per procura fra America più soci occidentali e Russia, controllata ma tendente al surriscaldamento; la Guerra Grande, ovvero il riflesso delle prime due sulla competizione globale fra Washington, Pechino e Mosca. Per gli amanti dei grandi schemi e della lunga durata, le ribattezziamo nell’ordine terzo tempo della prima guerra mondiale; secondo atto della seconda dopo l’interludio “freddo”; alba del nuovo disordine planetario, segnato dalla crisi dell’Occidente e del suo modello di capitalismo liberaldemocratico che si presumeva universale.
Esploriamo senso e incroci del triplice scontro richiamando i caratteri delle tre guerre.
La prima – russi contro ucraini – verte sul tentativo di una nazione in formazione di emanciparsi dal suo impero di origine. Collisione fra popoli dalle storie talmente intrecciate da averli resi per secoli quasi indistinguibili. Sotto questo profilo, è guerra civile postsovietica. Scatta la battaglia delle narrazioni. Gli ucraini si inventano un più che millenario passato nazionale. I russi agitano la tesi dell’unicità dei tre rami russo, ucraino e bielorusso quali variazioni sul tronco del medesimo popolo e della stessa civiltà – Mondo Russo – in ordine strettamente gerarchico. Manipolazioni strumentali della storia ad uso bellico.
Il conflitto russo-ucraino dura da più di cent’anni, fra lunghi intervalli e incendi catastrofici. Da quando nel 1917-18, durante la prima guerra mondiale, il nascente nazionalismo ucraino sfruttò crollo dello zarismo, interesse tedesco a installare un regime satellite a Kiev e progetto bolscevico di dare veste pseudofederale al proprio Stato per dotarsi di un fatuo abbozzo di sovranità all’ombra del Kaiser. Per finire inghiottito nell’Urss. Il movimento nazionale ucraino si riaccende con l’aggressione nazista all’Unione Sovietica, nel 1941. Una quota rilevante della popolazione ucraina si unisce ai tedeschi nella speranza presto repressa di guadagnarsi l’indipendenza nel contesto dell’Europa dominata dal Terzo Reich.
CARTINA DI LAURA CANALI — DA REPUBBLICA – LINK SOTTO
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Nel 1991 il crollo dell’Urss eleva l’Ucraina comunista disegnata da Lenin, poi ritoccata nei suoi confini amministrativi da Stalin e Khruš?ëv, a repubblica indipendente per sottrazione dal cadavere sovietico. Ma non risolve la disputa fra impero russo residuo e residuata nazione ucraina.
A partire dai primi anni Duemila, la tensione fra ucraini filorussi appoggiati da Mosca e filoccidentali sostenuti da americani e britannici riaccende la miccia bellica. Putin tratta la possibile trasformazione del suo cuscinetto anti-Nato in avanguardia atlantica da intollerabile minaccia alla sicurezza imperiale. Sfida alla linea rossa stabilita dalla Russia zarista, sovietica e postsovietica, che impone di tenere Kiev nell’impero o almeno di impedirne l’aggancio all’Occidente. La guerra scoppia nel 2014, con la cacciata del presidente filorusso Janukovich sull’onda del movimento di Euromaidan e dell’esibito supporto anglo-americano alla piazza contro la mediazione franco-polacco-tedesca(valga il “Fuck the EU!” di Victoria Nuland, avanguardia neocon a Kiev).
Seguono ratto russo della Crimea e scoppio della guerra nel Donbas fra filorussi appoggiati da Mosca e resistenza ucraina alimentata da britannici e americani. Fino all’invasione del 24 febbraio 2022. La guerra fra i due massimi Stati postsovietici diventa teatro principale dello scontro indiretto fra Russia e America. Salto di scala dall’Europa orientale al teatro mondiale.
La seconda guerra, fra Mosca e Washington, è derivata strategica dello scontro russo-ucraino. Condizionata dall’impossibilità che una parte distrugga l’altra senza rischiare di distruggere il pianeta.
Quando la Russia invade l’Ucraina, l’America con i suoi alleati si trova così vincolata a due scopi strategici contraddittori. Primo: Mosca si deve ritirare dai territori occupati. Secondo: noi non facciamo né faremo la guerra ai russi. A meno di non contare sulla conversione alla pace di Putin sulla via di Kiev, il doppio obiettivo era e resta impossibile. Pur di non ammetterlo e quindi concedere a Mosca di tenersi la parte di Ucraina che riesce a conquistare oppure scatenare la guerra mondiale nucleare, ad americani e soci occidentali resta il classico conflitto per procura. Armiamo e finanziamo Kiev, che in cambio si impegna a una guerra solamente difensiva per evitare il rischio dell’olocausto atomico. Scontro di attrito, in cui di norma prevale chi ha più risorse da consumare: nel caso, la Russia. Disposto a tutto pur di guadagnarsi l’agognato accesso alla Nato, Zelensky accetta la sfida.
Fonte: Nato, lnstitute for the Study of War, Bbc, Le Monde, autori di Limes. (al 18 marzo 2024)
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Gli ucraini combattono una guerra che non possono vincere a meno che la Russia non collassi dall’interno. Ma l’amministrazione Biden non vuole distruggere la seconda (forse prima) potenza nucleare del pianeta. Non solo perché ne teme la rappresaglia atomica. Negli apparati di Washington non si è persa la memoria del postulato segreto di Eisenhower, che nel 1953 considerava nefando l’annientamento dell’Urss perché avrebbe costretto gli Stati Uniti a occuparla, involvendo così da liberaldemocrazia a Stato caserma. Sicché Biden punta a indebolire la Federazione Russa non per eliminarla ma per colpire il nemico strategico cui la Russia si è malvolentieri associata proprio in seguito alla perdita di Kiev, la Cina.
Il segretario Usa alla Difesa, Austin, è esplicito fin dai primi giorni dell’aggressione russa: l’obiettivo è che Putin ne esca talmente provato da rinunciare a qualsiasi speranza di invadere nuovamente un paese vicino. L’Ucraina funge da carta assorbente dell’imperialismo moscovita per la maggior sicurezza degli atlantici.
Paradossi incrociati: gli ucraini usano gli americani e viceversa per scopi strategici incompatibili; gli americani dissanguano gli ucraini prima e più di quanto infragiliscano i russi; senza sparare un colpo, i cinesi ne profittano per ergersi a promotori di pace mentre penetrano la sfera d’influenza della Russia in Asia centrale e premono sulla Siberia, mirando a controllare la rotta artica fra Estremo Oriente, Nord Europa e America, estrema risorsa di Mosca per restare potenza mondiale.
intesa parossistica
Noi euroatlantici restiamo comprimari. Cerchiamo di orientarci in questa giungla, mentre la guerra batte alle porte di casa. Ci muoviamo in ordine rigorosamente sparso: le “avanguardie antirusse”, come Biden definisce i paesi dell’Est a ridosso del nemico – dagli scandinavi ai baltici, dai polacchi ai romeni – riarmano alla grande e virano verso economie di guerra, in stretto coordinamento con i britannici, vicari degli americani per il Nord Europa; francesi, tedeschi, spagnoli e italiani con gradi variabili di (dis)impegno e scarsa coerenza fra retorica e fatti; ungheresi e slovacchi ripiegano sulla neutralità di fatto, mentre i “neutrali” svizzeri si scoprono atlantici e gli “atlantici” turchi giocano in proprio, offrendosi (dis)onesti sensali a Mosca e a Kiev mentre perseguono i propri sogni neoimperiali.
Parola d’ordine di britannici e altri atlantici di punta: sosteniamo gli ucraini con tutte le risorse militari, economiche e politiche disponibili per tutto il tempo necessario. Salvo scoprire, dopo oltre due anni di guerra, che le nostre risorse e il nostro tempo sono quantità limitate. E che l’Ucraina non dispone dei mezzi sufficienti per riprendere e poi controllare le sue province conquistate dalla Russia. Il doppio obiettivo si svela doppio boomerang.
Di qui lo slittamento dal salvare l’integrità territoriale dell’Ucraina al salvare la faccia sulla pelle degli ucraini. Rischiando di perdere l’una e l’altra.
Ecco il rilievo del 24 febbraio, data simbolo nel calendario della storia. Ben più importante dell’11 settembre. Questo segnava l’attacco jihadista al territorio americano, presunto santuario inviolabile. Gli Stati Uniti si facevano trascinare nella “guerra al terrore”, ovvero alla galassia islamista. Duello per definizione invincibile, dato che intendeva liquidare non un nemico ma una modalità bellica. Poco si capisce della riluttanza americana a spedire proprie truppe a protezione dell’Ucraina senza considerare il trauma in quella sconfitta autoinflitta, culminata nell’ingloriosa fuga da Kabul. Il resto del mondo l’ha registrata e classificata sintomo rivelatore del ripido declino americano. Con il Numero Uno in affanno scatta il festival dei revisionismi.
Nella Guerra Grande l’Occidente si scopre minoritario rispetto al “Sud Globale”, l’ex Terzo Mondo della guerra fredda.
Certo non un blocco, ma una galassia eterogenea da cui russi e cinesi, in sorda competizione, pescano risorse da impiegare per indebolire l’America e dividere gli occidentali. Mentre antiche e nuove potenze fino a ieri secondarie profittano per coltivare ambizioni forse sproporzionate alla rispettiva taglia: è il caso in Europa della Polonia, che nella guerra di Ucraina si guadagna il rango di riferimento continentale degli Stati Uniti e riscopre ambizioni imperiali, tra Baltico e Nero;
in Asia dell’India e del Giappone;
all’incrocio di Europa, Asia e Africa si fa largo la Turchia in vena neottomana e panislamista. Siamo in piena transizione egemonica. L’America non è più in grado di mettere ordine nel mondo. Ma non si vede chi possa prenderne il posto. Garanzia di caos prolungato.
Monito per noi italiani ed altri europei, attori sempre meno indiretti sul fronte ucraino e sempre meno influenti sulle altre due scale belliche. Costretti a convivere con le nostre differenze verniciandole di mediatico afflato unitario mentre ci muoviamo ciascuno per sé, al massimo per sottogruppi provvisori. Così subiamo gli effetti combinati delle tre guerre, che ci svelano comprimari destinati a soffrire le conseguenze di questa colossale partita senza davvero incidervi. Con ammirevole tendenza a rimuoverla, perché nel nostro piccolo universo ci era stato insegnato come la guerra fosse orrore del passato. Europa Felix, maestra di pace nel mondo invaso e dominato durante i secoli “nostri”. Lo iato tra ciò che credevamo di essere e ciò che siamo rende più doloroso l’impatto con la realtà, manda fuori giri la nostra retorica, produce qualche isteria. Proprio quando la sobria rilevazione dei fatti assurge a necessità esistenziale. Per non finire nella guerra totale. A che punto siamo?
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REPUBBLICA.IT / ESTERI — 24 MARZO 2024
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“Sappiamo che non finiremo la guerra con una nostra parata della vittoria a Mosca. Ma Mosca non deve mai sperare in una sua parata della vittoria a Kiev”. Così lo scorso settembre Kyrylo Budanov, giovane ed estroverso generale a capo del servizio di intelligence militare ucraino, prefigurava l’esito non trionfale della guerra russo-ucraina.
Lo stesso ufficiale che il 4 gennaio aveva festeggiato il trentasettesimo compleanno tagliando una torta che raffigurava la Federazione Russa spezzata in diverse porzioni. Tra cui la Siberia, affidata alla Cina. Paradosso dei paradossi: per il capo dei servizi di Kiev la frammentazione della Russia avrebbe dovuto assegnarne la parte più grande e più ricca in risorse minerarie alla Cina, avversario strategico dell’America, paese da cui il suo dipende.
Al di sotto del chiasso propagandistico, si delinea in teoria un asimmetrico “pareggio” da ciascuno spacciabile per (quasi) vittoria: la Russia perde l’Ucraina e l’Ucraina perde il Donbas insieme alla Crimea, ma continua a rivendicarle proprie, con la benedizione dell’Occidente tutto e di quasi tutti gli altri Stati, Cina inclusa.
Si stabilisce una frontiera di fatto lungo l’attuale linea del fronte, via interposizione di contingenti internazionali a garanzia di una tregua illimitata. L’Unione Europea promette di accelerare l’integrazione dell’Ucraina. La Nato non accoglie Kiev ma lascia aperta la porta a questa prospettiva.
Non è la pace, solo il cessate-il-fuoco necessario a porne le premesse, sapendo che non sarà per domani né dopodomani. Sviluppando il doppio slogan di Budanov, Mosca e Kiev organizzeranno le rispettive sfilate celebrative – però ciascuna a casa propria. Mascherando da successo l’esito di uno scontro inconcluso. Guerra congelata in stile coreano, come suggeriscono da tempo alcuni apparati ed esperti americani.
Ipotesi realistica, ma non immediata né priva di alternative. Anche perché contraddetta dalla propaganda, pervasiva, urlata e soprattutto indifferente ai dati sul terreno. Strumento bellico irrinunciabile, tanto più nell’èra dei social media. Come ricordava il barone di Ponsonby nel classico Falsehood in Wartime (1928): “La falsità è un’arma di guerra riconosciuta ed estremamente utile. Ogni paese la usa deliberatamente per ingannare il proprio popolo, attrarre i neutrali e confondere il nemico”. L’importante è non confondere sé stessi. E valutare i fatti, se riusciamo a discernerli, per quel che sono e non per come vorremmo fossero. Anche perché tra i pochi insegnamenti della storia spicca la ricorrente vendetta dei fatti su chi li travisa o traveste. Specialmente nelle società relativamente aperte come le occidentali, dove capita che le verità vengano comunque a galla per chi vuole intenderle, mentre i regimi autocratici, non solo orientali, le coprono fino all’assurdo, al punto di suicidarsi pur di non ammettere la menzogna.
Primo: l’Ucraina è uno Stato tecnicamente fallito, perché totalmente dipendente dall’aiuto occidentale, in specie americano. A meno di un miracolo, non pare in grado di riconquistare i territori perduti causa aggressione russa. Se poi perdesse anche Odessa, sarebbe ridotto a satellite di Mosca senza sbocco al mare, tagliato fuori dal resto del mondo. Inoltre, preso il porto sul Mar Nero i russi potrebbero risalire fino alla Transnistria, exclave strappata alla Moldova, per riconnetterla direttamente alla Federazione.
Secondo: la Russia non ha sfondato in profondità il fronte nemico. Dopo la fallita marcia su Kiev si è attestata su una linea ultraforticata che protegge quel 20% circa di territorio ucraino in suo controllo, non molto più di quello su cui aveva già indirettamente messo le mani prima del fatidico 24 febbraio. Anche dopo il fallimento della cosiddetta “controffensiva ucraina” – più propaganda che sostanza – Putin sembra preferire non prendere troppi rischi. Almeno fin quando dall’altra parte della barricata vi saranno uomini e risorse sufficienti a infliggere gravi perdite alle sue truppe. La rivolta di alcuni reparti russi che spinse Prigožin all’avventurosa marcia su Mosca gli è valsa da lezione. Ma un cedimento del fronte interno ucraino potrebbe rovesciare questa logica.
Terzo: per conseguenza dei primi due fattori, Zelensky ha ordinato di fortificare il fronte a poca distanza dalle avanguardie nemiche. Denti di drago, barriere, filo spinato. Esattamente come i trinceramenti russi. Le fotografie satellitari indicano questo parallelismo fra opposte linee difensive. Messaggio in codice: non vengo a cercarti oltre il mio pomerio e tu non provare a penetrare il mio. “Coree” pure.
A questo trittico conviene sommare un elemento trascurato ma dirimente: il fattore umano. Il fronte divide l’Ucraina fra la zona occupata dalle truppe di Mosca, a grande maggioranza abitata da russi o filorussi per vocazione od opportunismo, e il grosso del paese, ucraino o reso tale per reazione all’aggressione russa. Con punte ultranazionaliste nel Nord-Ovest, centrate su Leopoli e sulla Galizia, che i “falchi” russi volentieri assegnerebbero alla Polonia, così come lascerebbero esigui spazi ucraini a romeni e ungheresi. In omaggio al postulato di Putin per cui l’Ucraina non esiste dunque va smaltita fra i suoi vicini. Il recente rientro di parte degli sfollati ucraini nelle zone occupate da Mosca, Mariupol compresa, segnala che vi è chi preferisce vivere sotto i russi ma in casa propria piuttosto che altrove.
Quanto fragile sia il fronte interno ucraino lo conferma il continuo rinvio della molto annunciata legge che promette mezzo milione di coscritti per evitare il crollo del fronte. Sono decine di migliaia i giovani e meno giovani che sfuggono all’obbligo militare perché non vedono più il senso della guerra, certo non incoraggiati dai pronostici di autorevoli esponenti americani. Come il leader dei democratici al Congresso, Schumer, per cui “l’Ucraina potrà resistere ancora un paio di mesi”. Quanto a Macron, che ventila l’invio di soldati sul terreno sapendo che avrebbero munizioni per meno di una settimana, il suo bluff non illude nessuno. Ma spaventa molti in Occidente (meno in Russia). Se la comunicazione prevale sulla realtà, se ragioniamo sulle speranze invece che sui fatti, tutto diventa possibile. Anche perderci dentro una guerra che non vogliamo né possiamo combattere al fronte, mentre proclamiamo di doverla vincere.
I manuali insegnano che le guerre si combattono per vincere la pace. Logica fuori moda, visto che i conflitti risultano spesso fini a sé stessi. Precetto però cogente per chi nel conflitto è coinvolto e vorrebbe uscirne vivo, in modo da considerare il prezzo pagato nello scontro quale investimento per un futuro migliore. In questo senso, chi nelle tre scale del conflitto sembra oggi in condizione di uscire vincente dalla cessazione delle ostilità? Visto il grado di logoramento imposto a tutte le potenze coinvolte, precisiamo: chi sta perdendo di meno?
Nella guerra russo-ucraina il provvisorio verdetto è chiaro: prevalgono i russi perché il fronte interno ucraino appare prossimo al collasso. La Russia ha pagato e continuerà a pagare un prezzo alto per l’aggressione del 24 febbraio, ma la sua esistenza non pare minacciata, almeno nel futuro visibile. L’Ucraina invece ha perso non solo territori importanti, che comunque aveva dimostrato di non poter gestire con profitto causa ostilità di buona parte della popolazione, ma soprattutto sostanza demografica. Al momento dell’indipendenza, 33 anni fa, si contavano 51 milioni di ucraini. Oggi le stime si aggirano attorno alla trentina, o meno. Effetto della fuga all’estero e del trasferimento sotto la Russia delle popolazioni di Crimea, Sebastopoli e province del Sud-Est. Sommando questi deflussi al crollo della natalità, se ne trae che nel 2033 abiteranno l’Ucraina al massimo 35 milioni di anime, al minimo 26 (stime dell’Istituto ucraino di demografia e ricerca sociale).
Quanto ai danni materiali sono tali da stimare la ricostruzione in almeno cinquecento miliardi di euro. E’ chiaro che senza il sostegno occidentale il futuro dell’Ucraina sarà amaro. Soprattutto, ogni giorno di guerra in più lo rende meno attraente. Considerando anche come il tempo giochi contro la disponibilità di americani ed europei a impegnare risorse per l’Ucraina.
Sulla scala russo-americana, il verdetto non è scritto ma oggi pende a favore di Mosca. Con qualche bemolle. L’obiettivo strategico di Washington era portare l’Ucraina a bandiere spiegate nella Nato. Prospettiva impossibile con i russi che ne controllano un quinto del territorio e tengono sotto schiaffo il resto. Nel frattempo però la Nato si è allargata a Svezia e Finlandia, sicché il Mar Baltico è ormai Lago Atlantico. E l’Alleanza, seppure divisa, sta spostando uomini, basi e armi a ridosso della frontiera russa.
A far pendere la bilancia contro Washington sta un fattore immateriale ma rilevante:
ancora una volta gli americani promettono molto più di quanto possano mantenere ai loro associati in pericolo. Salvo poi defilarsi. Dal Vietnam all’Afghanistan, questa è la regola. Le guerre per procura finiscono in sconfitte perché minano la credibilità del Numero Uno. Se poi l’avversario è un rivale storico come la Russia, l’effetto negativo è moltiplicato.
Nel contesto della Guerra Grande, quanto accade sul fronte ucraino gioca a favore della Cina. Se Washington usa Kiev contro Mosca, Pechino usa Mosca contro Washington. E a differenza dell’arcirivale a stelle e strisce lo fa con profitto.
Contribuisce infatti a tenere in piedi la Russia senza impegnarsi al fronte, mentre ne infiltra la sfera d’influenza. Guerra per procura soft, molto più redditizia e meno rischiosa della versione hard praticata dagli americani tramite i combattenti ucraini. Russi e cinesi contribuiscono inoltre a suscitare gli umori anti-occidentali del cosiddetto “Sud Globale”, salvo disputarsene diverse aree strategiche, specie in Africa e in Asia.
Come può vincere la pace chi pensava di averla acquisita per diritto naturale e si trova invece coinvolto fino al collo nella guerra combattuta nel proprio continente, con la partecipazione delle massime potenze mondiali? Scopriamo di dover dubitare della disponibilità americana a difenderci senza disporre di una deterrenza minimamente paragonabile a quella perduta in seguito al relativo disimpegno della superpotenza protettrice, orientata verso l’Indo-Pacifico. Intanto paghiamo la bolletta delle sanzioni anti-Putin, che ci colpiscono più radicalmente di quanto infieriscano sulla Russia.
Con la Germania caso limite: senza gas russo e mentre perde quote del mercato cinese, quel motore economico in esaurimento si volge contro i suoi costruttori. E per conseguenza contro i partner europei, Italia in testa.
Noi italiani abbiamo un problema in più rispetto agli altri. Continuiamo a mettere la testa nella sabbia. Facciamo finta di non vedere che la triplice dimensione della guerra in Ucraina, sommata al surriscaldamento del fronte mediorientale e al rivoluzionamento delle gerarchie internazionali ci costringe alla radicale revisione del nostro modo di (non) stare al mondo. Riusciremo in extremis a raddrizzare la barca? Non sarebbe dolce naufragar in questo mare.
LA FOTO DI NOLAND ARBAUGH SULLA X
ANSA.IT/ MILANO — 25 MARZO 2024 — 10.44
A qualche giorno dalla notizia del primo paziente che sta sperimentando l’impianto cerebrale di Neuralink, Elon Musk aggiunge un’ulteriore risultato al progetto dell’azienda che dirige.
Nel fine settimana, Noland Arbaugh, il ragazzo 29enne tetraplegico per un incidente, è riuscito a condividere sul social X un post “con il pensiero”.
L’impianto di Neuralink aveva permesso a Noland di giocare a scacchi, immortalato in un video poi diffuso online. “Twitter mi ha bannato perché pensava che fossi un bot, ma poi Elon Musk mi ha reintegrato, perché effettivamente lo sono” ha scherzato il giovane, scrivendo ogni messaggio con l’aiuto del chip che dal cervello invia segnali ad un computer collegato.
Elon Musk ha reagito al tweet di Arbaugh, celebrandolo come il “primo post in assoluto realizzato semplicemente pensando, utilizzando il dispositivo Neuralink Telepathy”.
Si tratta del secondo aggiornamento su ciò che l’iniziativa mira a raggiungere, ossia una migliore condizione di vita per persone che, per vari motivi, non riescono a muovere una o diverse parti del corpo.
Il 21 marzo, Neuralink ha trasmesso in live streaming un video in cui Noland Arbaugh gioca a scacchi online, usando la mente e spostando il cursore su un computer senza utilizzare strumenti fisici. “Immagino semplicemente che il cursore si muova dove voglio, e l’azione viene eseguita”. Per l’occasione, il paziente è rimasto online per diverse ore di file, tornando a giocare dopo l’incidente subacqueo che lo aveva paralizzato otto anni fa.
ANSA.IT / GENOVA — 25 MARZO 2024 -12.32
https://www.ansa.it/liguria/notizie/2024/03/25/picchiano-disabili-in-struttura-protetta-otto-indagati_6dbb74c5-dbb9-48f8-b128-063ba9d45db8.html
Otto operatori sociosanitari impiegati in una residenza protetta per disabili sono stati indagati per aver picchiato alcuni degenti.
E’ successo a Imperia.
A svelare le violenze sono state le telecamere installate all’interno della struttura che, visionate dagli operatori della Squadra Mobile di Imperia, hanno restituito diversi episodi di violenza, immediatamente segnalati all’autorità giudiziaria.
La Squadra mobile ha quindi notificato agli operatori sociosanitari responsabili dei reati l’avviso della conclusione delle indagini preliminari. L’accusa per gli indagati è abuso dei mezzi di correzione e di disciplina, con le aggravanti dell’aver commesso il fatto in danno di persone disabili ricoverate all’interno di struttura sociosanitaria.
THE CONVERSATION.COM
https://theconversation.com/paddy-compass-namadbara-for-the-first-time-we-can-name-an-artist-who-created-bark-paintings-in-arnhem-land-in-the-1910s-180243
Arnhem Land è sinonimo di pittura su corteccia: fogli di corteccia d’albero preparati con cura come tela da dipingere da artisti aborigeni.
I pittori della corteccia come John Mawurndjul e Yirawala sono alcuni degli artisti australiani più famosi e ricercati a livello internazionale.
Il mercato dei dipinti su corteccia emerse all’inizio del XX secolo, le collezioni prendono abitualmente il nome del collezionista piuttosto che dei creatori. Una di queste collezioni, la Collezione Spencer/Cahill presso il Museums Victoria.
La Collezione Spencer/Cahill- al centro della nostra ricerca – è vasta e comprende molti oggetti preziosi raccolti da Sir Baldwin Spencer quando visitò Oenpelli (Gunbalanya), Territorio del Nord nel 1912. Successivamente acquisì ulteriori opere d’arte e oggetti tramite il suo contatto “sul campo”, il tiratore di bufali Paddy Cahill.
I primi dipinti su corteccia presenti nelle collezioni dei musei venivano generalmente rimossi dalle capanne di corteccia trovate da esploratori e collezionisti durante i loro viaggi. Spencer e Cahill fecero l’ulteriore passo di commissionare dipinti su corteccia agli artisti: queste opere rappresentano la nascita del movimento artistico aborigeno della pittura su corteccia.
Le precedenti esperienze di raccolta di Spencer erano state condotte per documentare – come descrissero Spencer e altri – una “razza condannata” prima che si estinguesse.
A Oenpelli, Spencer rimase incantato dagli artisti locali che decoravano le loro capanne di corteccia fibrosa con dipinti raffiguranti animali ed esseri spirituali, che ricordano i dipinti trovati nei rifugi rocciosi nelle vicinanze.
Ha confrontato le linee delicate delle opere d’arte con le opere d’arte giapponesi o cinesi “civilizzate” e ha concluso che i dipinti su corteccia locali erano:
così realistici, esprimendo sempre in modo mirabile i tratti caratteristici dell’animale disegnato, che chiunque conosca l’originale può identificare immediatamente i disegni.
Per saperne di più: Recensione – Trasformazioni: i primi dipinti su corteccia di Arnhem Land
Il dipinto creato da Namadbara nel 1912 raffigurante una gallina di palude, un’orata nera e i suoi stampini decorati a mano, ora al Museums Victoria (oggetto X 19887).
Gli stessi motivi dipinti nel 1967 per Lance Bennett, ora parte della Collezione Bennett del National Museum of Australia (oggetto 1985.0246.0109).
Estate di Lance Bennett, per gentile concessione di Barbara Spencer
Durante gli anni ’50 e ’60 trascorse gran parte del suo tempo a Minjilang (Croker Island), dove dipinse spesso insieme ad artisti contemporanei come Yirawala e Jimmy Midjaumidjau.
Durante queste interviste, Namadbara identificò casualmente le proprie opere in un libro pubblicato da Baldwin Spencer nel 1914, Tribù native del territorio settentrionale dell’Australia
QUESTO TESTO E’ UNA SERIE DI CITAZIONI DAL TESTO DI NATALIE SAUER:
https://theconversation.com/paddy-compass-namadbara-for-the-first-time-we-can-name-an-artist-who-created-bark-paintings-in-arnhem-land-in-the-1910s-180243
da : https://www.aboriginal-bark-paintings.com/namatbara/
foto da : https://www.aboriginal-bark-paintings.com/namatbara/
Foto di Lance Bennett, per gentile concessione di Barbara Spencer
Namdbhara era un membro del clan Alarrdju; era rinomato per le sue capacità di guaritore, e, oltre che come pittore, per le sue capacità di mentore per le generazioni più giovani.
Il dipinto su corteccia raffigurante un barramundi che Namadbara creò per Spencer a Oenpelli nel 1912 e di cui parlò nell’intervista con Lance Bennett nel 1967, ora al Museo Victoria Spencer/Cahill Collection (oggetto X 19909).
terra di ARNHEM — DOVE SI TROVA IN AUSTRALIA
–
La Terra di Arnhem è un territorio di 97.000 km² sito nel nord-est del Territorio del Nord, in Australia. Prende nome dal vascello olandese che la raggiunse per prima nel XVIII secolo; a sua volta il vascello portava il nome dell’omonima città olandese, che significa “casa delle aquile”.
Si estende da Port Roper, sul Golfo di Carpentaria fino al fiume East Alligator, dove si congiunge con il Parco nazionale Kakadu. I suoi principali centri abitati sono Jabiru, sul confine del parco nazionale Kakadu, e Maningrida, sulle foci del fiume Liverpool.
Il suo centro amministrativo è Nhulunbuy, il quarto centro abitato del Territorio del Nord per popolazione.
cartina da commons.wikipimedia
– Nigel Malone
testo da : https://it.wikipedia.org/wiki/Terra_di_Arnhem
immagini sopra da : https://www.aboriginal-bark-paintings.com/namatbara/
nel link sotto, sono segnalati tante altre persone, noi ne pubblichiamo una per tutte le altre:
"Caro papà,
ti prego di aiutare la mamma a superare il grave colpo.
State tranquilli: farò il mio dovere.
Ti abbraccio.
Viva l’Italia libera!"#FerdinandoAgnini, #Patriota dell'#ARSI, fucilato alle #FosseArdeatine il #24marzo 1944 a 19 anni. pic.twitter.com/84MHm22HZj— ANPI III Municipio Roma "Orlando Orlandi Posti" (@ANPIRomaPosti) March 24, 2024
Castell’Arquato (Castell Arquä in dialetto piacentino) è un comune italiano di 4 577 abitanti ( dati agosto 2022 ) della provincia di Piacenza in Emilia-Romagna.
Situato sulle prime alture della val d’Arda, è caratterizzato da un borgo medioevale arroccato lungo la collina che domina la vallata. Il centro storico si trova sulla riva sinistra del torrente Arda, mentre sulla sponda opposta si è sviluppato un quartiere residenziale.
Dista circa 30 km da Piacenza, 42 km da Cremona e 45 km da Parma.
Castell’Arquato ha il titolo di città d’arte, è stato insignito della bandiera arancione dal Touring Club Italiano e fa parte del club de I borghi più belli d’Italia.
in questa così dettagliata cartina dal misterioso link: duepassidalmistero.com
mostra il tracciato piacentino della famosa VIA FRANCHIGENA (secondo l’itinerario riconosciuto dal Comitato Scientifico Europeo relativo al percorso compiuto dall’arcivescovo Sigerico) coincide con quella che fu la più importante via di comunicazione della diocesi piacentina quando, nel Medioevo, si estendeva da Casteggio a Borgo Val di Taro, essendosi costituita dall’accorpamento delle città romane di Piacenza e Velleia. L’itinerario della Via Francigena si incanalò quindi in un sistema di percorrenze che le relazioni su base locale aveva tracciato. Lo stesso vale per l’itinerario Romeo di Bobbio, di origine altomedievale, il cui tracciamento non può disgiungersi dalle esigenze di comunicazione del regno longobardo prima (per il tracciato che collegava Pavia, la capitale del Regno, con Bobbio- La Spezia-Roma) e della regione diocesana in seguito.
(ch. un bel modo di spiegare come si formarono le strade che poteva essere intuitivo a pensarci..)
BERCETO
Su questa via sorsero numerose abbazie e ospizi per i pellegrini e sono molti i luoghi intrisi di culti locali.
se volete seguire questi tracciati vi consiglio di cuore di aprire il link sotto per non perdere meraviglie —
due passi nel mistero.com
http://www.duepassinelmistero.com/tracciato_piacentino_della_via_f.htm
HOMEPAGE DI MARISA UBERTI ( e altri )
https://www.duepassinelmistero2.com/home/
PALAZZO DEL PODESTA’ – XIII sec. ( 1293 ) o Palazzo Pretorio
il paese di Castell’Arquato con la Rocca Viscontea
la campagna intorno
Piazza del Municipio, la piazza principale
Colleggiata della Chiesa di Santa Maria Assunta- Lato nord e Portico del Paradiso
– Opera propria
Facciata della Collegiata
– Opera propria
Sorta nel 1122 sul luogo occupato da una precedente chiesa risalente al 758 e crollata a seguito di un terremoto nel 1117, presenta tre navate e due accessi: uno nella facciata e uno sul lato nord. Il campanile, originariamente non previsto nel progetto e aggiunto nel XIII secolo, si trova sopra la navata inferiore di sinistra. La chiesa subì pesanti interventi di restauro tra il settecento e la prima metà del novecento: nel settecento l’interno venne intonacato completamente, una volta decorata con stucchi andò a sostituire il tetto a capriate e finestre di forma rettangolare presero il posto delle monofore. Gli interventi del novecento, guidati dall’arciprete Cagnoni, portarono alla riscoperta degli affreschi quattrocenteschi situati nella cappella di santa Caterina, la ricostruzione della loggetta dedicata a san Giovanni e della quarta absidiola contenente al suo interno una vasca ad immersione risalente all’VIII secolo, il ripristino degli absidi minori, il rifacimento della facciata e il recupero del soffitto a capriate.
Navata centrale
– Opera propria
Cappella di Santa Caterina d’Alessandria
– Opera propria
La Cappella di Santa Caterina con pregiati affreschi – il ciclo dedicato alla santa – situato risalente al XV secolo e attribuito a pittori di scuola toscana.
Absidi
Opera propria
–
foto e testo continuano nel link :
https://it.wikipedia.org/wiki/Castell%27Arquato#/media/File:Collegiata_di_Santa_Maria_Assunta_(Castell’Arquato)_-_lato_nord_1_2022-07-16.jpg
il Chiostro della Colleggiata
La Colleggiata e il Palazzo dei Visconti o Rocca Viscontea
in questa foto la ” Rocca ” si vede meglio
Eretta per volontà di Luchino Visconti tra il 1342 e il 1349, la Rocca passa nel 1404 agli Scotti, poi a Filippo Visconti. Nel 1466 entra nel patrimonio degli Sforza che la tengono sino al 1707, anno nel quale viene inglobata nel Ducato di Parma e Piacenza.
una foto un po’ sbiadita che la vede dall’alto
entrambe le foto sono
da : https://www.castellidelducato.it/castellidelducato/castello.asp?el=rocca-viscontea-di-castellarquato-in-val-darda-gioiello-dei-castelli-del-ducato-di-parma-piacenza
Il borgo di Vigolo Marchese è collocato a 132 m s.l.m., sulle sponde del torrente Chiavenna, dove le ultime propaggini collinari dell’Appennino ligure lasciano il posto alla pianura Padana, e si trova a circa 6 km di distanza da Castell’Arquato, in direzione nord-ovest
Facciata e lato sud della chiesa di San Giovanni di Vigolo Marchese, Castell’Arquato
– Opera propria
Pusterla di Vigolo Marchese, Castell’Arquato–lato est
– Opera propria
Una bottega a Castell’Arquato
Lo stemma del paese
in questo link di Getty Images trovate tre pagine ( o due e un po’ ) di foto di castell’Arquatoche non abbiamo potuto pubblicare, almeno non tutte
da :
il primo video, La Statua – 5 min. ca
Jerome Murat è un artista francese che ha dato nuova linfa e nuovi significati a una forma artistica che affonda le proprie radici nell’antichità: si tratta della pantomima, una rappresentazione scenica muta, di origine classica, in cui l’azione è espressa unicamente dai movimenti mimici e dalla danza, talvolta con accompagnamento musicale e commento narrativo.
da : https://www.tvblog.it/post/youtube-selection-jerome-murat
per chi volesse, un altro numero di Jerome Murat
video, 7.10
ANSA.IT — 24 MARZO 2024 — 8.37
https://www.ansa.it/sito/notizie/mondo/2024/03/23/strage-a-mosca-143-le-vittime.-putin-chi-e-dietro-a-questo-attacco-paghera._61335089-eeb9-4a50-aa76-a85a9d29fd47.html
ssian rescuers clear the rubble and extinguish fires at Moscow ‘s Crocus City Hall © ANSA/EPA
Incurante della rivendicazione dell’Isis, ribadita a distanza di 24 ore, Vladimir Putin agita lo spettro di una responsabilità di Kiev nella strage al Crocus City Hall di Mosca, avvertendo che chi “sta dietro a questo barbaro atto terroristico sarà punito”.
Il sospettato numero uno per la Russia sembra essere proprio l’Ucraina, dove i quattro esecutori materiali dell’attacco volevano rifugiarsi grazie a una “finestra” preparata per loro oltre confine, ha accusato il presidente. Una ricostruzione che la presidenza ucraina ha respinto come “assolutamente insostenibile”. Il bilancio dell’assalto, compiuto mentre circa 6.000 spettatori stavano aspettando l’inizio di un concerto della rock band Picnic, è intanto drammaticamente salito. Il Comitato investigativo ha detto che i morti accertati sono 133, dopo che una ventina di corpi senza vita sono stati recuperati da sotto le macerie della sala da concerti, parzialmente distrutta da un incendio che i quattro terroristi avrebbero appiccato usando liquido infiammabile, secondo alcuni testimoni. La direttrice della televisione Russia Today, Margarita Simonyan, ha parlato di 143 uccisi, ma la notizia non ha trovato conferme ufficiali. I feriti sono 121, e dalle prime ore di oggi centinaia di moscoviti si sono messi in coda davanti a ospedali e centri medici per donare il sangue. Tra le vittime ci sono anche bambini, e molte madri sono state trovate morte abbracciate ai loro figli, ha scritto la testata Baza. Putin, in un discorso televisivo alla nazione, ha parlato di un “omicidio di massa” di cui sono stati vittime adulti e bambini, come quelli compiuti “dai nazisti nei territori occupati” nella Seconda guerra mondiale. Il servizio di intelligence interna, l’Fsb, ha riferito che i quattro accusati di avere compiuto l’assalto sono stati arrestati con altre sette persone nella regione di Bryansk, circa 350 chilometri a sud-ovest di Mosca. I sospetti attentatori, che secondo le autorità russe sono tutti stranieri, viaggiavano a bordo di una Renault bianca, bloccata dopo un inseguimento. Il deputato Alexander Khinshtein, capo della commissione per la politica dell’informazione della Duma, ha affermato che a bordo sono stati trovati passaporti tagiki. Secondo l’Fsb, i sospettati hanno cercato di fuggire verso il vicino confine con l’Ucraina, Paese nel quale avevano “contatti”. E la portavoce del ministero degli Esteri, Maria Zakharova, ha sottolineato che “negli ultimi anni il regime di Kiev ha condotto attività terroristiche attive e sistematiche contro i russi“, ricordando tra l’altro diversi “attentati contro personaggi pubblici e giornalisti”.
Ma il consigliere presidenziale ucraino Mikaylo Podolyak ha risposto che “qualsiasi tentativo di collegare l’Ucraina all’attacco terroristico è assolutamente insostenibile” e che la versione dei servizi russi è “assurda”. Mentre il premier polacco Donald Tusk ha detto di sperare che la Russia non usi l’attacco di Mosca “per un’escalation della violenza” in Ucraina.
In un video di tre minuti diffuso da Margarita Simonyan, uno dei quattro arrestati ha ammesso in un primo interrogatorio sommario di avere accettato di partecipare all’azione per soldi dopo avere seguito online le “lezioni” di un “predicatore”, ma non ha fatto alcun cenno all’Ucraina. A rivendicare nuovamente l’attacco è invece stato l’Isis, attraverso la sua agenzia di stampa Amaq, confermando che è stato compiuto da quattro suoi “combattenti”, di cui ha pubblicato le fotografie. “L’attacco si inserisce nel contesto di una guerra furiosa tra lo Stato Islamico e i Paesi che combattono l’Islam”, ha aggiunto Amaq, con apparente riferimento, tra l’altro, agli interventi militari russi in Siria e in Africa.
Il segretario di Stato americano, Antony Blinken, ha condannato “i terribili attacchi a Mosca e il terrorismo in tutte le sue forme”. E la Casa Bianca ha confermato che gli Stati Uniti avevano avvertito i russi all’inizio di marzo di un attacco terroristico che avrebbe potuto colpire “grandi raduni” a Mosca, tra cui concerti, come aveva scritto sul suo sito l’ambasciata americana. La volontà di cooperare con la Russia nella lotta al terrorismo è stata sottolineata in conversazioni telefoniche avute con Putin dai leader di Bielorussia, Uzbekistan, Kazakhstan e Turchia.
L’attacco a Mosca “prova che le crisi regionali devono essere risolte pacificamente il più presto possibile”, ha sottolineato il presidente turco, Recep Tayyip Erdogan, che recentemente ha confermato la sua volontà di agire da mediatore nel conflitto ucraino.
Il giorno dopo l’attacco rivendicato dall’Isis che ha causato 133 morti nella periferia di Mosca, la Casa Bianca ha affermato che il gruppo jihadista è un “comune nemico terrorista”. “L’Isis è un comune nemico terrorista che deve essere sconfitto ovunque”, ha assicurato la portavoce della Casa Bianca Karine Jean-Pierre, precisando che la presidenza americana “condanna fermamente l’atroce attacco terroristico di Mosca”, che ha colpito “civili innocenti”.
L’Occidente condanna all’unanimità, senza se e senza ma, l’attacco terroristico di Mosca che rilancia l’incubo Isis ed esprime la sua solidarietà alle vittime e ai loro parenti. Dagli Usa ai vertici Ue passando per le capitali europee – da Roma sono arrivate le ferme condanne del presidente della Repubblica Sergio Mattarella e della presidente del Consiglio Giorgia Meloni – tutti hanno espresso il loro sdegno per una strage di civili che ricorda molto da vicino quella compiute negli anni passati dagli uomini dello stato islamico, a partire da quella del Bataclan avvenuta a Parigi nel 2015.
Davanti all’emozione suscitata dalle immagini di quanto accaduto nella Crocus City Hall per un giorno, da quando la Russia ha invaso l’Ucraina, si è andati oltre il tema della guerra. Si è trattato di un “terribile attacco” ha detto il segretario di Stato americano Antony Blinken, che ha ribadito la necessità di combattere ogni forma di terrorismo.
Questo dopo che già la presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen e il presidente del Consiglio Europeo Charles Michel avevano espresso la loro indignazione per la mattanza di civili avvenuta a Mosca. Ed anche da Parigi e Berlino erano giunte parole di ferma condanna. Come ha fatto anche la Nato attraverso un suo portavoce che ha sottolineato come “nulla può giustificare un crimine così odioso”.
Ma al di là della parole di circostanza utilizzate per commentare la strage di Mosca l’Occidente resta fermo nella sua determinazione a voler fermare Putin nella guerra avviata contro l’Ucraina. Il vertice Ue svoltosi a Bruxelles poche ore prima dell’attacco terroristico di Mosca lo ha confermato.
L’Unione, nonostante le resistenze di alcuni suoi membri, in particolare l’Ungheria di Viktor Orban, vuole fornire a Kiev tutte le munizioni e gli equipaggiamenti militari necessari per respingere l’avanzata russa. Tuttavia è alle prese con un rebus di non facile soluzione: come finanziare questa operazione e, in parallelo, trovare le risorse per andare avanti sulla strada di una difesa comune europea partendo dalla creazione di sinergie tra le imprese che operano nel settore. Al termine del summit, von del Leyen e Michel si sono mostrati ottimisti anche sulla possibilità di utilizzare i proventi provenienti dagli asset russi congelati con le sanzioni dell’Ue. Una mossa che potrebbe mettere a disposizione delle casse europee circa tre miliardi di euro nel 2024, di cui un miliardo già a luglio “se saranno compiuti tutti i necessari passi”, ha precisato la presidente della Commissione Ue.
La strada per raggiungere questo obiettivo, così come quella per far arrivare a Kiev armi e munizioni in gran quantità, non pare però essere ancora in discesa. Bisognerà aspettare le prossime mosse dell’Unione e l’ennesimo vertice, fissato per il 17 e 18 aprile, per vedere se i buoni propositi si tradurranno in mosse concrete ed efficaci.
AVVENIRE SABATO 23 MARZO 2024
https://www.avvenire.it/mondo/pagine/chi-sono-i-terrositi-perche-l-attentato-cosa-puo-succedere-adesso-tutte-le-domande-sulla-strage-di-moscala
Il post con cui l’Isis ha rivendicato l’attentato al Crocus City Hall di Mosca – Ansa
Alle 23.50 di venerdì sera, tre ore dopo l’inizio dell’attacco terroristico al Crocus City hall di Mosca che ha lasciato a terra decine di cadaveri, i canali Telegram vicini ai servizi di sicurezza russi hanno diffuso una prima foto dell’automobile bianca usata dagli attentatori per fuggire. Un’immagine molto chiara: dentro due uomini, uno con un cappellino, corporatura robusta, un accenno di barba e lo sguardo rivolto verso il basso. L’altro al volante, meno riconoscibile. Poche ore ancora e gli stessi canali Telegram Baza e Mash hanno postato video e foto dei primi brutali interrogatori sommari. Circostanze rese pubbliche sui social ma su cui non c’è stata alcuna conferma ufficiale della autorità russe.
Notizie ufficiali arrivano poco dopo le 9 del mattino, ora italiana, quando le agenzie di stampa statali della Federazione hanno diffuso la notizia che per la strage nella sala concerti sono state arrestate undici persone, tra cui quattro presunti terroristi. Tutti provenienti dal Tagikistan, secondo gli investigatori russi. Nessuno con nazionalità tagika, secondo il ministero degli Esteri di Dushanbe, che ha definito false le notizie del coinvolgimento di suoi cittadini nell’attacco terroristico.
nota:
CARTINA DEL TAGIKISTAN CON LA CAPITALE DUSHANBE
Da : wikipedia _ Geografia del Tagikistan
vi mostro solo la Biblioteca nazionale del Tagikistan a Dushanbe– torneremo nella città e chissà nel paese..
Opera propria
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Ecco alcuni passaggi degli interrogatori, non proprio formali, degli agenti russi: «Che cosa ci facevi al Crocus?» chiede un uomo delle unità speciali a uno dei presunti attentatori, tenendolo per i capelli fermo a terra, faccia in giù, mentre lo registra con uno smartphone. «Ho sparato» risponde. «A chi hai sparato?» lo sollecita l’agente. «Alle persone» dice l’interrogato. «Perché l’hai fatto?» lo incalza. «Per soldi» confessa lui a voce bassa. Nel video pubblicato da Baza ( un canale televisivo ) e rilanciato dal canale Telegram della direttrice della televisione Russia Today, Margarita Simonyan, l’arrestato dichiara di avere 26 anni, di aver accettato di partecipare all’attacco dopo avere ascoltato un mese fa le lezioni di un predicatore, di essere stato reclutato da un aiutante che gli ha offerto 500mila rubli (circa 5.000 euro). Di cui 250.000 già pagati in anticipo. Da lui nessun riferimento a eventuali contatti ucraini per la fuga dopo l’assalto.
Le immagini dell’uomo, sottomesso, spaventato a morte, non possono che turbare. Ma ancor di più il filmato di un altro degli arrestatiche dapprima i canali Telegram russi fanno vedere con la testa e la faccia fasciate, ricoperto di sangue, tumefatto: lo stesso uomo che in un video pubblicato successivamente su X dal gruppo indipendente bielorusso Nexta e dal media russo Meduza viene mostrato mentre, tenuto fermo a terra in un luogo che sembra un bosco, viene torturato. Altre immagini shock fanno vedere un ragazzo, «di 19 anni, originario di Dushanbe in Tagikistan», secondo i canali Telegram russi, con una ferita molto evidente all’occhio sinistro, supino e a terra, apparentemente privo di sensi.
Mentre Mosca insiste nel puntare il dito contro Kiev, l’Isis continua ad attribuirsi la responsabilità della strage al Crocus City Hall di Mosca, indicando che sono suoi i quattro terroristi che hanno sparato nella sala da concerto e pubblicandone anche le foto. Una rivendicazione che trova riscontro dagli Stati Uniti, che affermano di aver avvertito la Russia a inizio mese del rischio di attacchi da parte dell’Isis-K, il ramo afghano dello Stato islamico, mentre fonti di intelligence hanno riferito di aver ricevuto segnali di possibili attacchi «già da novembre». Conosciuto anche come Stato islamico del Khorasan (Iskp), il gruppo è attivo già dal 2014, formatosi da membri di gruppi militanti, compresi quelli del Pakistan e dell’Uzbekistan.
L’organizzazione è attiva in Asia centrale: il nome Khorasan si traduce in “la terra del sole” e si riferisce a una regione storica che comprende parti dell’Afghanistan, del Pakistan e anche dell’Iran, dove a gennaio il gruppo ha effettuato due attentati che hanno ucciso quasi 100 persone. Una dimostrazione di forza, brutalità e di inclinazione ad azioni spettacolari. L’Isis-K si pone come obiettivo la fondazione di un nuovo califfato che riunisca Afghanistan, Pakistan, Iran, ma non solo: nella loro visione rientrano infatti alcune ex repubbliche sovietiche, come il Turkmenistan, il Tagikistan e l’Uzbekistan.
Lo scorso 7 marzo l’ambasciata americana a Mosca aveva messo in guardia i propri cittadini per possibili attentati terroristici nelle 48 ore successive, specie ad eventi affollati come concerti musicali. L’allarme era stato lanciato dopo che, il giorno prima, i servizi di sicurezza interni (Fsb) avevano detto di aver sventato un attacco con armi da fuoco contro i fedeli di una sinagoga nella capitale. L’intelligence russa ha confermato di aver ricevuto le informazioni, ma «erano di natura generale e non contenevano dettagli specifici» scrive l’agenzia Tass.
Qualche osservatore ha tirato un sospiro di sollievo alla notizia della rivendicazione dell’Isis. Meglio il ritorno dello Stato islamico – è questo il ragionamento – che un coinvolgimento dell’Ucraina (come si era adombrato a Mosca) che avrebbe significato una svolta sanguinosa e terribile nel già durissimo conflitto ucraino. Il ritorno dei macellai dello Stato islamico invece aggiunge un elemento di preoccupazione significativo: è l’apertura di un quarto fronte che si aggiunge a quello ucraino, a quello di Gaza e a quello del Mar Rosso nel gran caos globale. Questo senza considerare le varie tensioni sparse per il mondo, a cominciare da quella su Taiwan.
«Tutti coloro che sono dietro a questo atto terroristico la pagheranno». L’avvertimento di Vladimir Putin nel suo discorso alla nazione dopo la strage al Crocus City Hall, unito ai vaghi accenni a una possibile responsabilità di Kiev, potrebbero far pensare ad un ulteriore inasprimento degli attacchi sull’Ucraina, o addirittura a raid contro la dirigenza del Paese, come ha suggerito ieri l’ex presidente Dmitry Medvedev. Ma la preoccupazione maggiore del capo del Cremlino è oggi quella di prevenire il panico ed evitare spaccature in un Paese multietnico e multiconfessionale, dove i musulmani rappresentano una cospicua minoranza e il jihadismo di stampo islamico ha già portato una seria minaccia alla tenuta dello Stato dopo lo scioglimento dell’Urss. Nonostante gli accenni ad un ruolo ucraino in quanto avvenuto, rimane pur sempre la rivendicazione dell’Isis. Di qui l’appello di Putin alla comunità internazionale per unirsi a Mosca nella lotta al terrorismo, che «non ha nazionalità. Contiamo sull’interazione con tutti i Paesi che condividono sinceramente il nostro dolore e sono pronti a condividere gli sforzi per combattere il nemico comune» ha aggiunto il presidente.
L’appello appare stonato mentre la Russia e l’Occidente sono contrapposti nella guerra in Ucraina. Sono molto lontani i tempi della cooperazione Russia-Usa dei primi anni della presidenza di Putin, che aveva instaurato un rapporto di stima reciproca con l’omologo americano George W. Bush. Il capo del Cremlino fu il primo leader internazionale a telefonare all’inquilino della Casa Bianca dopo gli attacchi dell’11 settembre 2001 per offrirgli la piena collaborazione di Mosca nella lotta al terrorismo islamico, che aveva già preso di mira la Russia con attentati sanguinosi. Tanto che il mese successivo i russi cooperarono attivamente all’attacco americano contro i Talebani in Afghanistan. E proprio i presidenti di Paesi di questa regione, come Kazakhstan e Uzbekistan, hanno già telefonato a Putin per assicurare la loro collaborazione. In un Paese dalle tante etnie in cui i musulmani rappresentano, secondo alcune stime, un settimo della popolazione e sono concentrati nelle terre caucasiche di confine, il timore è che attentati come quello di venerdì possano essere diretti a provocare scontri interni di cui sarebbe difficile prevedere gli sviluppi.
A non dover essere tranquilla, in questa fase, è la vecchia Europa, reduce da un vertice che ha prodotto molte idee e proposte ma pochi passi concreti. Invece la concretezza e la tempestività dovrebbero essere, adesso, le parole d’ordine dell’Ue. Il mondo sta cambiando molto velocemente e la costruzione di una vera e concreta politica estera e di una identità di difesa comuni devono essere la priorità strategica dei 27. Siamo già in ritardo e nessuno aspetterà i tempi lunghi dell’Unione europea. La difesa dei valori europei, della pace e della democrazia dipendono, ora, anche dalla capacità di decidere in tempi brevi e adeguati alla realtà dei nostri giorni.
cartina da :
in ogni dove.it
https://www.inognidove.it/sap.php?markerId=Khorasan&tabId=1
Regione storica dell’Asia centrale, comprendente territori oggi appartenenti a Iran, Afghanistan, Pakistan, Turkmenistan, Tagikistan e Uzbekistan. Il K. ebbe massima estensione e importanza dopo la conquista islamica e durante il califfato, quando il territorio islamico a E della provincia irachena fu sede di estese rivolte e di una prolungata resistenza all’arabizzazione, ma anche di un’intensa vita culturale e religiosa nei centri di Merv, Tus e Nishapur. Dal K. originò il movimento che condusse al potere gli Abbasidi nel 750 e qui s’installarono, dal 9° sec., le dinastie militari iraniche e turcomanne che sottrassero potere al califfato.
La storia successiva del K. segue quella dell’Iran fino alla caduta dei Safavidi alla fine del sec. 18°, quando le regioni orientali del K. furono annesse dall’Afghanistan, mentre, nel sec. successivo, 19°, la Russia zarista conquistava le regioni settentrionali. Il K. iraniano, il cui centro principale è Mashhad, è oggi suddiviso in tre province che portano questo nome.
TRECCANI.IT — DIZIONARIO DI STORIA
https://www.treccani.it/enciclopedia/khurasan_(Dizionario-di-Storia)/
DA KHORASAN – TRECCANI – ENCICLOPEDIA ON LINE
https://www.treccani.it/enciclopedia/khorasan/
Regione storica dell’Asia, corrispondente alla provincia più orientale dell’Impero persiano.
Oggi è divisa in 3 parti:
all’Iran è restata la parte sud-ovest con capoluogo Mashhad,
al Turkmenistan la parte nord,
all’Afghanistan la parte sud-est (Herat).
Dal 2004 il K. iraniano è stato suddiviso nelle province del K. Settentrionale, K. Meridionale e K.-e Razavi.
Il territorio è montuoso. Dove c’è umidità sufficiente, i terreni si prestano alle colture e all’insediamento stabile; nel resto della regione predomina la pastorizia nomade e seminomade. Tipico l’artigianato dei tappeti.
L’AUTORE
Gilbert Sinoué è nato nel 1947 in Egitto da madre francese e padre egiziano. Dal 1965 vive a Parigi. Neri Pozza ha pubblicato, con grande successo di critica e di pubblico, le sue opere: Il libro di zaffiro, Il ragazzo di Bruges, La via per Isfahan, I giorni e le notti, Il silenzio di Dio, Lady Hamilton, Una nave per l’inferno, La regina crocifissa, Io, Gesù, La signora della lampada, Armenia, La terra dei gelsomini, Grida di pietra.
per il video, apri qui
TG LA 7 –23 MARZO 2024 — ORE 8.49
https://tg.la7.it/cronaca/i-terroristi-lanalisi-dario-fabbri-23-03-2024-209156
A poche ore dalla carneficina nella sala per concerti a Mosca, l’analista Dario Fabbri intervenuto a Omnibus spiega chi sono i terroristi che hanno compiuto il massacro. Si tratta di un gruppo nemico dei talebani, in concorrenza con loro. Non si tratta solo di fondamentalisti, dice il direttore delle rivista geopolitica Domino, ma di un gruppo aperto al resto del mondo islamico alla ricerca di persone da reclutare.
IL VIDEO IN CUI PARLA DARIO FABBRI E’ INTERROTTO, METTO IL PROGRAMMA INTERO:
AL MINUTI 26.47 INIZIA A PARLARE DARIO FABBRI– CHIUDE AL MIN. 32.00 ca
nota : tutta la puntata è su questo tema
https://www.la7.it/omnibus/rivedila7/omnibus-dibattito-23-03-2024-533179
IL FATTO QUOTIDIANO 23 MARZO 2024
https://www.ilfattoquotidiano.it/2024/03/23/isis-k-che-cosa-e-quali-sono-gli-obiettivi-della-la-branca-afghana-che-ha-rivendicato-lattacco-a-mosca/7488997/#
ANSA.IT — 23 MARZO 2024 -10.20
https://www.ansa.it/sito/notizie/mondo/2024/03/23/strage-a-mosca-93-le-vittime.-il-cremlino-annuncia-11-arresti-4-terroristi_61335089-eeb9-4a50-aa76-a85a9d29fd47.html
Il direttore dei servizi di sicurezza russi Fsb ha riferito al presidente Vladimir Putin l’arresto di 11 persone, tra cui quattro terroristi coinvolti nell’attentato al Crocus City Hall di Mosca rivendicato dall’Isis.
Lo riferisce il servizio stampa del Cremlino citato dalla Tass.
In precedenza il capo della commissione per la politica dell’informazione della Duma di Stato Alexander Khinshtein aveva dichiarato che le forze dell’ordine avevano arrestato due presunti sospetti per l’attacco terroristico al Crocus: “Secondo le prime informazioni, l’auto dei sospettati è stata avvistata ieri sera vicino al villaggio di Khatsun, nel distretto di Karachinsky della regione di Bryansk. L’auto non si è fermata alla richiesta degli agenti di polizia e ha cercato di fuggire”, ha scritto su Telegram Khinshtein. Secondo il suo resoconto, l’auto si è ribaltata durante l’inseguimento.
“Uno dei terroristi è stato arrestato sul posto e gli altri sono fuggiti nella foresta. Un secondo sospettato è stato trovato e arrestato in un’operazione di ricerca alle 3,50 del mattino. Le ricerche degli altri proseguono”, ha aggiunto. Khinshtein ha detto che sono stati sequestrati una pistola, una cartuccia per fucile d’assalto AKM e passaporti tagiki.
Sempre secondo i servizi di sicurezza russi, i sospettati avevano “contatti” in Ucraina. I terroristi, ha detto l’Fsb citato dalla Tass, hanno cercato di fuggire verso il confine tra Russia e Ucraina. “Dopo aver compiuto l’attacco terroristico, i criminali avevano pianificato di attraversare il confine russo-ucraino e avevano contatti appropriati sul versante ucraino”,ha dichiarato l’Fsb, citato dalla Tass, secondo cui i sospettati sono stati arrestati in una regione russa al confine con l’Ucraina. Il gruppo jihadista Stato Islamico ha rivendicato ieri sera la responsabilità dell’attacco, mentre l’Ucraina ha negato ogni coinvolgimento.
Intanto è salito a 93 il bilancio delle vittime del gruppo di uomini armati, in tenuta mimetica, che ieri sera ha fatto irruzione nella sala da concerti a nord-ovest del centro di Mpsca aprendo il fuoco senza pietà sugli spettatori. Ad aver perso la vita anche tre bambini, secondo l’elenco diffuso questa mattina dall’autorità sanitaria locale. Altre 121 persone, tra cui tre bambini, rimangono ricoverate in ospedale.
La Commissione investigativa russa che indaga sulla strage al Crocus City Hall di Mosca ha dichiarato su Telegram che il bilancio delle vittime potrebbe salire. “Al momento è stato stabilito che le persone morte sono 93. Il bilancio delle vittime è destinato a salire“, si legge nel post.
ANSA.IT — 23 MARZO 2024 – 9.17
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